TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2020-07-24, n. 202003335
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Pubblicato il 24/07/2020
N. 03335/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00829/2017 REG.RIC.
N. 00557/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 557 del 2017, proposto da
A D R e F B, rappresentati e difesi dall’Avv. A D M e dall’Avv. P K M, domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico eletto presso quest’ultima, in Napoli, al viale Gramsci n. 10;
contro
Comune di Vico Equense, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. E D, domicilio pec come da Registri di Giustizia;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, domicilio pec come da Registri di Giustizia;domicilio fisico ex lege presso la sede di questa, in Napoli alla via A. Diaz n. 11;
nei confronti
P E, rappresentato e difeso dall'Avv. Alessandro Lipani, domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Napoli, alla Pzza Carità n. 32;
sul ricorso numero di registro generale 829 del 2017, proposto da
A D R e F B, rappresentati e difesi dall’Avv. A D M e dall’Avv. P K M, domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico eletto presso quest’ultima, in Napoli, al viale Gramsci n. 10;
contro
Comune di Vico Equense, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. E D, domicilio pec come da Registri di Giustizia;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, domicilio pec come da Registri di Giustizia;domicilio fisico ex lege presso la sede di questa, in Napoli, alla via A. Diaz n. 11;
nei confronti
P E, rappresentato e difeso dall'Avv. Alessandro Lipani, domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico eletto in Napoli alla Pzza Carità n. 32;
Per l’annullamento
quanto al ricorso n. 557 del 2017:
a) del Permesso di Costruire in Sanatoria n. 40/16 rilasciato al sig. P E dal Comune di Vico Equense, Servizio Urbanistica, in data 10 novembre 2016, pubblicato all’albo pretorio;
b) della nota della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio prot. 2213 del 22 gennaio 2015 recante parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica relativamente alle istanze di condono ex l. 47/85 prot. 18992/86 e 26115/86, inoltrate dal dante causa del sig. P E, sig. P G;
c) del parere della Commissione Locale per il Paesaggio presso il Comune di Vico Equense n. 36/3 del 9.12.2014 e n. 36/2 del 9.12.2014;
d) dell’Autorizzazione Paesaggistica in Sanatoria n. 22 del 16.2.2015;nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale;
quanto al ricorso n. 829 del 2017:
dell’Ordinanza n. 358 del 19 dicembre 2016 mediante la quale il Comune di Vico Equense, Servizio Urbanistica, ha disposto la revoca dell’ordinanza di demolizione n. 473 del 14 novembre 2013 con la quale erano stati sanzionati alcuni degli abusi realizzati dal sig. P E presso l’immobile di sua proprietà in località Marina d’Aequa, spiaggia de ‘Il Pezzolo’;
b) di ogni altro atto preordinato, conseguenziale o, comunque, connesso con quelli che precedono tra cui: 1) il permesso n. 87 del 12 ottobre 2016 a firma del Responsabile del Servizio Urbanistica Arch. C A, rilasciato al sig. P per la sanatoria di un abuso realizzato sul demanio, provvedimento mai conosciuto dai ricorrenti sino all’atto dell’adozione del provvedimento di revoca sub lett. a), 2) il parere reso dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Napoli e Caserta prot. 1406 del 22 gennaio 2015;3) il Decreto n. 69 del 23 aprile 2015 recante Autorizzazione Paesaggistica in sanatoria ai sensi dell’art. 146 D. Lgs. 42/2004.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Enrico P e del Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, nonché del Comune di Vico Equense, in entrambi i ricorsi;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 3 giugno 2020 il dott. Guglielmo Passarelli di Napoli in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, nonché dall’art. 4 del d.l. n. 28/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 557 dell’anno 2017, i ricorrenti impugnano i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle loro doglianze, premettono:
- di essere proprietari e titolari di diritti reali su un fondo, con entrostante fabbricato di origine colonica, in Vico Equense, località Marina d’Equa, alla via Torretta n. 5, identificati, tra l’altro, in catasto al foglio 7, p.lle 470 e 1645, 1644, 1647, 258, 472;
- che detti cespiti confinano con la proprietà del sig. P E, costituita da una abitazione su più livelli, posta proprio a ridosso dei resti di un’antica villa romana, di notevole pregio archeologico, con circostante area esterna, odiernamente cementificata e pavimentata in trasformazione dell’originario orto che circondava la casa;il tutto prospiciente l’arenile della spiaggia de “Il Pezzolo”, a pochi metri dal mare, in un contesto paesaggistico di assoluta rilevanza, quale quello del tratto costiero sottostante l’antica cattedrale di origine gotica della SS. Annunziata in Vico Equense;
- che la proprietà P, nel corso degli anni, è stata oggetto di una lunga serie di opere abusive che hanno prodotto l’effetto finale di alterare sensibilmente i caratteri del fabbricato e dell’area esterna pertinenziale;
- che, in particolare, è stata realizzata sine titulo una stanza di 16 mq con annesso ulteriore volume destinato a wc;e che, nell’area esterna del fabbricato (nell’originario orto), mediante sbancamento del fondo, è stata ricavata una grossa piscina;
- che solo tali abusi, essendo gli unici esistenti nel settembre 1986, avevano formato oggetto di istanza di condono ex lege 47/85 (prot. 18982 del 30.9.1986);
- che, nelle more della scadenza dei termini per la presentazione della domanda di condono, e dunque in violazione dei termini stabiliti dalla l. 47/85, venivano realizzati ulteriori abusi ex novo , che avevano formato oggetto di una anomala istanza di condono edilizio, “suppletiva”, prot. 26115 del 24.12.1986;
- che, in particolare, per come si evince dalla relazione tecnica acclusa a tale ultima pratica, il sig. P, nell’area di pertinenza della villa, aveva realizzato un locale interrato, costituito da tre ambienti, per complessivi 205 mc originari;
- che le opere in parola, siccome esistenti alla data di presentazione delle domande di condono edilizio, sono state altresì stravolte ed alterate da ulteriori interventi edili abusivi;
- che, infatti: a) sono stati attuati incrementi di superficie e volume ed in particolare sono stati realizzati due nuovi volumi in corrispondenza della piscina ed una scala in muratura che consente l’accesso alla parte superiore di detti manufatti;b) sempre sulla piscina è stato realizzato un vistoso manufatto in calcestruzzo destinato a sostenere lo scivolo per la piscina;c) sono state, poi, realizzate ingenti opere di pavimentazione dell’area esterna della villa, con realizzazione di vialetti ed aiuole ornamentali, che, in difetto di titolo edilizio e paesaggistico, hanno completamente cancellato l’orto che circondava ancora nel 1986 detto immobile;d) all’interno dell’abitazione, in alterazione delle consistenze oggetto di condono edilizio, mediante demolizione di un tratto murario, è stato realizzato un nuovo locale wc con incremento della superficie utile;e) al prospetto lato mare è stato realizzato un locale bagno in muratura, la cui copertura è stata trasformata di recente in terrazzo calpestabile;f) i locali interrati oggetto di condono edilizio (istanza del 24.12.1986) sono stati ulteriormente ampliati e ne è stata trasformata la destinazione d’uso, da locali di sgombero ad aree ad uso abitativo e residenziale;
- di aver, pertanto, chiesto, con nota prot. 13012 del 28 maggio 2014, il rigetto delle istanze di condono edilizio intestate al sig. P;
- che, tuttavia, con gli atti impugnati, le istanze di condono erano state accolte.
Instano quindi per l’annullamento degli atti impugnati, con vittoria di spese processuali.
