TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2010-09-07, n. 201017330

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2010-09-07, n. 201017330
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201017330
Data del deposito : 7 settembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05694/2008 REG.RIC.

N. 17330/2010 REG.SEN.

N. 05694/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 5694 dell’anno 2008, proposto da:
A Angelo, rappresentato e difeso dall'avv. M M, con la quale è elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Capasso n. 18, presso lo studio dell’avv. Francesca D'Alessandro;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede è per legge domiciliato, in Napoli, via Diaz n. 11;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del decreto n. 981/N emesso in data 23.6.2008, con il quale è stata respinta la richiesta di concessione equo indennizzo avanzata dal ricorrente;

- di tutti gli atti presupposti, consequenziali e connessi;

nonché per il riconoscimento del diritto del ricorrente all’equo indennizzo.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli per il Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2010 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il presente ricorso, notificato il 29 ottobre 2008 e depositato il successivo 7 novembre, A Angelo ha esposto

che, allo stato Primo Maresciallo – Luogotenente in servizio nella Marina Militare Italiana, era stato anche imbarcato per circa nove anni su quattro navi, svolgendo il lavoro di contabile, delicato in quanto comportante maneggio di denaro e turni di circa dodici/quindici ore al giorno;

che, in particolare durante l’imbarco sulla nave Orsa, aveva partecipato alla missione di guerra nel Golfo Persico, rimanendo soggetto a turni massacranti e a notevole stress (dovuto alla paura di perdere la vita e a terrificanti immagini di morte e combattimenti);

che, appunto a causa del servizio prestato, aveva contratto una “ulcera del bulbo duodenale in fase cicatriziale a minima incidenza funzionale” (a motivo della quale era stato ricoverato presso l’Ospedale Civile di Monopoli in data 28.2.2004), poi aggravatasi, anche con il manifestarsi di un “piccolo versamento pericardico” (giudicato “sì dipendente da causa di servizio”, ma non ascrivibile ad alcuna categoria);

che per le dette infermità, egli era stato sottoposto, in data 21.1.1995 – verbale n. 43, a visita dalla C.M.O. di Taranto, la quale però, con provvedimento del 16.2.1995, aveva concluso per la non dipendenza da causa di servizio delle stesse (pur ascrivendola alla Tabella A, Categoria settima ex D.P.R. 834/1981, e, ai fini della concessione dell’equo indennizzo, inquadrandola nel limite “massimo” delle tabelle annesse al D.P.R. 686/1957);

che, a seguito di ricorso amministrativo avverso il citato negativo giudizio, la Commissione Medica di II Istanza dell’Ispettorato di Sanità della Marina Militare, con provvedimento del 14.12.1995, aveva concluso che “la patologia in diagnosi è sì dipendente da causa di servizio ed ascrivibile alla settima categoria con una somma al limite massimo delle tabelle annesse alla legge 834/1981”;

che in data 22.2.1996 esso ricorrente aveva presentato istanza di concessione di equo indennizzo;

che successivamente, in data 5.4.2001 – verbale n. 337, la C.M.O. di Ancona aveva confermato la dipendenza da causa di servizio della patologia “ulcera duodenale in fase cicatriziale a minima incidenza funzionale”, e riconosciuto l’aggravamento della stessa con ascrivibilità alla sesta delle categorie di cui al D.P.R. 834/1981, e, ai fini della concessione dell’equo indennizzo, l’inquadrabilità nel limite “massimo” di cui alle tabelle annesse al D.P.R. 686/1957;

che, con decreto n. 981/N del 23.6.2008, il Ministero della Difesa – Direz. Gen. Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva – III Reparto – 8^ Divisione – 1^ Sezione, su conforme parere del C.P.P.O., aveva respinto sia l’istanza del 22.2.1996 (perché “l’infermità ulcera del bulbo duodenale in fase cicatriziale a minima incidenza funzionale è riconosciuta non dipendente da causa di servizio”), sia altra istanza di equo indennizzo presentata in data 18.12.1998 e relativa alle infermità “pregresso versamento pericardico” e “gastroduodenite ulcerosa – a titolo di aggravamento” (perché “l’infermità pregresso versamento pericardio è stato giudicato non ascrivibile a categoria – l’infermità gastroduodenite ulcerosa per constatato aggravamento è stata già riconosciuta non dipendente da causa di servizio”.

Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato il provvedimento da ultimo intervenuto, negativo quanto al riconoscimento dell’equo indennizzo, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

violazione dell’art. 3 L. 241/1990 – eccesso di potere per carenza di puntuale motivazione;
sviamento;
manifesta ingiustizia;
presupposto erroneo;
contraddittorietà di provvedimenti;
contraddittorietà del giudizio con precedenti giudizi espressi dalla stessa Amministrazione;
motivazione incongrua e pretestuosa: la motivazione del decreto di diniego sarebbe insufficiente essendosi limitata a rinviare ai pareri del C.P.P.O. e della C.M.O. che avevano negato la dipendenza della patologia da causa di servizio;
peraltro, anche questi ultimi pareri, obbligatori ma non vincolanti, presenterebbero una motivazione non idonea a spiegare le ragioni del discostarsi dalla valutazione resa dalla Commissione Medica di II istanza (organo anche sovraordinato rispetto alla C.M.O.), secondo cui la patologia sarebbe dipesa da causa di servizio;
in realtà la C.M.O. di Ancona, nella seduta del 5.4.2001 – processo verbale n. 337, avrebbe riconosciuto la dipendenza da causa di servizio delle infermità esaminate;

violazione dell’art. 9 D.P.R. 349/1994 – eccesso di potere per difetto di motivazione;
contraddittorietà tra atti della stessa Amministrazione;
sviamento ed errore di fatto: la motivazione del diniego sarebbe insufficiente in quanto non spiegherebbe il perché della preferenza accordata alle valutazioni rese dal C.P.P.O. e dal Collegio Medico Legale, malgrado la decisione favorevole al ricorrente presa dalla Commissione Medica di II istanza;
comunque, anche la C.M.O. di Taranto, pur negando la dipendenza della patologia da causa di servizio, avrebbe riconosciuto la sua possibile origine da fattori esogeni (alimentari e farmacologici) nonché endogeni (psichici e stress), poi errando nell’escludere che il ricorrente fosse stato fosse stato soggetto a tali fattori durante il servizio;
in realtà il ricorrente durante il servizio sarebbe stato esposto a notevoli rischi e a stress continuo, nonché obbligato ad un regime alimentare non corretto, come evincibile dal rapporto informativo datato 26.3.2008, per cui correttamente la Commissione Medica di II istanza avrebbe riconosciuto la dipendenza da causa di servizio della patologia in questione.

Contestualmente, l’A ha anche chiesto il riconoscimento del proprio diritto ad ottenere l'equo indennizzo.

In data 5 dicembre 2008 si è costituita l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, per l’Amministrazione della Difesa, al fine di resistere al proposto ricorso, e il 22 dicembre successivo ha prodotto una memoria con allegata documentazione.

Con ordinanza n° 155/2009 del 22 gennaio 2009, questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente.

Il 17 maggio 2010 anche parte ricorrente ha depositato una memoria unitamente ad una relazione medico-legale di parte.

Alla pubblica udienza del 20 maggio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il presente giudizio, A Angelo formula una domanda impugnatoria (volta all’annullamento del provvedimento con cui l’Amministrazione della difesa gli ha negato l’equo indennizzo per le patologie “ulcera del bulbo duodenale in fase cicatriziale a minima incidenza funzionale”, oggetto di istanza in data 22.2.1996;
e “pregresso versamento pericardico – gastroduodenite ulcerosa, a titolo di aggravamento”, oggetto di istanza in data 18.12.1998), nonché una domanda volta comunque all’accertamento del diritto ad un equo indennizzo, sempre per le lamentate patologie.

Orbene, tale ultima domanda va dichiarata inammissibile, in quanto il giudizio instaurato innanzi al G.A. per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una malattia o di una menomazione fisica, così come anche quello volto alla liquidazione di un equo indennizzo per le stesse, si configura come impugnatorio, essendo la posizione del dipendente di interesse legittimo;
mentre una posizione di diritto soggettivo sorge solo una volta che ne sia avvenuto il riconoscimento ad opera della P.A. (cfr. Cons. di Stato sez. VI, n° 4621 del 23.9.2009;
Cons. di Stato sez. VI, n° 4368 dell’8.7.2009;
Cons. di Stato sez. VI, n° 5293 del 24.10.2008;
Cons. di Stato sez. IV, n° 3914 del 10.7.2007;
Cons. di Stato sez. IV, n° 3769 del 27.6.2007;
T.A.R. Liguria n° 802 del 3.6.2005;
T.A.R. Lazio-Roma n° 3093 del 26.4.2005;
T.A.R. Lazio-Roma n° 12056 del 29.10.2004;
T.A.R. Campania-Salerno n° 224 del 27.3.2003).

