TAR Torino, sez. I, sentenza 2022-05-10, n. 202200463

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2022-05-10, n. 202200463
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202200463
Data del deposito : 10 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2022

N. 00463/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00505/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 505 del 2021, proposto da
Alitalia - Società Aerea Italiana s.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P C, S V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità di regolazione dei trasporti, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliataria ex lege in Torino, via dell'Arsenale, 21;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore , Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore , non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della nota prot. n. 4667 del 16 aprile 2021, trasmessa a mezzo PEC in pari data, con cui l'Autorità di Regolazione dei Trasporti ha chiesto alla società ricorrente il versamento del primo acconto della contribuzione asseritamente dovuta per l'anno 2021;

- di ogni ulteriore atto antecedente, presupposto, successivo e/o comunque connesso, tra cui, in parte qua:

- la determina 4 marzo 2021 n. 30 del Segretario generale dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti, recante: “Definizione delle modalità operative relative alla dichiarazione e al versamento del contributo per il funzionamento dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti per l'anno 2021”;

- la delibera 11 febbraio 2021 n. 20 dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti, recante “Cessazione degli effetti delle clausole sospensive riferite al contributo per il funzionamento dell'Autorità relativo agli anni 2020 e 2021. Rimessione in termini per gli adempimenti relativi all'anno 2020 ed efficacia dei termini di adempimento previsti per l'anno 2021”, pubblicata in pari data sul sito dell'ART e nella G.U.R.I. il 27 febbraio 2021;

- la delibera 22 dicembre 2020 n. 225 dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti, recante “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità di regolazione dei trasporti per l'anno 2021”, pubblicata sul sito dell'Autorità l'11 febbraio 2021 e nella G.U.R.I il 27 febbraio 2021;

- il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 21 gennaio 2021 di approvazione, ai fini dell'esecutività, della delibera ART n. 225/2020;

- il “Documento sui settori del trasporto per i quali l'Autorità ha concretamente avviato l'esercizio delle competenze o il compimento delle attività previste dalla legge” in quanto richiamato nella citata delibera n. 225/2020;

nonché per l'accertamento

del diritto della Società ricorrente ad essere esentata dal versamento del contributo richiesto dall'ART per l'anno 2021, come anche per gli anni pregressi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2022 la dott.ssa P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con delibera n. 225 del 22 dicembre 2020 l’Autorità di regolazione dei trasporti (di seguito: ART) ha stabilito per l’anno 2021 le aliquote e i soggetti tenuti al versamento del contributo annuale per il funzionamento dell’Autorità, includendo tra questi i vettori aerei. La delibera è stata successivamente approvata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 gennaio 2021.

La Delibera è stata, inoltre, integrata dalla delibera n. 20/2021 dell’11 febbraio 2021 recante “Cessazione degli effetti delle clausole sospensive riferite al contributo per il funzionamento dell’Autorità relativo agli anni 2020 e 2021. Rimessione in termini per gli adempimenti relativi all’anno 2020 ed efficacia dei termini di adempimento previsti per l’anno 2021” e posta in esecuzione mediante la determina n. 30/2021 del Segretario Generale dell’ART in data 4 marzo 2021, che ha dettato la definizione delle modalità operative relative al versamento e alla comunicazione del contributo per il funzionamento dell’Autorità per l’anno 2021.

In data 16 aprile 2021 l’ART inviava ai soggetti tenuti alla corresponsione del contributo una nota prot. n. 4667 che riepiloga i termini dello stesso. A tale nota faceva seguito l’avviso di pagamento dell’importo di € 381.620,62

Avverso tali atti insorge l’odierna ricorrente Alitalia – Società Aerea Italiana s.p.a. in amministrazione straordinaria – articolando due motivi di ricorso.

Con il primo motivo la difesa della ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 6, della delibera ART n. 225/2020;
violazione e falsa applicazione del punto 13 della determina del Segretario Generale dell’ART n. 30/2021;
travisamento dei presupposti di fatto;
eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà manifesta.