Si è costituita l’Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre;si è costituita anche la parte controinteressata, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Con ricorso iscritto al n. 829 dell’anno 2017, i ricorrenti impugnano parimenti i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle loro doglianze, premettono:
- di essere proprietari e titolari di diritti reali su un fondo, con entrostante fabbricato di origine colonica, in Vico Equense, località Marina d’Equa, alla via Torretta n. 5, identificati, tra l’altro, in catasto al foglio 7, p.lle 470 e 1645, 1644, 1647, 258, 472;
- che detti cespiti confinano con la proprietà del sig. P E costituita da una abitazione su più livelli, posta proprio a ridosso dei resti di un’antica villa romana, di notevole pregio archeologico, con circostante area esterna, odiernamente cementificata e pavimentata in trasformazione dell’originario orto che circondava la casa;il tutto prospiciente l’arenile della spiaggia de “Il Pezzolo”, a pochi metri dal mare, in un contesto paesaggistico di assoluta rilevanza quale è quello del tratto costiero sottostante l’antica cattedrale di origine gotica della SS. Annunziata in Vico Equense;
- che la proprietà P, nel corso degli anni, è stata oggetto di una lunga serie di opere abusive che hanno prodotto l’effetto finale di alterare sensibilmente i caratteri del fabbricato e dell’area esterna pertinenziale;
- che, in particolare, è stata realizzata sine titulo una stanza di 16 mq con annesso ulteriore volume destinato a wc;e che, nell’area esterna del fabbricato (nell’originario orto), mediante sbancamento del fondo, è stata ricavata una grossa piscina nonché un locale interrato, costituito da tre ambienti, per complessivi 205 mc originari;
- che solo tali abusi, essendo gli unici esistenti nel settembre 1986, avevano formato oggetto di istanza di condono ex lege 47/85 (prot. 18982 del 30.9.1986);
- che, successivamente, sono stati realizzati altri abusi, tali da stravolgere completamente l’assetto dell’area;
- che, infatti: a) sono stati attuati incrementi di superficie e volume, ed in particolare sono stati realizzati due nuovi volumi in corrispondenza della piscina ed una scala in muratura che consente l’accesso alla parte superiore di detti manufatti;b) sempre sulla piscina è stato realizzato un vistoso manufatto in calcestruzzo destinato a sostenere lo scivolo per la piscina;c) sono state, poi, realizzate ingenti opere di pavimentazione dell’area esterna della villa, con realizzazione di vialetti ed aiuole ornamentali, che, in difetto di titolo edilizio e paesaggistico, hanno completamente cancellato l’orto che circondava ancora nel 1986 detto immobile;d) all’interno dell’abitazione, in alterazione delle consistenze oggetto di condono edilizio, mediante demolizione di un tratto murario, è stato realizzato un nuovo locale wc con incremento della superficie utile;e) al prospetto lato mare è stato realizzato un locale bagno in muratura la cui copertura è stata trasformata di recente in terrazzo calpestabile;f) sono state praticate delle rilevanti difformità di forma e superficie alla scogliera realizzata sul demanio marittimo, giusta autorizzazione edilizia 7558/2000;g) i locali interrati oggetto di condono edilizio sono stati ulteriormente ampliati e ne è stata trasformata la destinazione d’uso, da locali di sgombero ad aree ad uso abitativo e residenziale;
- che il Comune aveva sanzionato alcuni di questi abusi con ordinanza n. 473 del 14 novembre 2013;
- che tale ordinanza era stata impugnata con ricorso al Tar Napoli, RG 850/2014;
- che nel corso di tale giudizio era stata disposta una verificazione;
- che, benché si trattasse di abusi successivi alla presentazione delle istanza di condono, si era fatto rinvio all’udienza pubblica del 20.12.2016, per l’appunto in attesa della definizione delle istanze di condono presentate dal sig. P;
- che il Comune aveva poi adottato gli atti in epigrafe.
Instano, quindi, per l’annullamento degli atti impugnati, con vittoria di spese processuali.
Si è costituita l’Amministrazione, per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre;si è altresì costituita la parte controinteressata, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare anche questo ricorso.
All’udienza del 3 giugno 2020, tenutasi da remoto e senza discussione orale, come previsto dai commi 5 e 6 dell’art. 84 D.L. 18/2020, come modificato dall’art. 4 del d.l. n. 28/2020, entrambi i ricorsi, già riuniti, sono stati assunti in decisione.
