TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2023-03-20, n. 202304850

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2023-03-20, n. 202304850
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202304850
Data del deposito : 20 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/03/2023

N. 04850/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01646/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1646 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
UBI Leasing S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F S, A V, con domicilio eletto presso lo Studio Chiomenti Scanzano Francesco in Roma, via

XXIV

Maggio, 43 e come da PEC Registri;

contro

G.S.E. S.p.A. - Gestore dei Servizi Energetici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E S, E C, M A F, A P, F G, con domicilio eletto presso lo studio F G in Roma, via Sardegna, 14;

per l'annullamento

- della comunicazione del 20 novembre 2015 prot. gse/p20150087477 recante la decadenza dagli incentivi in esito al procedimento di verifica relativo all'impianto fotovoltaico denominato "S.C.N." di potenza pari a 989 kw sito nel comune di Poggiorsini e identificato con il numero 244064, nella parte in cui chiede alla ricorrente, quale cessionaria del credito, la restituzione degli incentivi percepiti;

- della nota del GSE del 22 dicembre 2015, recante ‘Seguiti commerciali’, con la quale viene chiesta all’istituto ricorrente, nella qualità di cessionario dei crediti, la restituzione degli incentivi indebitamente percepiti dalla data di attivazione della cessione del credito, per un importo complessivo di € 866.233,79 al lordo della ritenuta d’acconto;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale;

e con motivi aggiunti, per l’annullamento

- della comunicazione del GSE del 9 agosto 2016, recante sollecito alla restituzione degli incentivi indebitamente percepiti per un importo complessivo di € 866.233,79 al lordo della ritenuta d’acconto.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2023 la dott.ssa Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – Premette in fatto parte ricorrente di essere un intermediario finanziario e di aver stipulato con Energetic Source Green Power s.r.l. in data 10 novembre 2010 contratto di locazione finanziaria inerente l’impianto fotovoltaico di cui tale società è Soggetto Responsabile, ammesso agli incentivi di cui al D.M. 19 febbraio 2007 con provvedimento del 20 dicembre 2011.

In base a tale contratto la proprietà dell’impianto è nella titolarità della ricorrente ed è concesso in locazione finanziaria alla società, la quale ha provveduto alla realizzazione dello stesso ed alla cura degli adempimenti volti ad accedere al meccanismo incentivante.

Il contratto di leasing finanziario prevede, inoltre, la cessione a scopo di garanzia dei crediti vantati dal Soggetto responsabile nei confronti del Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. ( hic hinde G.S.E.), per effetto della quale le somme versate dal G.S.E. sarebbero state incassate dalla ricorrente su apposito conto corrente, con rimborso al Soggetto Responsabile previa verifica della regolarità del pagamento dei canoni di leasing.

In attuazione del contratto di leasing è stato sottoscritto il contratto di cessione dei crediti ed è stato aperto un conto corrente intestato alla ricorrente sul quale far transitare le somme erogate dal G.S.E.

Successivamente ad un provvedimento di sospensione degli incentivi – determinato da irregolarità emerse nel corso di un procedimento penale per condotte riferibili a Energetic Source Green Power s.r.l. – con provvedimento del 20 novembre 2015 il GSE ha disposto la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti e l’annullamento del provvedimento di ammissione alle stesse del 20 dicembre 2011, con statuizione dell’obbligo di restituzione degli incentivi indebitamente percepiti sia a carico di Energetic Source Green Power s.r.l. che di parte ricorrente, quantificando, con il successivo atto del 22 dicembre 2015, le somme da restituire da parte di quest’ultima, decorrenti dalla data di cessione del credito, in € 866.233,79.

Avverso tali atti deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

I – Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, e dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990. Omessa comunicazione di avvio del procedimento. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, disparità di trattamento e travisamento dei fatti. Sviamento.

Pur essendo la pretesa restitutoria rivolta anche nei confronti della ricorrente nella qualità di cessionaria del credito, la stessa sarebbe rimasta illegittimamente estranea a qualsivoglia interlocuzione procedimentale precedentemente all’adozione del provvedimento di decadenza, cui ha partecipato unicamente il Soggetto Responsabile – con conseguente denunciata disparità di trattamento - non avendo ricevuto alcun avviso di avvio del procedimento nonostante rivesta la duplice qualità di proprietaria dell’impianto e di cessionaria dei crediti inerenti la tariffa incentivante, ritenuta obbligata alla restituzione degli incentivi.

