TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2013-01-25, n. 201300607

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2013-01-25, n. 201300607
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201300607
Data del deposito : 25 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04333/2010 REG.RIC.

N. 00607/2013 REG.PROV.COLL.

N. 04333/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4333 dell’anno 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
C C, rappresentato e difeso dagli avv.ti G B e G D C, con i quali è elettivamente domiciliato in Napoli, alla via S. Lucia n. 107, presso lo studio legale Actis;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede è per legge domiciliato, in Napoli, via Diaz n. 11;

(ricorso introduttivo)

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

a) della nota prot. n. GDAP-0188252-2010 del 30.4.2010, adottata dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione – Promozioni ed Avanzamento del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, con la quale l’Amministrazione ha affermato che il ricorrente non può ottenere il beneficio della ricostruzione della carriera in quanto mancano norme che disciplinano appunto la ricostruzione della carriera in favore del personale del Corpo di Polizia penitenziaria;

b) della nota prot. n. GDAP-0022818-2010 del 19.1.2010, adottata dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione – Promozioni ed Avanzamento del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, con la quale l’Amministrazione ha dichiarato che il ricorrente non può ottenere il beneficio della ricostruzione della carriera in quanto mancano norme che disciplinano la ricostruzione della carriera in favore del personale del Corpo di Polizia penitenziaria;

c) di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, collegato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente;


(ricorso per motivi aggiunti)

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

a) della nota prot. n. GDAP-0291231-2010 dell’8.7.2010, adottata dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione, con la quale l’Amministrazione ha affermato nuovamente l’impossibilità di procedere ad una “ricostruzione della carriera” in favore del ricorrente;

b) della nota prot. n. GDAP-0188252-2010 del 30.4.2010, adottata dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione – Promozioni ed Avanzamento del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, con la quale l’Amministrazione ha affermato che il ricorrente non può ottenere il beneficio della ricostruzione della carriera;

c) della nota prot. n. GDAP-0022818-2010 del 19.1.2010, adottata dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione – Promozioni ed Avanzamento del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, con la quale l’Amministrazione ha affermato che il ricorrente non può ottenere il beneficio della ricostruzione della carriera in quanto mancano norme che disciplinano la ricostruzione della carriera in favore del personale del Corpo di Polizia penitenziaria;

d) di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, collegato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente.

Visti il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli per il Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2012 il dott. M M L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso introduttivo/principale, notificato a mezzo posta il 6 luglio 2010 e depositato il successivo 22 luglio, C C ha esposto:

- che era in servizio nel Corpo di Polizia Penitenziaria, effettivo presso la Casa Circondariale di Napoli Poggioreale, ma distaccato al Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti di Napoli-Secondigliano;

- che in precedenza, a decorrere dall’1.11.1990, era stato arruolato presso il Ministero della Difesa – Marina con il ruolo di Sergente;

- che in data 10.3.1993, a domanda presentata nel mese di luglio 1992, era transitato dal Ministero della Difesa - Marina al Ministero della Giustizia – Corpo di Polizia Penitenziaria, rivestendo il grado di agente semplice;

- che con D.M. del 4.12.1997 era stato promosso alla qualifica di agente scelto, con decorrenza giuridica ed economica dal 10.9.1996;

- che con D.M. del 29.5.2002 era stato promosso alla qualifica di assistente , con decorrenza giuridica ed economica dall’11.9.2001;

- che con D.M.

9.8.2002 era stato promosso vice sovrintendente, con decorrenza giuridica ed economica dall’8.7.2002;

- che con P.D.G. del 16.6.2006 era stato quindi promosso nel grado di vice ispettore, con decorrenza giuridica ed economica dal 18.5.2006;

- che all’attualità rivestiva la qualifica di ispettore, conseguita con P.D.G. dell’11.7.2008 e decorrenza dal 19.5.2008;

