TAR Perugia, sez. I, sentenza 2009-11-19, n. 200900725

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2009-11-19, n. 200900725
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 200900725
Data del deposito : 19 novembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

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N. 00725/2009 REG.SEN.

N. 00329/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 329 del 2008, proposto da:
Fassa S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti A C, B I e M L G, presso il primo dei quali è elettivamente domiciliata in Perugia, Piazza Alfani, 4" data-article-version-id="e1904a9f-74d9-577c-ab51-695f88164f31::LRB8D7F354BA6105ABD264::2004-02-24" href="/norms/codes/itatextc2jzvpf9k63v16/articles/itaart8qppj6qn0g1ah1n?version=e1904a9f-74d9-577c-ab51-695f88164f31::LRB8D7F354BA6105ABD264::2004-02-24">4" data-article-version-id="e1904a9f-74d9-577c-ab51-695f88164f31::LRB8D7F354BA6105ABD264::2004-02-24" href="/norms/codes/itatextc2jzvpf9k63v16/articles/itaart8qppj6qn0g1ah1n?version=e1904a9f-74d9-577c-ab51-695f88164f31::LRB8D7F354BA6105ABD264::2004-02-24">4;

contro

Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio, il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico dell’Umbria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, presso i cui uffici sono pure legalmente domiciliati, alla via degli Offici, 14;

nei confronti di

Comune di Corciano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Alarico Mariani Marini, presso il quale è elettivamente domiciliato in Perugia, via Mario Angeloni, 80/B;

per l'annullamento

- del decreto in data 5 febbraio 2008 della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, con cui è stata sottoposta a vincolo indiretto un’area sita nel territorio del Comune di Corciano, comprendente anche i terreni di proprietà della società Fassa, nonché dell’allegata relazione di vincolo;

- di tutti gli atti, di impulso ed endoprocedimentali, inerenti all’imposizione del vincolo indiretto, incluse le note della Soprintendenza di Perugia prot. nn. 6534 e 6541 del 4 aprile 2007, prot. n. 11314 in data 14 giugno 2007 e prot. n. 11983 del 27 giugno 2007, il parere espresso dal Comitato regionale di coordinamento in data 3 maggio 2007, la nota della Direzione Regionale prot. n. 3833 in data 22 maggio 2007;

- degli atti emanati dal Comune di Corciano ai fini dell’imposizione del vincolo indiretto, inclusi la delibera di G.C. n. 13 del 18 gennaio 2007 e la nota del Sindaco prot. n. 3254 in data 31 gennaio 2007;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali intimate;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Corciano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2009 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

La società ricorrente, proprietaria, in frazione Mantignana del Comune di Corciano, di un’area, urbanisticamente destinata alla realizzazione di insediamenti produttivi (“D1”), identificata al C.T. al Fg. 20, particelle nn. 4, 373, 375, 378, 380, 382, 386, impugna il provvedimento del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria in data 5 febbraio 2008 con il quale la medesima area è stata sottoposta a vincolo indiretto, chiedendo altresì il risarcimento dei danni.

Espone di avere acquistato detto terreno in data 19 settembre 2006 al fine di realizzarvi un impianto per la produzione di premiscelati per l’edilizia, come attestato dall’istanza presentata allo Sportello Unico per le Attività Produttive del Comune in data 30 novembre 2006.

Lamenta come l’impugnato vincolo indiretto annulli le possibilità edificatorie dei mappali di sua proprietà.

Rappresenta che la vicenda procedimentale che ha portato all’adozione della contestata prescrizione di tutela indiretta è originata dalla richiesta del Comune di Corciano, contenuta nella delibera di G.C. n. 13 del 18 gennaio 2007, con la quale è stato domandato alla Soprintendenza l’avvio del relativo procedimento a tutela del complesso monumentale di Pieve del Vescovo e del Castello di Mantignana;
l’organo statale, dopo un complesso iter, con nota del 27 giugno 2007, ha chiesto alla Direzione Regionale l’adozione del provvedimento di vincolo.