La lesione delle prerogative di partecipazione procedimentale avrebbe, secondo parte ricorrente, condotto all’adozione di un provvedimento con un contenuto non coerente rispetto all’effettivo assetto di interessi tra la ricorrente e ESGP.

II - Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione dell’art. 42 del D.Lgs. n. 28/2011. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità. Sviamento.

Afferma parte ricorrente come la pretesa restitutoria avrebbe dovuto essere rivolta esclusivamente nei confronti del Soggetto Responsabile dal momento che il contratto di cessione del credito, stipulato sulla base degli accordi contenuti nel contratto di leasing, riveste esclusivamente una causa di garanzia, con la conseguenza che le somme ricevute a titolo di incentivi, una volta verificato il corretto adempimento da parte di ESGP delle obbligazioni di pagamento dei canoni di leasing, venivano immediatamente riversate dalla prima alla seconda, quale soggetto beneficiario responsabile dell’impianto. Sarebbe quindi del tutto mancata un’istruttoria del GSE tesa ad accertare in concreto la causa effettiva del negozio di cessione del credito e la relativa natura, nonchè il concreto assetto di interessi sotteso all’intera operazione finanziaria, non potendo la mera sussistenza di un contratto di cessione del credito, sottoscritto sulla base di un modulo predisposto dal G.S.E. e non modificabile, consentire l’omessa valutazione dell’effettiva esigenza che la cessione del credito mira a soddisfare.

III - Sotto diverso profilo. Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione dell’art. 42 del D.Lgs. n. 28/2011. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità. Sviamento.

Nella determinazione dell’importo da restituire, il G.S.E., secondo parte ricorrente, non avrebbe considerato l’effettivo meccanismo restitutorio sotteso alla gestione delle somme pagate a titolo di incentivi, che sono state sempre riaccreditate a favore della Energetic Source Green Power s.r.l., con la conseguenza che non vi sarebbe più alcuna somma nella disponibilità di parte ricorrente e la richiesta restitutoria sarebbe, quindi, avanzata sine titulo.

Lamenta, inoltre, parte ricorrente, la mancata indicazione delle operazioni contabili effettuate in esecuzione del contratto di cessione del credito, con conseguente impossibilità di verificare la correttezza della quantificazione effettuata.

Afferma, ancora, parte ricorrente, che l’ammontare effettivamente erogato è pari alla somma di € 830.662,02, mentre sarebbe stata illegittimamente richiesta la restituzione della maggior somma di € 866.233,79.

Si è costituito in resistenza il G.S.E. il quale, previa ricostruzione della vicenda, anche penale, inerente l’impianto, ha sostenuto, con articolate argomentazioni, l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia.

Si è altresì costituita in giudizio la società ESGP, dichiarata fallita con sentenza n. 816 del 28 settembre 2016 del Tribunale Ordinario di Milano, rappresentando di aver impugnato il provvedimento di decadenza – con il quale viene chiesta alla società la restituzione della somma di 448.879,63 - con ricorso iscritto al numero di RG 12704/2014 ed illustrando le vicende inerenti l’impianto fotovoltaico ed il rapporto incentivante.

Alla camera di consiglio del 3 marzo 2016, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare avanzata col ricorso, la causa è stata rinviata al merito su richiesta di parte ricorrente.

Con atto di motivi aggiunti depositato in data 15 novembre 2016, la ricorrente ha impugnato la successiva nota di sollecito della restituzione, deducendo in via derivata i medesimi vizi già articolati nel ricorso introduttivo.

In vista della trattazione del merito, il G.S.E. e Ubi Leasing S.p.A. hanno prodotto memorie e repliche.

All’udienza pubblica del 1° febbraio 2023, sentiti i difensori delle parti presenti, la causa è stata trattenuta per la decisione come da verbale.

2 – Come sopra brevemente illustrato l’oggetto del giudizio ed il relativo svolgimento, ritiene il Collegio che le censure sollevate da parte ricorrente non meritino favorevole esame.