Nel passare, poi, all’esame degli aspetti di cui alla contestuale domanda impugnatoria, fondata su due articolati motivi e diretta all’annullamento del diniego opposto al chiesto equo indennizzo, occorre precisare preliminarmente che se pure il decreto oggetto di gravame è successivo all’entrata in vigore del D.P.R. 29.10.2001 n. 461 (poiché emesso il 23.6.2008), tuttavia le istanze del pubblico dipendente volte alla concessione del beneficio in questione sono di molto antecedenti (risalenti, si è in precedenza detto, al 22.2.1996 la prima, e al 18.12.1998 la seconda), come pure antecedenti sono tutti gli atti consultivi emessi nell’ambito del relativo alveo procedimentale: di conseguenza, la fattispecie in commento risulta regolata dalle disposizioni in vigore prima del ricordato D.P.R. 461/2001, ancorché con i limiti prescritti dall’art. 18 co.1 di quest’ultimo articolato normativo ( “I procedimenti relativi a domande di riconoscimento di causa di servizio e concessione dell'equo indennizzo, nonché di riconoscimento di trattamento di pensione privilegiata e accertamento di idoneità al servizio, già presentate all'Amministrazione alla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono definiti secondo i previgenti termini procedurali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, comma 1, e dall'articolo 11, comma 1, sulla natura dei pareri delle Commissioni Mediche e del Comitato. Ai fini del presente comma, le Commissioni Mediche si pronunciano nella composizione prevista dalle disposizioni previgenti al presente regolamento” ).

Ecco allora che, se la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n° 3967 del 12.7.2007;
nonché Cons. di Stato sez. IV, n° 6501 del 3.11.2006;
Cons. di Stato sez. VI, n° 2710 del 15.5.2006;
Cons. di Stato sez. IV, n° 6944 del 22.10.2004;
Cons. di Stato sez. IV, n° 1121 del 10.3.2004), con riferimento appunto al previgente quadro normativo, aveva statuito che

“a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 5 bis, d.l. 21 settembre 1987 n. 387, nel procedimento preordinato alla verifica della sussistenza delle condizioni per la liquidazione dell'equo indennizzo il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (C.P.P.O.) è chiamato ad esprimere parere sull'esistenza di un nesso di dipendenza causale o anche solo concausale, ma pur sempre efficiente e determinante, non solo fra l'infermità, già riconosciuta dipendente da causa di servizio, e l'invalidità che si assume essere da essa derivata, ma anche e innanzi tutto fra l'infermità e i fatti ricollegabili alla prestazione lavorativa svolta dal pubblico dipendente e/o all'ambiente lavorativo nel quale quest'ultimo era tenuto a prestare la propria opera” , ed altresì che “ il parere espresso dalle Commissioni mediche ospedaliere (C.M.O.) in ordine alla dipendenza di una infermità da causa di servizio assume carattere definitivo limitatamente al rimborso delle spese di cura, alla misura degli assegni durante l'aspettativa, ecc. ma con esclusione per quanto concerne l'equo indennizzo per il quale il parere definitivo è solo quello del C.P.P.O., al quale l'organo di amministrazione attiva è tenuto a conformarsi senza neppure necessità di procedere all'annullamento d'ufficio dell'eventuale precedente provvedimento che sulla base dell'avviso espresso dalla C.M.O. la dipendenza dell'infermità da causa di servizio aveva riconosciuto” , a maggior ragione tali affermazioni risultano valide all’attualità, atteso che (come precisato da Cons. di Stato sez. III n° 2164 del 18.12.2009 e Cons. di Stato sez. III n° 1599 del 23.9.2009) “il Comitato di verifica per le cause di servizio (corrispondente all’ex C.P.P.O.) è l'unico organo competente, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio), ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio” ;
per cui “in sede di liquidazione dell'equo indennizzo l'Autorità decidente, in presenza di pareri medico legali di segno opposto sulla dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta o della lesione sofferta dal pubblico dipendente, civile o militare che sia, non ha alcun obbligo di indicare le ragioni dell'opzione per quello reso dal Comitato di verifica, atteso che il D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 non solo attribuisce a detto organo competenza esclusiva nella materia de qua, ma impone all'organo di amministrazione attiva di conformarsi al parere da esso reso e di assumerlo come motivazione dell'adottando provvedimento, sia esso di accoglimento che di rigetto” (così Cons. di Stato sez. IV, n° 3911 del 10.7.2007).

Così stando le cose, ne deriva che le censure proposte con la domanda in esame risultano infondate e vanno disattese.