L’intera valle del torrente Caina è contestualmente interessata dalla pendenza di un procedimento promosso dalla Regione Umbria per l’imposizione di un vincolo paesaggistico.

Deduce a fondamento del ricorso i seguenti motivi di diritto :

1) Violazione dell’art. 46, comma 1, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nonché degli artt. 1, 7, 8, 9 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
omessa comunicazione personale dell’avvio del procedimento, nonché negazione del diritto di accesso agli atti e del diritto di presentare osservazioni pertinenti all’oggetto del procedimento.

Nella vicenda in esame l’avvio del procedimento non è stato comunicato personalmente a Fassa, né ad alcuno degli altri destinatari del provvedimento finale, dandosi luogo ad una mera pubblicazione impersonale, nel presupposto che vi fosse un numero troppo elevato di soggetti destinatari.

In realtà, i soggetti aventi un interesse al procedimento erano solamente 51, peraltro nominativamente individuati nell’elenco allegato alla relazione di vincolo della Soprintendenza.

La ricorrente, inoltre, ha avuto notizia del vincolo in questione solo a procedimento ormai concluso, benché avesse depositato sin dal 13 febbraio 2007 atto di intervento nel procedimento pendente dinanzi alla Soprintendenza.

2)Violazione degli artt. 45, 46, 47 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42;
eccesso di potere per difetto e/o errata valutazione dei presupposti, nonché difetto di istruttoria;
sviamento di potere;
difetto e/o contraddittorietà di motivazione.

La legge consente l’adozione delle misure di tutela indiretta solo se lo scopo realmente perseguito dall’Amministrazione è quello di evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, soggetti a tutela diretta, sì da rendere esplicito l’ineludibile rapporto di complementarietà tra i due vincoli (diretto ed indiretto);
conseguentemente risulta viziato da eccesso di potere per sviamento un vincolo indiretto che persegua solamente le finalità proprie dei vincoli paesaggistici.

Nella fattispecie in esame l’intero procedimento, a principiare dalla richiesta del Comune di Corciano, dimostra che il potere di cui agli artt. 45 e seguenti del codice dei beni culturali è stato illegittimamente piegato ad esclusive finalità di tutela paesaggistico-ambientale.

3) Violazione dell’art. 42 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e degli artt. 45-47 del d.lgs. n. 42 del 2004;
incompetenza;
eccesso di potere per difetto dei presupposti.

A norma dell’art. 46 del codice dei beni culturali il Soprintendente può promuovere il procedimento impositivo ex officio, oppure su motivata richiesta della regione odi altri enti pubblici territoriali interessati.

Se l’apposizione del vincolo deriva dalla richiesta dell’ente locale, inevitabilmente i vizi di tale atto di impulso si riflettono sul provvedimento finale.

La delibera n. 13/2007 della G.C. di Corciano è viziata da incompetenza;
infatti la proposta, avendo natura di “atto di indirizzo”, deve essere ascritta nella categoria degli atti fondamentali, che l’art. 42 del t.u.e.l. riserva al Consiglio comunale.

4) Violazione degli artt. 45, 46 e 47 del d.lgs. n. 42 del 2004, nonchè dell’art. 21 comma 2, lett. a), del d.P.R. 10 giugno 2004, n. 173;
violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e omessa e/o carente motivazione.

Il parere del Comitato regionale di coordinamento, organo collegiale a competenza intersettoriale, è stato espresso nella seduta del 3 maggio 2007, e dunque è antecedente al momento in cui la Soprintendenza, recependo la richiesta del Direttore Regionale, e reputate inadeguate le modalità di comunicazione dell’avvio del procedimento, ha riavviato, con nota prot. n. 11324 in data 14 giugno 2007, il procedimento di vincolo indiretto.

Inoltre la stessa comunicazione di riavvio del procedimento è carente dei requisiti minimi per essere considerata tale in relazione al parametro legislativo costituito dall’art. 46 del d.lgs. n. 42 del 2004.

