TAR Parma, sez. I, sentenza 2019-12-23, n. 201900303

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza 2019-12-23, n. 201900303
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 201900303
Data del deposito : 23 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/12/2019

N. 00303/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00060/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 60 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati D D M e G S, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Parma, borgo Felino, 29

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6

per l'annullamento

del decreto adottato dal Ministero della Giustizia n. 2816/2015/cs, notificato al ricorrente il 27 novembre 2015, con cui le infermità ivi indicate non sono state ritenute dipendenti da causa di servizio,

nonché di ogni altro atto connesso e presupposto, e in particolare del deliberato del Comitato di Verifica per cause di servizio in data 10 aprile 2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

-OMISSIS-, all’epoca assistente capo nel corpo della Polizia penitenziaria di Reggio Emilia, presentava in data 29 maggio 2014 istanza di riconoscimento della “causa di servizio” per le seguenti infermità:

1) “-OMISSIS-

2) -OMISSIS-”.

Tali esiti erano stati diretta conseguenza del malore avuto in servizio in data 17 dicembre 2013.

Con verbale del 19 novembre 2014, la Commissione medica ospedaliera di La Spezia riscontrava il sig. -OMISSIS-affetto dalle richiamate infermità, riconoscendo una menomazione all’integrità fisica ascrivibile per la prima alla “Tabella A/7 categoria” e per la seconda alla “Tabella B”, come annesse al d.P.R. 30/ 12/1981 n. 834.

Successivamente, peraltro, il Comitato centrale di verifica del Ministero non riconosceva le predette tipologie come dipendenti da cause di servizio.

Il sig. -OMISSIS-ha dunque depositato in data 3 marzo 2016 ricorso avverso tale decisione, deducendone l’illegittimità per violazione dell’art. 14 del d.P.R n. 461 del 2011, difetto di motivazione, irragionevolezza e travisamento dei fatti.

In particolare, la difesa del ricorrente ha censurato la mancata considerazione di circostanze di fatto tali da incidere, in tesi, sulla valutazione finale, in quanto alla descrizione delle patologie oggettivamente riscontrate non sarebbe seguita una ricerca delle cause di esse che fosse compatibile con la storia clinica del ricorrente stesso.

Si è costituito in giudizio il Ministero convenuto, che ha chiesto il rigetto del ricorso, e la causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 4 dicembre 2019.

Il ricorso è fondato, per quanto di ragione.

La dipendenza da causa di servizio degli esiti di -OMISSIS-è stata chiesta, come già anticipato, in conseguenza di un episodio di malore e di successivo ricovero che ha interessato il ricorrente mentre compiva atti di ufficio (in qualità di scorta per una traduzione collettiva di detenuti dall’Istituto penitenziario di servizio al Tribunale).

Nella domanda, è stata allegata rilevante documentazione afferente ad alcuni significativi episodi di aggressione (in particolare, nel 2009 e nel 2011), subiti nel corso degli anni dal sig. -OMISSIS-ad opera di detenuti.

A fronte di tali evenienze, il Comitato di verifica, pur dando formalmente atto di avere valutato tutto il materiale probatorio del caso, si è limitato a dire che, da un lato, “l’ateromatosi vasale può derivare da fattori multipli costituzionali o acquisiti”, e che, dall’altro, “l’affezione non può attribuirsi al servizio prestato, anche perché in esso non risultano sussistenti specifiche situazione di effettivi disagi o surmenage psico-fisico tali da rivestire un ruolo di causa o di concausa efficiente e determinante”.

Il Collegio rileva che la formula utilizzata per negare il beneficio richiesto risulta non esattamente calibrata rispetto al caso specifico esaminato.

Vi è evidenza, infatti, nella documentazione prodotta in giudizio (e prima ancora resa disponibile al Comitato di verifica), della rilevanza di circostanze contrastanti con quanto affermato dall’amministrazione, in ordine alla non sussistenza pregressa di situazioni di disagio rilevante nell’ambiente lavorativo.

Conseguentemente, la motivazione finale è inficiata dal fatto di non avere dato la giusta importanza, quanto meno per confutarle, a tali circostanze.

Al contrario, secondo la relazione medico-legale del dott. -OMISSIS-– specialista consultato dal ricorrente –, vi sarebbe “un’intima correlazione causale” tra le aggressioni subite in servizio dal sig. -OMISSIS-e l’ipertensione arteriosa progressivamente sviluppatasi, che ha poi costituito una delle condizioni predisponenti l’accertato “-OMISSIS-”.

Il presupposto medico-legale su cui è stato basato il diniego del beneficio impugnato è dunque da ritenersi viziato da difetto di motivazione. Peraltro, come già affermato dalla Sezione in altro precedente analogo, la natura incerta della causa da cui dipende la patologia occorsa al ricorrente, anche in relazione alla molteplicità verosimilmente rilevanti nel caso di specie, non consente al Collegio di sostituirsi all’organo tecnico dell’amministrazione, nemmeno per il tramite di una consulenza tecnica.

Nel processo amministrativo, infatti, il sindacato del Giudice non può arrivare a sostituire la propria valutazione a quella dell’amministrazione, qualora vi sia un margine di discrezionalità tecnica collegato a circostanze scientificamente opinabili e non accertabili con parametri di certezza, fatti salvi, ovviamente, gli effetti conformativi derivanti da pronunce che rilevino, tra gli altri, vizi di illogicità o di insufficienza motivazionale o, ancora, di carenza istruttoria.

Nel caso in esame, come detto, la tesi del Comitato di verifica è da ritenersi viziata non per un errore essenziale sui presupposti di fatto o per una distorta valutazione scientifica del rapporto di causalità esistente tra due fatti noti, ma per una insufficiente lettura (con conseguente insufficiente motivazione del relativo passaggio decisionale) degli elementi di fatto offerti dal ricorrente in ordine al suo stato di servizio.

Tali elementi devono essere letti, secondo quanto accertato in sede odierna, non come rappresentativi di uno stress lavorativo psico-fisico ordinario, ma come possibile fonte, in relazione agli episodi pregiudizievoli occorsi nel compimento dei doveri di ufficio, di stress “qualificato”.

Conseguentemente, una volta corretto quest’errore interpretativo dei dati di fatto appena richiamati, la Commissione di verifica dovrà rimotivare in ordine alla rilevanza o irrilevanza, anche come fattore incidente, dello stato di servizio rispetto alla patologia occorsa.

Il ricorso deve dunque essere accolto, seppure nei limiti di quanto appena precisato, con spese del giudizio che possono essere compensate, in ragione della peculiarità e parziale novità del caso esaminato.

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