DIRITTO
La parte ricorrente impugna, con il ricorso n. 557/2017 RG, i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:
1) le domande di condono edilizio inoltrate dal sig. P andavano rigettate in quanto inammissibili;le stesse sono, infatti, fondate su una serie di presupposti falsi e sono perciò dolosamente infedeli ai sensi dell’art. 40 della L. 47/85;infatti, anche ammesso che gli abusi contestati con l’ordinanza n. 473/2013 fossero sempre esistiti (come sostenuto dal P e recepito di recente dal Comune), lo stato dei luoghi sarebbe stato rappresentato nelle domande di condono in maniera falsa ed infedele, con carenze ed inadempienze progettuali insormontabili e tali da pregiudicare negativamente l’esito del condono;se invece tali abusi fossero stati realizzati dopo la presentazione della domanda di condono, le opere non sarebbe comunque condonabili per alterazione della res abusiva;in realtà quanto dichiarato dal sig. P circa la data di realizzazione delle opere è falso, perché nell’anno 1973, indicato dal titolare delle pratiche di condono come di realizzazione di entrambi gli abusi, non vi era traccia alcuna di tali opere;
2) è indiscutibile che lo stato dei luoghi attuale è del tutto diverso da quello esistente all’epoca di presentazione delle istanze di condono ed al 1° ottobre 1983, termine di ultimazione dei manufatti abusivi ammissibili a condono;
3) eccesso di potere per difetto di istruttoria, atteso che le carenze ed incongruenze documentali avrebbero almeno dovuto indurre al Comune a degli approfondimenti istruttori;
4) poiché l’area è sottoposta a vincolo archeologico, attesa la presenza di una villa di epoca romana posta proprio nelle vicinanze della proprietà del P, la Soprintendenza avrebbe dovuto effettuare quanto meno dei saggi prima di esprimere parere favorevole sulle istanze di condono;
5) il parere paesaggistico favorevole è carente di motivazione, non essendo stato considerato adeguatamente il pregio archeologico e paesaggistico dell’area;
6) violazione dell’art. 55 cod. nav., atteso che le opere realizzate rientrano nella fascia di 30 mt. dal demanio marittimo, e dunque non potevano essere condonate senza l’autorizzazione dell’Autorità marittima;
7) il Comune di Vico Equense è zona sismica, e dunque andava effettuata anche la verifica sismica.
I ricorrenti impugnano, col ricorso n. 829/2017 RG, i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:
1) gli abusi non erano condonabili;non è vero che le opere risalgano ad un’epoca antecedente al 1955;dagli atti notarili del 1970 si evince l’esistenza di un orto poi cancellato;non è vero che le residue opere contestate sub lettere g) ed h) fossero ricomprese nelle pratiche di condono edilizio ex lege 47/85 presentate dal dante causa del sig. P E il 30 settembre ed il 24 dicembre 1986;
2) gli abusi realizzati in zona demaniale non sono sanabili;nel caso di specie, sulla zona insistono anche vincoli paesaggistici ed archeologici;dunque, gli abusi erano insanabili anche ex art. 167 d.lgs. 42/2004;
3) violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990, atteso che ai ricorrenti avrebbe dovuto essere data la comunicazione di avvio del procedimento.
L'Amministrazione statale si è costituita, in entrambi i ricorsi, con memoria di stile.
In memoria depositata, in entrambi i ricorsi, in data 09.05.2019 la parte ricorrente ribadisce la fondatezza del ricorso.
Il Comune di Vico Equense, in memoria depositata, in entrambi i ricorsi, in data 10.05.2019, eccepisce preliminarmente l’irricevibilità dei ricorsi per tardività, atteso che il permesso di Costruire in sanatoria n. 40/2016 è stato depositato dal sig. P E in data 11.11.2016 nell’ambito del giudizio R.G. n. 850/2014 pendente tra le stesse parti;l’inammissibilità dei ricorsi per carenza di interesse o di legittimazione a ricorrere, atteso che, per giurisprudenza costante, per impugnare il permesso di costruire non basta la vicinitas ma occorre la prova di un danno ulteriore che non può coincidere con la mera abusività dell’opera;la tardività del gravame anche quanto all’impugnativa del Decreto n. 22 del 16.02.2015 recante autorizzazione Paesaggistica in sanatoria;e l’infondatezza del merito, essendo stata dimostrata tramite perizie la preesistenza delle opere contestate, come condiviso anche dal Tar Campania Napoli, Sez. VII, nella sentenza n. 5936/2016, con cui è stata dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse relativamente al ricorso RG 850/2014, integrato da motivi aggiunti, avente ad oggetto l’impugnativa da parte del sig. P E dell’ordinanza di demolizione n. 473/13.
La parte controinteressata, in un’articolata memoria depositata, in entrambi i ricorsi, in data 10.05.2019, eccepisce l’infondatezza dei ricorsi, ed eccepisce l’irricevibilità del ricorso n. 829/2017.
In memoria di replica depositata, in entrambi i ricorsi, in data 20.05.2019 la parte ricorrente ribadisce la ricevibilità dei ricorsi, atteso che il termine di pubblicazione del permesso di costruire in sanatoria scadeva in data 25.11.2016 e che il deposito del permesso in giudizio non può sostituire il meccanismo legale di pubblicazione degli atti;precisa che la legittimazione di essi ricorrenti è palese, ed è stata accertata in numerosi altri giudizi;nel merito, ribadisce la fondatezza del ricorso.