- che in data 4.12.2009 aveva presentato al Ministero della Giustizia istanza volta al riconoscimento in proprio favore del beneficio della ricostruzione della carriera, sull’assunto che avrebbe dovuto tenersi conto della posizione in precedenza da lui rivestita alle dipendenze del Ministero della Difesa – Marina e del suo successivo transito, a domanda e con decorrenza 10.3.1993, alle dipendenze del Ministero della Giustizia – Corpo di Polizia Penitenziaria;

- che, in riscontro a tale istanza, il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione, con nota

prot. n. GDAP-0022818-2010 del 19.1.2010, gli aveva comunicato di non poter legittimamente procedere all’emanazione di alcun provvedimento in suo favore, non essendo rinvenibili nell’ordinamento del Corpo di Polizia Penitenziaria norme in materia di “ricostruzione della carriera” diverse dall’art. 26 della legge 15.12.1990 n. 395, peraltro inapplicabili nel caso di specie;

- che, con atto del 23.3.2010, egli aveva invitato e diffidato il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione a riconoscere in proprio favore la ricostruzione della carriera, sia dal punto di vista economico che giuridico;

- che, con nota prot. n. GDAP-0188252-2010 del 30.4.2010, il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione, aveva confermato che esso ricorrente non poteva ottenere il chiesto beneficio della ricostruzione della carriera;

- che, in risposta, egli aveva inoltrato all’Amministrazione di appartenenza un ulteriore atto di diffida.

Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato la nota a contenuto negativo da ultimo adottata, unitamente a quella precedente del 19.1.2010, chiedendone l’annullamento per “ violazione e falsa applicazione del D.L. 10 luglio 1992 – violazione e falsa applicazione L. N. 599 del 31.7.1954, L. N. 395 del 15.12.1990, L. N. 321 del 16.10.1991, D.L. n. 306 dell’8.6.1992, Decr. Leg.vo n. 443 del 30.10.1992;
violazione del giusto procedimento – eccesso di potere per carenza di istruttoria – ingiustizia manifesta – violazione del principio di imparzialità e di buon andamento – violazione della L. 241/1990 – erroneità dei presupposti di fatto e di diritto
”: la domanda di arruolamento nel Corpo di Polizia Penitenziaria sarebbe stata presentata dal ricorrente dopo l’emanazione del D.L. del 10.7.1992, e da tale decreto emergerebbe che, per poter transitare dal Ministero della Difesa – Marina al Ministero della Giustizia – Corpo di Polizia Penitenziaria, sarebbe stata richiesta per i militari di leva la collocazione in congedo entro il 31.8.1992, con conseguente conservazione del trattamento giuridico ed economico posseduto presso l’Amministrazione di provenienza;
esso ricorrente non avrebbe mai rinunciato al grado posseduto presso l’Amministrazione di provenienza, né, all’atto dell’assunzione nel Corpo di Polizia Penitenziaria, sarebbe stato sottoposto a visite mediche né a prove psico-attitudinali, e neppure avrebbe frequentato un corso di formazione;
l’avvenuto transito nel Corpo di Polizia Penitenziaria non avrebbe potuto comportare la perdita del grado, non figurando questa tra le ipotesi di perdita del grado previste dall’art. 60 della L. 599/1954;
sarebbe del tutto inconferente quanto affermato dall’Amministrazione circa il mancato possesso dei requisiti previsti dall’art. 26 della L. 395/1990, non avendo esso ricorrente mai ricoperto il ruolo di Agente di Custodia;
l’Amministrazione avrebbe adottato la determinazione impugnata senza effettuare la dovuta istruttoria, perché, altrimenti, avrebbe ben potuto rilevare, per un verso l’inapplicabilità dell’art. 26 L. 395/1990 al caso di specie, e, per alto verso, che la L. 395/1990 non prevede la perdita del grado in dipendenza del transito nel Corpo della Polizia Penitenziaria, ragion per cui esso ricorrente avrebbe avuto titolo alla chiesta ricostruzione della carriera;
la motivazione fornita per giustificare la presa determinazione negativa sarebbe insoddisfacente.

In data 20 agosto 2010 si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, onde resistere al proposto ricorso.

