TAR Potenza, sez. I, sentenza 2023-11-16, n. 202300660

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2023-11-16, n. 202300660
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 202300660
Data del deposito : 16 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/11/2023

N. 00660/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00185/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 185 del 2022, proposto da
- Comitato civico salvaguardia, in persona del legale rappresentante pro tempore , R L, C M, A D R, A R, C A I, G G, M G, rappresentati e difesi dagli avvocati M G D Z, I R, con domicilio digitale in atti;

contro

- Regione Basilicata, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso in giudizio dall'avvocato A C P, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Ente, in Potenza, alla via Verrastro n. 4, e domicilio digitale in atti;

nei confronti

- Semataf s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati Giampaolo Sechi, Luisa Giampietro, con domicilio digitale in atti;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
- Associazione WWF, sezione di Potenza e aree interne, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati Donato Lettieri, Giuseppe Vendegna, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Potenza, alla via F. Baracca n.16, e domicilio digitale in atti;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- del provvedimento autorizzativo unico regionale (P.A.U.R.) adottato con deliberazione della Giunta regionale della Basilicata n. 1083 del 28 dicembre 2021, pubblicata nel bollettino ufficiale della Regione Basilicata del 16 gennaio 2022.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Basilicata e della Semataf s.r.l.;

Visto l’atto di intervento della WWF, sezione di Potenza e aree interne;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2023, il Consigliere avv. B N;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Parte ricorrente, con atto depositato il 2 aprile 2022, è insorta avverso il provvedimento in epigrafe, di autorizzazione del “progetto di ampliamento della piattaforma di trattamento/recupero/smaltimento di rifiuti speciali” nell’installazione I.P.P.C. ubicata in località Matina, in agro del Comune di Guardia Perticara.

1.1. In fatto, dai fascicoli processuali emerge quanto segue:

- la Semataf s.r.l (di seguito anche solo Semataf) è titolare dell’installazione I.P.P.C. di cui è questione;

- con nota del 10 agosto 2017 la Semataf s.r.l. ha presentato istanza di provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) per il “progetto di ampliamento della piattaforma di trattamento/recupero/smaltimento di rifiuti speciali”;

- il progetto prevede la realizzazione di una nuova vasca di stoccaggio (denominata “lotto V”), caratterizzata da un’impronta a terra pari a 36.000 m2 e da una superficie complessiva (ricomprensiva anche della viabilità interna e delle opere accessorie) pari a 54.000 m2. La volumetria lorda complessiva prevista è pari a 547.000 m3 (la volumetria netta complessiva sarà pari a 495.000 m3), suddivisa in otto lotti gestionali, separati da setti in argilla;

- all’esito di una articolata e complessa istruttoria, in cui si è addivenuti al rilascio del provvedimento conclusivo di VIA, con deliberazione di Giunta Regionale n. 66 del 30 gennaio 2020, e al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale con DGR n 681 dell’11 agosto 2021, è stato emanato il provvedimento qui avversato.

1.2. In diritto, parte ricorrente ha formulato nove articolati motivi specifici, deducendo da più angolazioni la violazione e falsa applicazione di legge e l’eccesso di potere.

2. La controinteressata, costituitasi in giudizio, ha eccepito, in rito, il difetto di notificazione alla Regione Basilicata, l’inammissibilità del ricorso per tardività, e ha concluso per il rigetto del ricorso nel merito.

3. All’esito della camera di consiglio svoltasi il 27 aprile 2022, con ordinanza n. 56 del 2022, il Collegio, su istanza formulata in udienza da parte ricorrente, e avuto riguardo a quanto statuito dalla Corte costituzionale, con decisione 9 luglio 2021, n. 148, ha assegnato alla stessa il termine di dieci giorni per provvedere a rinnovazione della notificazione del ricorso all’Amministrazione intimata, e l’ulteriore termine di cinque giorni per il deposito in segreteria della prova dell’assolvimento di tale onere.

3.1. Parte ricorrente ha ritualmente adempiuto a quanto innanzi, come da deposito del 10 maggio 2022.

4. Il 4 giugno 2022 ha spiegato intervento “ ad adiuvandum ” l’associazione WWF, sezione di Potenza e aree interne (di seguito anche solo WWF).

5. Il 22 giugno 2022 si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, concludendo per il rigetto del ricorso per infondatezza.

6. Con memoria depositata il 28 giugno 2022 la Semataf ha, tra l’altro, eccepito l’inammissibilità dell’intervento della WWF.