La difesa osserva che, con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico in data 2 maggio 2017, la società Alitalia è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al d.l. 23 dicembre 2003 n. 347, convertito con modificazioni dalla l. 18 febbraio 2004, n. 39.

Il Tribunale di Civitavecchia, sezione fallimentare, con sentenza n. 17 dell’11 maggio 2017, ha dichiarato l’insolvenza di Alitalia ai sensi dell’art. 4 del d.l. 347/2003.

Con decreto del 23 marzo 2018, il MISE ha autorizzato l’esecuzione del programma di cessione dei complessi aziendali di Alitalia, predisposto dai Commissari Straordinari, depositato in data 26 marzo 2018 presso il Tribunale di Civitavecchia.

La procedura di amministrazione straordinaria cui è sottoposta Alitalia, avente la finalità della cessione dei complessi aziendale avrebbe natura “liquidatoria”. Conseguenza immediata e diretta del riconoscimento della finalità liquidatoria alla procedura di amministrazione straordinaria, secondo la difesa della ricorrente, sarebbe l’applicabilità della clausola di esonero dal pagamento del contributo di funzionamento dell’ART ai sensi dell’art. 1, co. 6 della delibera n. 225/2020 e del punto 13 della determinazione n. 30/2021, con connessa illegittimità dei successivi atti dell’Autorità con cui è stato reclamato il pagamento del contributo.

Con il secondo motivo la difesa della ricorrente si duole, in via subordinata, dell’illegittimità in parte qua delle delibere ART n. 20/2021 e n. 225/2020;
violazione e falsa applicazione dell’art. 37, co. 6, lett. b), del d.l. n. 201/2011, convertito con modificazioni dalla l. n. 214/2011, nonché dell’art. 67 del d.p.r. n. 600/1973;
eccesso di potere sotto i profili sintomatici dell’illogicità, contraddittorietà ed erroneità manifesta;
difetto di istruttoria e motivazione.

La ricorrente denuncia l’illegittima applicazione del contributo previsto ai sensi dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011 conv. con l. 214/ 2011, modificato dal d.l. 109/2018, conv. con l. 130/2018, rilevando che Alitalia è un vettore aereo che opera nel mercato del trasporto aereo in cui l’ART non avrebbe posto in essere interventi regolatori. Nello specifico, la ricorrente contesta l’assoggettamento a contribuzione, previsto ai sensi dell’art. 1 della delibera impugnata delle imprese di navigazione aerea, non ricomprese a suo dire nella previsione normativa di cui al citato art. 37.

Secondo la ricostruzione prospettata, non esisterebbe alcuna disposizione del d.l. n. 1/2012 o del novellato art. 37 del d.l. n. 201/2011 che attribuisca all’ART la regolazione dei servizi di trasporto per via aerea;
gli unici soggetti regolati, e quindi tenuti alla contribuzione, sarebbero le imprese di gestione delle infrastrutture e non anche i vettori aerei che operano nel mercato “a valle” del trasporto aereo.

La ricorrente contesta, altresì, l’illegittimità della delibera n. 20/2021 nella parte in cui ha disposto la cessazione degli effetti delle clausole sospensive riferite al contributo relativo agli anni 2020 e 2021 in considerazione del fatto che il contenzioso non si sarebbe ancora concluso.

L’ART si è costituita in giudizio, depositando un’articolata memoria difensiva nella quale ha preso posizione su tutte le censure appuntate dalla ricorrente.

Preliminarmente, la difesa erariale ha eccepito l’irricevibilità del ricorso per tardività dell’impugnazione proposta avverso la nota prot. n. 4667 del 16/4/2021, la delibera n. 225 del 22/12/2020 e i conseguenti atti;
la nota costituirebbe un atto meramente confermativo che, in nulla innovando le situazioni giuridiche, mantiene ferma una determinazione precedentemente assunta con la delibera n. 225/2020. Ne conseguirebbe che la presunta lesività, alla luce dei motivi di ricorso sollevati dalla ricorrente, deriverebbe dalla delibera n. 225/2020, pubblicata in data 11 febbraio 2020, che già chiaramente delineava il perimetro applicativo delle misure adottate dall’ART e che la ricorrente avrebbe avuto l’onere di impugnare tempestivamente.

