TAR Catania, sez. I, sentenza 2012-09-20, n. 201202213

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2012-09-20, n. 201202213
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201202213
Data del deposito : 20 settembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01315/2010 REG.RIC.

N. 02213/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01315/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di C (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1315 del 2010, proposto da:
S G, rappresentata e difesa dall'avv. G S P, con domicilio eletto presso avv. G S P, in C, via V. Giuffrida, 37;

contro

Comune di C, rappresentato e difeso dagli avv. W P, P Panè, con domicilio eletto presso avv. W P, in C, via G. Oberdan, 141;

per l'annullamento

del provvedimento del 5 marzo 2010, notificato il 22 marzo 2010, col quale il Comune di C ha annullato in autotutela la c.e. n. 508/URB del 2.09.2009 già rilasciata a favore di G S per la costruzione di un edificio destinato ad alloggio per studenti universitari;

del preavviso di annullamento datato 22.10.2009 e di tutti gli altri atti presupposti, connessi e consequenziali;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2012 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente G S espone di essere proprietaria di un lotto di terreno individuato in catasto al foglio 5, particella 652, che – a seguito della variante al PRG approvata nel 1981 - possiede la destinazione urbanistica di zona “L” (ampliamento della Città Universitaria ), le cui potenzialità edificatorie sono descritte nell’art. 21 delle NN.TT.AA.

Nell’anno 2002, la ricorrente ha presentato al Comune di C un progetto edilizio per la realizzazione di una struttura alberghiera nella predetta particella;
tuttavia, a causa di un parere negativo espresso dalla C.E.C., è stato proposto ricorso a questo Tar, definito favorevolmente da questa Sezione con la sentenza n. 1554/09, con la quale è stato disposto a carico del Comune di C l’obbligo di procedere ad una nuova qualificazione urbanistica dell’area della ricorrente, sul presupposto che in vincolo sostanzialmente espropriativo gravante sull’area fosse decaduto per decorso del termine.

Nelle more della celebrazione del predetto giudizio, tuttavia, la ricorrente aveva presentato nell’anno 2007 un nuovo e diverso progetto, avente ad oggetto la realizzazione di una struttura ricettiva per studenti universitari, da gestire in convenzione con l’E.R.S.U., più consona rispetto alla destinazione urbanistica che caratterizza la zona.

Tale ultimo progetto è stato esitato favorevolmente dalla C.E.C. ed è stato assentito con concessione edilizia n. 508 del 2.09.2009. Tuttavia, dopo aver ricevuto la notifica della sentenza di questo Tar n. 1554/2009, il Comune di C – con l’impugnato provvedimento n. 182/URB del 5 marzo 2011 - ha annullato in autotutela la concessione edificatoria, ritenendola in contrasto con la citata decisione, nella parte in cui è stata giudizialmente riconosciuta illegittima l’inerzia mantenuta dall’amministrazione e disposto l’obbligo di procedere ad una nuova qualificazione urbanistica dell’area in esame, sul presupposto dell’avvenuta decadenza del vincolo a carattere espropriativo imposto con la variante del 1981.

L’annullamento in autotutela del titolo edilizio rilasciato nel 2009 viene impugnato ora per il seguente articolato motivo:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.P.R.380/2001 – violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.P.R. 327/2001 – violazione dei principi di cui alla sentenza Corte cost. 179/1999 – violazione e falsa applicazione dello strumento urbanistico generale vigente nel Comune di C e della variante urbanistica approvata il 21 febbraio 1981 – violazione e falsa applicazione dell’art. 21 octies e nonies della L. 241/90 – violazione dell’art. 97 Cost. e dei principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione – eccesso di potere per intrinseca illogicità e contraddittorietà manifesta – difetto di motivazione e presupposto ;

In sintesi, la ricorrente deduce che:

A) una volta accertata la compatibilità urbanistica del progetto proposto rispetto alla destinazione della zona, la PA non avrebbe potuto operare valutazioni ulteriori ed annullare il titolo edilizio già rilasciato nel 2009;

