TAR Napoli, sez. III, sentenza 2013-10-10, n. 201304534
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N. 04534/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02451/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2451 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
C A, rappresentato e difeso dall'avv. A C F, con domicilio eletto presso A C F in Napoli, Vico II S.N.Dogana,9 -Avv.Bergamo;
contro
Comune Di S.Giuseppe Vesuviano, rappresentato e difeso dall'avv. M R, con domicilio eletto presso M R in Napoli, piazza Sannazaro,71;
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 15 del 04.02.08 notificata in pari data con la quale si ordinava al ricorrente di sospendere e demolire le opere realizzate e ritenute abusive;
del verbale della Polizia Municipale del 15.04.10, notificato in pari data ed impugnato con motivi aggiunti dell'8.07.2010, con il quale veniva comunicato l'accertamento dell'inadempienza all'ordinanza di demolizione n. 15/08;
dell’ordinanza 14410 del 17.3.2010 con cui veniva respinta la domanda di accertamento di conformità.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di S.Giuseppe Vesuviano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2013 il dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, integrato da motivi aggiunti, il ricorrente impugna l’ordinanza n. 15 del 4.2.2008 con la quale il Responsabile competente del Comune di S. Giuseppe Vesuviano ha ingiunto la demolizione di un manufatto in muratura della superficie di circa 50 mq realizzato in totale assenza di permesso di costruire.
Tra i motivi di gravame il deducente svolge anche la censura di omessa considerazione dell’istanza di accertamento di conformità presentata il 12.3.2008 in relazione all’abuso rilevato.
Cosicché con motivi aggiunti depositati il 18.7.2008 e il 16.6.2010 il ricorrente impugna il diniego della predetta domanda di accertamento di conformità.
Con ordinanza n. 2473/2008 la Sezione respingeva motivatamente l’istanza cautelare.
Si costituiva il Comune di S. Giuseppe Vesuviano con memoria e produzione documentale del 22.5.2208.
Alla pubblica Udienza del 18.7.2013 sulle conclusioni delle parti il ricorso e i motivi aggiunti venivano introitati per la definitiva decisione di merito.
2.1. Ritiene proficuo il Collegio principiare con lo scrutinio dei due atti per motivi aggiunti suindicati, atteso che il loro esame si prospetta pregiudiziale ed assorbente rispetto alla disamina del ricorso principale e successivi motivi aggiunti direzionati avverso l’ordinanza di demolizione, dal momento che la stessa fonda unicamente sulla mancanza radicale di titolo abilitativo.
Ne consegue che appare cruciale affrontare le doglianze avverso il provvedimento di diniego della richiesta sanatoria, la cui eventuale legittimità rende inattaccabile l’ordinanza di demolizione che si basa unicamente sulla mancanza del permesso di costruire atteggiandosi conseguentemente ad atto dovuto ed automatico.
2.2. Ebbene con il primo atto per motivi aggiunti, svolto contro un primo provvedimento di sospensione ed archiviazione dell’istanza di sanatoria, il ricorrente, dopo aver ricordato che il provvedimento è motivato con l’assunto per cui “non vi è corrispondenza tra la richiesta di sanatoria e gli allegati all’interno della pratica”, si duole della legittimità della determinazione amministrativa di contemporanea sospensione ed archiviazione della pratica, senza la previa imposizione al privato delle prescrizioni atte ad eliminare le mere irregolarità contestate.
Nel merito egli allega, così come ha fatto nel ricorso principale e nei motivi aggiunti, di aver realizzato opere di mera conservazione di un vecchio preesistente casotto, apparendogli pertanto evidente la sanabilità del’abuso.
2.3. Le censure sono inammissibili.
Invero, non si dà carico il ricorrente di contrastare e demolire l’assunto motivo sopra riportato circa la non corrispondenza tra la richiesta di sanatoria e gli allegati all’interno della pratica, apparendo inammissibile per carenza di interesse l’altra censura, che meglio sarà oggetto di scrutinio nella disamina del secondo atto per motivi aggiunti.
L’inammissibilità per carenza di interesse emerge ove solo si consideri che anche il suo eventuale accoglimento nessun vantaggio arrecherebbe all’esponente, atteso che la motivazione su cui riposa il provvedimento, ossia la rilevata non corrispondenza, rimarrebbe invulnerata e inattaccabile siccome non fatta oggetto di alcuna specifica censura.
3.1. Con il secondo atto per motivi aggiunti viene impugnato il provvedimento del 17.3.2010 di definitivo rigetto della domanda di sanatoria.
Nel merito egli allega, così come ha fatto nel ricorso principale e nei motivi aggiunti, di aver realizzato opere di mera conservazione di un vecchio preesistente casotto, apparendogli pertanto evidente la sanabilità dell’abuso.
3.2. A parere del Collegio la doglianza è infondata.
Invero il ricorrente non fornisce alcun principio di prova in ordine alla pretesa attività edilizia di mera manutenzione ordinaria o straordinaria, avente ad oggetto il preesistente casotto, del quale non viene fornita la minima prova agli atti di causa.
Costituisce pertanto mera indimostrata asserzione difensiva la tesi per la quale l’abuso sarebbe consistito in una semplice attività di risanamento del preesistente casotto, del quale sarebbero restate inalterate le caratteristiche fisiche ed ontologiche senza mutamento della sua destinazione.
Per contro il diniego di sanatoria è analiticamente motivato con la circostanza fattuale e giuridica per la quale l’art. 5 delle N.T.A. del vigente PRG “prevede che in assenza di piani particolareggiati nell’ambito dei appartenenza sono ammessi solo interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione e ristrutturazione di immobili esistenti (legge 457/1978)”.
Nessun principio di prova fornisce il deducente in ordine alla circostanza che la sua attività edilizia si sarebbe svolta nell’alveo delle categorie edilizie ammesse dal predetto art. 5, ossia la manutenzione e la ristrutturazione, conseguendone la palese infondatezza nel merito del’unico motivo di gravame.
In definitiva, infondati presentandosi i due atti per motivi aggiunti diretti contro il diniego di sanatoria, risultano inammissibili per carenza di interesse il ricorso principale e i successivi motivi aggiunti svolti contro l’ordinanza di demolizione, che si atteggia ad atto dovuto.
Gli stessi sono peraltro anche infondati nel merito poiché l’ordinanza di demolizione per giurisprudenza pacifica non necessita di particolare motivazione, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio ed è resa meramente inefficace e non illegittima dalla presentazione dell’istanza di accertamento di conformità.
In conclusione il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati e vanno conseguentemente respinti.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.