TAR Roma, sez. 1T, sentenza breve 2015-03-11, n. 201504028

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza breve 2015-03-11, n. 201504028
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201504028
Data del deposito : 11 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 16121/2014 REG.RIC.

N. 04028/2015 REG.PROV.COLL.

N. 16121/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 16121 del 2014, proposto da:
Codacons, rappresentato e difeso dagli avv. C R, G G, M R, V C, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, viale Mazzini, 73;
-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, Codacons Sezione Difesa delle Diversità Sessuali, Codacons Campania, Codacons Lazio, Codacons Marche, Codacons Friuli Venezia Giulia, Codacons Lombardia, rappresentati e difesi dagli avv. C R, G G, V C, M R, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, viale Mazzini, 73;

contro

Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Napoli, U.T.G. - Prefettura di Pesaro Urbino, U.T.G. - Prefettura di Milano, U.T.G. - Prefettura di Roma, U.T.G. - Prefettura di Udine, rappresentati e difesi per legge dall' Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Roma Capitale, rappresentata e difesa dall'Avv. Rodolfo Murra, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21;
Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. Fabio Maria Ferrari, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, con domicilio eletto presso Nicola Laurenti in Roma, Via F. Denza, 50/A;
Comune di Fano, Comune di Milano, Comune di Udine, Anci Associazione Nazionale Comuni Italiani;

per l'annullamento

-- della Circolare del Ministero dell’Interno n. 40/ba-030/11/DAIT del 7.10.14 con la quale il Ministro, rivolgendosi alle Prefetture, ha disposto che ove risultino adottate direttive "sindacali" in materia di trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all'estero - e nel caso sia stata data loro esecuzione - venga rivolto formale invito ai sindaci al ritiro di tali disposizioni e alla cancellazione, ove effettuate, delle conseguenti trascrizioni, contestualmente avvertendo che, in caso di inerzia, si procederà al successivo annullamento d’ufficio degli atti illegittimamente adottati, ai sensi del combinato disposto degli artt. 21 nonies della L. 241/90 e 54, commi 3 e 11 del D.Lgs. 267/01, e nella parte in cui ha disposto di sensibilizzare i funzionari addetti alle verifiche anagrafiche a porre particolare attenzione, nello svolgimento di tali adempimenti, sulla regolarità degli archivi dello stato civile prescritta dall’art. 104 del D.P.R. n. 396/2000;

-- del provvedimento del 20 ottobre 2014 a firma del Prefetto di Roma, di contenuto ed estremi ignoti, con il quale si invita il Sindaco di Roma ad annullare le 16 trascrizioni poste in essere in data 18 ottobre 2014, di matrimoni contratti all’estero da persone del medesimo sesso;

-- degli altri provvedimenti dei Prefetti di Milano, Napoli, Pesaro e Urbino, Roma, Udine, di contenuto data ed estremi ignoti, aventi ad oggetto formale invito ai Sindaci al ritiro delle direttive sindacali in materia di trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero, e alla cancellazione, ove effettuate, delle conseguenti trascrizioni con contestuale avvertimento che, in caso di inerzia, si procederà al successivo annullamento d’ufficio degli atti;

-- del provvedimento del Prefetto di Roma del 31 ottobre 2014, di contenuto ed estremi ignoti, con il quale sono state annullate d’ufficio le trascrizioni nel registro dello stato civile del Comune di Roma dei 16 atti di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso poste in essere il 18 ottobre 2014;

-- del provvedimento del Prefetto di Udine del 27 ottobre 2014, di contenuto ed estremi ignoti, con il quale è stata annullata d’ufficio la trascrizioni nel registro dello stato civile del Comune di Udine dell’atto di matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso;

-- nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente e comunque connesso, anche se non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Napoli e di U.T.G. - Prefettura di Pesaro Urbino e di U.T.G. - Prefettura di Milano e di U.T.G. - Prefettura di Roma e di U.T.G. - Prefettura di Udine, di Roma Capitale e del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2015 la dott.ssa S S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l’articolo 60, comma 1, c.p.a., che facoltizza il Tribunale amministrativo regionale a definire il giudizio nel merito, con sentenza in forma semplificata, in sede di decisione della domanda cautelare, una volta verificato che siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso e dieci giorni dal suo deposito ed accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;