Deve aggiungersi ancora che le prescrizioni di tutela indiretta su cui il Comitato regionale di coordinamento aveva espresso parere favorevole, e che coincidono con la proposta della Soprintendenza, risultano invece differenti da quelle poi contenute nel provvedimento finale, il quale si è dunque discostato dal parere obbligatorio senza compiere alcun approfondimento istruttorio e senza la benché minima motivazione.

5) Violazione degli artt. 45, 46 e 47 del d.lgs. n. 42 del 2004;
eccesso di potere per carenza e/o contraddittorietà della motivazione, nonché difetto di istruttoria, illogicità ed arbitrarietà;
sviamento di potere.

La prescrizione recante il divieto di porre in essere “attività incompatibili con le esigenze di tutela indiretta”, che possano tradursi nella creazione di improprie barriere od ostacoli visivi di un numero imprecisato di beni culturali immobili, si pone in contrasto con l’art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, che esige la puntualità dei vincoli, sì da poter essere recepiti dal regolamento edilizio e dal P.R.G.

Tali vincoli impropri ed atipici disvelano la loro effettiva finalità, che è quella di impedire a Fassa di costruire il proprio stabilimento industriale.

Ciò è confermato anche dal fatto che l’area sottoposta a tutela indiretta coincide con la sola porzione del territorio a nord del Castello di Pieve del Vescovo, compresa tra due aree già vincolate sotto il profilo paesaggistico-ambientale.

Inoltre non risulta spiegata la ragione per cui sia sottoposta a tutela indiretta l’area di proprietà di Fassa, posta ad una distanza di circa mille metri dal Castello di Pieve del Vescovo, cui l’Amministrazione riconosce il ruolo di “cardine baricentrico” di un “sistema territoriale” formato dal torrente Caina, dalla stessa Pieve, e dai borghi di Mantignana e di Migiana.

Se si fosse davvero voluto apprestare una tutela indiretta del Castello di Pieve del Vescovo, il decreto di vincolo avrebbe dovuto perimetrare tutta l’area al suo contorno, e non solo quella situata a nord del bene monumentale.

In definitiva, il vincolo indiretto è stato apposto in assenza di un’effettiva istruttoria sullo stato dei luoghi, secondo criteri arbitrari, illogici e meramente cartografici, che non corrispondono alle esigenze di tutela indiretta dichiarate nell’atto di vincolo.

6) Violazione degli artt. 45, 46, 47 del d.lgs. n. 42 del 2004;
sviamento di potere per manifesta illogicità ed arbitrarietà dell’azione amministrativa.

Il provvedimento impugnato stabilisce che «nelle aree fabbricabili in ampliamento delle zone industriali i nuovi insediamenti non dovranno superare le volumetrie (incluse ovviamente le altezze) dei manufatti esistenti, privilegiando tipologie ricorrenti nell’edilizia agricola rurale locale»;
si tratta di una disciplina perplessa, in quanto non è dato comprendere come i nuovi edifici industriali possano omologarsi alle tipologie dell’edilizia agricola rurale locale.

E’ inoltre illogico il divieto di superare le volumetrie (incluse le altezze) dei manufatti esistenti, in quanto svincolato sia dai consueti canoni edilizi, sia dai parametri di edificabilità delle aree industriali dettati dal vigente P.R.G.

Ancora più vago ed indeterminato appare il criterio correlato al rispetto delle “volumetrie esistenti”.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Corciano, il Mi.B.A.C., la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, nonché la Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio di Perugia, chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza dell’8 luglio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Con il primo mezzo di gravame la società ricorrente lamenta l’omessa comunicazione personale di avvio del procedimento di vincolo, contestando altresì la sussistenza dei presupposti legali per ricorrere a diverse forme di pubblicità, in presenza di circa 53 soggetti (nominativamente individuati nell’alenco allegato alla relazione di vincolo) aventi interesse al procedimento stesso.

La censura non appare meritevole di positiva valutazione, e deve dunque essere disattesa.