Con atto per motivi aggiunti notificato a mezzo posta il 3 settembre 2010 e depositato il successivo 7 settembre, C C ha impugnato anche la sopravvenuta nota prot. n. GDAP-0291231-2010 dell’8.7.2010, con la quale il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale della Formazione, ha affermato nuovamente l’impossibilità di procedere ad una “ricostruzione della carriera” in suo favore.

All’uopo, il ricorrente ha chiesto l’annullamento di tale provvedimento proponendo censure del tutto analoghe a quelle già articolate con il ricorso introduttivo.

In data 5 ottobre 2010 la difesa erariale ha depositato documentazione, nonché una memoria finalizzata anche a resistere ai motivi aggiunti proposti da controparte.

All’udienza camerale del 14 ottobre 2010, la trattazione dell’istanza cautelare avanzata dal ricorrente, è stata cancellata dal ruolo su richiesta di quest’ultimo.

Alla pubblica udienza del 25 ottobre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

C C, attualmente Ispettore del Corpo della Polizia Penitenziaria, impugna in giudizio, sulla base di più argomentazioni (le medesime proposte anche in sede di motivi aggiunti) tre note, indicate in epigrafe, con le quali l’Amministrazione di appartenenza ha dato negativo riscontro a sue reiterate istanze finalizzate a conseguire una “ricostruzione della carriera” sulla base del riconoscimento del grado di Sergente dell’Esercito Italiano posseduto prima di quello che viene definito un “transito” nei ruoli della Polizia Penitenziaria (e che l’interessato assumeva non aver mai perso).

Specificamente, con la prima nota, datata 19.1.2010, è stato testualmente affermato che << … la genericità della richiesta di “ricostruzione della carriera” avanzata dallo stesso, non consente a questa Amministrazione di procedere legittimamente all’emanazione di alcun provvedimento in favore del medesimo, atteso che non risultano rinvenibili nell’ordinamento del Corpo di Polizia Penitenziaria norme che dispongono in materia di “ricostruzione di carriera” diverse dall’art. 26 della Legge 15.12.1990, n. 395, che, tuttavia, risulta inapplicabile nei confronti dell’istante >>, per poi concludere con l’invito all’interessato << …a voler far conoscere la presunta normativa di riferimento, non rinvenuta da questa Amministrazione >>.

A questa prima, è seguita un’altra nota, datata 30.4.2010, adottata in risposta ad una diffida con cui il C ha, in particolare, invocato in proprio favore il disposto di cui all’art. 200 co. 3 D.P.R. 3/1957 (da lui ritenuto applicabile in virtù del richiamo posto dall’art. 1 co. 4 L. 395/1990).

Nell’occasione, l’Amministrazione, con più approfondito esame della fattispecie, dopo aver evidenziato come la carriera dell’interessato si fosse << svolta in conformità a quanto disposto dalla L. 395/1990 e dal decreto legislativo n. 443/1992 >>, ed altresì come la circostanza che la sua posizione di ex appartenente alla Forza Armata, non << presa in alcuna particolare considerazione dalla normativa relativa al Corpo di Polizia Penitenziaria >>, portasse ad escludere che fosse << possibile la “ricostruzione della carriera” da lui richiesta >>, ha precisato che in effetti non era rinvenibile alcuna norma derogatoria regolante la posizione dell’istante, governata perciò dall’ordinaria disciplina riguardante tutto il personale della Polizia Penitenziaria (atteso che l’invocato art. 200 co. 3 D.P.R. 3/1957 ineriva ai soli trasferimenti, e che il dipendente in oggetto non era stato destinatario di alcun trasferimento, bensì era stato assunto nel Corpo di Polizia Penitenziaria, ancorché in virtù di specifica normativa di settore).