Inoltre la difesa erariale osserva che la ricorrente, nel corso del 2021, ha continuato ad esercitare la sua attività di trasporto aereo di passeggeri e merci, senza alcuna interruzione. Infatti, la prosecuzione dell’impresa e la salvaguardia dei livelli occupazionali è la finalità tipica di una procedura di amministrazione straordinaria.

Tale circostanza impedirebbe, nel caso di specie, l’applicazione dell’art. 1, comma 6 della delibera.

Inoltre, la difesa erariale precisa che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la nota impugnata del 16 aprile 2021, non costituirebbe una richiesta di pagamento diretta ad Alitalia, ma una nota di mera cortesia trasmessa a tutte le imprese tenute alla corresponsione del contributo, che riepiloga i termini dello stesso.

Quanto all’obbligo contributivo, la difesa erariale invoca i più recenti orientamenti di appello in materia, che hanno superato precedenti distinzioni tra destinatari e beneficiari della regolazione elaborati dalla giurisprudenza di primo grado e contesta in fatto e in diritto ogni ulteriore censura.

Espletato lo scambio di memorie difensive ex art. 73 c.p.a. la causa è venuta in discussione all’udienza del 13 aprile 2022 ed è stata incamerata per la decisione.

DIRITTO

Viene all’esame del Collegio una controversia avente ad oggetto l’assoggettamento della ricorrente Alitalia s.p.a. al pagamento del contributo per il funzionamento dell’ART per l’anno 2021.

In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione di tardività ed inammissibilità dell’impugnativa sollevata dall’amministrazione resistente.

Sul punto questo Collegio non ignora le conclusioni cui è recentemente pervenuta parte della giurisprudenza d’appello in tema di impugnazione degli atti dell’ART relativi all’applicazione del contributo. In particolare, il Consiglio di Stato si è pronunciato nel senso della tardività dell’impugnazione non immediatamente proposta avverso la pertinente delibera con le sentenze nn. 12 e 14 del 4 gennaio 2021 e nn. 124-131 del 5 gennaio 2021.

Tuttavia, come recentemente ricordato dal TAR Piemonte (sez. II, n. 125/2021): “ In queste pronunce il giudice d’appello ha affermato come la delibera con cui l’ART determina i contributi per il suo funzionamento abbia un contenuto cogente, di immediata efficacia conformativa delle situazioni giuridiche dei soggetti incisi, in quanto: “a) individua in maniera analitica i soggetti tenuti, sia individuando il settore imprenditoriale di appartenenza (art. 1), sia il modo di calcolo, con riferimento ai bilanci depositati (art. 2), rendendo così immediata per i destinatari la comprensione della loro posizione rispetto all’obbligo;
b) impone una serie di obblighi attuativi, sia di carattere finanziario (art. 3) che di tipo informativo (art. 4), da concludere entro i termini ivi indicati
”. Inoltre la delibera – ha ritenuto il Consiglio di Stato in queste fattispecie – “ era atto immediatamente impugnabile, essendo stata pubblicata una volta completato l’iter per l’integrazione dell’efficacia tramite l’approvazione del Presidente del Consiglio dei Ministri e stante il suo contenuto immediatamente precettivo e conformativo delle situazioni giuridiche dei soggetti regolati. La decorrenza del termine di impugnazione va quindi fatta risalire al momento della sua pubblicazione sul sito istituzionale, onde evitare diversi trattamenti nell’ambito delle stessa categoria imprenditoriale, in quanto una “divaricazione temporale, riguardante un medesimo provvedimento, non risulta tuttavia giustificata e predicabile, di fatto del resto avvantaggiando il destinatario individuale dell’atto ” e svilendo la natura professionale della parte incisa che “ è plausibilmente da ritenere – in ragione dei compiti che svolge – più che frequentemente (se non quotidianamente) impegnata nella consultazione del sito istituzionale dell’Autorità, onde risulta – di contro – meno plausibile che essa non abbia percepito per tempo l’intervenuta pubblicazione della deliberazione censurata, specie se si considera che essa non è stata un atto a sorpresa ma pur sempre il frutto conclusivo di un iter procedurale ampio e complesso ” (così, Cons. Stato, VI, 7 agosto 2017 n. 3936)”.