Giova precisare che la prima comunicazione di avvio del procedimento da parte della Soprintendenza di Perugia (di cui alla nota prot. n. 6534 in data 4 aprile 2007), prevedeva, per il grande numero dei destinatari, solamente l’affissione all’albo pretorio del Comune di Corciano.

A seguito dei rilievi mossi dalla Direzione Regionale per i Beni e le Attività Culturali dell’Umbria concernenti «la tempistica e la necessità di idonee forme di pubblicità per la corretta comunicazione dell’avvio del procedimento», la Soprintendenza ha effettuato una nuova comunicazione di avvio con nota prot. n. 11314 del 14 giugno 2007, ove si dà atto che, in ragione del grande numero dei destinatari, la comunicazione personale risulta impossibile e particolarmente gravosa, ed al contempo si rappresentano le esigenze di celerità connese alla necessità di rendere operative le prescrizione indicate nella relazione di vincolo.

Posta tale premessa, sono state in particolare indicate le seguenti forme di pubblicità : affissione, per un periodo minimo di trenta giorni, presso l’albo della Soprintendenza;
pubblicazione, per un periodo minimo di trenta gorni, della comunicazione di avvio del procedimento presso il Bollettino del Mi.B.A.C.;
avviso di deposito, per un periodo minimo di sessanta giorni, presso l’albo pretorio del Comune di Corciano, e comunicazione, per un eguale periodo, nel sito internet dello stesso Comune.

La ricorrente non contesta l’idoneità della forma di pubblicità prescelta, ma proprio la possibilità, per l’Amministrazione, nel caso di specie, di derogare all’obbligo della comunicazione personale, prevista in via generale tanto dall’art. 46, comma 1, del codice dei beni culturali, quanto dall’art. 8, comma 3, della legge generale sul procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241).

La tesi non appare persuasiva, in quanto le norme suindicate consentono la comunicazione di avvio del procedimento mediante idonee forme di pubblicità (stabilite, di volta in volta, dall’Amministrazione) qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa.

Il thema decidendum è se dunque almeno 53 destinatari della comunicazione di avvio del procedimento (ma l’elenco allegato alla relazione di vincolo non appare completo, tanto che non vi risulta inclusa la stessa società ricorrente) possano ritenersi numero così elevato da rendere impossibile o comunque particolarmente gravosa la comunicazione personale.

Ad avviso del Collegio, la comunicazione di avvio del procedimento a cinquanta destinatari individuati e ad ulteriori non ancora specificati, ma verosimilmente esistenti, stante l’estensione territoriale dell’area interessata dal vincolo, può ritenersi effettivamente adempimento particolarmente gravoso, giustificante forme di pubblicità alternative.

Un supporto di diritto positivo a tale tesi, stante la eadem ratio sottesa, ed utile anche ad evitare di scivolare in valutazioni connotate da eccessivi margini di relatività, è rinvenibile nell’art. 11 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), il cui secondo comma prevede, in caso di vincolo preordinato all’esproprio, che, allorché il numero dei destinatari sia superiore a 50, la comunicazione è effettuata mediante pubblico avviso, da affiggere, tra l’altro, all’albo pretorio dei Comuni nel cui territorio ricadono gli immobili da assoggettare al vincolo stesso.

Consegue a tale opzione interpretativa che neppure può utilmente contestarsi la violazione dei diritti partecipativi della società ricorrente, che, pure, in fase preprocedimentale, e cioè in data 13 febbario 2007, una volta avuta notizia della richiesta del Comune di Corciano di avviare il procedimento per la tutela indiretta, aveva presentato alla Soprintendenza “atto di intervento nel procedimento e istanza di accesso agli atti con contestuale memoria e deposito di documenti”.