7. All’esito della camera di consiglio svoltasi il 6 luglio 2022, con ordinanza n. 94 del 2022, riservata al merito la delibazione in ordine ai presupposti processuali e alle condizioni dell’azione, l’incidentale istanza cautelare è stata rigettata per la ritenuta carenza di “ fumus boni iuris ”.

8. Alla pubblica udienza del 21 giugno 2023, previo deposito di documenti e scritti difensivi, i procuratori delle parti presenti hanno precisato le rispettive posizioni e l’affare è transitato in decisione.

DIRITTO

1. In limine litis , va rilevata l’inammissibilità dell’intervento “ ad adiuvandum ” spiegato dalla WWF. Essa assume la legittimazione a partecipare al giudizio in quanto: «associazione ambientalista e di volontariato e di tutela ambientale, la quale in ragione della natura del bene giuridico ambientale e paesaggistico da tutelare ha interesse a intervenire nel giudizio indicato a sostegno dei motivi di ricorso proposti dal Comitato civico salvaguardia, ricorrente». Ritiene il Collegio che, nei termini allegati, l’interesse della WWF a partecipare al giudizio sia del tutto generico, oltreché svincolato da una circoscritta situazione di fatto, dipendente o collegata alla situazione fatta valere con il ricorso principale, idonea a sostenere, ex artt. 28 e 50 cod. proc. amm., un intervento adesivo-dipendente. Invero, gli intervenienti sono tenuti a chiarire nell'atto di intervento e a dimostrare quale sia l'interesse che intendono tutelare (C.G.A.R.S., 3 gennaio 2017, n. 1).

1.1. Fermo quanto innanzi, come pure eccepito dalla controinteressata, nel presente giudizio sussiste anche la carenza di “ ius postulandi ” in quanto la procura conferita ai difensori dal presidente della WWF fa riferimento a una deliberazione assembleare del 16 gennaio 2021 in cui, tuttavia, alcunché è stato deliberato circa il presente ricorso.

2. Il ricorso è infondato, alla stregua della motivazione che segue. Ritiene quindi il Collegio di poter soprassedere allo scrutinio dell’eccezioni in rito sollevate dalla controinteressata.

2.1. Col primo motivo e col secondo motivo, da scrutinare congiuntamente in ragione della loro connessione, si è contestata la qualificazione da parte della Regione Basilicata del progetto proposto dalla Semataf quale “ampliamento” dell’impianto preesistente, anziché quale costruzione di un “nuovo impianto”. In tal senso, la descrizione della “realizzanda installazione” risultante dallo studio di impatto ambientale evidenziarebbe la circostanza della prevista realizzazione delle nuove opere “completamente all’esterno dell'attuale perimetro AIA”, costituendo una struttura del tutto autonoma da quella già in essere, per la massima parte in assenza di contiguità materiale-territoriale con la medesima. Inoltre, «la vasca di stoccaggio di futura realizzazione vanterebbe una capienza della volumetria netta di 495.000 mc. con conseguente incremento della capienza attuale dell’impianto, quale risultante a oggi a seguito dei tre ampliamenti già autorizzati negli anni scorsi, in misura percentuale superiore all’80% -dagli attuali 604.000 mc. a 1.100.000 mc.». La nuova discarica sarebbe pure abilitata alla ricezione di rifiuti, per qualità, ulteriori e diversi da quelli consentiti con la previgente autorizzazione e, per di più, non menzionati nella documentazione tecnica a corredo dell’istanza di VIA ed AIA, ove è dichiarata l’invarianza di tutte le attività già in precedenza autorizzate. Da ciò, secondo la ricorrente, deriverebbe la necessità di «applicazione delle disposizioni sulla tutela ambientale prevista dalla normativa nazionale e regionale nonché dei criteri di localizzazione fissati dalla vigente normativa».

Col secondo motivo, si è dedotto che la proposta progettuale dello (asseritamente) nuovo impianto non rispetterebbe le distanze fissate dalla legge regionale di n. 35/2018, ossia ad una distanza minima di mille metri dal centro abitato e una distanza minima di duemila metri dai “ricettori sensibili” di cui ai criteri “AV1” e “AV2”.

La doglianza non ha fondamento.