Questa conclusione si pone tuttavia in contrasto con quanto sostenuto in numerosi precedenti del giudice di appello (Cons. St., sez. VI, nn. 7371-7376, 7777-7783, 7786, 7787, 7914 del 2019), che hanno confermato le sentenze di questo Tribunale nella parte in cui avevano respinto l’eccezione di tardività dell’impugnazione sul punto delle delibere dell’ART sollevata dalla difesa erariale.

In queste diverse pronunce, il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto che, poiché la platea degli obbligati è da ritenersi individuata direttamente dalla normativa primaria, senza che al riguardo residuino poteri discrezionali in capo all’Autorità, “ la posizione di colui che nega di poter essere assoggettato a contributo assume i connotati del diritto soggettivo, tutelabile entro gli ordinari termini prescrizionali ”.

L’eccezione di tardività è stata per altro ritenuta infondata “anche qualora la situazione soggettiva azionata venga ricondotta alla figura dell’interesse legittimo, mancando invero una norma di legge che preveda che gli atti dell’ART debbano essere pubblicati, sicché la pubblicazione dell’impugnata delibera (facoltativamente disposta dall’Autorità) non era idonea a far decorrere il termine d’impugnazione (v. Cons. Stato, Sez. III, 20 ottobre 2010, n. 1043).

A ciò si aggiunge che, in base a un orientamento giurisprudenziale più rigoroso, la pubblicazione di un atto amministrativo può ritenersi rilevante ai fini del decorso del termine di impugnazione, di cui all’art. 41, comma 2, cod. proc. amm., soltanto se la legge che la preveda, quale forma di pubblicità/notizia, vi riconnetta espressamente tale effetto. La riferita opzione ermeneutica muove dal presupposto, per cui difficilmente la pubblicazione di un atto in una raccolta di leggi ovvero mediante esposizione in albi o bacheche si rivela modalità idonea a realizzare in concreto un effetto partecipativo di conoscenza in confronto dei soggetti potenzialmente interessati;
di guisa che soltanto quando la legge, per soddisfare specifiche finalità di speditezza procedimentale, preveda tale modalità di integrazione dell’efficacia dell’atto in congiunzione all’effetto specifico del decorso del termine di impugnazione, la conoscenza legale dell’atto può senz’altro ritenersi compiuta con la sua pubblicazione (v. Cons. Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2011, n. 6843).

Giova puntualizzare che nessun argomento contrario alle esposte conclusioni può trarsi dell’art. 32, comma 1, l. 18 giugno 2009, n. 69, che testualmente recita: «A far data dal 1º gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati». Infatti, tale norma si limita a disciplinare le modalità di pubblicazione, rinviando alle specifiche norme di settore per l’individuazione degli atti da pubblicare, nella specie non univoche […]”.

A fronte di questo contrasto giurisprudenziale, il Collegio è dell’avviso di confermare il proprio orientamento, ritenendo maggiormente corretto qualificare la pretesa a non essere assoggettati al contributo in termini di diritto soggettivo piuttosto che di interesse legittimo.

