TAR Brescia, sez. I, sentenza 2016-08-08, n. 201601105

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2016-08-08, n. 201601105
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201601105
Data del deposito : 8 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/08/2016

N. 01105/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01715/2014 REG.RIC.

N. 01716/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1715 del 2014, proposto da:
Z W, rappresentato e difeso dall'avvocato A D, con domicilio eletto presso l’avv. Pietro Carleschi in Brescia, Via V. Emanuele II, 43;

contro

Ministero dell'Interno e Questura di Bergamo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria in Brescia, Via S. Caterina, 6;

sul ricorso numero di registro generale 1716 del 2014, proposto da:
Q W, rappresentata e difesa dall'avvocato A D, con domicilio eletto presso l’avv. Pietro Carleschi in Brescia, Via V. Eman.II,43;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Bergamo non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 1715 del 2014 :

del provvedimento prot. n. 142500 del 12/12/2014 di revoca del permesso di soggiorno;

quanto al ricorso n. 1716 del 2014 :

del provvedimento prot. n. 144689 del 3/10/2014 di rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura di Bergamo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 il dott. G C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Alla precedente udienza pubblica del 17 dicembre 2015, il Collegio assumeva, in relazione ai due ricorsi in epigrafe, la contestuale ordinanza 29/12/2015, n. 1783, la cui parte motiva di seguito testualmente si riporta:

<<
Premesso quanto segue:

I. con ordinanza 4-5 febbraio 2015, n. 168, questa Sezione accoglieva la domanda cautelare proposta nel ricorso n. 1716/2014 dalla cittadina cinese W Q e fissava per la discussione del merito l’udienza pubblica del 17 dicembre 2015, richiamando la sentenza n. 172/12 della Corte Costituzionale e rilevando “che i reati ascritti parrebbero, per lo più, riconducibili ad alcune delle fattispecie di cui all’art. 381 c.p.p. e che, pertanto, la prognosi sulla pericolosità sociale così ascritta necessiterebbe di approfondimenti ulteriori anche sulla scorta delle osservazioni formulate dalla parte ricorrente in ricorso”;

II. con successiva ordinanza 18-19 febbraio 2015, n. 248, questa Sezione accoglieva la domanda cautelare proposta nel ricorso n. 1715/2014 da W Z, marito di W Q, e fissava per la discussione del merito l’udienza pubblica del 28 ottobre 2015, motivando che:

<<

1. La Questura di Bergamo con decreto del 12 dicembre 2014 ha disposto la revoca al ricorrente del permesso di soggiorno per lavoro autonomo con scadenza 20 novembre 2015. La decisione è stata adottata sulla base dell’art. 4 comma 3 del D.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, in quanto a carico del ricorrente vi è una condanna definitiva per il reato di esercizio di una casa di prostituzione alla pena di 4 anni di reclusione e di € 4000 di multa, con sentenza emessa il 4 febbraio 2011 dalla Corte di Appello di Bologna, per fatti commessi nell’anno 2007.



2. Nel ricorso si replica che (a) il reato in questione non figura tra quelli ostativi elencati all’art. 4 comma 3^ del D. C.vo 286/1998 né per la pena edittale né per tipologia, tale per cui ne consegue l’illegittimità di ogni automatismo nella revoca del permesso di soggiorno e dunque la rilevanza degli avvisi ex art. 7 e 10 bis l. 241/90;
(b) il ricorrente è sposato con una connazionale (W Q) titolare anch’essa di permesso di soggiorno, revocato ma con provvedimento sospeso dal TAR con ordinanza del 5 febbraio 2015;
(c) la coppia ha due figli minori, ambedue nati in Italia;
(d) in Italia risiedono anche altri familiari del ricorrente, tra cui i genitori;
(e) che i fatti oggetto della condanna risalgono all’anno 2007 e che il sig. W Z attualmente sta espiando la pena attraverso la misura alternativa dell’affidamento ai servizi sociali, concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze;
(f) che durante il soggiorno in Italia il ricorrente ha svolto attività lavorativa regolare con la quale mantiene il nucleo familiare.



3. Sulla vicenda così sintetizzata si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) il reato di sfruttamento della prostituzione non è di per sé ostativo ai sensi dell’art. 4 co. 3^ del D.lgs. 286/1998, posto che detta norma attribuisce valore ostativo alle condotte di sfruttamento della prostituzione solo laddove le stesse si inquadrino nel diverso reato di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione di cui all’art. 12 comma 3 ter del D.lgs. 286/1998;
circostanza, questa, che consente di valutare la pericolosità del soggetto anche alla luce del tempo del commesso reato, risalente al 2007;

(b) nella valutazione in concreto deve essere data, inoltre, applicazione alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo formatasi sull’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare). La Corte ha infatti individuato alcuni criteri per stabilire quando il rispetto della vita privata e familiare sia da considerare prevalente su un provvedimento di espulsione formalmente legittimo in base al diritto interno;

(c) in particolare, la Corte (v.

CEDU GC

23 giugno 2008, Maslov, punto 71;

CEDU

Sez. II 15 novembre 2012, Shala, punto 45) ritiene che si debbano considerare (1) la natura e la gravità dell’infrazione commessa dal cittadino extracomunitario, (2) la durata del soggiorno, (3) il tempo trascorso dall’infrazione e la condotta mantenuta nel frattempo, (4) la solidità dei legami sociali, culturali e familiari con lo Stato ospite e con quello di origine;

(d) sulla base degli elementi a disposizione sembra pertanto che il ricorrente abbia maturato un radicamento familiare e lavorativo in grado di giustificare la prosecuzione del soggiorno nel territorio nazionale, tenuto anche conto delle modalità di espiazione della pena accordate dal giudice dell’esecuzione;

(e) occorre altresì sottolineare che il principale punto di collegamento con lo Stato italiano è costituito dalla presenza di figli minori, rispetto ai quali il ricorrente ha precisi obblighi di mantenimento e assistenza. La prosecuzione del soggiorno è quindi possibile a condizione che il ricorrente si prenda effettivamente cura delle esigenze morali e materiali dei figli, e si attivi per procurarsi un reddito da fonte lecita con il quale adempiere le proprie obbligazioni familiari. In questo modo si otterrà anche l’effetto di non incidere negativamente sul benessere del Paese ospitante, il che costituisce un elemento apprezzabile quando l’amministrazione deve scegliere tra permanenza ed espulsione (v.

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