E’ infatti chiaro che i diritti procedimentali (ulteriori al contributo “oppositivo” già prodotto) avrebbero potuto essere esercitati proprio per effetto della alternative, ma idonee, forme di pubblicità della comunicazione di avvio del procedimento adottate dall’Amministrazione, dovendosi peraltro escludere che l’atto di intervento preprocedimentale della Fassa S.p.a. ponga la stessa in una condizione differente e privilegiata rispetto alla totalità degli altri soggetti destinatari degli effetti diretti del provvedimento di vincolo, non notiziati individualmente.

2. - Con il secondo motivo di ricorso si deduce l’illegittimità dell’impugnato provvedimento di vincolo indiretto, asseritamente carente, anche in ragione del suo ambito di incidenza, di un rapporto di complementarietà con il vincolo diretto insistente sul Castello di Pieve del Vescovo in Corciano (ed anche sul Castello di Mantignana), e perseguente in realtà improprie finalità di tutela paesaggistico-ambientale, nelle more dell’adozione di apposito provvedimento.

La censura non appare meritevole di positiva valutazione.

Il provvedimento di imposizione del vincolo indiretto in data 5 febbraio 2008, nella sua parte dispositiva, evidenzia l’obiettivo di tutela delle emergenze monumentali, vietando «le attività … che possano determinare la creazione di improprie barriere o di ostacoli visivi». Anche la parte motiva del provvedimento, pur utilizzando l’espressione ad ampio spettro di “sistema territoriale”, pone in luce «l’esigenza di armonizzare gli strumenti di tutela dei beni culturali nella zona con le caratteristiche di vedute culturali riconosciute», sottolineando la portata baricentrica del Castello di Pieve del Vescovo.

Il provvedimento recante le prescrizioni di tutela indiretta è dunque armonico con le finalità di tutela dei beni culturali, in conformità della lettera e della ratio dell’art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

Anche l’atto di pre-iniziativa procedimentale, costituito dalla delibera di G.C. n. 13 del 18 gennaio 2007 del Comune di Corciano, giustifica la richiesta alla competente Soprintendenza di avvio del procedimento di tutela indiretta nella considerazione che l’eventuale realizzazione di un insediamento produttivo in località Mantignana da parte della ditta Fassa di Treviso, in considerazione delle sue caratteristiche progettuali (in particolare caratterizzate dalla presenza di torri di altezza pari a circa 60 metri), potrebbe mettere in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili circostanti, danneggiandone la luce e la prospettiva, solo in aggiunta precisando che detta opera potrebbe altresì alterare le condizioni generali dell’ambiente circostante.

E’, se mai, la relazione di vincolo predisposta dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio, il Patrimonio Stirico, Artistico e Etnoantropologico dell’Umbria e la conseguente richiesta alla Direzione Regionale che sembrano dare preminente rilievo alla salvaguardia paesistica, sottolineando l’esigenza «di garantire l’armonizzazione dei processo di sviluppo edificatorio nella zona con la caratteristica di paesaggio culturale riconosciuto».

Peraltro, a prescindere anche dalla natura endoprocedimentale di tali atti, è noto come in materia di vincoli indiretti il nucleo semantico delle espressioni utilizzate sia ampio, parlandosi ad esempio di preservazione della “cornice ambientale” di un immobile, o di “fascia di rispetto”, locuzioni che principalmente si addicono ai beni paesaggistici.

Il dato obiettivo che si evince dai documenti in atti è che il provvedimento di vincolo indiretto risulta finalizzato ad evitare che sia messo in pericolo il “sistema territoriale” che ha come perno il Castello di Pieve del Vescovo, affinché non ne venga danneggiata la prospettiva o la luce, ovvero alterate le condizioni di ambiente e decoro.

Il che ne conferma quella funzione di tutela complementare del bene culturale, che è invece contestata da parte ricorrente, la quale ravvisa nel provvedimento impugnato le finalità tipiche di un vincolo paesaggistico.