Con una terza nota, datata 8.7.2010, l’Amministrazione intimata, nel dare riscontro ad un’ulteriore diffida dell’odierno ricorrente (questa volta incentrata sul disposto dell’art. 56 della L. 599/1954), si è infine limitata a << riconfermare nuovamente il contenuto delle note…19 gennaio 2010, n. 22818 e 30 aprile 2010, n. 188252, in ordine alla impossibilità di procedere ad alcuna “ricostruzione della carriera” >>, in tal modo ribadendo << che non risultano rinvenibili nell’ordinamento del Corpo di Polizia Penitenziaria norme che consentano di riconoscere particolare rilevanza e considerazione alla posizione di ex appartenente alla Forza Armata del C, e che dunque possano legittimamente derogare all’applicazione, nei confronti dello stesso, dell’ordinaria disciplina riguardante tutto il personale della Polizia Penitenziaria >>.

Va chiarito che il ricorrente, in effetti, attraverso tali reiterate richieste di “ricostruzione della carriera”, aspira a conseguire un nuovo e migliore inquadramento giuridico;
tanto porta a qualificare come di interesse legittimo la posizione azionata, atteso che la collocazione del dipendente pubblico nelle varie qualifiche dei ruoli organici dell’Amministrazione di appartenenza discende da atti autoritativi (dai quali soltanto scaturisce il diritto al corrispondente trattamento economico), per cui, rispetto a tali provvedimenti di tipo organizzatorio, l’interessato vanta una posizione sostanziale appunto di interesse legittimo al corretto esercizio del relativo potere – pur sempre autoritativo, ancorché vincolato -, e non una posizione di diritto soggettivo accertabile dal G.A. (cfr. T.A.R. Umbria n° 216 del 30.5.2008;
T.A.R. Lazio-Roma n° 8550 del 5.9.2007;
T.A.R. Calabria-Catanzaro n° 1167 del 13.5.2002;
e, in particolare per quanto concerne fattispecie riconducibili a “ricostruzione di carriera”, cfr. Cons. di Stato sez. IV, n° 1283 del 25.3.2005;
Cons. di Stato sez. IV, n° 5204 del 19.7.2004).

Ciò posto, occorre preliminarmente osservare che, poiché il proposto ricorso risulta infondato nel merito, può prescindersi dal valutare i pur sussistenti profili di inammissibilità conseguenti alla mancata tempestiva impugnazione dei vari provvedimenti di inquadramento fino ad oggi adottati nei confronti di C C, e dei quali costui riferisce nell’atto introduttivo.

Peraltro, tenuto conto che la nota prot. n. 188252 del 30.4.2010 presenta valenza di vera e propria conferma della precedente prot. n. 22818 del 19.1.2010 (all’esito di rinnovata e più approfondita istruttoria, come desumibile dalla presenza di una più articolata motivazione), mentre la successiva prot. n. 291231 dell’8.7.2010 ha mero valore confermativo rispetto al precedente diniego del 30.4.2010, deve escludersi che il proposto gravame possa dirsi tardivo: infatti, la lesione dell’interesse del ricorrente è da riconnettersi esclusivamente appunto alla suddetta nota del 30.4.2010, e non alle altre due (l’impugnazione delle quali va perciò dichiarata inammissibile per originaria carenza di interesse).

Invero, risulta dagli atti che il ricorrente è stato su propria domanda arruolato, all’esito di una procedura selettivo-concorsuale, nel Corpo della Polizia Penitenziaria in data 10.3.1993 (incontestatamente in applicazione della peculiare normativa posta dai DD.LL. 13.7.1992 n. 335 e 12.1.1993 n. 3, non convertiti, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dal successivo D.L. 14.5.1993 n. 139, conv. in L. 14.7.1993 n. 222), e che fino al giorno 30.8.1992 egli aveva prestato servizio nell’Esercito Italiano con il grado di Sergente, venendo quindi prosciolto dalla ferma volontaria a far data dal 31.8.1992 e collocato in congedo illimitato.

La carriera del C nel Corpo di Polizia Penitenziaria si è poi svolta in conformità a quanto disposto dalla L. 395/1990 (disciplinante l’Ordinamento del Corpo di Polizia Penitenziaria) e dal Decr. Leg.vo 443/1992 (Ordinamento del personale di Polizia Penitenziaria a norma dell’art. 14 co. 1 L. 395/1990).

