TAR Brescia, sez. I, sentenza 2010-02-26, n. 201000986

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2010-02-26, n. 201000986
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201000986
Data del deposito : 26 febbraio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01493/1998 REG.RIC.

N. 00986/2010 REG.SEN.

N. 01493/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1493 del 1998, proposto da:
C E, rappresentato e difeso dall'avv. S C, con domicilio presso la segreteria del TAR in Brescia, via Malta 12;

contro

COMUNE DI COSTA VOLPINO, non costituitosi in giudizio;

REGIONE LOMBARDIA – SERVIZIO GENIO CIVILE DI BERGAMO, non costituitasi in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento del responsabile dell’Area Gestione Territorio prot. n. 8854 del 21 luglio 1998, con il quale è stato comunicato il pronunciamento sfavorevole sulla richiesta di condono edilizio;

- dell’ordinanza del responsabile del Settore Lavori Pubblici n. 1130 del 12 settembre 1998, con la quale è stata ingiunta la demolizione delle opere abusive;

- del parere negativo espresso dal responsabile del Servizio Provinciale Genio Civile della Regione in data 6 aprile 1995;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2010 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente Edoardo Cretti è proprietario per successione ereditaria dal padre Donato Cretti di un rustico realizzato da quest’ultimo nel 1962 nella frazione Corti S. Rocco del Comune di Costa Volpino. L’edificio si trova a meno di 10 metri dall’argine del torrente Supine e quindi rientra nella fascia sottoposta al vincolo di inedificabilità di cui all’art. 96 lett. f) del RD 25 luglio 1904 n. 523.

2. La costruzione dell’edificio era stata assentita mediante licenza edilizia. Il documento non è stato prodotto in giudizio in quanto il ricorrente non ne è mai venuto in possesso. L’esistenza del titolo edilizio può tuttavia desumersi dai seguenti elementi: (a) progetto del geom. Matteo Zulberti del 3 novembre 1962;
(b) verbale della riunione della commissione edilizia del 12 dicembre 1962, che al punto 2 approva il progetto del rustico presentato da Donato Cretti;
(c) nulla-osta agli effetti tributari rilasciato il 16 novembre 1962 dall’Ufficio Imposte di Consumo di Costa Volpino per l’inizio dei lavori edilizi (v. art. 39 del RD 14 settembre 1931 n. 1175).

3. Nel 1964-1965 il ricorrente ha eseguito abusivamente dei lavori interni ed esterni trasformando il rustico in edificio residenziale. In data 30 maggio 1986 il ricorrente ha poi presentato domanda di condono ai sensi degli art. 31-44 della legge 28 febbraio 1985 n. 47. Non avendo all’epoca la materiale disponibilità dei documenti indicati sopra al punto 2 il ricorrente ha chiesto il condono sia con riferimento alla costruzione del rustico sia relativamente alla trasformazione dello stesso in edificio residenziale (nella domanda si afferma che il fabbricato era stato costruito in assenza di licenza edilizia). Peraltro una volta acquisita la suddetta documentazione, nel luglio 1998, il ricorrente ha avvertito (ma solo verbalmente) l’ufficio tecnico comunale.

4. In considerazione del vincolo idraulico il Comune ha interpellato il Servizio Provinciale Genio Civile della Regione, che mediante parere del responsabile della struttura del 6 aprile 1995 si è espresso negativamente circa la possibilità di condono. La motivazione è che, non essendo l’edificio assentibile fin dall’inizio, non sarebbe possibile neppure l’applicazione della normativa sul condono, tenuto conto dei limiti imposti dagli art. 32 e 33 della legge 47/1985. Sulla base di questo parere la commissione edilizia ha escluso il riconoscimento del condono, e il responsabile dell’Area Gestione Territorio con nota del 21 luglio 1998 ha dato rilievo esterno a tale posizione decretando così la reiezione della domanda del ricorrente. A questo ha fatto seguito l’ordinanza del responsabile del Settore Lavori Pubblici del 12 settembre 1998, con la quale è stata ingiunta la demolizione delle opere abusive.

5. Contro i suddetti provvedimenti il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 13 novembre 1998 e depositato il 4 dicembre 1998. Le censure contengono plurimi profili che possono essere sintetizzati nei seguenti vizi: (i) travisamento dei fatti (non avendo l’amministrazione tenuto conto della licenza edilizia e del tempo trascorso);
(ii) erronea applicazione dell’art. 96 lett. f) del RD 523/1904 (che potrebbe essere derogato quando, come avviene nel Comune di Costa Volpino, vi sia un’antica consuetudine locale relativa all’edificazione in prossimità dei torrenti). Il Comune e la Regione non si sono costituiti in giudizio.