L’esclusione dello sviamento si ravvisa, del resto, nel fatto stesso che l’area interessata dall’impugnato vincolo indiretto è già parzialmente soggetta a vincolo paesaggistico e pende un ulteriore, coevo a quello oggetto del presente ricorso, procedimento regionale per la dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico dell’ambito territoriale Mantignana-Corciano ai sensi dell’art. 138 del codice dei beni culturali, ragione per cui non appare consentito, nonostante l’indubbia vastità dell’area, inferire che il provvedimento gravato intenda salvaguardare il contesto ambientale, al di là della fascia di rispetto dei beni monumentali.

Vi è un’innegabile peculiarità del vincolo indiretto oggetto di controversia, principalmente per la sua estensione, ma la proporzionalità/congruità del provvedimento va valutata alla stregua della pluralità di emergenze monumentali coinvolte, che non sono costituite solamente dal Castello della Pieve, ma anche dalla Villa Colle del Cardinale, dalla Torre del Castello di Mantignana, dal Palazzo del Castello di Mantignana ed anche dalla chiesa di Migiana, beni ai quali viene fatto riferimento implicito nel provvedimento, mediante il richiamo dei rispettivi borghi.

3. - Con la terza censura si allega poi l’illegittimità derivata dagli atti di impulso (melius, dalla richiesta) del Comune di Corciano del provvedimento di vincolo, nell’assunto che la delibera n. 13 del 2207 della Giunta Comunale sarebbe affetta da incompetenza, configurandosi la motivata richiesta di avvio del procedimento per la tutela indiretta come “atto di indirizzo”, rientrante, in quanto tale, nelle prerogative del Consiglio comunale.

Anche tale mezzo deve essere respinto.

Anzitutto, il Collegio dubita della esistenza di un rapporto di presupposizione necessaria tra la richiesta del Comune ed il provvedimento di vincolo, che, solo, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, sarebbe idoneo a dare ingresso all’illegittimità derivata, a prescindere che si tratti di caducazione o di illegittimità meramente viziante (Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2002, n. 785);
ed invero a norma dell’art. 46 del d.lgs. n. 42 del 2004 l’atto di iniziativa procedimentale spetta al Soprintendente, mentre la (eventuale) richiesta dell’ente locale si colloca in una fase pre-procedimentale.

Peraltro, anche a prescindere da ciò, non sembra ravvisabile la dedotta incompetenza relativa, atteso che la richiesta di attivazione di un procedimento per la tutela indiretta di un dato complesso monumentale può qualificarsi “atto di indirizzo”, come fa la deliberazione di Giunta n. 13 del 18 gennaio 2007, solamente in senso atecnico e comunque enfatico.

Si tratta infatti di un atto di proposta e di impulso, che non può essere ascritto al novero di quelli menzionati nell’art. 42 del t.u.e.l. (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), e che rientra, invece, nella competenza della Giunta comunale ai sensi del successivo art. 48 (in tale senso, indirettamente, Cons. Stato, Sez. VI, 22 settembre 2008, n. 4569, nonché Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2910).

4. - Con il quarto mezzo si lamenta poi che il parere del Comitato regionale di coordinamento è stato acquisito antecedentemente alla data di (ri)avvio del procedimento di imposizione del vincolo indiretto, il quale inoltre è carente dei requisiti formali prescritti dall’art. 46 del codice dei beni culturali;
si stigmatizza altresì la difformità tra le prescrizioni di tutela indiretta contenute nel provvedimento e quelle proposte dal parere del Comitato regionale di coordinamento, poi recepite dalla Soprintendenza.

Anche tale censura non appare meritevole di positiva valutazione.

Sotto il primo profilo, occorre premettere che, a seguito dei già ricordati rilievi mossi dalla Direzione Regionale con nota del 29 aprile 2008, la Soprintendenza B.A.P.P.S.A. e E. di Perugia ha effettuato un nuovo avvio del procedimento con nota prot. n. 11314 del 14 giugno 2007.

Ora, la circostanza che il parere reso (ai sensi dell’allora vigente art. 21 del d.P.R. 10 giugno 2004, n. 173) dal Comitato regionale di coordinamento sia del 3 maggio 2007, e dunque antecedente alla rinnovata comunicazione di avvio del procedimento non sembra al Collegio inficiare gli atti del procedimento ed il provvedimento finale.