La presente controversia si incentra sulla contestazione della pretesa restitutoria avanzata dal G.S.E. nei confronti dell’odierna ricorrente, nella qualità di cessionaria del credito, per somme indebitamente versate a titolo di incentivi – la cui spettanza è venuta meno per effetto del provvedimento di decadenza del 20 novembre 2015 pronunciata nei confronti del soggetto responsabile Energetic Source Green Power s.r.l. - successivamente alla stipula del contratto di cessione del credito intercorso tra la ricorrente stessa e il Soggetto Responsabile, opponendo parte ricorrente a tale pretesa sia la struttura del contratto di cessione del credito, avente causa di mera garanzia per la copertura finanziaria delle obbligazioni di pagamento dei canoni di leasing finanziario concesso la realizzazione dell’impianto, sia l’effettivo assetto di interessi e la concreta esplicazione dei rapporti tra le parti, in base ai quali le somme versate sul conto corrente dedicato ed intestato alla ricorrente sarebbero state tutte successivamente ed immediatamente riversate a favore della Energetic Source Green Power s.r.l. una volta verificato il regolare pagamento dei canoni di leasing finanziario, con conseguente difetto di legittimazione in ordine all’obbligazione restitutoria.

In via preliminare, va rilevato come l’avvio del procedimento volto ad ammettere il soggetto responsabile dell’impianto alla decurtazione delle tariffe incentivanti – di cui al provvedimento datata 28 febbraio 2022 depositato dal G.S.E. in data 31 dicembre 2022 – non costituisca circostanza idonea ad incidere sulla permanenza dell’interesse alla decisione sul ricorso in esame, come peraltro dichiarato dal difensore di parte ricorrente in udienza, che va pertanto delibato nel merito.

Tanto premesso e seguendo, nella trattazione, l’ordine di esposizione delle censure proposte, va innanzitutto rilevata l’infondatezza della doglianza volta a lamentare l’intervenuta violazione delle prerogative procedimentali e del contraddittorio per non avere parte ricorrente mai ricevuto alcun avviso di avvio del procedimento poi confluito nel provvedimento di decadenza dagli incentivi, adottato in data 20 novembre 2015, nonostante la propria posizione di proprietaria dell’impianto e di cessionaria del credito, e di non aver mai potuto, conseguentemente, rappresentare l’effettivo assetto di interessi intercorrente tra le parti, che avrebbe asseritamente condotto all’adozione di un provvedimento dal contenuto diverso.

La negativa delibazione in ordine a tale profilo di doglianza poggia sulla considerazione che il soggetto cessionario del credito è del tutto estraneo rispetto al rapporto pubblicistico di incentivazione intercorrente tra il G.S.E. e il Soggetto Responsabile dell’impianto – teleologicamente orientato in una prospettiva di interesse generale – dal che discende la conseguente insussistenza di un obbligo del Gestore di comunicare alla ricorrente l’avvio del procedimento propedeutico al recupero degli incentivi, non trattandosi di soggetto titolato a parteciparvi (ex plurimis, questa Sezione, 18 marzo 2022, n. 3154;
14 dicembre 2022, n. 16861;
Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2019, n. 8331), essendo a tali fini del tutto irrilevante la qualità di proprietario dell’impianto e di cessionario del credito, trattandosi di profili del tutto inidonei a costituire un rapporto diretto con il G.S.E. che determini l’insorgenza di una posizione sostanziale differenziata cui accordare la tutela derivante dalle garanzie partecipative.

Invero, da un lato, la qualità di cessionaria del credito rileva, nei confronti del G.S.E., solo sul piano civilistico, conferendo unicamente la legittimazione in via esclusiva a ricevere il pagamento degli incentivi una volta intervenuta la comunicazione ed accettazione della cessione;
tale qualità, tuttavia, è in radice estranea al rapporto pubblicistico di incentivazione, corrente esclusivamente fra il G.S.E. ed il solo soggetto responsabile, unici sottoscrittori della convenzione che ne disciplina rapporti e condizioni (Consiglio di Stato, 5 dicembre 2019 n. 8331), non determinando alcuna novazione soggettiva del rapporto, né alcun subentro nello stesso, né ampliamento dei soggetti coinvolti dalla vicenda di natura pubblicistica in esecuzione della quale sono erogati gli incentivi.

Estraneità che tuttavia, per come si andrà ad illustrare, non si risolve nella sottrazione del cessionario del credito dagli obblighi restitutori derivanti dalla decadenza dichiarata nei confronti del soggetto responsabile, trattandosi di posizione accessiva al rapporto di incentivazione e da questo condizionata, con conseguente incidenza della decadenza nella sfera giuridica del cessionario delle somme corrisposte a titolo di incentivi, che risultano, a seguito della decadenza, prive di titolo giustificativo.