2.1.1. Sotto un primo profilo è condivisibile il rilievo della controinteressata secondo il quale il d.lgs. n. 152 del 2006 conferma che nel caso di specie venga in considerazione il mero ampliamento di un’installazione esistente. L’art. 5 del decreto, recante le definizioni, alla lettera i -quater ) del comma 1, rende la nozione di “istallazione” quale «unità tecnica permanente, in cui sono svolte una o più attività elencate all'allegato VIII alla Parte Seconda e qualsiasi altra attività accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attività svolte nel luogo suddetto e possa influire sulle emissioni e sull'inquinamento. è considerata accessoria l'attività tecnicamente connessa anche quando condotta da diverso gestore». Ora, tale nozione, anche senza invocare quella, di cui alla successiva lettera i-quinquies ), di “installazione esistente” (espressamente limitata alle installazioni in funzione entro il 6 gennaio 2014), invero non richiamata nella riforma dell’art. 29 -octies , è di per sé sufficiente a fondare la tesi (restrittiva) perorata dalle parti intimate e a contrastare quella (ampliativa) sostenuta dalla parte ricorrente, atteso che, secondo il canone ermeneutico fondamentale di cui all’art. 12 delle preleggi, il senso fatto palese dal significato proprio della parola “installazione” significa certamente una realizzazione di fatto, uno stato di cose realizzatosi nella realtà concreta.

La successiva lettera l-bis ), dedicata alla modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto, descrive contempla «la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell'impianto, dell'opera o dell'infrastruttura o del progetto che, secondo l'autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente o sulla salute umana. In particolare, con riferimento alla disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attività per la quale l'allegato VIII indica valori di soglia, è sostanziale una modifica all'installazione che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa». Tali disposizioni muovono, ad avviso del Collegio, in senso opposto alla tesi della ricorrente, che va conseguentemente disattesa.

2.1.1.1. D’altro canto, la legge regionale n. 35 del 2018 (la cui applicazione è invocata dal Comitato deducente), all’art. 17, comma 5, dispone che «in caso di interventi su impianti esistenti è consentito il rilascio di nuova autorizzazione finalizzata all'ampliamento e/o al revamping degli stessi impianti, a prescindere dai criteri di localizzazione di cui al precedente art. 14, purché coerenti con le previsioni del P.R.G.R. e della presente legge, a condizione che gli stessi impianti non costituiscano, anche mediante l'adozione di specifiche misure correttive, rischi sanitari ed ambientali in relazione alle caratteristiche del luogo».

A fronte di ciò, di portata per tale profilo dirimente, la ricorrente ha prospettato la possibile incostituzionalità di tale disposizione, con riguardo alla conformità di essa «al principio di uguaglianza e al principio di ragionevolezza, costituente limite intrinseco alla discrezionalità del legislatore». In particolare, sotto il profilo della ragionevolezza la disparità di trattamento tra nuovi impianti e impianti esistenti «non è in alcun modo giustificata, atteso che, già secondo l’ id quod plerumque accidit ”, non è accettabile prevedere diversi criteri di tutela e salvaguardia in relazione a beni di interesse primario quale la salute pubblica in caso di impianto di nuova realizzazione e nel diverso caso di ampliamento e modernizzazione di impianto già esistente (quand’anche l’ampliamento consista, come nel nostro caso, nella realizzazione di un secondo impianto nei pressi di quello preesistente);
ciò, a meno di non ritenere che la preesistenza dell’impianto, determinando di per sé un complessivo deterioramento delle condizioni di salubrità ambientale nel sito di ubicazione, legittimi un aggravamento di tale condizione al di fuori di qualsiasi parametro oggettivo di contenimento del rischio (quale la distanza minima inderogabile dagli insediamenti umani)».

Ritiene in senso opposto il Collegio che logicamente e ragionevolmente l’art. 17, comma 5, della legge regionale in questione lasci indenni rispetto ai c.d. “criteri di localizzazione” le opere già esistenti e già autorizzate. E’, infatti, di piana evidenza che, ove tali criteri venissero ad applicarsi a impianti già esistenti, ciò comporterebbe, di per sé e a prescindere, l’indiscrimenata preclusione di qualsivoglia possibilità di ampliamento e ammodernamento, a ciò ostando, incondizionatamente e automaticamente, l’ubicazione del sito (già autorizzato anche con riguardo agli aspetti di tutela ambientale) in luoghi che, soltanto a seguito di nuova e sopravvenuta fonte normativa di matrice regionale, rientrerebbero all’interno delle relative “fasce di rispetto”. La ragionevolezza esige, quindi, una considerazione differenziata degli impianti già in essere, mentre il canone dell’uguaglianza non appare evocabile, venendo in considerazione situazioni tra loro non sovrapponibili.