Ed infatti la comunicazione di avvio del procedimento di imposizione del vincolo indiretto è stata rinnovata per motivi di ordine formale, attinenti essenzialmente alla inadeguatezza ed incompletezza della pubblicità notiziale della prima comuninicazione, senza che dunque possa escludersi una preesistente pendenza del procedimento stesso.

E comunque, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, il procedimento amministrativo è viziato allorché la funzione consultiva viene ad essere esercitata a posteriori (Cons. Stato, Sez. VI, 1 dicembre 1986, n. 875;
Cons. Stato, Sez. IV, 28 dicembre 1994, n. 1091;
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 1 agosto 2003, n. 3028), non dunque quando il parere sia intervenuto prima del riavvio del procedimento, e comunque ad istruttoria aperta.

Del resto, la composizione del Comitato, prestabilita dalla norma, prescinde dai soggetti partecipanti al procedimento;
l’organo tecnico in questione è presieduto dal direttore regionale ed è composto dai soprintendenti di settore operanti in ambito regionale (art. 21, comma 3, del d.P.R. n. 173 del 2004, oggi sostituito dall’art. 19 del d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233).

Con riguardo alla contestata mancanza dei requisiti formali dell’atto di avvio del procedimento, deve osservarsi che la comunicazione del 14 giugno 2007 interviene a parziale modifica di quella del 4 aprile 2007, e comunque, come già la prima, precisa che ne sono parte integrante la cartografia catastale, l’elenco dei destinatari, la documentazione fotografica, la relazione di vincolo con le prescrizioni immediatamente valide ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004.

Seppure indirettamente, dunque, dall’atto di avvio procedimentale risulta inferibile sia l’immobile in relazione al quale si intendono adottare le prescrizioni di tutela indiretta, sia i contenuti essenziali di tali prescrizioni, secondo quanto richiesto dall’art, 46, comma 2, del predetto corpus normativo.

Per quanto concerne poi, la lamentata difformità contenutistica del provvedimento di vincolo rispetto alle prescrizioni enucleate dal parere del Comitato regionale di coordinamento, consistente, in sintesi, nel fatto che il parere prescriveva che «nelle aree fabbricabili in ampliamento delle zone industriali i nuovi insediamenti non dovranno superare le altezze dei manufatti esistenti», mentre il provvedimento di vincolo, in modo asseritamente più incisivo, richiede che i nuovi insediamenti non superino, oltre che le altezze, le volumetrie dei manufatti esistenti, ritiene il Collegio che la stessa non sia ravvisabile.

Premesso che quello del Comitato regionale di coordinamento è un parere obbligatorio, ma non anche vincolante, tra il provvedimento finale e l’atto endoprocedimentale non è dato ravvisare una reale difformità, quanto piuttosto un “incremento di prescrizioni”, che non può ritenersi precluso all’organo con poteri decisori.

In altre parole, sebbene, effettivamente, l’Amministrazione, nel momento in cui si discosta dal parere emesso dall’organo consultivo, è tenuta, di regola, ad indicare le ragioni per le quali ha ritenuto di non uniformarsi allo stesso, nel caso di specie tale specifico onere motivazionale non sussisteva, in quanto il provvedimento di imposizione del vincolo non contiene una determinazione difforme dal parere, ma piuttosto una modesta prescrizione specificativa, quella per cui i nuovi insediamenti devono conformarsi non solo alle altezze degli insediamenti esistenti, ma anche alle relative volumetrie.

Né può ritenersi che una siffatta prescrizione di tutela indiretta sia contraddittoria od illogica, in quanto, al contrario, appare del tutto funzionale agli obiettivi perseguiti e dichiarati.

5. - Con il quinto, articolato, motivo si deduce poi lo sviamento di potere del provvedimento impugnato e l’illogicità della limitazione del vincolo indiretto alla sola porzione di territorio collocata a nord del Castello di Pieve del Vescovo, per di più includendo l’area di proprietà della società ricorrente, collocata a circa mille metri dal bene monumentale in questione.