Non conduce a diverse conclusioni neanche la qualità di proprietaria dell’impianto che non ha, peraltro, portato ad individuare la ricorrente quale soggetto titolato a partecipare al procedimento di riconoscimento degli incentivi, intercorso con il solo soggetto responsabile, con la conseguenza che la legittima pretermissione del soggetto finanziatore e proprietario dal procedimento confluito nella concessione degli incentivi si riflette, altrettanto legittimamente e specularmente, nella legittima esclusione della sua partecipazione al successivo procedimento di decadenza, afferente unicamente al rapporto con il soggetto responsabile.

Va peraltro rilevato che il procedimento di decadenza si è basato su criticità strettamente inerenti i presupposti e requisiti per l’incentivazione, rispetto alle quali l’istituto finanziatore è del tutto estraneo e non avrebbe, quindi, potuto neanche fornire alcun utile apporto in sede istruttoria né influenzarne l’esito.

Rispetto a tale procedimento, la richiesta di restituzione delle somme indebitamente erogate a titolo di incentivi costituisce atto meramente conseguente e necessitato, e anche rispetto a tale aspetto un eventuale apporto di parte ricorrente non sarebbe stato in alcun modo idoneo ad incidere sul contenuto della decisione finale, non essendo la stessa parte del rapporto e non essendo quindi in grado di fornire elementi che avrebbero potuto evitare la decadenza, costituente atto presupposto della ripetizione degli incentivi.

Correttamente, quindi, il contraddittorio procedimentale si è svolto nei soli confronti del soggetto responsabile dell’impianto, in quanto l’unico titolare di un interesse qualificato e differenziato da necessariamente coinvolgere nell’istruttoria e nel contraddittorio che ha preceduto l’adozione della disposta decadenza, con conseguente irrilevanza dell’omesso coinvolgimento anche del cessionario del credito, dovendo tale soggetto essere ritenuto portatore di un interesse di mero fatto, senza che risulti integrato alcun vizio di disparità di trattamento, venendo in rilievo posizioni radicalmente differenziate.

Proprio la titolarità di un mero interesse di fatto del cessionario dei crediti derivanti da tariffe incentivanti ha costantemente indotto la giurisprudenza a ritenere la mancanza di legittimazione in capo allo stesso a ricorrere avverso i provvedimenti di decadenza dagli incentivi, incidendo essi direttamente sul solo rapporto incentivante che lega il titolare dell’impianto ed il Gestore, fatti salvi i rapporti interni tra il cedente ed il cessionario (cfr., ex multis, 15 marzo 2017 nn. 3539 e 3421;
24 gennaio 2017, n. 1239;
16 febbraio 2017, nn. 2480, 2482 e 2484;
13 marzo 2017, n. 3421;
15 marzo 2017, nn. 3538 e 3539;
16 marzo 2022, n. 3048;
18 marzo 2022, n. 3154;
19 settembre 2022, n. 11925;
23 settembre 2022, n. 12095;
11 ottobre 2022, n. 12913;
14 dicembre 2022, n. 16861;
4 gennaio 2023, n. 152), dal momento che la qualità di cessionaria del credito rileva, come sopra rilevato, unicamente ai fini civilistici dell’insorgenza della legittimazione esclusiva a ricevere i relativi pagamenti - a ciò soltanto essendo finalizzata la notifica, ai sensi dell’art. 1264 c.c., al G.S.E. del contratto di cessione dei crediti – mentre tale qualità resta estranea al rapporto pubblicistico di incentivazione.

Se, dunque, il provvedimento di decadenza produce effetti diretti esclusivamente nei confronti del soggetto responsabile in quanto parte del rapporto incentivante, e non impatta in via diretta ed immediata nella sfera giuridica degli istituti di credito – salvo quanto a conseguenziali pretese restitutorie – e fatti salvi i rapporti interni con la società cedente, nessun diritto partecipativo può allo stesso essere riconosciuto, stante l’assenza di titolarità di una situazione giuridica attiva, protetta dall'ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall’amministrazione.

Sulla base del parallelismo tra posizione processuale e posizione procedimentale, nelle interconnessioni tra profili sostanziali, procedimentali e processuali, può quindi affermarsi che così come al cessionario del credito discendente da incentivi non può riconoscersi la legittimazione ad impugnare il provvedimento di decadenza, così allo stesso, analogamente e specularmente, non può riconoscersi alcun diritto partecipativo procedimentale, e ciò sulla base dell’analisi della posizione sostanziale e dell’assetto dei rapporti intercorrenti tra le parti.