Del resto, le esigenze di tutela dei valori primari qui in rilievo risultano adeguatamente considerate dal legislatore regionale, sia attraverso la verifica di compatibilità dell’impianto laddove vi sia la possibilità che le modificazioni proposte rechino possibili compromissioni ambientali (tant’è che nel caso di specie la valutazione di impatto ambientale si è effettivamente svolta), sia dalla previsione del parametro della assenza di rischi sanitari e ambientali in relazione alle caratteristiche del luogo, testualmente contemplato dall’art. 17, comma 5, che ben può trovare puntuale e concreta declinazione nella naturale sede del procedimento amministrativo, quale luogo di confluenza, ponderazione e sintesi dei vari interessi compresenti nella singola fattispecie.

A ben vedere, infine la prospettiva ermeneutica della ricorrente, qui disattesa, condurrebbe alla delibazione (allo stato non necessaria per difetto di rilevanza) circa la conformità a Costituzione, segnatamente con riguardo all’art. 117, secondo comma, lett. s ) della stessa legge regionale laddove, appunto, ha autonomamente previsto tali “criteri di localizzazione”, segnatamente ove ritenuti automaticamente escludenti, a fronte della competenza legislativa statale esclusiva in materia di “tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali”.

2.1.2. Il Comitato ha ancora dedotto «pur volendo ritenere il progetto proposto dalla Semataf s.r.l. come ‘progetto di ampliamento’ […] lo stesso, concernendo un impianto ricompreso per le sue caratteristiche nella definizione di cui al punto 5.1.b, dell’allegato VIII, alla parte II, del d. n. 152/2006, ossia impianto per “Lo smaltimento o il recupero di rifiuti pericolosi, con capacità di oltre 10 Mg al giorno, che comporti il ricorso ad una o più delle seguenti attività: … b) trattamento chimico-fisico” (definizione riportata nello Studio di Impatto Ambientale, pag. 15), è soggetto al rispetto della c.d. fascia di rispetto dal centro abitato urbano, ai sensi della succitata disposizione del P.R.G.R., la cui obbligatorietà è fatta espressamente salva dall’art. 17, c. 5, L.R. Basilicata».

In senso opposto, osserva il Collegio come l’istallazione esistente già sia stata autorizzata per i due settori integrati: - l’impianto di trattamento (attività D9, di cui all’All. B – Parte IV TUA) e attività di recupero R5 chimico-fisico (di cui all’All. C – Parte IV TUA - IPPC punti 5.3.a.2 e 5.1.b), sicché anche per tale aspetto vanno ribadite le considerazioni circa la non applicabilità della legge regionale n. 35 del 2018.

2.2. Col terzo motivo, si è lamentata la mancata osservanza del principio di precauzione, di valenza euro-unitaria. In particolare, non sarebbe stata coinvolta l’Azienda sanitaria di Potenza (ASP), quale competente autorità sanitaria, che sarebbe «rimasta assente a tutte le conferenze di servizi convocate nel corso del procedimento». Sul punto, è agevole osservare come l’ASP risulti convocata a tutte le riunioni delle conferenze dei servizi, e come alla stessa siano puntualmente stati trasmessi i processi verbali delle attività svolte in ciascuna tornata. L’assenza di tale ente non può naturalmente refluire sulla legittimità delle decisioni adottate, avendo il legislatore espressamente attribuito un significato legale tipico di assenso incondizionato alla mancata partecipazione di uno o più soggetti alle conferenze dei servizi. Recita, infatti, l’art. 14 -ter , comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che «si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni».

2.2.1. Non è di conseguenza esatta, quindi, l’affermazione della deducente secondo cui nella fattispecie il parere sanitario non sarebbe mai stato acquisito, dovendo l’autorità sanitaria esprimersi in sede di conferenza dei servizi (ai sensi dell’art. 14, comma 4, della legge n. 241 del 1990, secondo cui «qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione del medesimo progetto, vengono acquisiti nell'ambito della conferenza di servizi, convocata in modalità sincrona ai sensi dell'articolo 14 -ter , secondo quanto previsto dall'articolo 27- bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), ed essendo da valutare l’assenza alle sedute alla stregua di incondizionato assenso.

2.2.2. Si è poi lamentata la violazione dell’art. 29 -quater , comma 6, del testo unico dell’ambiente, secondo cui nell'ambito della conferenza dei servizi finalizzata al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (comma 5), vanno acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Nel caso di specie, si sarebbe «del tutto sorvolato sui pareri sanitari di segno contrario espressi dal Sindaco di Guardia Perticara, nonostante essi fossero gli unici pareri dell’autorità sanitaria e, per di più, della massima autorità sanitaria nel territorio comunale».

