TAR Palermo, sez. I, sentenza 2013-02-14, n. 201300361
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N. 00361/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02318/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2318 del 2012, proposto da:
D P S, nella qualità di cittadino elettore del Comune di R, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall'avv. G R e dall’avv. G I, presso il cui studio in Palermo, via Oberdan, n. 5, è elettivamente domiciliato;
contro
- Assemblea Regionale Siciliana;
- Ufficio centrale circoscrizionale per l’elezione del Presidente della Regione e Assemblea Regionale Siciliana 2012 relativamente al collegio elettorale circoscrizionale di Siracusa;
- Ufficio elettorale centrale regionale per l’elezione del Presidente della Regione e Assemblea Regionale Siciliana 2012;
- Regione Siciliana;
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituitisi in giudizio;
nei confronti di
- Z S, non costituitosi in giudizio;
- M B, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Grazia Rita Giuffrida, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco Prestigiacomo in Palermo, via Ciullo D'Alcamo, n. 6;
- S G, non costituitosi in giudizio;
- V V, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della memoria di costituzione, dall’avv. Giuseppe Corso e dall’avv. Giovanni Marcì, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Palermo, via Marco Polo, n. 53;
- Co Giambattista, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della memoria di costituzione, dall’avv. Emanuele Tringali, domiciliato presso la segreteria di questo TAR in Palermo, via Butera, n. 6;
- G Giuseppe, rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla memoria di costituzione, dagli avv. Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio in Palermo, via Libertà, n. 171, è elettivamente domiciliato;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
C P, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Armao, presso il cui studio in Palermo, via Noto, n. 12, è elettivamente domiciliato;
per l'annullamento
- del verbale delle operazioni dell'Ufficio Centrale Circoscrizionale per l'Elezione del Presidente della Regione e dell'Assemblea Regionale Siciliana - Anno 2012 - per il Collegio Elettorale Circoscrizionale di Siracusa datato 15.11.12;
- del verbale di proclamazione degli eletti alla carica di Deputato dell'Assemblea Regionale Siciliana per il Collegio Elettorale Circoscrizionale di Siracusa datato 15.11.12;
- dei verbali delle operazioni elettorali delle sezioni 2, 3, 7, 9 e 11 di R;2, 6, 11, 13, 14, 15, 18 e 23 di P;16 di Floridia e 21 e 22 di Avola;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente.
nonché per l’annullamento e il rinnovo delle operazioni elettorali con riferimento alle sezioni 2, 3, 7, 9 e 11 di R;2, 6, 11, 13, 14, 15, 18 e 23 di P;16 di Floridia e 21 e 22 di Avola;e la conseguente ripetizione, in tali sezioni, delle operazioni di voto.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dei signori B M e di V V e di G C e di G G;;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 130, co. 7, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2013 il consigliere A L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato:
FATTO
Con ricorso, depositato l’11 dicembre 2012 e notificato i giorni 17 – 21 successivi congiuntamente al decreto presidenziale di fissazione della udienza n. 4943 del 12 dicembre antecedente, il signor D P S, nella qualità di cittadino elettore del Comune di R, esponeva che, in data 28 ottobre 2012, si erano svolte le consultazioni per la elezione del Presidente della Regione e della Assemblea Regionale Siciliana e che nel collegio elettorale circoscrizionale di Siracusa erano stati eletti i candidati: Z S, M B, S G, V V, Co Giambattista e G Giuseppe.
L’esito della consultazione con riferimento alla circoscrizione suindicata sarebbe, però, stato viziato da gravissime irregolarità verificatesi in numerose sezioni elettorali, che avrebbero inciso sulla regolarità delle operazioni e sull’affidabilità del risultato.
Dai verbali delle sezioni 2, 3, 7, 9 e 11 di R;2, 6, 11, 13, 14, 15, 18 e 23 di P;16 di Floridia e 21 e 22 di Avola sarebbero emerse, infatti, irregolarità nella verbalizzazione del numero delle schede consegnate al seggio elettorale, del numero di schede non autenticate e rimaste nel pacco non firmate, del numero di schede autenticate e non utilizzate per la votazione e del numero di schede autenticate e timbrate.