In memoria di replica depositata, in entrambi i ricorsi, in data 21.05.2019 la parte controinteressata ribadisce l’infondatezza dei ricorsi.
All’udienza pubblica del 12.06.2019, con ordinanza collegiale n. 3560/2019, si è disposta la riunione dei ricorsi RG 557/2017 e RG 829/2017 e si è disposta anche una verificazione, al fine di: 1) accertare la data di presumibile realizzazione delle opere indicate sub a), c) e d) nell’ordinanza n. 473 del 14 novembre 2013, specificando in particolare se debbano ritenersi anteriori al 1955;2) accertare se le opere indicate sub b) e g) nell’ordinanza n. 473 del 14 novembre 2013 possano essere considerate parte integrante della pratica di condono edilizio prot. 18992 del 30.09.86.
In data 04.03.2020 è stata depositata la verificazione.
In memoria depositata in data 1°.05.2020 la parte controinteressata ribadisce la tardività del ricorso n.557/2017 e comunque l’infondatezza dello stesso, mettendo in particolare in evidenza che, quanto alla mancanza del nulla osta di cui all’art. 55 cod. nav., era maturato il silenzio assenso, e che comunque il n.o. avrebbe potuto essere acquisito successivamente;quanto al ricorso n. 829/2017, la parte controinteressata ne eccepisce la tardività, atteso che tale ricorso è stato notificato solo in data 15.2.2017, mentre il permesso di costruire in sanatoria n. 87/2016 era stato depositato nel giudizio n. 850/2014, svoltosi inter partes in data 3.11.2016. Inoltre, il permesso in sanatoria n. 87/2016 era stato pubblicato all’Albo Pretorio del Comune dal 14.10.2016 al 29.10.2016 e pertanto lo stesso avrebbe dovuto essere sottoposto a gravame al più tardi entro il 28.12.2016. La parte controinteressata deduce infine l’infondatezza del ricorso anche nel merito, sull’assunto che sarebbe stata provata la risalenza delle opere.
In memoria depositata in data 2.05.2020 la parte ricorrente ribadisce che le domande di condono erano state proposte sulla base di dichiarazioni false;le dimensioni della piscina sono tali da rendere del tutto inverosimile che essa fosse stata ricavata utilizzando la preesistente cisterna;erano state realizzate opere di rilevantissimo impatto in un’area di pregio paesaggistico ed archeologico;mancava il previo assenso dell’Autorità Marittima, indispensabile ai sensi dell’art. 55 del Cod. Navigazione. Inoltre, si ribadisce la tempestività dei ricorsi, atteso che il termine per proporre l'impugnazione decorreva dal giorno di scadenza del periodo della pubblicazione di 15 giorni, e cioè dal 25 novembre 2016 (in realtà 26 novembre 2016, visto che la pubblicazione aveva avuto inizio, come detto, l’11 novembre): il ricorso n. 557/2017, spedito per la notifica in data 24 gennaio 2017, è dunque pienamente tempestivo. È irrilevante che gli atti siano stati depositati in altro giudizio perché, per giurisprudenza costante, ciò non determina una presunzione di conoscenza.
In memoria di replica depositata in data 13.05.2020, la parte controinteressata ribadisce che la presunta falsità delle dichiarazioni, lamentata da parte ricorrente, non è assolutamente dimostrata, ma solo dedotta dalla parziale coincidenza delle dichiarazioni circa l’esistenza della cisterna nei due condoni, che sarebbe “sospetta” perché riguardante “ due distinti abusi, aventi una connotazione ed una genesi assolutamente diversa e riversati in due distinte, e successive, istanze di condono edilizio ”. Inoltre, “sospetta” sarebbe anche la presentazione di due distinti condoni;ma la coincidenza delle dichiarazioni si spiega appunto per il fatto che la volumetria interrata, corrispondente alla cisterna, ha generato sia la volumetria della piscina che quella residua dei locali interrati. Per quanto concerne il ricorso n. 829/2017, le argomentazioni di controparte volte a dimostrare il tempo di realizzazione delle opere per cui è causa consistono sostanzialmente nel sostenere che tutto quanto non rappresentato nei grafici allegati alle istanze di condono sarebbe stato successivamente realizzato;ma tale affermazione è stata smentita, sia dalla documentazione depositata in atti dall’Amministrazione, sia, in larghissima parte, dalla verificazione.