2.2.2.1. L’argomento non merita condivisione. In primo luogo, gli articoli 216 e 217 del testo unico delle leggi sanitarie non vengono richiamate “ in toto ” dall’art. 29 -quater , comma 6, del testo unico dell’ambiente, bensì limitatamente alle “prescrizioni” da impartire a cura del sindaco. Di conseguenza, il cennato comma 6 non contempla il potere di vietare l’attività che è attribuito al Podestà dal VI comma dell’art. 216. Ciò, a giudizio del Collegio, è chiaro indice della non configurabilità di alcuna preminenza o valenza qualificata della valutazione comunale, la quale va ponderata unitamente ed equiordinatamente con quelle espresse dagli altri soggetti che partecipano alla conferenza dei servizi.

2.2.2.2. In secondo luogo, l’art. 29 -quater , comma 6, deve essere inteso nel senso che il Comune non può limitarsi a esprimere un parere negativo, ma deve, appunto “prescrivere” le “cautele” cui subordinare l’attività in questione (art. 216 r.d. n. 1265 del 1934) per prevenire o impedire il danno o il pericolo (art. 217 r.d. n. 1265 del 1934). Orbene, ed è rilievo dirimente, di tali prescrizioni non vi è traccia alcuna nel parere reso dal comune in data 17 giugno 2020 e letto in sede di conferenza dei servizi.

2.2.2.3. Il successivo parere del Comune di Guardia Perticara del 2 settembre 2020 non può essere tenuto in considerazione perché espresso al di fuori e dopo lo svolgimento della conferenza dei servizi, in difformità da quanto previsto dall’art. 29 -quater , comma 5, del testo unico dell’ambiente.

2.2.2.4. Inoltre, alla conferenza finalizzata al rilascio di PAUR e AIA (retta, quanto alla disciplina, dal già evocato art. 14 -ter della legge n. 241 del 1990, in forza di rinvio espresso nell’art. 29 -quater , comma 5, del testo unico dell’ambiente) risultano regolarmente convocati tanto il Comune di Guardia Perticara quanto l’ASP. Si è già osservato come la richiamata Azienda sanitaria non abbia ritenuto di prendere parte ai lavori, dovendosi trarre da ciò l’assenso incondizionato dell’autorità sanitaria. L’Ente civico, diversamente, ha presenziato tramite il Sindaco pro tempore , esprimendo parere negativo.

Orbene, tale parere risulta puntualmente preso in considerazione dall’Amministrazione regionale, la quale, nella DGR n. 681 del 2021, di rilascio dell’AIA, ha ritenuto che «i contenuti afferenti ai pareri, formulati dall’Amministrazione comunale di Guardia Perticara, sono stati controdedotti e accolti parzialmente dall’Ufficio compatibilità ambientale del Dipartimento ambiente e energia, a mezzo delle valutazioni riportate all’interno del paragrafo 6.3, dell’allegato 1». A sua volta, tale paragrafo prevede: «in merito a quanto osservato e dedotto, all’interno del predetto Parere, l’Ufficio compatibilità ambientale rileva quanto segue: ▪ punti n.1).a), n.1).b), n.2) e n.3).c): le osservazioni rese, attengono a contenuti relativi al procedimento di giudizio favorevole di compatibilità ambientale (valutazione impatto ambientale), conclusosi con il rilascio della D.G.R. n. 66 del 30 gennaio 2020, […] ▪ punto n.1).c): l’Ufficio compatibilità ambientale […] ne accoglie i contenuti e li recepisce interamente all’interno della prescrizione 7.8.90;
▪ punto n.1).d): l’Ufficio compatibilità ambientale […] evidenzia che, l’art. 29 -quater , comma 6, del d.lgs. n. 152/2006 (e s.m.i.), dispone quanto segue: “Nell’ambito della conferenza di servizi, di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del Sindaco, di cui agli artt. 216 e 217, del regio decreto n. 1265 del 27 luglio 1934….”. Le prescrizioni di cui agli artt. 216 e 217, del precitato regio decreto, pertanto, dovevano essere impartite, dall’Amministrazione comunale di Guardia Perticara, in sede di conferenza di servizi, ai fini dell’acquisizione da parte dell’Autorità Competente;
▪ punto n.3).a): l’Ufficio Compatibilità ambientale […] evidenzia che dagli atti istruttori in proprio possesso, non si evincono motivazioni e accadimenti di portata tale da indurre lo stesso Ufficio ad applicare quanto disposto, in materia di inottemperanza di prescrizioni autorizzatorie, dall’art. 29 -decies , comma 9, del D.L.vo n. 152/2006 (e s.m.i.), ad eccezione del seguente atto di Diffida: nota prot. n. 0107706/23AB del 29 giugno 2017, trasmessa a seguito di accertata inottemperanza della prescrizione di cui al punto 9.14.147, dell’Allegato 3, alla D.G.R. n. 632/2014;
▪ punto n.3).b): l’Ufficio Compatibilità Ambientale […] evidenzia che, in materia di gestione e pianificazione di rifiuti, l’Ufficio prevenzione controllo ambientale, dello stesso Dipartimento, con nota prot. n. 0080192/23AA del 13 maggio 2019 (acquisita al protocollo dipartimentale in data 13 maggio 2019 e registrata in pari data al numero 0080192/23AB), ha trasmesso la propria positiva “Preventiva verifica di conformità al P.R.G.R. e procedibilità ai sensi dell’art. 17, comma 8, della L.R. n. 35 del 16 novembre 2018”, allegandone le relative osservazioni e prescrizioni formulate, accolte interamente all’interno della prescrizione 7.3.25».