Tali irregolarità, in quanto coinvolgenti sezioni con migliaia di elettori aventi diritto al voto, sarebbero idonee ad incidere sul risultato elettorale anche in considerazione del lieve scarto (93 voti) tra la lista, cui è stato assegnato l’ultimo seggio utile (i.e. lista n. 14 “PID – Cantiere popolare” – 12.238 voti) e la lista n. 8 “Partito dei Siciliani MPA” (12.245 voti).
Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti impugnati relativamente alle parti indicate e il conseguente rinnovo delle operazioni elettorali con riferimento alle sezioni indicate, vinte le spese, per il seguente motivo:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 36, 37 e 49 della l.r. n. 29/1951. Violazione dei principi in tema di imparzialità e buon andamento. Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principio in materia di trasparenza ed affidabilità dei risultati elettorali e della libera espressione del voto. Violazione del principio di trasparenza. Eccesso di potere per travisamento e sviamento.
Con decreto presidenziale n. 4943 del 13 dicembre 2012 è stata fissata l’udienza per la discussione.
Si sono costituiti in giudizio i signori B M, V V, G C e G G;controinteressanti, eccependo l’inammissibilità del ricorso per omessa dimostrazione della utilità conseguente all’accoglimento e per genericità dei motivi.
Hanno chiesto anche il rigetto dello stesso, in quanto infondato, vinte le spese.
Si è, altresì, costituito, con un intervento ad adiuvandum, il signor C P.
Il ricorrente ha depositato una memoria, con la quale ha chiesto l’inserimento in busta chiusa, ex art. 130, comma 5, c.p.a., della memoria difensiva depositata in data 12 gennaio 2012 dall’on. G, avendo lo stesso ricevuto la notifica del ricorso il 18 dicembre antecedente.
All’esito della pubblica udienza del 29 gennaio 2013 la causa veniva decisa dando lettura del dispositivo.
DIRITTO
1. La controversia ha ad oggetto le consultazioni per la elezione del Presidente della Regione e della Assemblea Regionale Siciliana svoltesi il 28 ottobre 2012 relativamente al collegio circoscrizionale di Siracusa.
2. Preliminarmente va esaminato il problema della tardività della memoria depositata dall’on G, che il collegio ritiene superabile alla luce della circostanza che il difensore dello stesso ha esplicato la propria attività difensiva oralmente in sede di udienza di discussione.
Anche a voler interpretare in termini di perentorietà il termine di 15 giorni previsto dal comma 5 dell’art. 130 del c.p.a. non si potrebbe, infatti, precludere ai controinteressati la possibilità della costituzione e del conseguente svolgimento orale di attività difensiva alla udienza di discussione.
3. Ciò posto, deve essere esaminata la questione (ampiamente discussa dalle parti in udienza) della ammissibilità della azione popolare relativamente alle elezioni regionali siciliane, la quale è stata esclusa dal C.G.A. con alcune pronunce risalenti nel tempo (vedi, per tutte, decisione n. 146 del 2 giugno 1987), nelle quali si è fatto riferimento alla mancanza di una norma espressa.
Ci si deve, in particolare, chiedere se l’art. 130, comma 1, lettera a, del codice del processo amministrativo, il quale fa riferimento alla ammissibilità del ricorso proposto da parte di qualsiasi candidato o elettore relativamente alle elezioni regionali, possa trovare applicazione anche con riferimento alla Sicilia.
Va, a tal proposito, prioritariamente rilevato che l’azione popolare in materia elettorale è di tipo correttivo, in quanto il ricorrente non si sostituisce alla Amministrazione per far valere un diritto di quest’ultima (come si verifica in quelle sostitutive), ma tende a rimediare ad errori commessi dalla stessa, poiché pregiudizievoli dell’interesse pubblico.