Il provvedimento di decadenza non determina, infatti, alcuna incidenza diretta nella sfera giuridica dell’istituto di credito, in quanto non è titolare del rapporto instaurato tra il G.S.E. ed il soggetto responsabile dell’impianto fotovoltaico, ed al quale può essere riconosciuta una mera utilità pratica, indiretta ed eventuale, ricollegabile in via meramente contingente ed occasionale al corretto esercizio della funzione pubblica nell’ambito del rapporto di incentivazione, senza tuttavia che tale possibile vantaggio risulti idoneo a determinare, da solo, il riconoscimento di una situazione differenziata, fondante la necessaria partecipazione procedimentale e la legittimazione al ricorso, non comportando la decadenza una incidenza diretta nella sfera giuridica dell’istituto di credito in quanto non titolare del rapporto incentivante e non impattando in via diretta ed immediata nella sfera giuridica degli istituti di credito, fatti salvi i rapporti interni con la società cedente.

Inoltre, il cessionario del diritto di credito non è in grado, proprio per tale qualità rivestita, di fornire concreti elementi volti a superare le criticità rilevate dal G.S.E. poste alla base della disposta decadenza, trattandosi di elementi estranei alla propria sfera di dominio, di cui può avere conoscenza meramente indiretta ed eventuale.

In coerenza con gli illustrati principi, il provvedimento di decadenza è stato correttamente impugnato dal soggetto responsabile – unico soggetto parte del rapporto di incentivazione - con ricorso n. 12703/2014, esitato con la sentenza di rigetto n. 6647/2016.

Ferma, dunque, l’assenza di diritti partecipativi in capo al cessionario del credito, va comunque rilevato che, in ogni caso, il contributo partecipativo che la parte assume avrebbe potuto apportare, riferito all’effettivo assetto di interessi tra la stessa e il soggetto responsabile ESGP nonché all’assenza, all’attualità, di alcuna utilità, non avrebbe potuto determinare, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, un esito procedimentale diverso, né avrebbe inciso sulla individuazione del soggetto tenuto alla restituzione per le ragioni di seguito illustrate, utili anche ai fini della disamina delle ulteriori censure proposte.

La cessione del credito è tipicamente un contratto consensuale con effetti traslativi del diritto ceduto (Cassaz., sez. II civ., sent. n. 9768 del 2016;
Cassaz., sez. III civ., sent. n. 551 del 2012), che ne costituisce la causa tipica costante, alla quale può affiancarsi una causa variabile, da individuarsi nella funzione concreta per la quale viene posta in essere la cessione del credito in ciascun caso specifico.

Dalla cessione del credito discende in ogni caso un effetto immediatamente traslativo, corrispondente alla causa tipica dell’istituto civilistico, che non viene inciso dall’eventuale ulteriore causa e funzione di garanzia (ex multis, Cassazione civile sez. I, 3 luglio 2009, n.15677;
Cassazione civile sez. I, 16 novembre 2018, n. 29608;
TAR Lazio, sez. III Ter, n. 9491 del 2018, n. 3421 del 2017;
nn. 2480, 2482, 2484 del 2017;
n. 3421/2017, n. 3538/2017;
n. 3539/2017;
25 maggio 2020, n. 5455;
22 marzo 2021, n. 3465;
nn. 3048/2022, 3154/2022, 11925/2022, 12095/2022, 6861/2022) cui sono volte le relative obbligazioni, consentendo la causa variabile della cessione del credito che lo stesso possa assumere anche funzione e scopo esclusivi di garanzia, senza tuttavia che venga meno l’effetto tipico della cessione ordinaria, immediatamente traslativo del diritto al cessionario, in base al quale il credito ceduto entra nel patrimonio del cessionario e diventa un credito proprio di quest’ultimo.

Deve, inoltre, aggiungersi che è proprio l’immediato effetto traslativo della titolarità del credito, tipico della cessione del credito, che realizza e rende concreta la funzione di garanzia cui il contratto è rivolto.

Ne deriva, quindi, che la causa di garanzia sottesa al negozio di cessione stipulato dalla ricorrente con ESGP – invocata al fine di avvalorare la tesi dell’assenza di legittimazione passiva quanto a pretesa restitutoria - non influisce, né avrebbe potuto influire, sulla richiesta di restituzione degli incentivi da parte del G.S.E., il quale ha effettuato il pagamento degli incentivi a favore del cessionario del credito e che rimane naturalmente estraneo ai rapporti interni tra cedente e cessionario, come stabiliti nelle relative pattuizioni contenute nel contratto di leasing e di cessione del credito.