L’Amministrazione procedente ha dunque considerato le valutazioni comunali, esaminandole puntualmente e accogliendole in parte, mentre va ribadito che nella conferenza di servizi non sono configurabili poteri di veto in capo alle singole amministrazioni partecipanti. Peraltro, deve tenersi in debito conto che l’Ente istituzionalmente preposto alla tutela della salute, ovverosia l’ASP, tramite la propria condotta abbia “ ope legis ” assentito incondizionatamente al rilascio dell’autorizzazione, e, del pari l’ARPAB si sia espressa favorevolmente sull’iniziativa. Ancora, il provvedimento impugnato si è basato su una articolata motivazione, che risulta adeguata, a supporto del rilascio dell’autorizzazione.

A fronte di ciò, parte ricorrente tende a volersi surrogare all’autorità amministrativa nelle valutazioni opinabili di fatti, espressione di discrezionalità tecnica, che l’AIA e, prima ancora la VIA (in cui l’Ente civico risulta all’opposto aver espresso parere favorevole) implicano. Le contestate valutazioni dell’amministrazione non travalicano la soglia dell’abnormità o della manifesta illogicità, trovando qui continuità l’indirizzo pretorio secondo cui tali determinazioni rientrano nell’ambito della discrezionalità tecnico-amministrativa, sottratta al sindacato di legittimità, salvo le macroscopiche ipotesi di arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità, illogicità e travisamento dei fatti ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2020, n. 2733).

2.3. Si è ancora dedotta la violazione del combinato disposto dei commi 2 e 8 dell’art. 27 -bis del d.lgs. n. 152 del 2006, per avere l’Ente regionale “stravolto” l’iter procedimentale ivi stabilito. Sarebbe mancata la ripubblicazione dell’avviso di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e ), dello stesso decreto, da svolgersi successivamente alle integrazioni documentali prodotte dalla Semataf s.r.l., così compromettendosi la consapevole “partecipazione democratica” dei comuni e dei cittadini al procedimento. Ciò acquisirebbe peculiare rilievo ove si consideri che le integrazioni documentali di cui innanzi contemplano “ben centocinquanta elaborati aggiuntivi”.

La tesi non persuade. L’Amministrazione intimata ha regolarmente pubblicato l’avviso di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e ) del TUA, contenente le informazioni del successivo art. 24, comma 2. Di contro, la ripubblicazione dell’avviso, ai sensi del comma 5 dell’art. 27 -bis , nel testo vigente “ ratione temporis ”, è subordinata alla ricorrenza, con apprezzamento ampiamente discrezionale dell’amministrazione dei due presupposti costituiti rispettivamente dal carattere sostanziale delle integrazioni documentali e della loro rilevanza per il pubblico. Peraltro, il legislatore ha associato uno specifico obbligo motivazionale al solo caso della decisione di addivenire a nuova pubblicazione dell’avviso, così lasciando intendere che l’ordinarietà è quella della non necessità di tale ulteriore adempimento.

