TAR Napoli, sez. III, sentenza 2011-12-27, n. 201106131
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N. 06131/2011 REG.PROV.COLL.
N. 06288/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6288 del 2010, proposto da:
OPLONTI s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso introduttivo dall’Avvocato M F con il quale elettivamente domicilia in Napoli, presso lo studio dell’Avvocato B M alla via Duomo n. 61;
contro
il Comune di Pompei, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto di costituzione e in virtù di determina dirigenziale n. 6150/2010, dall’Avvocato C C, con il quale elettivamente domicilia in Napoli presso lo studio dell’Avvocato Francesco Cinque alla piazza Bovio n. 1;
il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato ove ope legis domicilia in Napoli alla via A. Diaz 11;
la Provincia di Napoli, in persona del Presidente della Giunta Provinciale p.t., rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla copia del ricorso notificato, dall’Avvocato Luciano Scetta, con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla piazza Matteotti n. 1;
nei confronti di
Fergos s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, giusta procura a margine dell’atto di costituzione dall’Avvocato Riccardo Marone, con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla via Cesario Console n. 3;
per l'annullamento
1) relativamente al titolo edilizio:
a) del permesso di costruire n. 1043 del 29 dicembre 2009 con il quale il dirigente del VI Settore del Comune di Pompei ha concesso alla Fergos s.r.l. l’autorizzazione per l’intervento edilizio erroneamente qualificato di ristrutturazione edilizia e riconversione dello stabilimento ex Aticarta sito alla via Campo Aviazione;
b) ove e per quanto occorra della delibera di G.C. n. 12 del 4 gennaio 2007 richiamata nel provvedimento sub a);
c) del decreto dirigenziale n. 103 del 31.10.2007 con il quale è stata concessa l’autorizzazione ambientale ai sensi dell’art. 159 del d.lg. n. 42/2004, in uno al parere espresso dalla CEI con verbale n. 43 del 30.10.2007;
d) della nota della Soprintendenza dei BB.AA. di Napoli prot. n. 4080 del 22 febbraio 2008 con la quale è stato comunicato che non sussistono gli estremi per disporre l’annullamento dell’autorizzazione ambientale;
e) ove e per quanto occorra dell’istruttoria eseguita dal dirigente del VI Settore, richiamata nel provvedimento sub a);
f) del parere favorevole condizionato espresso in data 25 luglio 2007 dal Comitato Tecnico dell’Autorità di Bacino del Sarno;
g) di ogni altro provvedimento e/o parere reso nel corso del procedimento con il quale l’intervento edilizio in oggetto è stato qualificato di “ristrutturazione edilizia” e compatibile con la destinazione industriale dell’area;
2) con riguardo al titolo annonario:
h) dell’autorizzazione n. 1 del 29 dicembre 2009 con la quale il dirigente del Settore VII del Comune di Pompei ha autorizzato la Fergos s.r.l. ad aprire un centro commerciale di tipologia “GACP”, per una superficie di mq. 24.000, nell’ambito degli immobili di cui ai titoli edilizi sub a);
i) del verbale della Conferenza di Servizi n. 1 del 13 settembre 2007, con il quale è stato espresso parere favorevole all’apertura della grande struttura sub h);
l) dei pareri favorevoli resi dalla Regione Campania, dalla Provincia di Napoli e dal Comune di Pompei per il rilascio dell’autorizzazione sub h);
m) della delibera del C.C. n. 33 del 27 dicembre 2006 con la quale il Comune di Pompei ha approvato il nuovo S.I.A.D.;
n) del decreto n. 154 del 26 aprile 2007 con il quale il dirigente dell’A.G.G. Sviluppo Attività Settore Terziario – Settore Sviluppo e Promozione delle Attività Commerciali della Regione Campania ha reso il visto di conformità al SIAD di Pompei;
o) di tutti gli atti presupposto, collegati, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Pompei, Provincia di Napoli, Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Fergos Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, notificato il 15 novembre 2010 e depositato il successivo giorno 23, la ricorrente società Oplonti, titolare di iniziative commerciali nell’area sovracomunale, ha impugnato i titoli edilizi e commerciali rilasciati dal Comune di Pompei alla controinteressata Fergos s.r.l. per l’apertura di una grande struttura di vendita alla via Campo Aviazione nel medesimo Comune.
