TAR Ancona, sez. I, sentenza 2016-04-15, n. 201600259

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2016-04-15, n. 201600259
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201600259
Data del deposito : 15 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00777/2014 REG.RIC.

N. 00259/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00777/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 777 del 2014, proposto da:
A G, A A, B M e M M, rappresentati e difesi dall'avv. P N, con domicilio eletto presso il medesimo difensore in Ancona, Via Goito, 3;

contro

Comune di Apiro, rappresentato e difeso dagli avv.ti R F e M C, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Carotti in Ancona, corso Mazzini, 160;

geom. C P, in qualità di responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia presso il Comune di Apiro, n.c.;

nei confronti di

P M, rappresentato e difeso dagli avv.ti C S e M S, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24;

per l'annullamento

- del permesso di costruire n. 10/2014 rilasciato in data 20/05/2014 al signor Pacifico M "relativo all'intervento di nuova costruzione, come definito dall'art. 3, comma 1, lett. e1) del D.P.R. n. 380/2001, consistente nell'esecuzione delle seguenti opere: capannone per allevamento avicolo, delle dimensioni lineari di mt. 40,00 x 14,00, già realizzato in base a concessione edilizia n. 64 del 15/12/1998, sito in C.da S. Isidoro, distinto al Catasto Fabbricati al Fg. 9, Particella n. 344 sub 7";

- della nota istruttoria dello Sportello Unico per l'Edilizia del Comune di Apiro in data 29/1/2014;

- del parere igienico sanitario rilasciato dall'Asur Marche - Area Vasta 2, prot. 46412/16/04/2014/ASURAV2/JSDPREV/P/2.250.40;

- del parere rilasciato dal Servizio Ambiente e Agricoltura della Regione Marche n. prot. 0327168/09/05/2014;

- di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso e conseguente ai provvedimenti impugnati, anche non conosciuti dai ricorrenti;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Apiro e di Pacifico M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2015 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I. La vicenda per cui è causa è già nota a questo Tribunale, che si è pronunciato, con sentenza n. 958/2001, sul ricorso proposto dagli odierni ricorrenti avverso il rilascio, al sig. M Pacifico, della concessione edilizia n. 64 del 15.12.1998, per la realizzazione di un capannone avicolo con relativi accessori nella frazione San Isidoro del Comune di Apiro.

Il TAR ha accolto il ricorso e la suddetta sentenza è stata confermata in appello con una motivazione in parte diversa (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 4409/2013).

Questo Tribunale si è altresì pronunciato in sede di ottemperanza, dichiarando inammissibile il ricorso proposto dai ricorrenti per l’esecuzione di tali pronunce, ritenendo la competenza del Consiglio di Stato.

Nelle more, è intervenuto un nuovo permesso di costruire in favore del sig. M (n. 10 del 20 maggio 2014), rilasciato sulla base di presupposti in parte diversi e tenuto conto dei rilievi sollevati nelle predette pronunce giurisdizionali con riguardo al primo titolo abilitativo. La costruzione oggi ricade in zona urbanistica E (destinata ad attività agro-silvo pastorali), disciplinata dall’art. 58 delle NTA del PRG vigente, adeguato al PPAR ed al PTC approvato nel 2013.

Avverso tale ultimo provvedimento i ricorrenti propongono la presente iniziativa giudiziaria, lamentandone l’illegittimità per le seguenti ragioni:

1) il Comune, nel rilasciare il nuovo permesso, ha considerato che l’unico motivo ostativo rinvenuto nelle precedenti pronunce fosse l’insufficienza della dotazione di fondi agricoli seminativi da parte del M, tale da non garantire il rispetto del 25% del fabbisogno alimentare dell’allevamento, come prescritto dall’art. 13 della legge regionale n. 13/1990;
pertanto, avendo il M provveduto all’affitto di ulteriori terreni, ancorchè non contigui né collegati all’allevamento, l’Amministrazione ha ritenuto che tale ostacolo potesse dirsi superato e, sulla base di tale presupposto, ha rilasciato il nuovo titolo abilitativo.

Parte ricorrente sottolinea, tuttavia, che le pronunce giurisdizionali intervenute nella vicenda non hanno evidenziato solamente tale profilo ostativo, bensì anche irregolarità di tipo edilizio e igienico-sanitario, che non avrebbero comunque consentito la realizzazione dell’allevamento assentito.

Essi sostengono che le caratteristiche dell’allevamento sono di tipo industriale e che il parere reso dall’ASUR espressamente precisa di non prendere in considerazione le norme relative all’appartenenza dell’attività ad allevamenti di tipo industriale.

Il titolo abilitativo impugnato, pertanto, sarebbe elusivo del giudicato.

2) Il nuovo permesso è stato adottato rispetto all’opera già esistente, in applicazione dell’art. 38, comma 1, del DPR n. 380/2001, che consente di ottenere gli stessi effetti di un permesso in sanatoria al pagamento di una sanzione pecuniaria ove non sia più possibile il ripristino dello stato dei luoghi. I ricorrenti, tuttavia, contestano sia la ritenuta impossibilità di ripristino dello status quo ante, sia i presupposti su cui tale permesso si fonda, dal momento che, trattandosi di allevamento industriale, non sarebbe possibile la sua costruzione in zona agricola e neppure l’ampliamento. Posto, infatti, che trattasi di un’industria insalubre, la costruzione non rispetterebbe le altezze minime e le distanze dai centri abitati, né il limite di cubatura.