Di conseguenza, l'azione volta alla declaratoria di insussistenza o diversa entità del debito contributivo può essere intentata a prescindere dall'impugnazione dell'atto con il quale viene richiesto il pagamento, trattandosi di un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio, e quindi avente ad oggetto diritti soggettivi;
il relativo ricorso può essere proposto nel termine di prescrizione dinanzi al giudice amministrativo attesa la sua cognizione esclusiva, ai sensi dell’art. 113, c. 1, lett. l), c.p.a. ( ex pluribus Tar Piemonte, sez. II, n. 126/2021).

Ritenuto in definitiva di restare coerenti con la pregressa giurisprudenza di questo Tribunale pare altresì al Collegio che, anche accogliendo tesi opposte, le oscillazioni giurisprudenziali verificatesi in materia giustificherebbero il riconoscimento dell’errore scusabile.

Si aggiunga infine che il primo motivo di ricorso prospetta in verità una violazione proprio della delibera adottata dalla stessa ART, per come interpretata in fase applicativa;
l’eccezione di tardività non si attaglierebbe quindi in ogni caso a questa censura proposta comunque nei 60 giorni dalle effettive richieste di pagamento che la ricorrente ritiene, appunto, non coerenti con la presupposta delibera ART.

L’eccezione di tardività e inammissibilità dell’impugnativa deve, in definitiva, essere complessivamente respinta.

Seguendo l’ordine delle questioni come graduato dalla stessa ricorrente si muove dal primo motivo di ricorso che appare, per altro, anche assorbente.

E’ pacifico che Alitalia si trova in amministrazione straordinaria;
tale condizione deve essere confrontata con l’esenzione dall’applicabilità del contributo prevista dall’art. 1, comma 6, della stessa delibera ART 22 dicembre 2020, n. 225, alla stregua della quale “ non sono tenuti alla contribuzione le società poste in liquidazione e/o soggette a procedure concorsuali con finalità liquidative alla data del 31 dicembre 2020. Per le società poste in liquidazione e/o soggette a procedure concorsuali con finalità liquidative a partire dal 1° gennaio 2021, il contributo è dovuto per il periodo che decorre da tale data fino a quella di messa in liquidazione e/o assoggettamento alla procedura concorsuale con finalità liquidativa ”.

Occorre, invero, muovere il fuoco dell’indagine dall’esame del dato normativo e della ratio sottesa all’istituto dell’amministrazione straordinaria al fine di poter apprezzare la portata delle finalità liquidative, così come prospettate da parte ricorrente.

Come noto, la procedura di amministrazione straordinaria è uno strumento di regolazione delle grandi crisi d’impresa, alternativo al fallimento, annoverabile tra le soluzioni amministrate. Tale procedura è rivolta alla grande impresa con il fine principe di garantire la conservazione del plesso di valori tecnici, commerciali, produttivi ed occupazionali proprio di queste realtà aziendali.

Siffatto istituto, sebbene sia stato ispirato da una logica mirata alla conservazione dell’impresa in stato di insolvenza, ha mantenuto – sin dalla sua previsione con il d.l. 26/1979, convertito nella l. 95/1979 c.d. Legge Prodi ed anche successivamente alla riforma volta alla sistematizzazione della materia, attuata con il d.lgs 270/1999 c.d. Legge Prodi-bis – un’inscindibile ambivalenza strutturale intrinseca alla finalità perseguita mediante la stessa: da un lato, conservativa-riorganizzativa, volta alla prosecuzione dell’impresa e dei rapporti di lavoro a discapito degli interessi dei creditori anteriori alla procedura, e, dall’altro, liquidatoria-satisfattiva del ceto creditorio.

Occorre, altresì, dare atto dell’evoluzione normativa intervenuta in materia, a partire dal d.l. 347/2003, convertito con modifiche dalla l. 39/2004, c.d. Legge Marzano, contenente una procedura di amministrazione straordinaria c.d. speciale, riservata ad imprese particolarmente rilevanti per misura dell’indebitamento e importanza sociale e connotata, diversamente dalla procedura dettata dal d. lgs 270/99, per un forte controllo amministrativo e per il fatto di ammettere il ricorso alla cessione dei complessi aziendali solo laddove fosse comprovata l’impossibilità di operare una ristrutturazione.