Rilevato che nella specie il presente giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata, ai sensi del menzionato art. 60, comma 1, c.p.a., stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa e che sono state espletate le formalità ivi previste;


Con il presente ricorso il Codacons ed i ricorrenti indicati in epigrafe hanno impugnato la circolare ministeriale n. 40/ba.030/011/DAIT del 7 ottobre 2014, con la quale sono state impartite direttive alle Prefetture italiane affinchè rivolgano a loro volta ai sindaci formale invito a non trascrivere più, nei registri dello stato civile, gli atti dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso, nonché a ritirare e cancellare le trascrizioni già eseguite, con avvertimento che “in caso di inerzia, si procederà al successivo annullamento d’ufficio degli atti illegittimamente adottati, ai sensi del combinato disposto degli articoli 21 nonies della legge 241 del 1990 e 54, commi 3 e 11 del d.lgs. 267/2001.

Hanno impugnato anche i provvedimenti dei Prefetti di Roma, Milano, Pesaro-Urbino e Udine di formale invito ai Sindaci, a provvedere alla cancellazione, ove effettuate, delle trascrizioni nei registri dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, in puntuale esecuzione della circolare ministeriale impugnata, nonché i provvedimenti del Prefetto di Roma del 31 ottobre 2014 e del Prefetto di Udine del 27 ottobre 2014 di annullamento di ufficio delle trascrizioni nei registri dello stato civile dei matrimoni contratti all’estero tra due persone dello stesso sesso.

Si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Napoli che Roma Capitale.

Nel costituirsi in giudizio, l’Amministrazione resistente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e per carenza di interesse ad agire.

Con riferimento al Codacons, ha rilevato che il suo statuto fa riferimento a finalità del tutto inconferenti rispetto all’oggetto del presente giudizio, in quanto il riferimento contenuto nello statuto alla “tutela della dignità della persona umana” è strettamente collegato al rispetto dell’equilibrio tra uso delle risorse ambientali e sviluppo della società al fine di garantire il diritto alla salute. Ha quindi precisato che tra le finalità del Codacons non è ricompresa la tutela di diritti civili diversi dal diritto al rispetto dell’ambiente e della salute. Dai provvedimenti impugnati non deriverebbe alcuna lesione agli interessi della categoria dei consumatori di cui l’associazione costituisce ente esponenziale.

Con riferimento ai ricorrenti persone fisiche, non sarebbe allegato il titolo che li legittimerebbe al ricorso avverso la circolare ed i provvedimenti prefettizi, in quanto nessuno di loro rientra nell’elenco delle persone la cui trascrizione del matrimonio è stata annullata. Con riferimento ai soli due ricorrenti -OMISSIS- e -OMISSIS- viene allegato che avrebbero contratto matrimonio all’estero, ma non viene documentato che la trascrizione del loro matrimonio sia stata annullata, che il loro matrimonio sia stato trascritto, o che essi abbiano richiesto la trascrizione del loro matrimonio.

L’eccezione è solo parzialmente fondata.

Come ricordato in precedenza, il presente ricorso investe sia la circolare ministeriale che impartisce direttive alle Prefetture italiane in merito alla problematica relativa alla trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni celebrati all’estero da persone appartenenti allo stesso sesso, sia gli atti applicativi della circolare stessa, ed in particolare i provvedimenti prefettizi di annullamento delle trascrizioni eseguiti dai sindaci del Comune di Roma e di Udine.

Nei confronti di questi ultimi atti, ritiene il Collegio che non sia stata fornita la prova della legittimazione al ricorso e dell’interesse ad agire, in quanto si tratta di atti che incidono su specifiche posizioni giuridiche, con la conseguenza che sono legittimati alla loro impugnativa i soli soggetti direttamente lesi dai provvedimenti prefettizi, e cioè i soggetti che hanno trascritto gli atti (nella fattispecie il Sindaco di Roma e quello di Udine nella qualità di ufficiale dello stato civile) ed i destinatari delle trascrizioni: ne consegue che non sono legittimati al ricorso, né sono titolari del relativo interesse, né il Codacons che agisce a tutela di interessi collettivi, risolvendosi altrimenti l’azione in una non consentita sostituzione processuale, né i ricorrenti persone fisiche che non rientrano nell’elenco dei soggetti ai quali è stata annullata la trascrizione dell’atto di matrimonio.