In materia di contenzioso elettorale, l'azione popolare si configura, pertanto, come strumento preordinato alla tutela di interessi pubblici preminenti e, in particolare, del valore primario dell'ordinamento democratico, consistente nella stretta coerenza tra la manifestazione della volontà popolare e l’affidamento di funzioni di rappresentanza e di governo della comunità. La possibilità di utilizzare tale strumento è conseguentemente estesa a ciascun componente della comunità, in quanto titolare dello “status” civitatis e per questo contitolare “pro quota” della sovranità (in tal senso Consiglio di Stato, V, 7 marzo 2001, n. 1342).
In questo contesto si inserisce l’art. 130 del codice del processo amministrativo, che ammette l’azione popolare in termini generali con riferimento alle elezioni “di comuni, province e regioni” (lettera a) e del “Parlamento europeo” (lettera b).
La prescrizione recepisce previsioni già presenti fin dalle leggi sarde del 1859 (in materia di elezioni comunali, provinciali e politiche) e poi limitate, ai nostri giorni, alle elezioni comunali (art. 83/11 d.P.R. n. 570/1960), provinciali (art. 7 l. n. 1147/1966, ma v. anche art. 70 d. lgs. 267/2000), regionali (art. 19 c.2 l. n. 108/1968) europee (art. 42, c. 1 l. n. 18/1979).
Il mancato riferimento alla operazioni elettorali di Camera e Senato si spiega, in quanto, come noto, il relativo contenzioso relativo è sottratto alla giurisdizione dei tribunali ordinari ed amministrativi, avendo le sezioni unite della Corte di cassazione costantemente affermato che la cognizione di ogni questione concernente tali operazioni, ivi comprese quelle relative all'ammissione delle liste, è affidata alla funzione giurisdizionale esclusiva delle Camere, tramite le rispettive Giunte parlamentari (c.d. autodichia), restando così preclusa qualsivoglia possibilità di intervento in proposito da parte del giudice ordinario e del giudice amministrativo (per tutte sentenza n. 9151/2008).
Ne deriva che l’azione azione popolare in materia elettorale costituisce uno strumento ordinario di tutela, cosicchè occorre chiedersi se la mancanza di una disposizione espressa nella normativa regionale siciliana possa costituire un ostacolo al riconoscimento della ammissibilità dell’istituto.
Il problema si pone in quanto nella materia l’ambito di autonomia della Sicilia è più ampio di quello delle regioni ordinarie, poiché essa, ai sensi dell' art. 3, primo comma, e dell' art. 9, terzo comma, dello statuto speciale (sostituiti ad opera dell'art. 1 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2,), è titolare di potestà legislativa di tipo primario (che non incontra limiti eguali a quelli che, ai sensi dell’art. 122 Cost, si impongono alle Regioni a statuto ordinario).
Ritiene il collegio di dare risposta negativa al problema in esame, richiamando allo scopo i principi affermati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 67/2012 e 143/2010, le quali, seppur riferite alla diversa normativa in materia di ineleggibilità e incompatibilità, sviluppano un argomento utilizzabile anche in questa sede.
Si afferma, in particolare, che la potestà legislativa regionale siciliana deve svolgersi in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, tra i quali va, ad avviso del collegio, ricompresa anche la previsione dell’azione popolare in materia elettorale, la quale, secondo i rilievi sopra svolti, rappresenta un strumento ordinario, come dimostrato dalle disposizioni precedentemente richiamate e dal più volte richiamato art. 130 c.p.a..
Tanto si osserva, sottolineando peraltro come il citato articolo 130 sia norma processuale applicabile anche in Sicilia, indipendentemente da un suo recepimento.
Una lettura costituzionalmente orientata della disposizione surriportata alla luce del principio di uguaglianza riferito all’accesso alla tutela giurisdizionale (artt. 3, 24 e 103 Cost.) non può, infatti, che condurre alla conclusione di una sua applicazione estesa a tutto il territorio nazionale.