Con il d. l. 134/2008, convertito con modifiche nella l. 166/2008 c.d. Decreto Alitalia, sono state apportate ulteriori modifiche ed integrazioni volte ad ampliare la portata della disciplina originariamente prevista dalla l. 39/2004, al fine di dettare specifiche regole per le imprese che intendessero avvalersi del programma di cessione dei complessi aziendali previsto dall’art. 27, comma 2, lett. a) del d.lgs. 270/1999 in tutti i casi di grandi dissesti, consentendo l’accesso all’amministrazione straordinaria a tutte le imprese anche nella sola ipotesi in cui volessero cedere l’azienda in attività e dettando specifiche regole per le imprese operanti nei settori dei pubblici servizi.

Ciò considerato, l’esternazione di questo doppio substrato intrinseco all’istituto in parola - conservativa-riorganizzativa, da un lato, e, liquidatoria-satisfattiva, dall’altro – si appalesa nell’art. 27 d. lgs 270/1999 come da ultimo modificato e concernente la previsione di sub-procedure applicabili alle imprese dichiarate insolventi in relazione alle “ concrete possibilità di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali ”.

La norma prevede che tale risultato possa essere realizzato: “a) tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno (“programma di cessione dei complessi aziendali”);
b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ("programma di ristrutturazione");
b-bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi di beni e contratti")”.

Ebbene, nei casi di cessione dei complessi aziendali a terzi, l’attività di impresa prosegue provvisoriamente nell’ottica di una successiva cessione e quindi di una ripresa dell’attività produttiva da parte di un nuovo imprenditore.

Diversamente, l’attuazione dell’avvio di un programma di ristrutturazione dell’impresa appare essere specificamente deputato al recupero della totalità del complesso aziendale mediante un’integrale ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa sotto la gestione del commissario, all’esito della quale l’impresa rimane sul mercato senza essere trasferita.

L’affiancamento delle predette modalità, ispirate da finalità sostanzialmente antitetiche, trova, tuttavia, un equilibrio nel corpus normativo complessivamente considerato mediante il generale richiamo alla tutela dell’interesse collettivo e pubblicistico in senso lato, in un’ottica più ampia di valori da preservare e tutelare, interesse generale cui si ascrive anche lato sensu la conservazione dei valori aziendali.

Trasponendo siffatte coordinate nel caso di specie, come chiarito nella ricostruzione in fatto, la ricorrente in data 2 maggio 2017, è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ex art. 2, comma 1, d. l. 347/2003, convertito con modificazioni dalla L. 39/2004 e dichiarata insolvente con sentenza del Tribunale di Civitavecchia in data 11 maggio 2017. La procedura è stata articolata mediante l’attuazione di un programma di cessione dei complessi aziendali di Alitalia autorizzata dal M.I.S.E. ai sensi di quanto previsto dall’art. 27, comma 2, lett. a) d. lgs 270/1999.

Ebbene, a parere del Collegio, la scelta di procedere alla cessione a terzi dei complessi aziendali identifica a tutti gli effetti una sub-procedura di amministrazione straordinaria con finalità liquidatoria, al pari degli obiettivi realizzabili in sede di procedura fallimentare.

Tramite il programma di cessione è stata, quindi, espressa la vocazione liquidatoria della procedura, e come dimostrato per tabulas dalla ricorrente, nonché dal relativo sito web della procedura, l’avanzamento del predetto programma non può che confermare una siffatta finalità.

Ed invero, la portata del programma di cessione, secondo lo schema costituzione di una Newco e liquidazione della Bad company, applicato nel caso di specie, rende evidente come un mero cambio di management, ovvero una cessione di cespiti non strategici dell’impresa - propri della procedura attuata mediante un programma di ristrutturazione – non siano stati ritenuti sufficienti a coprire l’indebitamento in cui versa la ricorrente e sia quindi stata esclusa la possibilità di una continuità di impresa in quanto soggetto giuridico.