Del resto, nella memoria costoro fondano la loro legittimazione ed interesse al ricorso sostenendo che sarebbe “pregiudicato il loro diritto a vedere trascritto nei registri dello stato civile l’atto di matrimonio eventualmente contratto all’estero con persone dello stesso sesso” facendo riferimento alla circolare ministeriale e non certamente agli specifici atti di annullamento delle trascrizioni di matrimoni relative a soggetti terzi.

Con riferimento alla circolare ministeriale, il Collegio ritiene invece infondata l’eccezione dell’Avvocatura erariale.

Nei confronti di questo atto, infatti, i ricorrenti persone fisiche sono titolari sia della legittimazione che dell’interesse al ricorso in quanto la circolare ministeriale, dettando direttive comuni su tutto il territorio nazionale per la trascrizione dei matrimoni omosessuali, si presenta come immediatamente lesiva degli interessi non soltanto di chi ha chiesto la trascrizione dell’atto di matrimonio celebrato all’estero e gli è stata negata, ma anche di chi è interessato a richiederla, e trova nella circolare stessa un limite invalicabile, del quale il successivo rifiuto da parte dell’ufficiale dello stato civile si appalesa come atto meramente consequenziale, applicativo delle disposizioni recate dalla circolare stessa.

E’ dunque sufficiente a fondare la legittimazione al ricorso la precedente celebrazione del matrimonio all’estero, che costituisce il presupposto in base al quale poter richiedere la trascrizione del matrimonio, circostanza che risulta provata per i ricorrenti -OMISSIS-e -OMISSIS-, che a dimostrazione della loro posizione differenziata hanno prodotto in giudizio il certificato di matrimonio.

Resta da esaminare la questione della legittimazione e dell’interesse al ricorso nei confronti della circolare ministeriale con riferimento al Codacons.

Ritiene il Collegio che l’eccezione sia infondata.

Correttamente il Codacons ha rilevato nella propria memoria che la controversia riguarda la gestione da parte della Pubblica Amministrazione dei registri dello stato civile, in relazione alla quale il cittadino si pone nella veste di utente, al quale debbono essere garantiti i servizi pubblici comprendenti l’iscrizione o la trascrizione, il rilascio di copia, di certificati e così via.

La circolare impugnata, dettando direttive in ordine alla tenuta dei registri dello stato civile, con particolare riferimento alla trascrizione dei matrimoni omosessuali, è idonea ad incidere sulla fruizione da parte dei cittadini del relativo servizio.

Ebbene il Codacons è legittimato – per statuto – ad agire in giudizio in difesa a tutela del diritto dei cittadini alla corretta gestione da parte della P.A. del suddetto servizio pubblico, in quanto ente esponenziale dei diritti degli utenti dei servizi pubblici, tra i quali rientra anche quello relativo alla corretta amministrazione dei registri relativi allo stato civile.

L’eccezione deve essere quindi respinta

Passando all’esame del merito della controversia, il Collegio ritiene opportuno, anzitutto, prendere in considerazione il quadro normativo e giurisprudenziale relativo alla celebrazione ed alla trascrizione dei matrimoni celebrati in Italia e all’estero.

L’art. 27, comma 1, della legge n. 218/1995 (recante la riforma del diritto internazionale privato), stabilisce che “la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio”.

Tale disposizione va letta in combinato disposto con l’art. 115 del codice civile, secondo cui “il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite”.

Da tali disposizioni deriva che – a prescindere della validità formale del matrimonio celebrato applicando una legge straniera -, all’ufficiale di stato civile italiano spetta, ai fini della trascrizione, il potere/dovere di verificare la sussistenza dei requisiti sostanziali necessari (avuto riguardo alla normativa nazionale) per celebrare un matrimonio che possa avere effetti giuridicamente rilevanti.

Sotto questo profilo, ai sensi del codice civile, la diversità di sesso dei nubendi costituisce un requisito sostanziale necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell’ordinamento interno, posto che, allo stato, l’istituto del matrimonio si fonda sulla diversità di sesso dei coniugi, come si evince dall’art. 107 c.c., il quale stabilisce che l’ufficiale dello stato civile “riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio”.

In linea con tale assunto si pongono gli articoli 108, 143 e 143 bis del codice civile, e l’art. 64, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 396/2000.