Orbene, proprio la circostanza che la sua posizione di ex appartenente alla Forza Armata non sia presa in alcuna particolare considerazione dalla normativa relativa al Corpo di Polizia Penitenziaria (ad eccezione del beneficio previsto dall’art. 5 co. 6 Decr. Leg.vo 443/1992), porta ad escludere che sia possibile la “ricostruzione della carriera” da lui richiesta. Infatti, con tale termine si fa in sostanza riferimento ad istituti di genere vario e disparato, presentanti però il comune carattere di essere fondati su di una deroga rispetto alle disposizioni normative ordinarie in tema di pubblico impiego, poiché riconoscono benefici particolari di stato giuridico non a tutto il personale, ma soltanto a chi versi in situazioni ben determinate;
il ché non è ravvisabile nel caso di specie, atteso che, come già detto, non risulta che vi sia alcuna norma derogatoria cui sia riconducibile la posizione del C: non l’art. 26 L. 395/1990 (riferito a personale che, in precedenza, abbia fatto parte del Corpo degli Agenti di Custodia), in quanto il ricorrente non è mai stato nel Corpo degli Agenti di Custodia;
non la L. 408/1968, poiché riferita a coloro che in precedenza abbiano fatto parte di altre forze di polizia, ma non delle Forze Armate (e, comunque, il richiamo presente nella L. 395/1990 è fatto sempre con riferimento agli ex appartenenti al Corpo degli Agenti di Custodia);
non l’art. 4 ter D.L. 356/1987 conv. in L. 436/1987, poiché riferito a personale in posizione del tutto peculiare (distaccato per ragioni determinate al Corpo degli Agenti di Custodia), cui non è assolutamente assimilabile quella dell’attuale ricorrente.

Ecco che allora lo status del C non può che rimanere governato dall’ordinaria disciplina riguardante tutto il personale della Polizia Penitenziaria (se si eccettua il già richiamato beneficio ex art. 5 co. 6 Decr. Leg.vo 443/1992), senza che in proposito possano presentare rilievo, né le caratteristiche del suo reclutamento (che, sebbene avvenuto con modalità del tutto peculiari stabilite dalla legge, poiché verificatosi in una fase governata da una disciplina transitoria, non può qualificarsi come di mero “transito” o tantomeno di “trasferimento”, e comunque non può, in difetto di norme specifiche, valere ad assicurargli in aggiunta anche un ulteriore favor);
né la circostanza che non possa dirsi che egli abbia “perso” il grado di Sergente (per non essere l’assunzione di servizio nel Corpo della Polizia Penitenziaria ricompreso tra le cause che, ai sensi dell’art. 60 L. 599/1954, determinano un tale effetto), posto che – si ribadisce – non vi è alcuna disposizione normativa che attribuisca rilievo al permanere del grado nell’ambito dell’Ordinamento della Polizia Penitenziaria (ed anzi, deve osservarsi che a tanto risulta ostativa l’evidente comunanza di ratio con le ipotesi espressamente prese in considerazione dal citato articolo di legge).

Deve, infine, aggiungersi che quanto disposto dalla specifica norma di chiusura del sistema ordinamentale della Polizia Penitenziaria, ovvero l’art. 131 Decr. Leg.vo 443/1992 (secondo cui “ Per quanto non previsto dal presente decreto, al personale del Corpo di polizia penitenziaria si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato ”), appare ostativo a che al personale di tale Corpo possano essere applicate le diverse ed eterogenee normative richiamate da parte ricorrente (né, per altro verso, tale richiamo non può valere a determinare l’applicabilità a lui dell’art. 200 co. 3 D.P.R. 3/1957, posto che tale disposizione riguarda esclusivamente gli impiegati che, ai sensi del precedente comma 2, siano “trasferiti” con il proprio consenso da un ruolo ad altro di corrispondente carriera della stessa Amministrazione, e non certo gli assunti a mezzo di una procedura concorsuale e articolata su graduatoria, ancorché peculiare).

Pertanto, deve concludersi che l’impugnato diniego risulta adeguatamente motivato ed immune dai vizi denunziati con il presente ricorso.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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