3) Non sarebbe stato predisposto un piano antinquinamento, necessario per l’allocazione di industrie nocive.

4) Il provvedimento sarebbe carente di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Apiro, che ha preliminarmente eccepito la tardività del ricorso, ritenendo che il dies a quo dell’impugnazione decorra dal ricevimento della nota prot. 3849 del 4.6.2014, adottata in risposta alla diffida del legale dei ricorrenti, in cui si faceva espressa menzione degli estremi del nuovo permesso di costruire in favore del M e delle motivazioni che avevano indotto il Comune al suo rilascio. Nel merito, l’Amministrazione eccepisce l’infondatezza del ricorso, richiamando le argomentazioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 4409/2013, a cui il Comune si sarebbe attenuto per sostenere la compatibilità dell’intervento in zona agricola.

Anche il controinteressato Pacifico M si è costituito in giudizio, deducendo, in rito, l’inammissibilità e l’improcedibilità del gravame, per essere stato proposto tardivamente e, nel merito, la sua infondatezza.

Nel corso del giudizio e in prossimità dell’udienza pubblica del 10 dicembre 2015, le parti hanno precisato le proprie ragioni depositando memorie difensive.

All’esito della discussione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

II. Il Collegio reputa di poter prescindere dalle eccezioni di inammissibilità e di irricevibilità sollevate dalle parti resistenti, in ragione dell’infondatezza del ricorso nel merito.



1. Preliminarmente, occorre brevemente ripercorrere le considerazioni contenute nelle pronunce di questo TAR (sentenza n. 958/2001) e del Consiglio di Stato (sentenza della V sezione, n. 4409/2013), le cui statuizioni costituiscono le premesse da cui muovere ai fini della presente trattazione;
in particolare e in sintesi, è stato affermato quanto segue:

- la mancata indicazione, nella disciplina di Piano, di una zona appositamente prevista per la collocazione di un’industria nociva non impedisce l’assentibilità dell’allevamento avicolo in questione in zona agricola, dal momento che il carattere nocivo di un’industria deve essere accertato in concreto, come postulato sia dal testo unico sulle leggi sanitarie, sia dal programma di fabbricazione del Comune di Apiro;
peraltro, le distanze minime imposte dalla disciplina di legge o di piano regolatore, se viene accertata la non pericolosità dell’attività esercitata, possono in ipotesi essere derogate;

- ne consegue, che la realizzazione del manufatto in questione non integra alcuna violazione dello strumento urbanistico comunale;

- ciò posto, quanto alla compatibilità di esso con la disciplina di cui alla legge regionale n. 13/1990 in materia di attività edilizia in zone agricole, l’allevamento avicolo in contestazione non è qualificabile come industria nociva e quindi non ricade nella previsione di cui all’art. 3, comma 3, della legge regionale cit.;

- è indiscutibile che in zona agricola possono essere situati anche allevamenti industriali;
tuttavia, essi ricadono nella previsione di cui all’art. 3, comma 3, della L.R. n. 13/1990, e quindi necessitano dell’individuazione di zone specifiche per la loro localizzazione, solo se non rispettano le caratteristiche tipologiche e dimensionali di cui agli artt. 9 e 13 della medesima legge regionale, atteso che il superamento di tali limiti determina, in via presuntiva, la qualificazione di industria nociva;

- entro i limiti tipologici e dimensionali suddetti, invece, vi è solamente un allevamento di tipo industriale, che condivide con quello industriale le tecniche di produzione, ma presenta caratteristiche dimensionali compatibili con la destinazione agricola della zona in cui è destinato a sorgere;

- pertanto, appurato che l’insediamento in questione non può essere considerato un ampliamento di quello preesistente di cui dispone il M, sia perché gli ampliamenti consentiti in zona agricola devono essere riferiti a costruzioni o unità produttive agricole circoscrivibili in un ambito spaziale unitario (mentre la preesistente unità aziendale agricola di cui del M si trova a distanza di qualche chilometro da quella assentita con il permesso in contestazione), sia perché gli ampliamenti ammessi dalla legge regionale n. 13/1990 sono solo quelli relativi all’attività agricola tradizionalmente intesa, con caratteristiche di non industrialità, per individuare gli allevamenti zootecnici di tipo industriale assentibili occorre far riferimento a due requisiti: in primo luogo, il rispetto del rapporto di 40 quintali di pollame per ettaro di terreno indicato all’art. 9, comma 4, della legge regionale n. 13/1990, che fa rinvio alla legge n. 319/1976, della quale fa, a sua volta, applicazione la delibera del Comitato interministeriale dell’8 maggio 1980;
in secondo luogo, il collegamento dell’attività con il fondo, come prescritto dall’art. 13, comma 1, lett. d), della legge regionale n. 13/1990;

- sulla base di tali premesse, le pronunce giurisdizionali di primo e secondo grado hanno accertato, con riferimento all’allevamento in questione, l’insufficiente produttività del fondo agricolo di cui era titolare il M rispetto al fabbisogno dei capi;
stante la perizia agronomica di parte ricorrente, sul punto non contestata, l’indice comunemente impiegato per stabilire se vi sia una connessione tra fondo ed allevamento è la disponibilità, in azienda, di 538.000 unità foraggiere e di 17,47 ettari di terreno, necessario per coprire il 25% delle esigenze alimentari dell’allevamento.

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