Invero, il decreto di diniego, in relazione a tutte le dedotte affezioni, risulta fornito di adeguata motivazione, ancorché formulata mediante rinvio ai pareri negativi resi dal C.P.P.O. in data 13.12.1996-verbale n. 301 (a sua volta motivato “per relationem” con riferimento agli argomenti utilizzati dalla C.M.O. di Taranto nel verbale n. 43 del 21.1.1995) e dal Collegio Medico Legale del Ministero della Difesa in data 24.5.1999.

Coerentemente con il descritto quadro normativo, infatti, l’Amministrazione della Difesa si è conformata al negativo parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, ovvero dell’organo tecnico specificamente deputato ad effettuare la valutazione, ai fini dell’eventuale riconoscimento dell’equo indennizzo, della dipendenza da causa di servizio delle infermità accusate;
e una specifica motivazione sarebbe occorsa solo nel caso in cui avesse inteso discostarsi da detto parere, per aderire alle diverse valutazioni fatte da altri organi non aventi specifica competenza in proposito. A sua volta, il C.P.P.O., nel riferirsi al parere della C.M.O. di Taranto ha inteso recepire le argomentazioni di tale organo, facendole proprie (mediante la tecnica del rinvio “fisso”) indipendentemente dalla circostanza che esse siano state in un secondo momento disattese dalla Commissione Medica di II istanza, in sede di riesame;
recepimento possibile poiché tale ultima diversa valutazione aveva esaurito i propri effetti nell’ambito del segmento procedimentale assegnato alla competenza di dette Commissioni mediche: di qui l’esclusione che nella specie si sia verificata una situazione di contraddittorietà nell’operato della P.A..

Peraltro, appare del tutto condivisibile l’iter logico seguito dalla C.M.O. di Taranto, la quale, se ha affermato che in astratto una serie di fattori endogeni (legati allo stato emotivo della persona) ed esogeni (quali coinvolgimento in avvenimenti stressanti, regime dietetico disordinato, esposizione a intemperie climatiche) possono costituire quanto meno una concausa nel sorgere di affezioni all’apparato gastrico, in concreto ha però escluso che tali elementi fossero ravvisabili con riferimento alla situazione di servizio dell’odierno ricorrente. E difatti, dal rapporto informativo della Direzione Commissariale della Marina Militare di Ancona del 26.3.2008 si evince che A Angelo, tranne che nel periodo di tirocinio (dal 22.1.1974 al 25.10.1974), ha sempre svolto incarichi amministrativo-contabili, dei quali in nessun atto è emersa una particolare gravosità;
cosicché, in assenza di precisi riscontri in proposito, viene ad essere del tutto vaga e generica l’affermazione del redattore del rapporto, secondo cui “il sottufficiale è stato sicuramente esposto durante il servizio prestato sia a bordo di unità navali (circa 9 anni) che presso Comandi ed enti a terra” a “fattori climatici sfavorevoli, quali perfrigerazioni climatiche e stress psico-fisico” .

Dette conclusioni sono poi state anche confermate dal parere reso successivamente sul punto, in data 24.5.1999, dal Collegio Medico Legale del Ministero della Difesa, il quale, approfondendo l’esame in materia di eziopatogenesi della malattia in discorso, ha chiarito come oggi la scienza escluda che fattori alimentari possano incidere sulla sua insorgenza e sul suo decorso (potendo, al contrario, avere un ruolo concausale fattori psicologici e di stress, la cui sussistenza, però, in assenza di documentazione, non ha rilevato in relazione alla posizione dell’A).

Né argomenti in contrario sono desumibili dalla relazione medico-legale prodotta da parte ricorrente in data 17.5.2010, poiché in essa non è stato allegato alcun elemento concreto atto dimostrare che l’A abbia, a causa del servizio prestato, effettivamente subito stress o altri fattori pregiudizievoli atti a costituire causa o concausa della lamentata malattia.

L’esclusione della dipendenza da causa di servizio dell’affezione “ulcera del bulbo duodenale in fase cicatriziale a minima incidenza funzionale” non può, altresì, non portare alle medesime conclusioni quanto al suo successivo aggravamento e quanto alla connessa patologia (poiché originata dalla prima) “pregresso versamento pericardico”, poi accertate dalla C.M.O. di Ancona in data 5.4.2001 (e ciò indipendentemente dalle valutazioni fatte nell’occasione dalla Commissione in ordine alla loro dipendenza da causa di servizio, stante - si ribadisce - la carenza di competenza di tale organo quanto al procedimento per la concessione dell’equo indennizzo).

Trattandosi di controversia assimilabile a quelle previdenziali appare opportuno compensare le spese di giudizio tra le parti costituite.

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