E’ infatti incontestato che il G.S.E., una volta comunicatagli e accettata la cessione dei crediti derivanti dalla convenzione, abbia provveduto ad effettuare i relativi versamenti al cessionario indicatogli, coerentemente con l’effetto immediatamente traslativo del contratto di cessione e la conseguente titolarità del credito ceduto in capo alla ricorrente, cui corrisponde, specularmente, la legittimazione passiva della stessa in ordine alla richiesta restitutoria di quanto versato, il cui carattere di indebito discende dalla disposta decadenza (cfr. questa Sezione, sentenza 15 marzo 2017 n. 3421 citata).

Gli incentivi indebitamente concessi dal G.S.E. sulla base di provvedimenti oggetto di decadenza integrano, difatti, obbligazioni restitutorie riconducibili alla comune fattispecie di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., con conseguente obbligo del soggetto materialmente e giuridicamente beneficiario di tale indebita attribuzione alla relativa restituzione, ivi compreso il cessionario del credito.

La declaratoria di decadenza dagli incentivi, incidendo sulla fonte legittimante la loro erogazione, comporta difatti l’insorgenza dell’obbligazione restitutoria in capo al soggetto che li ha percepiti sulla base di un valido titolo giuridico, quale la cessione del credito, essendo entrati, sulla base di tale titolo, nella relativa sfera di disponibilità del cessionario ed avendo il G.S.E. agito sulla base dell’assetto dei rapporti stabilito dal contratto di cessione.

Deve, inoltre, rilevarsi che il cessionario è solidalmente responsabile della restituzione della somma erogata dal G.S.E. a seguito dell’accettazione della cessione del credito e secondo le modalità in essa indicate con la conseguenza che, alla luce della responsabilità solidale gravante sugli istituti ricorrenti e dell’irrilevanza dei profili e delle vicende relative all’esecuzione del rapporto privatistico tra le banche e i soggetti responsabili nel cui ambito è stata pattuita la cessione del credito, non opponibili al G.S.E. essendo questi in posizione di terzietà e pertanto di totale estraneità rispetto allo stesso rapporto privatistico, va ritenuta legittima la pretesa restitutoria rivolta al soggetto che abbia percepito, in virtù di cessione del credito, somme a titolo di tariffe incentivanti qualora venga disposta, come nel caso di specie, la decadenza da queste ultime, trattandosi di indebito oggettivo (TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 18 marzo 2022, n. 3048 e n. 3154).

A fronte dell’accordo formale di cessione del credito comunicato al Gestore e dei versamenti effettuati dal GSE alla Società cessionaria, in forza del suo subentro nel diritto di credito del cedente, non vi è quindi modo di negare l’opponibilità della declaratoria di decadenza dal beneficio de quo nei suoi confronti.

Pertanto, alla luce dei consolidati principi della giurisprudenza in punto di obbligo restitutorio del cessionario del credito in caso di declaratoria di decadenza dagli incentivi (ex multis, TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 14 dicembre 2022, n. 16861 e giurisprudenza ivi richiamata;
19 settembre 2022, n. 11925;
18 maggio 2022, n. 6399;
25 febbraio 2020 n. 2460;
19 settembre 2018 n. 9491;
22 giugno 2017, n. 7293/2017;
decreti ingiuntivi nn. 5340, 5339, 4342, 4384 2954, 2256 del 2019), va ritenuta legittima la pretesa restitutoria rivolta alla ricorrente, quale cessionaria del credito derivante dagli incentivi, con decorrenza dalla data di cessione del credito – in cui, per effetto dell’incontro dei consensi, si è verificato l’effetto traslativo - a seguito dell’intervenuta decadenza dagli stessi, trattandosi nella specie di ripetizione di indebito oggettivo, con conseguente rigetto del corrispondente motivo di censura.

3 - Avuto, infine, riguardo alla quantificazione delle somme da restituire – di cui parte ricorrente lamenta la determinazione in un ammontare superiore rispetto a quanto effettivamente versato – devono innanzitutto essere rigettate le censure volte a denunciare la mancata indicazione delle modalità di calcolo in modo da poter identificare le singole operazioni contabili e verificare la correttezza della quantificazione delle somme richieste in restituzione.