Espone la ricorrente che la Fergos s.r.l. ha acquistato lo stabilimento industriale della Aticarta s.p.a. – ubicato in zona omogenea D1 industriale di completamento del vigente P.R.G. – per realizzarvi, attraverso la demolizione e la ricostruzione dei corpi di fabbricati preesistenti, un centro commerciale. Secondo la ricorrente, nonostante la non conformità urbanistica ed edilizia dell’intervento, la controinteressata ha ottenuto tutti i titoli abilitativi. In particolare, il Comune ha rilasciato alla società Fergos un’autorizzazione per ristrutturazione edilizia che maschera in realtà un intervento di nuova costruzione.
A sostegno del gravame la ricorrente deduce i seguenti motivi:
a) con riguardo ai titoli edilizi:
1) violazione di legge (artt. 10 e ss. del D.P.R. n. 380/2001 in relazione all’art. 20 del d.lg. n. 152/2006 come modificato dal d.lg. n. 4/2008), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria – erroneità manifesta) in quanto il progetto non è stato sottoposto alla verifica di assoggettabilità a V.I.A., così come prescritto dall’art. 20 del d.lg. n. 152/2006;
2) violazione di legge (art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 – artt. 7, 9 e 14 Piano territoriale paesistico dei Comuni Vesuviani), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, erroneità manifesta) in quanto il PTP all’art. 14 delle NTA, in assenza di apposito strumento attuativo di pianificazione, consente solo interventi di ristrutturazione edilizia, ipotesi che nella fattispecie non ricorre trattandosi della realizzazione di varianti essenziali al preesistente fabbricato (modifica della sagoma, incremento delle superfici e diversa collocazione nell’ambito del lotto con cambiamenti nella rete viaria);
3) violazione di legge (art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 – artt. 7, 9 e 14 Piano territoriale paesistico dei Comuni Vesuviani in relazione all’art. 159 del d.lg. n. 42/2004), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, erroneità manifesta) in quanto, stante il contrasto con il PTP vigente, la Soprintendenza non avrebbe dovuto rilasciare l’autorizzazione paesaggistica;
4) violazione di legge (art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, art. 16 Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico (P.S.A.I.) adottato dal Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino del Sarno in data 10.4.2002), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, erroneità manifesta) in quanto, ai sensi dell’art. 16, comma 1, punto a) delle NN.TT.AA. allegate al piano stralcio di Bacino, nell’area in oggetto sono consentiti solo “interventi di ristrutturazione edilizia”;
5) violazione di legge (artt. 12 e ss. del D.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 13 e 14 della l.r.c. n. 1/2000), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento), in quanto la zona è urbanisticamente classificata come “zona omogenea “D1 - industriale” del vigente P.R.G. e, pertanto, non è consentita la destinazione commerciale;
6) violazione di legge (artt. 12 e ss. del D.P.R. n. 380/2001) violazione di legge (art. 5 del D.M. n. 1444/1968), eccesso di potere (difetto assoluto dei presupposti, difetto di istruttoria e arbitrarietà), in quanto gli standard urbanistici richiesti per gli insediamenti commerciali sono più elevati di quelli per l’industria e l’artigianato;
7) violazione di legge (artt. 14 e 16 del D.P.R. n. 380/2001;art. 5 del D.M. n. 1444/1968), violazione del Piano regolatore del Comune di Sapri (artt. 51 e ss.), eccesso di potere (difetto di assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento), in quanto il permesso di costruire, se è stato concesso in deroga allo strumento urbanistico, ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 380/2001, ciò è avvenuto senza rispettare i presupposti ivi previsti;
B) con riguardo al titolo commerciale:
8) violazione di legge (artt. 12 e ss. del D.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 13 e 14 della l.r.c. n. 1/2000) eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento) in quanto le autorizzazioni per l’avvio di grandi strutture di vendita presuppongono la conformità urbanistica che nella specie non ricorre;
9) violazione di legge (art. 6 della l.r.c. n. 1/2000), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento) in quanto in base all’art. 6, comma 7 della l.r. n. 1/2000 per ogni metro quadro di superficie di vendita devono essere previsti 2 mq. di parcheggio mentre nella fattispecie a fronte di 24.000 mq. di superficie di vendita è destinata a parcheggio un’area di soli 47.980 mq dai quali va sottratta la superficie (pari a 16.511 mq.) di parcheggi gravati da servitù di uso pubblico;
C) relativamente al SIAD:
10) violazione di legge (art. 13 della l.r.c. n. 1/2000), violazione del piano regolatore del Comune di Sapri (artt. 51 e ss.), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento) in quanto attraverso l’approvazione del SIAD non è possibile apportare variazioni allo strumento urbanistico.