In memoria di replica depositata in data 13.05.2020 la parte ricorrente osserva che, come infine riconosciuto dalla stessa controparte, non è vero che gli interventi ulteriori rispetto a quelli oggetto di condono realizzati all’immobile prospiciente la spiaggia de “Il Pezzolo” sono ricompresi o connessi alle domande di condono;sicché viene meno il presupposto che aveva giustificato l’adozione dell’ordinanza di revoca n. 358/16 (oggetto del giudizio r.g. 829/17). Osserva, inoltre, che l’art. 55 cod. nav. prevede una fattispecie non di silenzio assenso, ma di silenzio diniego, sicché l’inerzia della p.a. ha comportato conseguenze opposte a quelle invocate dalla parte controinteressata.
1.1. Preliminarmente, occorre esaminare le eccezioni di irricevibilità ed inammissibilità dei ricorsi, opposte dall’Amministrazione comunale e dalla parte controinteressata.
Le eccezioni non sono fondate.
1.2. Tanto il Comune, quanto la parte controinteressata, hanno eccepito la tardività del ricorso n. 557/2017 RG, e dunque anche del ricorso n. 829/2017, atteso che il permesso di Costruire in sanatoria n. 40/2016 è stato depositato dal sig. P E in data 11.11.2016 nell’ambito del giudizio R.G. n. 850/2014 pendente tra le stesse parti.
L’eccezione di irricevibilità è, tuttavia, infondata perché, come osservato dalla parte ricorrente, è irrilevante che gli atti siano stati depositati in altro giudizio;per giurisprudenza costante, infatti, ciò non determina una presunzione di conoscenza degli stessi: in tal senso, Cons. giust. amm. Sicilia, 06/09/2016, n. 285;nonché Tar Campania Napoli Sez. VII Sent., 22/01/2015, n. 423.
1.3. Il Comune ha inoltre eccepito l’inammissibilità dei ricorsi per carenza di interesse, o di legittimazione a ricorrere, richiamando quella giurisprudenza secondo cui, per impugnare il permesso di costruire, non basta la vicinitas , ma occorre la prova di un danno ulteriore, che non può coincidere con la mera abusività dell’opera. Anche tale eccezione è infondata: questa Sezione ha già più volte riconosciuto sia agli odierni ricorrenti, sia all’odierno controinteressato, la legittimazione e l’interesse a ricorrere, reciprocamente, contro l’attività edificatoria del vicino (ovvero la controparte), per essere le rispettive proprietà confinanti e per trovarsi gli immobili in posizione di vicinitas tale da pregiudicare il godimento ed i diritti reciproci di proprietà. Come ritenuto da questa Sezione, “… il ricorrente [attuale controinteressato] è proprietario dell’area confinante con quella su cui sorge l’immobile, oggetto del presente giudizio, ed ha, pertanto, lo stabile insediamento nei luoghi incisi dall’azione amministrativa (c.d. vicinitas), che, secondo la consolidata giurisprudenza, è requisito per il riconoscimento della legittimazione ad impugnare gli atti amministrativi in materia urbanistica e, in generale, di gestione del territorio (cfr. Cons. Stato, IV, 25.6.2013, n. 3456;Cons. Stato, VI, 9.7.2012, n. 4035).
8.3. La c.d. vicinitas costituisce, infatti, un elemento sufficiente a radicare la legittimazione del confinante, sicché non è necessario accertare, in concreto, se i lavori assentiti dal permesso di costruire impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l’impugnazione, in quanto la realizzazione di interventi che alterano il preesistente assetto urbanistico ed edilizio è pregiudizievole in re ipsa, in ragione dell’idoneità degli stessi a determinare una maggiore tropizzazione (traffico, rumore), una minore qualità panoramica, ambientale, paesaggistica, nonché una possibile diminuzione di valore dell’immobile ” (Tar Campania, Napoli, Sez. VII, n. 423/2015).