Avendo parte ricorrente contestato la maggior somma richiesta rispetto a quanto effettivamente versato sul conto corrente dedicato, appare evidente come la stessa sia in possesso di tutti gli elementi per poter procedere alla verifica dei relativi calcoli, coerentemente peraltro con la natura di istituto di credito dotato di specifica competenza e professionalità.

La quantificazione degli incentivi ed il loro versamento risultano, inoltre, verificabili sul portale dedicato che riporta tutte le informazioni inerenti il rapporto incentivante, consentendo pertanto di agevolmente ricostruire il quantum debeatur.

Avuto riguardo al differenziale tra quanto richiesto in restituzione dal GSE – pari a € 866.233,79 – e quanto effettivamente versato sul conto dedicato – pari a € 830.663,02 – lo stesso va ricondotto alla ricomprensione tra le somme da restituire di quelle versate dal G.S.E. quale sostituto di imposta.

Trattasi, infatti, di importo richiesto al lordo della ritenuta di acconto.

Sul punto si osserva che, in sede di erogazione dei contributi, vista la loro natura, il G.S.E. opera in qualità di sostituto di imposta, effettuando la ritenuta alla fonte a titolo di acconto e versandone l’importo all’Erario, in acconto, appunto, rispetto all’adempimento degli obblighi tributari del beneficiario, connessi al contributo erogato (cfr. art. 85, comma 1, D.P.R. 917/1986;
art. 28, comma 2, D.P.R. n. 600/1973;
art. 20, comma 2, del D.P.R. n. 605/1973;
art. 4 D.P.R. n. 322/1998).

Quando, a seguito di decadenza dal diritto agli incentivi, il G.S.E. recupera le somme erogate indebitamente, lo fa, anche, con riferimento a quanto versato all’Erario per conto dell’indebito beneficiario degli incentivi, così da assicurare l’integrale recupero di quanto indebitamente versato, fermi restando i successivi rapporti di debito-credito intercorrenti tra l’originario beneficiario e l’Erario, secondo le vigenti disposizioni fiscali.

Non può, infine, convenirsi con l’argomentazione spesa da parte ricorrente nelle memorie da ultimo depositate, volta a desumere dalla mancata contestazione da parte del G.S.E. della dedotta assenza sul conto corrente dedicato di somme erogate a titolo di incentivi – per essere state tutte le somme riversate alla ESGP a seguito del regolare pagamento dei canoni di leasing - l’assenza di un valido titolo per la contestata richiesta di restituzione.

Il principio di non contestazione, anche laddove se ne dovessero rinvenire i presupposti, non consente invero di ritenere l’illegittimità della pretesa restitutoria, la quale trova il proprio fondamento nella qualità, contrattualmente assunta dalla ricorrente, di cessionaria del credito e nell’avvenuta materiale corresponsione – non contestata - degli incentivi sul conto corrente dedicato intestato alla stessa, irrilevanti dovendo ritenersi i meccanismi interni di regolazione dei rapporti con il cedente ed il conseguimento o meno, in capo al cessionario, di effettivi ed attuali vantaggi economici, altrimenti determinandosi per effetto della cessione una inammissibile lesione della posizione giuridica del debitore ceduto, la cui azione di recupero di quanto indebitamente versato verrebbe paralizzata o compromessa per effetto di accordi cui lo stesso è estraneo.

Né lo schema civilistico della cessione del credito consente di ipotizzare simili conseguenze per effetto della concreta regolazione del rapporto tra cedente e cessionario e dei conseguenti concreti assetti derivanti dal rapporto, che in alcun modo possono determinare una modifica peggiorativa della posizione originaria del ceduto, né limitare l’ambito delle eccezioni opponibili al cessionario dal ceduto estraneo all’accordo, ivi comprese quelle inerenti la decadenza del beneficio incentivante e le relative conseguenze.

Dalle su esposte considerazioni, deriva quindi la correttezza dell’operato del GSE, dovendo pertanto rigettarsi anche il motivo in esame.

4 - L’infondatezza delle doglianze formulate col ricorso introduttivo comporta la reiezione anche dei motivi aggiunti, contenenti soli vizi di illegittimità in via derivata.

5 - In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso e i motivi aggiunti vanno respinti.

6 - Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore del GSE, tenendo conto della serialità del contenzioso. Possono compensarsi con la società Energetic Source Green Power s.r.l.

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