Si sono costituiti per resistere al ricorso il Ministero per i beni e le attività culturali a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, il Comune di Pompei, la controinteressata Fergos s.r.l. e la Provincia di Napoli. Quest’ultima ha eccepito in rito il difetto di legittimazione passiva.
Sia il Comune di Pompei, sia la controinteressata hanno sollevato le seguenti eccezioni processuali:
- inammissibilità del gravame per carenza di interesse e/o difetto di legittimazione attiva in quanto non viene chiarito all’atto dell’introduzione del ricorso quale sia l’interesse concreto e attuale all’impugnativa e, comunque, questo non può radicarsi sulla mera circostanza dell’esercizio di un’attività concorrente;
- sotto un ulteriore profilo, carenza dell’interesse al ricorso in quanto la ricorrente non ha provato di avere un’attività commerciale in essere e geograficamente vicina;
- irricevibilità per tardività in quanto il permesso di costruire impugnato è del dicembre 2009 e il cantiere è stato avviato nel mese di aprile del 2010 con affissione del cartello recante i dati del permesso di costruire, nonché, la natura e l’oggetto dei lavori da eseguire.
La domanda di tutela cautelare è stata respinta con l’ordinanza n. 90 del 14 gennaio 2011.
Nell’imminenza della discussione del ricorso sia la ricorrente, sia la controinteressata hanno prodotto ulteriori memorie difensive insistendo nelle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 1° dicembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è irricevibile perché tardivo.
Fondata al riguardo l’eccezione sollevata dall’amministrazione resistente e dalla controinteressata Fergos s.r.l.
La società ricorrente, in quanto titolare di iniziative commerciali da avviare nel medesimo bacino di utenza della Fergos, impugna a mezzo del presente giudizio i titoli edilizi e commerciali rilasciati alla controinteressata per l’apertura di un centro commerciale.
In particolare, la ricorrente lamenta che il progetto per la riconversione del vecchio stabilimento industriale dell’Aticarta, al fine di trasformarlo in una grande struttura di vendita, non avrebbe potuto sotto il profilo urbanistico essere ubicato in zona industriale (anche, ma non solo, per l’assenza di parcheggi sufficienti) e che il titolo edilizio concesso, relativo alla mera ristrutturazione dell’immobile, non era idoneo a consentire un intervento da qualificarsi, secondo la ricorrente, di nuova edificazione.
L’interesse dedotto in ricorso è, dunque, di natura prettamente commerciale;segnatamente quello del concorrente che si assume leso dal rilascio dei titoli abilitativi alla controinteressata con la quale condivide (e con cui si contende) la stessa clientela. In particolare, l’impugnazione dei titoli commerciali non fonda su vizi propri, ma su presunte irregolarità edilizie e urbanistiche relative all’edificio che dovrebbe ospitare l’attività in questione (come è noto, la legittimità edilizia e urbanistica dell’iniziativa intrapresa costituisce uno dei presupposti per il rilascio dei titoli commerciali).
Occorre poi precisare che la lesione del bene della vita dedotto nella fattispecie non è (né potrebbe essere) il solo fatto dell’ingresso nel mercato di un nuovo concorrente. Tale situazione non meriterebbe alcuna tutela da parte dell’ordinamento giuridico che si preoccupa, all’opposto, di garantire la massima concorrenza mediante l’eliminazione delle barriere all’entrata nel mercato di nuovi imprenditori al fine di raggiungere caratteristiche dell’offerta più vantaggiose per i consumatori. In altri termini, l’interesse tutelato non potrebbe essere quello alla conservazione dello statu quo del mercato e alla preservazione del profitto legato alla rendita di posizione acquisita. Piuttosto, risulta meritevole di protezione da parte dell’ordinamento giuridico l’interesse a una concorrenza corretta e leale, ovvero a che tutti i soggetti presenti sul mercato operino, a parità di condizioni, nel rispetto dei requisiti stabiliti dalla legge per il rilascio dei titoli commerciali (tra i quali figura indubbiamente la conformità edilizia e urbanistica dell’immobile ove l’attività viene esercitata).
In tale prospettiva assume particolare rilievo la ratio della previsione di un termine breve per l’impugnazione degli atti amministrativi rinvenibile nella necessaria certezza delle situazioni giuridiche e che, nella fattispecie, si identifica nell’esigenza per il titolare dell’iniziativa commerciale di non vedere esposti i titoli abilitativi acquisiti, per un tempo indefinito, alle azioni intentate da potenziali concorrenti.