2.1. Nel merito, i ricorsi non sono fondati e vanno respinti per i motivi di seguito precisati.
La prima censura di entrambi i ricorsi, con cui ci si duole della non condonabilità degli abusi perché lo stato dei luoghi sarebbe stato stravolto e perché il controinteressato avrebbe dato una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi, è infondata. Infatti, la verificazione ha accertato che: 1) il locale bagno in muratura con copertura destinata a terrazzo praticabile è anteriore al 1955;quanto alle aiuole ed al vialetto centrale pavimentato, tale area a giardino preesisteva agli anni ’40, ma non si può essere certi che la conformazione attuale per materiali ed andamento planimetrico dei vialetti e delle aiuole, fosse quella preesistente all’anno 1955;quanto ai due locali in muratura in prossimità della piscina, con piccola scala in muratura di accesso alla copertura di detto ambiente, il verificatore afferma di non poter assicurare con certezza che essi siano antecedenti al 1955. Infatti, anche se, come si evince dalla verificazione, l’unico dato oggettivo è costituito dal “ solo risultato dell’esame radiocarbonico, eseguito presso il laboratorio CIRCE della Seconda Università di Napoli, che data ‘sicuramente antecedenti all’anno 1955’ i due campioni di malta prelevata dal tecnico di parte ricorrente ing. D’Esposito ”, secondo il verificatore “ non può che rilevarsi con certezza assoluta, che i campioni esaminati, risultano gli stessi prelevati, anche se la consegna dei prelievi viene effettuata con perizia giurata del tecnico di parte sul prelievo ”;2) quanto alle aiuole ornamentali presenti nell’area circostante alla piscina, possono essere considerate parte integrante della pratica di condono edilizio di cui al prot. 18992 del 30/9/1986;quanto al piccolo locale WC nella camera da letto oggetto di condono edilizio, può essere considerato parte integrante della pratica di condono edilizio di cui al prot. 18992 del 30/9/1986.
Dunque, la verificazione ha confermato quanto sostenuto dal Comune e dalla parte controinteressata, secondo cui era stato accertato che le opere contestate ai punti g) ed h) dell’ordinanza n. 473/2013 erano ricomprese nelle istanze di condono prot. n. 18992/1986 e 26115/1986. Appare, dunque, plausibile quanto sostenuto dalla parte controinteressata (memoria depositata in data 1°.05.2020), ovvero che “ la mancata graficizzazione delle opere oggetto della ordinanza n. 473/2013, poi revocata, nell’ambito dell’istanza di condono si spiega col fatto che si trattava di manufatti accessori di minima consistenza ed in nessun modo connessi con le opere che si è chiesto di condonare, e pertanto di oggetti che il tecnico, per tali ragioni, non aveva ritenuto necessario rappresentare. Peraltro, le dette opere, pur non rappresentate nei grafici, compaiono nella documentazione fotografica allegata all’istanza di sanatoria e tale circostanza, assieme alle altre evidenziate dall’odierno controinteressato, ha indotto il Comune a revocare l’ordinanza di demolizione ”. Come ritenuto in giurisprudenza, affinché sussistano gli estremi di una falsa e dolosa rappresentazione dello stato dei luoghi, le omissioni e le inesattezze devono essere rilevanti (Tar Campania, Salerno, Sez. II, n. 1702/2019).
Per quanto concerne le opere di cui ai punti a), b) e d) della predetta ordinanza, già con nota prot. n. 34261/2014, si attestava la loro legittimità per preesistenza;e la verificazione ha, anche su tali opere, confermato la legittimità dell’azione amministrativa. In particolare, per quanto concerne i due locali in muratura in prossimità della piscina, la verificazione – se non ha potuto assicurare con certezza la loro realizzazione prima del 1955 – ha comunque confermato il carattere scientifico dell’esame radiocarbonico;e del resto la stessa Amministrazione comunale ha mostrato di condividere le risultanze delle indagini effettuate dal consulente della parte controinteressata. In mancanza di elementi probatori che datino con certezza la realizzazione di tali locali in epoca successiva, deve ritenersi ragionevole la scelta dell’Amministrazione di revocare l’ordine di demolizione relativamente ai predetti manufatti.