La censura è infondata se non anche inammissibile.

Quanto allo sviamento, che si avrebbe nel fatto che il provvedimento perseguirebbe lo scopo di precludere il progetto imprenditoriale della società ricorrente, dalla documentazione in atti non sembra al Collegio evincersi l’esistenza di elementi probatori precisi, certi e concreti idonei a dimostrare uno scopo dissimulato dell’atto, e quindi le divergenze dalla sua funzione tipica.

Indubbiamente rileva in tale vicenda la richiesta, proveniente dalla Fassa, di autorizzazione di un proprio insediamento nell’area industriale di Corciano, mediante utilizzo della cava ivi presente, ma tale elemento costituisce proprio il dichiarato “presupposto storico” della determinazione qui avversata.

In altri termini, la richiesta di un’autorizzazione per la realizzazione di uno stabilimento industriale per la produzione di intonaci e premiscelati ha indotto l’Amministrazione competente ad una valutazione tecnica ed al contempo espressione di discrezionalità amministrativa in ordine alla necessità di gravare il sedime intorno al Castello di Pieve del Vescovo (anche) di un vincolo indiretto;
il procedimento che ne è scaturito ed il provvedimento finale sono proprio la dimostrazione che non vi è stato un uso sviato del potere, giacchè l’Amministrazione, con valutazioni insindacabili nel merito, ha perseguito gli interessi della cui cura è attributaria.

5.1. - Quanto, poi, all’asserita illogicità del provvedimento, va ricordato come, secondo costante giurisprudenza, il vincolo indiretto è espressione di valutazioni tecnico-discrezionali, sindacabili dal giudice amministrativo solamente sotto il profilo della congruità e della logicità della motivazione;
la sua dimensione e collocazione, finalizzata a creare una fascia di rispetto intorno al bene culturale, è sindacabile in sede di legittimità soltanto per macroscopica incongruenza ed illogicità (in termini, ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5784;
19 gennaio 2007, n. 111).

Nella vicenda in esame tale condizione non è inferibile dal provvedimento gravato, caratterizzantesi in termini di atipicità;
come correttamente rileva l’Amministrazione statale nei propri scritti difensivi, la “baricentricità” del Castello di Pieve del Vescovo è intesa nella relazione di vincolo come maggiore emergenza visiva e culturale, e non come centro mediano;
inoltre il punto di vista non si trova al centro, ma sullo sfondo dell’area tutelata, onde preservarne la visuale.

In questo senso non appare illogico il divieto di attività che possano altrerare le condizioni di ambiente e di decoro, danneggiando la prospettiva con la creazione di improprie barriere od ostacoli visivi.

6. - Analoghe considerazioni inducono a disattendere il sesto motivo di ricorso, con cui si allega nuovamente l’irragionevolezza delle prescrizioni vincolistiche.

Giova ribadire, ancora una volta, che il vincolo indiretto, finalizzato come è a prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce, ovvero le condizioni di ambiente e di decoro, è provvedimento atipico, o, come anche si usa dire, è categoria aperta, epilogo di un accertamento complesso, prevalentemente tecnico, effettuato dall’Amministrazione.

Nel caso di specie non determina però, come pure potrebbe astrattamente verficarsi, un’inedificabilità assoluta dell’area interessata, ma impone, nelle aree fabbricabili, il rispetto delle volumetrie ed altezze dei manufatti esistenti;
nè occorre, stanti le diverse finalità, una coincidenza delle prescrizioni di tutela indiretta con la disciplina urbanistica del territorio.

E peraltro un’attenta lettura del provvedimento di vincolo pone in evidenza che per i nuovi insediamenti industriali non è richiesta una conformazione edilizia, ma è solamente espressa una preferenza in favore dell’edilizia agricola rurale locale.

7. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso, con la connessa domanda risarcitoria, deve essere respinto per l’infondatezza dei motivi dedotti.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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