A fronte di ciò, parte ricorrente non ha allegato specifici elementi atti a suffragare l’asserito dovere di procedere a una nuova consultazione pubblica, o vizi intrinseci della scelta discrezionale dell’amministrazione di non sottoporre al pubblico il progetto così come risultante a seguito delle integrazioni apportate dal proponente, nell’evidente presupposto che le modifiche o le integrazioni non fossero sostanziali e rilevanti per il pubblico. Risulta, inoltre, che le osservazioni pervenute da parte del pubblico interessato nei termini di cui all’art. 27 -bis , comma 4, del TUA siano state esaminate dall’amministrazione procedente, mentre in alcun modo gli odierni deducenti indicano in che modo le considerazioni asseritamente obliterate da parte dei cittadini avrebbero introdotto ulteriori e diversi aspetti non considerati in sede di conferenza dei servizi o nel rapporto istruttorio redatto a valle di essa. In definitiva, nella fattispecie, le norme sulla partecipazione procedimentale risultano applicate, così come risulta soddisfatto il raggiungimento sostanziale dello scopo partecipativo (Cons. Stato, sez. IV, n. 4263 del 2018) né è dato rilevare palesi incongruenze nella scelta dell’amministrazione di non procedere a nuova consultazione pubblica.

2.3.1. Quanto al parere favorevole espresso dalla Soprintendenza archeologia il 20 marzo 2019, soltanto dopo lo svolgimento della conferenza dei servizi sottesa al rilascio della VIA (11 marzo 2019), si deve rilevare come il rappresentante di tale Amministrazione sia stato convocato alla relativa seduta, ritenendo di non presenziarvi. Gli effetti di tale mancata partecipazione non possono essere posti in non cale dalla comunicazione della medesima Amministrazione del 20 settembre 2018, colla quale è stata richiesta la produzione di apposita relazione archeologica, proprio perché tale posizione sarebbe dovuta essere riportata nell’ambito dell’apposita conferenza sincrona, di cui all’art. 14-ter della legge n. 241 del 1990. D’altro canto, ricevuta tale integrazione, la Sovrintendenza ha pure ribadito il (già formatosi “ ope legis ”) assenso alla realizzazione delle opere, da realizzare su fondi non sottoposti a provvedimenti di tutela dirette o indiretta o ancora da procedure in atto per la dichiarazione di interesse culturale. I deducenti neppure indicano quali differenti profili, rilevanti ai fini dell’approdo a un diverso esito solutorio, sarebbero potuti essere rappresentati in sede di consultazione pubblica, in tesi omessa.

2.3.2. Per quanto attiene alla mancata comunicazione di “vari uffici pubblici” e, tra questi, dell’Ufficio geologico regionale, della obbligatoria comunicazione, ex art. 27 -bis , comma 2, d.lgs. n. 152/2006, di avvio del procedimento attivato con l’istanza di V.I.A. ed A.I.A. della Semataf s.r.l., che pure avrebbe “compromesso il diritto del pubblico interessato di formulare le proprie osservazioni”, non si può che rilevare come si tratti di argomento del tutto generico, in quanto i ricorrenti non hanno allegato quali elementi partecipativi, rilevanti ai fini dell’approdo a un diverso esito solutorio, sarebbero potuti essere rappresentati in sede di consultazione pubblica, in tesi omessa. Del resto, con nota del 5 novembre 2019 l’Ufficio geologico della Regione Basilicata, ha comunicato che la «documentazione aggiornata ha assolto alle richieste di chiarimento in merito

agli aspetti geologici, idrogeologici ed alla titolarità dei dati, oltre che sugli aspetti connessi allo studio di microzonazione sismica».

2.4. Le posizioni delineatesi in sede della conferenza dei servizi di cui all’art. 29 -quater , comma 5, del d.lgs. mn. 152 del 2006, così come le fasi di valutazione e sintesi di esse, anche successivamente alla relativa seduta, sono puntualmente riportate nel paragrafo 6, rubricato “esiti della conferenza di servizi” del rapporto istruttorio allegato alla deliberazione di Giunta regionale n. 681 dell’11 agosto 2021, di rilascio della una nuova autorizzazione integrata ambientale, e tale ultimo provvedimento reca, appunto, la decisione di “conclusione favorevole” della conferenza dei servizi, sicché anche da tale versante le censure di parte ricorrente si rivelano infondate.

2.5. L’eventuale sforamento dei termini del procedimento non inficia la validità del provvedimento finale, consentendo invece sulla possibilità per gli interessati di adire il Giudice amministrativo col rimedio di cui agli articoli 31 e 117 cod. proc. amm..