La normativa nazionale che non consente la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e la sua trascrizione nei registri dello stato civile, è stata ritenuta costituzionalmente legittima.

Con sentenza n. 138 del 2010 la Corte Costituzionale ha, infatti, affermato che l’art. 29 Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso e questo significato del precetto costituzionale non può essere superato con un’interpretazione creativa né, peraltro, con specifico riferimento all’art. 3, comma 1, Cost., le unioni omosessuali possono essere ritenute tout court omogenee al matrimonio.

Con sentenza n. 170 dell’11 giugno 2014, la Consulta è intervenuta sulla normativa che prevede l’automatica cessazione degli effetti civili del matrimonio in caso di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due coniugi, affermando che “la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente (cui conferisce tutela l’art. 29 Cost.) è quella stessa definita dal codice civile del 1942 che stabiliva e tuttora stabilisce che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso (sentenza n. 138 del 2010”, (punto 5.2. del Considerato in diritto), e segnalando il requisito dell’eterosessualità del matrimonio (punto 5.1. del Considerato in diritto).

La Consulta ha stabilito che tra le formazioni sociali di cui all’art. 2 Cost., in grado di favorire il pieno sviluppo della persona umana nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico, rientra anche l’unione omosessuale ma, ha evidenziato che spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità politica, individuare con atto di rango legislativo le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, scegliendo, in particolare, se equiparare tout court il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, ovvero introdurre forme diverse di riconoscimento giuridico della stabile convivenza della coppia omosessuale.

In tale contesto, la Corte costituzionale ha ritenuto di poter intervenire solo per tutelare specifiche situazioni, come avvenuto con le sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988, in materia di locazioni e di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale per le convivenze more uxorio.

In sostanza, allo stato dell’attuale normativa nazionale italiana, il matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso risulta privo dei requisiti sostanziali necessari per procedere alla sua trascrizione, ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 396/2000, come confermato dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che “l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro inesistenza e neppure dalla invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano” (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 4184 del 2012, la quale ha ad oggetto una vicenda analoga a quella oggetto del presente giudizio, relativa ad una richiesta di trascrizione di un matrimonio contratto all’estero da due cittadini italiani dello stesso sesso, rifiutata dall’ufficiale di stato civile del Comune di Latina. Sul punto, cfr. anche Corte di Cassazione, sentenze n. 1808 del 1976, n. 1304 del 1990, n. 1739 del 1999, n. 7877 del 2000).

A tale riguardo, come correttamente rilevato dall’Amministrazione resistente, non assume particolare rilievo, in senso contrario, l’art. 65 della legge n. 218/1995, considerato che l’atto di matrimonio celebrato all’estero, sebbene soggetto a determinate forme solenni che prevedono la ricezione della volontà dei nubendi da parte dei soggetti investiti di un pubblico ufficio, non risulta assimilabile ad un provvedimento proveniente dall’autorità amministrativa o giurisdizionale, costituendo un atto negoziale che non incide sull’individuazione della normativa che disciplina gli effetti del matrimonio nell’ordinamento interno (cfr. la richiamata sentenza della Corte di Cassazione n. 4184 del 2012, che va condivisa a prescindere dall’isolato precedente contrario del Tribunale di Grosseto del 3-9 aprile 2014, annullato in sede di reclamo della Corte d’appello di Firenze con decreto del 19 settembre 2014).

La disciplina nazionale non risulta in aperto contrasto con la normativa europea, se si considera quanto stabilito dagli articoli 12 della CEDU e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (cd. “Carta di Nizza”).

L’articolo 12 della CEDU, infatti, stabilisce che “uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto”, e, quindi, fa riferimento alla nozione tradizionale di matrimonio fondato sulla diversità di sesso dei nubendi, rinviando alla legislazione dei singoli Stati per la disciplina delle condizioni che regolano l’esercizio del diritto.

L’articolo 9 della Carta di Nizza, invece, prevede che “il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”, omettendo il riferimento alla diversità di sesso dei nubendi e lasciando, così, al legislatore nazionale la possibilità di riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso.

In tale contesto normativo europeo, la Corte Europea dei diritti dell’uomo, con pronuncia del 24 giugno 2010 (Prima Sezione, caso Schalk e Kopf

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