B) la zonizzazione “ L – ampliamento della Città Universitaria ” prevista con la variante urbanistica del 1981 non implica l’introduzione di alcun vincolo di natura espropriativa, ma impone solo regole conformative del diritto di proprietà, consentendo anche ai privati la realizzazione di opere e lavori, purchè funzionali all’obbiettivo perseguito con la variante;
ne consegue che il progetto di realizzazione della residenza universitaria appare perfettamente legittimo, ed il Comune non avrebbe potuto procedere all’annullamento della concessione edilizia rilasciata;

C) in sede di esercizio dell’autotutela non sono state evidenziate le ragioni di pubblico interesse perseguite col procedimento di secondo grado dalla PA, previste dall’art. 21 nonies della L. 241/90;

D) non sussiste alcun contrasto tra la concessione edilizia rilasciata nel 2009 e la sentenza n. 1554/2009 del Tar C, in ossequio alla quale il Comune ha ritenuto di dover procedere all’annullamento in autotutela del titolo edilizio;
e ciò in quanto la concessione edilizia rilasciata dal Comune nel 2009 in esito ad un nuovo progetto è il linea con la destinazione urbanistica esistente e costituisce atto totalmente satisfattivo delle ragioni di parte ricorrente, la quale non ha nemmeno interesse ad avvalersi della sentenza (pur favorevole) emessa dal Tar, e vi ha formalmente rinunciato.

Si è costituito in giudizio per resistere al ricorso il Comune di C.

All’udienza camerale del 10.09.2010 parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare in vista di una ravvicinata celebrazione dell’udienza di merito.

Con sentenza n. 1152/2011 è stata dichiarata l’interruzione del giudizio a causa della cessazione del rapporto di impiego del difensore del Comune di C. La causa è stata poi riassunta nei termini dalla ricorrente con atto notificato il 23.06.2011 e depositato il successivo giorno 27. Il Comune resistente ha nominato un nuovo difensore.

Alla pubblica udienza del 7 giugno 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

La questione introdotta col ricorso in epigrafe riguarda la dedotta illegittimità dell’autotutela in funzione di annullamento esercitata dal Comune di C nei confronti della concessione edilizia n. 508 del 2.09.2009 rilasciata alla ricorrente G S, sul presupposto che tale titolo contrastasse con il dictum contenuto nella sentenza n. 1554/2009 resa inter partes dal Tar C.

Prima di esaminare le censure articolate in ricorso, occorre brevemente riassumere l’oggetto della pronuncia n. 1554/09, al fine di comprendere se sussistano le ragioni di contrasto con la concessione edilizia rilevate dall’amministrazione resistente.

Il giudizio definito con la sentenza n. 1554/09 prende le mosse dalla sostanziale inerzia mantenuta dal Comune di C sulla pratica edilizia presentata dalla ricorrente per la realizzazione di una struttura alberghiera da insediare nell’area oggetto del presente ricorso;
inerzia concretizzatasi nel mancato puntuale riscontro dell’istanza/diffida con la quale la ricorrente aveva chiesto alternativamente: o la nuova qualificazione urbanistica dell’aera in questione, ovvero la reiterazione del precedente vincolo di in edificabilità accompagnata da una indennità commisurata al danno subito (il tutto, sul presupposto che la qualificazione come zona L impressa alle aree in questione con la variante al PRG del 1981 avesse introdotto un vincolo sostanzialmente espropriativo decaduto per decorso del tempo). La sentenza, qualificando il gravame come ricorso contro il silenzio della PA mantenuto sull’istanza, ha ritenuto sussistente la violazione dell’obbligo legale di concludere il procedimento amministrativo avviato dalla ricorrente con l’istanza/diffida, ed ha ordinato quindi agli uffici comunali di trasmettere l’istanza di riqualificazione urbanistica al Consiglio comunale, qual organo competente a definire con apposita deliberazione il regime urbanistico a seguito della decadenza dei vincoli che connotavano in precedenza la zona.

Ciò premesso, occorre ora verificare se sussista l’incompatibilità fra la decisione del Tar e la concessione edilizia rilasciata alla ricorrente nel 2009, come ritenuto dal Comune di C a motivo del provvedimento di annullamento;
ovvero, se tale incompatibilità non sussista, come sostenuto dalla ricorrente in apposita censura.