La cessione diretta del ramo “ aviation ” di titolarità di Alitalia e dell’omonimo marchio alla Newco Ita s.p.a., nonché l’indizione di apposite procedure ad evidenza pubblica per la cessione della società Italia Loyalty s.p.a. e dei complessi aziendali relativi allo svolgimento dei servizi in aeroporto per le attività di “ handling ” e dei servizi di manutenzione, sono chiara espressione della ratio della procedura prescelta in quanto atti volti ad risanamento dell’impresa svincolato dalle sorti dell’originario imprenditore di cui si programma, pur nella salvaguardia dei maggiori valori aziendali, in definitiva la liquidazione.

Per altro, diversamente da quanto dedotto dalla difesa erariale, anche l’alienazione dei complessi aziendali presuppone sempre la prosecuzione dell’attività durante la procedura, sicchè quest’ultima non è indice del venire meno della funzione lato sensu liquidatoria, bensì costituisce espressione della preliminare fase di conservazione di specifici valori aziendali propedeutica al processo di dismissione (Cfr. Cass. civ., Sez. I, Sent., 10/03/2006, n. 5301).

A ciò si aggiunga che il settore di servizio pubblico essenziale in cui opera la ricorrente postula la necessaria continuità del servizio al fine di evitare un’interruzione dello stesso a danno delle esigenze della collettività.

D’altronde, quanto previsto, appare essere in linea con l’evoluzione subita dalla stessa procedura fallimentare tradizionale: ai sensi dell’art. 104, comma 2 e 3 legge fallimentare l’esercizio provvisorio dell’impresa può infatti essere comunque autorizzato proprio se si prospetta conveniente anche nell’interesse dei creditori, ossia se lo stesso appare utile a preservare gli assets aziendali unitamente ad una valorizzazione di una proficua cessione/liquidazione dell’impresa.

Si aggiunga che mentre la ricorrente, condivisibilmente, valorizza il dato normativo, che pacificamente distingue la procedura di amministrazione straordinaria a seconda che essa assuma finalità liquidatoria o di ristrutturazione dell’originario complesso aziendale destinato quindi ad una continuità giuridica, la difesa dell’amministrazione valorizza il fatto “economico” della conservazione dei valori aziendali. Senonché, seguendo il ragionamento di tipo sostanzialista - economico prospettato dall’amministrazione, si rischierebbe di svuotare di contenuti o comunque rendere incerto il concetto di “procedura liquidatoria” individuato come eccezione all’imposizione nella delibera ART. Occorre infatti considerare il significato che la liquidazione dei beni ai fini del soddisfacimento del ceto creditorio ha progressivamente assunto nella disciplina fallimentare.

Si intende dire che, mentre in passato le procedure fallimentari erano impostate sull’idea (oggi superata) che, per soddisfare il prioritario interesse dei creditori, fossero idonee anche forme di vera e propria dissoluzione con vendita “in pezzi” dell’impresa, l’evoluzione economica ha fatto progressivamente maturare la consapevolezza dello stesso legislatore secondo la quale alcuni tra i più significativi valori di una moderna azienda (ad esempio avviamento, know how ), seguendo una logica di mera liquidazione anche disgregata, finiscono per perdere irrimediabilmente il loro valore, con finale danno degli stessi creditori;
per non dire dell’ampio dibattito di recente sviluppo circa la necessità di conciliare in modo equilibrato, nell’ambito di ogni procedura fallimentare (destinata ad evolversi con il codice dell’impresa in “liquidazione giudiziale), una serie di interessi tra i quali l’interesse dei creditori non dovrebbe più essere, per così dire, “tiranno” ma mediato con interessi più generali di varia natura (quali in primis la conservazione dei valori aziendali e dell’occupazione).