2.6. Privo di pregio è il settimo motivo, col quale i deducenti lamentano l’insufficiente indicazione e valutazione di alternative alla realizzazione stessa del progetto, c.d. “alternativa o opzione zero” e alle scelte tecnologiche compiute in sede di progettazione. La modifica proposta è coerente con le previsioni del piano regionale di gestione dei rifiuti della Regione Basilicata, come da esito positivo della preventiva verifica svolta dall’Ufficio prevenzione e controllo ambientale del Dipartimento ambiente e energia della Regione Basilicata ai sensi dell’art. 17, comma 8, della legge regionale n. 35 del 2018. La modifica sostanziale attiene a un impianto già autorizzato, per cui la valutazione dell’amministrazione si è svolta alla luce di elementi di conoscenza adeguati, così come nello studio d’impatto ambientale sono riportate le ricadute negative che, secondo la Semataf s.r.l., discenderebbero dalla opzione, tra cui i maggiori costi per la collettività in termini di tempi, risorse economiche e impatto ambientale conseguente al traffico veicolare che deriverebbero dalla realizzazione “ aliunde ” di una nuova installazione, posto che quest’ultima sarebbe comunque necessaria per soddisfare le esigenze regionali di gestione del ciclo dei rifiuti. D’altra parte, il giudizio di valutazione d’impatto ambientale è, per orientamento costante della giurisprudenza amministrativa, connotato da un’ampia discrezionalità e, dunque, in quanto tale, va ritenuto insindacabile nel merito. Il Giudice amministrativo può valutare, nell’ambito della sua giurisdizione di legittimità, la logicità, la congruità e la completezza dell’istruttoria che ne hanno determinato l’esito, ma non può sostituire all’apprezzamento dell’amministrazione il proprio soggettivo apprezzamento in particolare nel valutare l’“alternativa/opzione – zero”, poiché tale giudizio - ossia quello che si spinge a mettere in discussione financo la realizzabilità dell’opera – è quello che più si approssima alla scelta di merito (in termini, Cons. Stato, sez. IV, 6 settembre 2023, n. 8187).

2.7. Coll’ottavo motivo si è contestata la modalità di contestazione del lotto “L5” prescritta dal cennato rapporto istruttorio allegato alla DGR n. 681 del 2021, per l’asserito contrasto colla “tassativa previsione” della tabella 5a bis dell’allegato 4 al d.lgs. n. 36 del 2023. La doglianza è mal posta e va disattesa. La cennata tabella 5a bis si riferisce ai “limiti di accettabilità dei rifiuti pericolosi stabili non reattivi in discariche per rifiuti non pericolosi”, mentre, come osservato dalla controinteressata, il parametro di riferimento è dato dalla (diversa) tabella 6- bis dedicata “limiti di accettabilità in discariche per rifiuti pericolosi”. In effetti, il rapporto istruttorio, da tale angolazione, precisa proprio che nel lotto “L5” andranno “confinati” rifiuti che non possano essere smaltiti in (distinte) aree destinate a «rifiuti non pericolosi».

2.8. Infine, parte ricorrente ha dedotto la contraddittorietà tra le previsioni del provvedimento di VIA e quello di AIA per quanto attiene allo smaltimento di terre e rocce da scavo. Sarebbe stato stralciato, in particolare, dal progetto, a seguito di successive modifiche, il piazzale originariamente previsto e da realizzare tramite recupero di “gran parte delle rocce e terre da scavo”, sicché sarebbe inattuabile la relativa previsione di cui al rapporto istruttorio allegato all’AIA.

La censura è inammissibile per difetto d’interesse, non potendosi far discendere dall’eventuale inattuabilità della relativa prescrizione l’invalidità dell’atto autorizzatorio, bensì l’applicazione delle generali disposizioni sui rifiuti con conseguente necessità di allontanamento delle stesse senza un previo deposito temporaneo, con conferimento delle stesse a impianti di recupero in applicazione della normativa sui rifiuti. Di ciò si ritrae conferma dalla lettura della prescrizione aa) del capo 7.1.a) del rapporto istruttorio (da leggere unitamente a quella di cui alla precedente lettera “z”, invocata dai deducenti), secondo cui «nella condizione accertata di suolo non contaminato, in accordo con quanto previsto dall’art. 185 comma 1, lett. c del D.L.vo n. 152/2006 (e s.m.i.), le terre e rocce provenienti dagli scavi da realizzare devono necessariamente essere abbancate temporaneamente all’interno delle aree di pertinenza della piattaforma e devono essere integralmente riutilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati inerenti alla piattaforma medesima. Diversamente trovano applicazione le disposizioni di cui al D.L.vo n. 152/2006 (e s.m.i.), Parte IV, Titolo V e, ai fini dell’utilizzo delle terre e rocce da scavo presso siti diversi da quello in cui sono state prodotte, le disposizioni di cui al D.P.R. n.120 del 13 giugno 2017».

3. Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto del ricorso.

4. Le spese seguono la soccombenza, con liquidazione come da dispositivo.

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