6. Gli argomenti proposti nel ricorso sono condivisibili solo in parte, ma in misura sufficiente a giungere a una sentenza di accoglimento. Certamente non si può sostenere che il vincolo idraulico ex art. 96 lett. f) del RD 523/1904 sia derogabile semplicemente per effetto degli usi locali. La norma ha al contrario la finalità di interrompere la pericolosa tendenza a occupare gli spazi prossimi al reticolo idrico, sia a tutela del regolare scorrimento delle acque sia in funzione preventiva rispetto ai rischi per le persone e le cose che potrebbero derivare dalle esondazioni. La natura degli interessi pubblici tutelati fa ritenere che il vincolo operi con un effetto conformativo particolarmente ampio determinando l’inedificabilità assoluta della fascia di rispetto (v. CS Sez. V 26 marzo 2009 n. 1814). Sfuggono a questa regola solo le costruzioni che abbiano un’oggettiva funzione ambientale di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità (v. art. 115 del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152).

7. Nel caso in esame tuttavia non possono essere trascurate le conseguenze derivanti dal rilascio della licenza edilizia (v. sopra al punto 2) e dal decorso del tempo. In particolare il titolo edilizio, benché illegittimo per contrasto con il preesistente vincolo idraulico, cambia la situazione giuridica dell’immobile, in quanto elimina la presenza formale dell’abuso, almeno in relazione al rustico originario. Il carattere abusivo si concentra quindi sugli interventi di ristrutturazione e ampliamento (quest’ultimo emerge confrontando il progetto iniziale con quello allegato alla domanda di condono). Occorre peraltro precisare che le innovazioni non hanno condotto a un organismo edilizio radicalmente diverso, e dunque non vi è stata alcuna soluzione di continuità rispetto al rustico originario.

8. In tale contesto risulta possibile superare la questione dell’inderogabilità del vincolo idraulico: essendovi un radicato affidamento circa la collocazione dell’immobile all’interno della fascia di rispetto (per via della licenza edilizia e del tempo trascorso) la medesima aspettativa si estende alle opere successive, che possono essere intese come interventi pertinenziali. Questa soluzione è coerente con alcune indicazioni provenienti sia dalla disciplina speciale sul condono sia dai principi in materia di abusi edilizi. Da un lato l’art. 32 comma 5 della legge 47/1985 ammette il condono degli abusi sulle aree demaniali estendendo la sanatoria alle “pertinenze strettamente necessarie”. In questo modo viene evidenziato il favore legislativo per una soluzione unitaria che eviti la coesistenza nello stesso immobile di situazioni sanabili e altre insanabili. Il carattere positivo di questa regola e le esigenze di razionalizzazione urbanistica che ne sono alla base permettono di utilizzare la norma anche al di fuori del caso specifico. Dall’altro lato l’art. 11 della legge 47/1985 (v. ora l’art. 38 del DPR 6 giugno 2001 n. 380) prevede che nell’ipotesi di annullamento del titolo edilizio la remissione in pristino di quanto edificato sulla base del suddetto titolo possa essere motivatamente sostituita da una sanzione pecuniaria con effetto sanante. Il caso in esame può essere confrontato con questa fattispecie. In effetti se un fabbricato (previa valutazione dell’interesse pubblico) può evitare la demolizione nonostante l’annullamento del relativo titolo edilizio, non vi sono motivi per negare il condono a un edificio che sia in parte conforme a un titolo edilizio illegittimo ma ancora efficace, qualora in un lungo periodo di tempo non sia stato individuato alcun interesse pubblico all’annullamento di tale titolo.

9. Il ricorso deve quindi essere accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati. Occorre precisare che la possibilità di applicare la sanatoria edilizia non attenua i poteri di polizia idraulica dell’amministrazione a tutela del reticolo idrico, compresa la facoltà di imporre interventi di sistemazione dell’edificio e dell’area circostante. In considerazione dell’originaria formulazione della domanda di condono, che faceva riferimento a un abuso integrale indirizzando in questo senso le valutazioni del Comune, è possibile disporre la compensazione delle spese tra le parti.

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