TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2014-02-10, n. 201400930

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2014-02-10, n. 201400930
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201400930
Data del deposito : 10 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06761/2009 REG.RIC.

N. 00930/2014 REG.PROV.COLL.

N. 06761/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6761 del 2009, proposto da:
G C e R L R,
rappresentati e difesi dall'avv. F S E, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Campania Napoli, piazza Municipio n. 64;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici di Napoli e Provincia, in persona del rispettivo legale rapp.te p.t.,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz n. 11;
Comune di Sant'Agnello in persona del legale rapp.te p.t., non costituito;

per l'annullamento del parere della Soprintendenza statale recante improcedibilità della istanza di sanatoria edilizia, nota n. 23286 del 23 dicembre 2008, del decreto comunale n. 29 del 25 giugno 2009 con cui si rigetta l’istanza di compatibilità paesaggistica, nonché del provvedimento comunale prot. 12948 del 28 agosto 2009 con cui si rigetta l’istanza di sanatoria..


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione statale intimata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2014 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I ricorrenti sono proprietari di un immobile sito nel territorio del Comune di Sant’Agnello alla via Tordara n. 20, catastalmente individuato al foglio 8 particella 23.

Con DIA presentata in data 30 aprile 2001 si prevedeva l’esecuzione di alcune opere edilizie concernenti, in particolare, il rifacimento del tetto e dei muri perimetrali, nonché l’apposizione di nuovi infissi alle finestre e intonacatura alle pareti.

Con accertamento in data 27 marzo 2008, il Comando dei Vigili Urbani rilevava la presenza di alcune difformità realizzatrici riguardanti, nello specifico, l’ampliamento da un lato ed il restringimento dall’altro lato di alcuni vani esterni, ossia di porte e finestre, con conseguente modifica dei prospetti, nonché la realizzazione di opere interne tali da arrecare una diversa distribuzione dei relativi spazi.

Di conseguenza veniva presentata istanza di sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 37 del DPR n. 380 del 2001 e connessa istanza di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, trattandosi di zona vincolata.

La soprintendenza statale esprimeva a tale ultimo riguardo parere negativo in quanto le opere suddette avrebbero “comportato aumento di volume e superficie utile”.

Veniva allora adottato provvedimento comunale di rigetto dell’istanza di compatibilità paesaggistica e, successivamente, atto di rigetto della collegata istanza di sanatoria edilizia.

I suddetti atti, e in particolare il parere della Soprintendenza statale, venivano impugnati per difetto di motivazione e di istruttoria, nonché per eccesso di potere sotto il profilo della erroneità dei presupposti, non ravvisandosi nella prospettiva di parte ricorrente la realizzazione di nuovi o più ampi volumi e superfici utili.

Si costituiva l’amministrazione statale per resistere al gravame.

Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2014 la causa veniva infine trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso il ricorso è fondato ove soltanto si consideri che, come sufficientemente dimostrato in giudizio e non altrimenti contestato dalla amministrazione resistente, con ogni conseguenza in ordine al raggiungimento della prova ai sensi dell’art, 64, comma 2, c.p.a., gli interventi in lite sono unicamente consistiti nel restringimento oppure nell’allargamento di alcuni vani esterni come porte e finestre, nonché nella diversa distribuzione degli spazi interni.

Di qui l’assenza di nuovi o comunque più ampi volumi e superfici utili tenuto conto che, secondo la giurisprudenza di questa sezione (cfr. 12 luglio 2012, n. 3380), la semplice modifica dei prospetti ben rientra nel concetto di piccolo abuso , come tale sanabile ai sensi del citato art. 167 del codice dei beni culturali.

Del resto, si consideri che la sussistenza o meno dello specifico presupposto per poter utilmente accedere alla sanabilità dell’intervento, ossia la mancata creazione o aumento di superfici e volumi, deve essere valutata ad avviso del Collegio in termini di effettiva percepibilità della modificazione dell’aspetto esteriore del bene protetto.

Soccorre al riguardo il parere dell’ufficio legislativo del Ministero dei beni culturali (n. 16721 del 13 settembre 2010) ad avviso del quale gli uffici competenti, nel verificare la compatibilità paesaggistica in via postuma, debbono preliminarmente valutare, in concreto e caso per caso, la “rilevanza paesaggistica, sotto il profilo della percepibilità della modificazione apportate, secondo un criterio di media estimazione”, dell’opera abusiva sottoposta all’esame. E ciò anche al fine di “evitare irrazionali e controproducenti rigorismi applicativi che condurrebbero all’adozione di ordini di demolizione di interi manufatti a causa di minimali variazioni assolutamente non percepibili”.

In questa direzione l’autorità competente, nel compiere le proprie valutazioni ai sensi dell’art. 167 del codice dei beni culturali, non sarebbe più vincolata ad un mero criterio quantitativo, di stampo edilizio, legato al calcolo delle superfici e dei volumi, ma dovrebbe ricorrere (altresì) ad un criterio maggiormente qualitativo e finalistico connesso, in tal senso, alla effettiva e reale incidenza delle opere esaminate rispetto al generale contesto paesaggistico.

Compito del giudice sarà ovviamente non quello di valutare l’effettiva entità dell’opera ma quello, più consono al ruolo che è chiamato a svolgere, di verificare se l’amministrazione abbia motivatamente e adeguatamente provveduto ad effettuare un esame di compatibilità paesaggistica in termini di visibile alterazione o meno dell’opera abusivamente realizzata.

Valutazione che pacificamente, nel caso di specie, è del tutto mancata ad opera della Soprintendenza statale, tanto da indurre il Collegio a ritenere illegittimo il suo operato in quanto posto in contrasto con gli invocati parametri di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa nonché, secondo l’interpretazione fornita in precedenza, con la disposizione di cui al citato art. 167.

Quanto alla modifica dei prospetti, nonché in relazione alla diversa distribuzione degli spazi interni, è dunque mancata in assoluto una valutazione altresì in termini meramente quantitativi, così evidenziandosi un ulteriore profilo di illegittimità sul piano della integrale assenza di motivazione.

In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto, con ogni conseguenza in ordine all’annullamento del parere in epigrafe indicato. Vanno fatti salvi gli ulteriori provvedimenti della p.A. .

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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