2.2. Nella prima censura si afferma anche che sarebbe stata falsamente attestata la presenza di una cisterna, dal cui ingombro volumetrico sono state ricavate la piscina ed i locali interrati;ciò si desumerebbe dal fatto che nelle due istanze di sanatoria è ripetuta la stessa dichiarazione e dal fatto che è inverosimile che la cisterna occupasse un’area tanto estesa e geometricamente irregolare. In particolare, la realizzazione dei locali interrati sarebbe, secondo i ricorrenti, avvenuta dopo la presentazione della prima istanza di condono.
Anche sotto tale aspetto la censura è infondata. È provato che la cisterna esistesse prima del 1973;come osservato dalla parte controinteressata, “ v’è in atti la concessione demaniale marittima del 5.7.1973 (all. A2 della perizia a firma dell’ing. Trassari depositata il 2.5.2019) nel quale sono descritti “i locali ubicati a tergo del varco” da aprire sul demanio e che costituiva appunto oggetto della relativa concessione. La preesistenza dei locali interrati, oggetto del secondo condono, è descritta nella stessa relazione tecnica allegata al primo condono, nell’ambito della quale ci si riferisce ad un varco nel muro di cinta;varco che, ovviamente, non avrebbe altra ragion d’essere se non, appunto, quella di consentire l’accesso ai locali di sgombero ricavati dalla volumetria della cisterna “dove non occupata dalla piscina”. Ne deriva che, in relazione a tali locali, nel 1973 era stato realizzato il cambio di destinazione d’uso da cisterna a deposito oggetto del secondo condono. Si ricorda, poi, che del varco, avente esclusivo uso di accesso ai locali interrati, era stata chiesta la sanatoria con il primo condono ”. Secondo la parte ricorrente, non è verosimile che la cisterna occupasse un’area tanto estesa e geometricamente irregolare;tale affermazione, tuttavia, non risulta provata. La parte controinteressata, tramite la propria consulenza di parte, ha invece offerto almeno un principio di prova dell’ingombro della cisterna, che si desume dalla attuale presenza di due pozzi, e che risulta avere un’estensione comprendente sia l’ingombro della piscina che quello dei locali interrati. Se è verosimile che i locali siano stati realizzati prima del 1973 – atteso che nel 1973 è stato effettuato il cambio di destinazione d’uso – diventa irrilevante anche la proposizione di due distinte domande di condono (peraltro, la parte controinteressata ha dato una spiegazione convincente del perché siano state presentate due domande: una delle due ha un oggetto distinto, perché relativo ad opere non residenziali, cui è allegato il solo modello D).
La prima censura di entrambi è ricorsi è dunque infondata;e, di conseguenza, sono infondate anche la seconda e la terza censura del ricorso RG 557/2017.
3.1. È infondata anche la quarta censura del ricorso RG 557/2017. Secondo i ricorrenti, la sottrazione della proprietà del P al vincolo specifico di imposizione statale (annullato con sentenza del TAR Campania n. 5499/2013) non può far venir meno il vincolo archeologico generico autonomamente imposto sull’area dagli Enti preposti alla tutela del territorio. Tuttavia, in primo luogo deve ritenersi che il piano di fabbricazione del 1964, da cui i ricorrenti fanno discendere tale vincolo generico, sia stato abrogato e sostituito dal PRG del Comune, approvato con D.P.G.R. n. 1032 del 03/09/2003. In secondo luogo, il piano in questione così prevedeva: “ la zona adiacente alla marina di Equa, di interesse archeologico, in cui subordinatamente ai vincoli dovuti a rinvenimenti archeologici, potranno essere ammesse anche costruzioni dell’industria turistica ”. In effetti, la norma consentiva – nella zona in questione – costruzioni dell’industria turistica, facendo salvi eventuali vincoli archeologici (imposti, è da ritenere, dalla Soprintendenza) in seguito al rinvenimento (altrettanto eventuale) di reperti archeologici;e dunque, il piano di fabbricazione non imponeva esso stesso un vincolo archeologico ma prevedeva disposizioni nel caso fossero stati imposti, dall’Autorità statale, vincoli di natura archeologica.
4.1. Anche la quinta censura del ricorso RG 557/2017, con cui ci si duole della carenza di motivazione del parere favorevole di compatibilità paesaggistica, è infondata. Come si evince dal provvedimento n. 22/2015, la motivazione dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, per quanto concerne l’istanza n. 1588/1, è che “ trattasi della realizzazione di piccoli incrementi volumetrici a preesistente fabbricato anche con realizzazione di piccola piscina in luogo di vetusta cisterna;