Per completezza va, peraltro, rilevato che a diversa conclusione non può giungersi sulla base della differente disciplina riferita alle elezioni nazionali, in quanto sottratte, a differenza di quelle siciliane, alla giurisdizione ordinaria ed amministrativa e, pertanto, anche all’azione popolare.
3. Va adesso esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata da tutti i controinteressati, i quali hanno rilevato la natura formale delle censure sollevate, le quali non sarebbero idonee ad inficiare il risultato elettorale.
Trattasi di questione, la quale, prima che sul merito, incide sulla stessa ammissibilità del ricorso, il cui accoglimento non potrebbe condurre ad un rifacimento delle operazioni elettorali.
L’eccezione è fondata.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia di contenzioso elettorale vige il principio di strumentalità delle forme, in base al quale la nullità è determinata solo dalla mancanza di quegli elementi o requisiti che impediscano il raggiungimento dello scopo al quale l'atto è prefigurato. e quindi può sussistere solo in presenza di vizi tali da pregiudicare le garanzie o comprimere la libera espressione del voto. Ne deriva che producono effetto invalidante solo le anormalità procedimentali, che impediscono l'accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con diminuzione delle garanzie di legge, e non le omissioni di adempimenti formali, costituenti mere irregolarità quando non incidono negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, id est l'autenticità, la genuinità e la correttezza degli adempimenti (per tutte Consiglio di Stato, V, 19 giugno 2012, n. 3557).
Applicando questo principio, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto inidonei a determinare l'annullamento delle operazioni elettorali i vizi formali relativi alla compilazione dei verbali delle sezioni elettorali e dei relativi allegati, o da questi emergenti, riferiti a: corrispondenza tra il numero degli iscritti e dei votanti;numero delle schede autenticate, utilizzate per il voto o non utilizzate (vedi Consiglio di Stato, V, 21 dicembre 2012, n. 6608;II, 16 ottobre 2012, n. 2033;V, 20 maggio 2008, n. 2390), essendo evidente che la deduzione di omissioni nella verbalizzazione non può di per sé giustificare la declaratoria di annullamento e rinnovazione delle operazioni elettorali, allorché non si deduca anche la irregolarità delle operazioni di voto.
Nella fattispecie in esame, costituiscono oggetto di censura irregolarità consistenti nella omessa verbalizzazione del numero di schede: non autenticate e rimaste nel pacco non firmate;autenticate e non utilizzate per la votazione;consegnate al seggio elettorale;autenticate e timbrate.
Trattasi, a ben vedere, di mere irregolarità formali inidonee a pregiudicare le garanzie connesse alle operazioni elettorali o a comprimere la libertà di voto, in quanto si sostanziano essenzialmente in errori di verbalizzazione non incidenti sull’accertamento della reale volontà del corpo elettorale.
Dagli atti di causa non emerge, in particolare, nessun elemento che possa deporre per la sussistenza di una manomissione delle schede votate.
Un discorso a parte va fatto relativamente: alla sezione n. 7 di R ed a quella n. 23 di P, relativamente alle quali si deduce uno scarto minimo pari, rispettivamente, a 1 e a 2 (come tale ininfluente) tra “schede autenticate” ed elettori e “schede autenticate e non utilizzate” e elettori non votanti;alla sezione n. 11 di R, per la quale la differenza nel numero delle schede è dovuta alla circostanza che, come emerge dal verbale versato in atti in allegato al ricorso, il seggio ha inserito nel paragrafo relativo a quelle “autenticate non utilizzate” il numero di quelle rimaste nel pacco non firmate diminuito di quella autenticata nel corso della votazione.
Concludendo, in forza di quanto esposto, le censure dedotte non sono tali da inficiare il risultato elettorale, cosicchè il ricorso, prima che infondato, è inammissibile.
Si ritiene di compensare le spese tenuto conto della complessità delle questioni dedotte e della circostanza che si tratta di azione popolare..