Ora, anche solo assumendo che in una economia moderna la massima possibile salvaguardia dell’azienda nei suoi aspetti intangibili ed organizzatori meglio consente, pure in un contesto di liquidazione, di soddisfare non solo l’esigenza di salvaguardare il valore imprenditoriale ed occupazionale (interesse generale) ma anche la miglior realizzazione dei valori economici (interesse dei creditori), non può che discenderne che, analizzando oggi qualsiasi procedura concorsuale secondo una logica “economica”, la conservazione dei valori aziendali emergerà spesso, non essendo ritenuta antitetica alla liquidazione.

Ne consegue che l’argomento di tipo “economico” speso dell’amministrazione non fa che porre in evidenza una caratteristica ricorrente nella più moderna logica delle procedure concorsuali, il che tuttavia non elide la valenza liquidatoria delle stesse, là dove tecnicamente volte all’estinzione di un soggetto giuridico;
diversamente opinando l’ART, pur avendo astrattamente previsto l’esclusione dal pagamento del contributo per le imprese in liquidazione, agevolmente potrebbe individuare nelle singole procedure di suo interesse concreti elementi di prosecuzione dell’attività e così di fatto scegliere di imporre il contributo “caso per caso”, in contraddizione con l’indicazione di fondo liberamente adottata, da ancorarsi invece oggettivamente alla dissoluzione dell’originario soggetto imprenditoriale.

La funzione sostanzialmente liquidatoria della procedura di cessione posta in essere per Alitalia viene infine confermata, come dedotto dalla difesa della ricorrente, dal ruolo che assume nella stessa il ceto creditorio. Le azioni revocatorie sono infatti ritenute proprie delle procedure liquidatorie tout court , avendo la specifica finalità di ricostituire la par condicio creditorum ;
conseguentemente esse sono esperibili nell’amministrazione straordinaria attuata mediante la cessione dei complessi aziendali;
al contrario, nell’ambito dell’amministrazione straordinaria secondo un programma di ristrutturazione con risanamento, l’esperimento delle suddette azioni ha posto problemi di compatibilità sistematica, non essendo appunto in tale modalità procedurale riscontrabili le predette finalità liquidatorie.

Nella procedura cui è sottoposta la ricorrente non è contestato che le azioni revocatorie, proprie delle procedure liquidatorie, siano state intentate.

Tutto ciò considerato, il Collegio ritiene applicabile alla ricorrente l’esenzione da contribuzione sancita all’art. 1, comma 6, delibera 22 dicembre 2020, n. 225, che intende non far gravare la contribuzione su soggetti comunque destinati all’estinzione. Né evidentemente vale sostenere, come fatto dalla difesa dell’amministrazione, che la procedura potrebbe essere invertita o, nel suo decorso, modificata;
anche prescindendo dal fatto che la finalità liquidatoria nel caso di specie, se pure faticosamente, allo stato prosegue con la cessione di una parte dei valori aziendali ad ITA e la messa a gara di altri rami aziendali, resta il fatto che, ragioni di certezza giuridica, impongono di valutare la condizione del soggetto per quella che oggettivamente risulta essere al momento, non a caso puntualmente indicato nella stessa delibera ART, ossia il 31.12.2020 o comunque con le scansioni temporali precisate nella stessa delibera;
e non vi è dubbio che, nei momenti indicati nella delibera, la ricorrente risultava assoggettata ad una procedura con finalità liquidatorie.

Ne consegue la fondatezza della prima censura, che assorbe ogni altra problematica dedotta, per altro in via subordinata, e comporta l’annullamento della nota n. 4667 del 16 aprile 2021 e della successiva richiesta di pagamento con la quale l’amministrazione ha concretamente rivendicato la sua pretesa nei confronti della ricorrente e ciò, come detto, a prescindere dalla categoria imprenditoriale di appartenenza e per l’assorbente ragione che la ricorrente versa in una condizione individuata come esentata dal pagamento dalla stessa Autorità.

Fondata è quindi la richiesta di accertamento di non debenza del contributo per l’anno 2021.

La complessità della controversia giustifica la compensazione delle spese.

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