Con riguardo al momento della proposizione del ricorso, l’art. 42, comma 2 del c.p.a. stabilisce che l’azione di annullamento “deve essere notificata, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza.”. Sulla nozione di piena conoscenza ai fini dell’individuazione del termine per la proposizione del ricorso da parte del terzo pregiudicato dall’attività amministrativa, la prevalente giurisprudenza ha privilegiato un approccio di tipo casistico a seconda del fatto assunto come lesivo nei motivi di ricorso (T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento n. 85/2011;T.A.R. Campania, Salerno n. 13083/2010). Così, la piena ed effettiva conoscenza viene fatta risalire al momento di ultimazione dei lavori e non a quello di rilascio del titolo edilizio quando l’interesse dedotto è quello del vicino il quale, evidentemente, è in grado di percepire la portata lesiva dell’intervento solo allorquando il manufatto realizzando è stato completato, non potendo essergli addossato l’onere di contestare in via preventiva la mera circostanza dell’avvio di un cantiere. Al contrario, quando la contestazione riguarda il rilascio del titolo in sé, perché si nega in radice la realizzabilità dell’intervento (come nelle ipotesi in cui si censura la costruzione in area inedificabile o in violazione delle norme paesaggistiche), la piena conoscenza viene fatta risalire all’esposizione del cartello di cantiere indicante gli estremi dei provvedimenti abilitativi. In questi casi, l’incidenza negativa del provvedimento sulla sfera giuridica del terzo è accompagnata dalla consapevolezza della sua illegittimità, immediatamente percepibile. Ipotesi che ricorre nel caso in esame.
Infatti, la data in cui si è resa oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto (come visto individuabile nell’interesse a non subire una concorrenza non correttamente e legittimamente esercitata), può farsi risalire al tempo della esposizione in cantiere del cartello recante i dati del permesso di costruire, nonché la natura e l’oggetto dei lavori da eseguire (cfr. la memoria dell’amministrazione resistente rimasta incontestata sul punto da parte ricorrente). Da quel momento la ricorrente, che opera nello stesso bacino di utenza della controinteressata, dunque in una situazione di prossimità territoriale, ha avuto la percezione concreta della lesività del provvedimento individuata (come si deduce dalla prospettazione dell’interessata) nella mera realizzazione di un’iniziativa commerciale in zona industriale (con quello che ne consegue in termini di onere di impugnazione del connesso permesso di costruire). Rammenta il Collegio che il progetto di cui trattasi ha ad oggetto la riconversione attraverso un intervento di demo-ricostruzione di uno stabilimento industriale, per insediarvi una grande struttura di vendita.
Sul punto controverso, la giurisprudenza amministrativa, anche del Consiglio di Stato (n. 3730/2009), ha affermato che “ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione, con la locuzione “piena conoscenza” del provvedimento lesivo non deve intendersi che il destinatario deve aver conosciuto l’atto in tutti i suoi elementi, essendo invece sufficiente che egli sia stato edotto di quelli essenziali, quali l’Autorità amministrativa che l’ha emanato, la data, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo, con la conseguenza che in presenza di siffatti elementi incombe sull’interessato l’onere della immediata impugnazione, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti ove dalla sua conoscenza integrale emergano ulteriori profili di illegittimità”.
“Tale orientamento giurisprudenziale consente la miglior sintesi possibile tra le due opposte esigenze: quella di assicurare tutela effettiva ai terzi che si assumono lesi da titoli edilizi acquisiti dai diretti interessati e quella di garantire la certezza e la stabilità nei rapporti giuridici di diritto amministrativo, unitamente alla tutela dell’affidamento del titolare dell’iniziativa edilizia” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 aprile 2010 n. 2439).
Nella fattispecie, contestandosi in radice la possibilità di realizzare un centro commerciale in zona industriale, la conoscenza degli elementi essenziali del provvedimento ritenuto illegittimo può dirsi avvenuta con l’apposizione del cartello di cantiere recante gli estremi del permesso di costruire, rilasciato nel dicembre del 2009, la natura e l’oggetto dei lavori da eseguirsi. A tale data deve quindi farsi risalire il dies a quo per il computo del termine decadenziale. In particolare, l’esposizione del cartello (e il conseguente avvio dei lavori) risale al mese di aprile 2010 mentre il ricorso è stato notificato solo in data 15 novembre 2010, ben oltre il termine perentorio di 60 gg. previsto dalla legge.
Il ricorso è, dunque, tardivo e deve essere dichiarato irricevibile.
2. Le spese seguono la soccombenza e trovano liquidazione in dispositivo. Sussistono giusti motivi per compensare le spese nei confronti del Ministero per i beni e le attività culturali.