Il Collegio ritiene necessario mettere nella dovuta evidenza alcuni elementi di rilievo che connotano la vicenda in esame:

la sentenza n. 1554/09 ordinava al Comune resistente di procedere alla riqualificazione urbanistica dell’area appartenente alla ricorrente, sul presupposto della maturata decadenza dei vincoli espropriativi (o sostanzialmente espropriativi) imposti con la variate al PRG, assegnando all’amministrazione il termine di mesi quattro decorrenti dalla comunicazione o notifica della decisione stessa;

la suddetta sentenza è stata notificata al Comune di C in data 13 ottobre 2009, cioè successivamente all’emanazione della concessione edilizia n. 508/2009 poi annullata in autotutela col provvedimento oggetto del presente gravame;

il termine per l’esecuzione della decisione, assegnato da questa A.G., è inutilmente decorso, come si ricava dal fatto che l’amministrazione – nella sua memoria difensiva – afferma che a tutt’oggi la riqualificazione urbanistica dell’area non è stata ancora decretata, essendo ancora in fase di predisposizione la relativa proposta;

parte ricorrente – risultata vittoriosa nel giudizio definito con la sentenza n. 1554/09 – non ha chiesto l’ottemperanza alla sentenza ed anzi ha formalmente comunicato al Comune di C, con lettera del 10 marzo 2010 (in atti all. n. 13 al ricorso), di non aver più interesse ad avvalersi del dictum favorevole ottenuto e di rinunciare agli effetti, avendo presentato medio tempore un progetto che risultava in linea con la destinazione urbanistica dell’area in questione, ed avendo quindi interesse alla realizzazione di siffatto progetto piuttosto che di quello originariamente proposto, dal quale poi prese origine il contenzioso definito con la sentenza n. 1554/09.

Alla luce delle elencate circostanze di fatto e di diritto, il Collegio ritiene che il Comune resistente abbia tenuto un atteggiamento ondivago in ordine all’esecuzione della precedente decisione del Tar: a) da una parte, non ha eseguito nei termini (e, sembrerebbe, allo stato degli atti, nemmeno in ritardo) la decisione che imponeva la riqualificazione urbanistica dell’area;
b) pur versando in situazione di inadempimento, si è formalmente adeguata alla decisione del Tar col solo effetto (certamente non conforme ai desiderata della ricorrente) di farne derivare effetti sfavorevoli alla ricorrente, ed ha annullato il titolo edilizio poco prima rilasciato, pur sussistendo piena compatibilità con la destinazione di piano regolatore. In altre parole, l’amministrazione comunale, pur rimasta inadempiente rispetto al comando giudiziale contenuto nella sentenza, ha poi ritenuto di rispettarlo (in parte, e solo sotto alcuni profili) solo nella misura in cui discendono effetti sfavorevole per la controparte, pur essendo quest’ultima parte vittoriosa nel relativo giudizio.

Ritiene il Collegio che se il contenuto della sentenza non è stato rispettato dall’amministrazione, e neanche la parte vittoriosa ne ha chiesto l’adempimento, l’amministrazione obbligata non può trincerarsi dietro il formale rispetto della decisione al solo fine di far derivare effetti esclusivamente sfavorevoli per la parte vittoriosa. Tale esecuzione, in qualche modo parziale, solo formale e tardiva della sentenza, non risponde a principi di giustizia sostanziale: a ragionare altrimenti, l’amministrazione risultata soccombente finirebbe col ricavare vantaggio (a danno della controparte) dalla stessa posizione di inadempienza rispetto all’esecuzione del giudicato in cui versa.

In tale ottica, allora si deve concordare con la prospettazione della ricorrente, nella parte in cui denuncia che nessun obbligo di annullamento della concessione edilizia già rilasciata sarebbe derivato a carico del Comune dalla sentenza n. 1554/09.

Per quanto fin qui esposto, ed assorbite le altre doglianze, il ricorso merita accoglimento, col favore delle spese processuali.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi