TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2019-07-15, n. 201903887

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2019-07-15, n. 201903887
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201903887
Data del deposito : 15 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/07/2019

N. 03887/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01771/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1771 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da
R M, rappresentata e difesa dall’avvocato F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Napoli alla via A. De Gasperi n. 45;

contro

Ministero per i Beni e le Attività culturali - Soprintendenza speciale per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Napoli, Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Napoli alla via A. Diaz n. 11;

per l’annullamento

quanto al ricorso originario:

dell’ordinanza di rilascio della Soprintendenza per il Patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Napoli prot. n. 587 del 29 gennaio 2013;
nonché, per quanto possa occorrere

degli atti ivi richiamati, ovvero: del verbale dell’Agenzia del Demanio del 2 luglio 2010;
della nota soprintendentizia prot. n. 175 del 25 ottobre 2012;
del parere dell’Avvocatura dello Stato del 14 novembre 2012, acquisito con nota prot. n. 8023 del 26 novembre 2012;
nonché

per il risarcimento dei danni subiti e subendi;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 6 ottobre 2016:

del provvedimento del Polo museale della Campania prot. n. 5039 del 30 giugno 2016;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 12 luglio 2018:

della nota del Polo museale della Campania prot. n. 3924 dell’11 maggio 2018;

della relazione di stima del canone di locazione in data 13 aprile 2108;
delle risultanze dell’istruttoria di cui si dà conto nella predetta relazione, degli allegati alla stessa e dei provvedimenti richiamati nella relazione istruttoria ivi compresa, per quanto possa rilevare, la circolare del Ministero per i Beni e le Attività culturali n. 40/2017;

quanto ai motivi aggiunti depositati presentati il 1° ottobre 2018:

degli allegati tutti alla memoria di costituzione della Avvocatura distrettuale dello Stato depositati in data 6 settembre 2018, segnatamente: rapporto informativo;
controdeduzioni tecniche al ricorso;
comunicazione importo indennità;
comunicazione avvio del procedimento;
redazione di stima con allegati e circolare n. 8/2017, già oggetto di impugnazione in uno ai precedenti motivi aggiunti;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale di Napoli e dell’Agenzia del Demanio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 maggio 2019 la dott.ssa V I e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio riguarda un’unità immobiliare sita in via Giacomo Piscicelli n. 1/M, composta da tre vani e accessori, al secondo piano dello stabile denominato “Palazzina Rothschild”, facente parte del complesso “Villa Pignatelli” – dichiarato d’interesse particolarmente importante ai sensi della legge n. 364/1909 e poi della legge n. 1089/1939 – occupata dalla ricorrente, sig.ra R M, in forza di « atto di concessione di alloggio in fabbricato di proprietà dello Stato a favore di dipendente statale », rilasciato dal Ministero delle Finanze - Direzione generale del Demanio, suscettibile – per espressa previsione ivi contenuta – « di revoca ... in qualsiasi momento a suo [dell’Amministrazione] insindacabile giudizio », venuto a scadenza il 30 novembre 1995 (non risultano prodotti dalle parti successivi rinnovi).

Con decreto del 27 luglio 1950, il Ministro della Pubblica istruzione:

- visto l’art. 71, legge n. 1089/1939 sulla tutela delle cose d’interesse artistico e storico;

- ritenuto che « il Palazzo Monteleone-Pignatelli con parco accessori dipendenze - Riviera di Chiaia, 200 », in Napoli, frazione di Chiaia, segnato in catasto ai numeri 139,140,138,137,128,129 foglio 14, di proprietà di A A P C, « conserva tutt’ora, ai sensi della citata legge, l’interesse particolarmente importante già notificato al proprietario in data 24/3/1923 ai sensi della legge 20 giugno 1909, n. 364 e del regolamento esecutivo approvato con R.D. 30 gennaio 1913 n. 363 »;

ha « confermato l’interesse particolarmente importante, ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089, e per i motivi sopra indicati, dell’immobile sopradescritto, il quale, pertanto rimane sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge stessa » e disposto che « a cura del competente Soprintendente alle opere d’arte [la dichiarazione] verrà quindi trascritta presso la Conservatoria dei registri immobiliari ed avrà efficacia in confronto di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo ».

2. Successivamente all’apposizione del vincolo, il complesso monumentale denominato “Villa Pignatelli - Museo Pignatelli” è pervenuto in proprietà dello Stato, iscritto nell’inventario descrittivo dei beni appartenenti al Demanio storico-artistico con l’identificativo NAD0039: in parte per legato, da parte della signora Rosa Fici vedova Aragona Pignatelli Cortes alla sua morte avvenuta nel 1955, della quota di proprietà della stessa « del complesso immobiliare costituente la villa sita in Napoli alla Riviera di Chiaia n. 200, complesso formato dal fabbricato principale costituente la villa propriamente detta, dal parco annesso, dal fabbricato diruto più piccolo ad ovest del fabbricato principale, dal fabbricato (piano terreno ammezzato e due piani superiori) con ingresso dal Vico 1° S. Maria in Portico n. 1/M, da due piccoli fabbricati all’ingresso della Riviera di Chiaia, di cui uno adibito a portineria e l’altro a Cappella, da altri piccoli accessori;
il tutto … riportato nel catasto fabbricati del Comune di Napoli alla partita 18138, mappali 1105/14/127;
1127/16/138;
1128/14/139;
1129/14/139, 2783/14/347, 1126/14/136)
» (come riportato nel successivo “atto di permuta e transazione” del 3 aprile 1958);
in parte per atto di permuta e transazione, stipulato tra lo Stato e la signora Anna Maria Aragona Pignatelli Cortes (erede della signora Rosa Fici) in data 3 aprile 1958.

3. Con il “verbale di ripresa in consegna e di consegna”, prot. n. 2010/10188/FCAM/PA del 2 luglio 2010, avente ad oggetto « immobili ad uso governativo “Complesso monumentale Villa Pignatelli” NAD0039 … di proprietà dello Stato, da adibire per i fini istituzionali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano », l’Agenzia del Demanio - Filiale Campania:

a) premesso che:

- « il Mibac utilizza la maggiore consistenza del complesso monumentale demaniale sito in Napoli alla Riviera di Chiaia denominato “Villa Pignatelli - Museo Pignatelli”, composto dal prestigioso omonimo Museo oltre altri fabbricati ed annesso parco, iscritto nell’inventario descrittivo dei beni appartenenti al Demanio Storico Artistico con l’identificativo NAD0039 »;

- « il complesso è costituto: da un fabbricato denominato Museo Pignatelli che si eleva per due piani fuori terra oltre piano interrato, adibito spazi museale;
da un fabbricato denominato “Palazzina Rotshield” che si eleva per quattro piani fuori terra e che per la maggiore consistenza è adibita ad uso residenziale in uso a privati, con l’eccezione delle consistenze ubicate al piano terra in uso al Mibac per depositi ed una porzione del Museo delle Carrozze, ed una ulteriore porzione ubicata al primo piano … all’attualità non utilizzata ed allo stato grezzo;
da un corpo di fabbrica denominato Museo delle Carrozze (Fabbricato A);
… da un corpo di fabbrica denominato Palazzina uffici (Fabbricato B) …
»;

- « a seguito della variazione delle originali consistenze e della necessità di ridefinire la competenza del Mibac anche sulle minori consistenze in uso sino ad ora a privati ed ad altre pubbliche amministrazioni, la Superiore Direzione Area Operativa dell’Agenzia del Demanio ha manifestato alla Filiale Campania l’opportunità di procedere alla dismissione di tutte le porzioni già consegnate all’ora Soprintendenza alle Gallerie ed Opere d’Arte di Napoli e Campania, con contestuale sottoscrizione di nuovo verbale di consegna al Mibac, e per esso alla competente Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano »;

b) rilevato che « la gestione del bene culturale demaniale (art. 53 del D.Lgs n. 42/2004 e cioè appartenente allo Stato, alle Regioni ed agli altri Enti Pubblici Territoriali) implica l’esercizio di una pubblica funzione che deve essere esercitata esclusivamente dal Mibac ai sensi dell’art. 4 del Codice dei Beni Culturali, il quale conferisce la tutela anche per i beni non in consegna »;

c) visto « l’art. 106 del T.U. sui Beni Culturali ai sensi del quale l’uso particolare dei beni culturali è subordinato comunque e sempre “all’autorizzazione del Mibac, rilasciata a condizione che il conferimento garantisca la conservazione e la fruizione pubblica del bene e sia assicurata la compatibilità della destinazione d’uso con il carattere storico-artistico del bene medesimo” »;

d) ritenuto che « essendo il Mibac deputato a valutare gli usi e le finalità compatibili con la destinazione culturale dei beni di demanio storico artistico, nell’ipotesi di immobili in consegna al Mibac con utilizzi diversi all’interno degli stessi, laddove il Mibac sia consegnatario della maggiore porzione di un immobile a scapito di una parte inutilizzata, è necessario che assuma in consegna l’intero compendio in modo da garantire l’unitarietà degli stessi »;

ha ripreso in consegna dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano le consistenze di cui al citato verbale di consegna del 12 luglio 1958, e, contestualmente, ha consegnato alla medesima Soprintendenza il compendio demaniale denominato “Villa Pignatelli”, consistente nel « Complesso monumentale con annesso parco, con tutti i corpi di fabbrica insistenti … censito al N.C.E.U. del comune di Napoli alla sezione Chiaia, foglio 14, p.lle 127, 135, 138, 139, 140, 142 e comprende [nte] ulteriori 2 fabbricati non individuati catastalmente … » (NAD0039), precisando che « tutti gli usi temporanei da parte di terzi non rientranti nell’assegnazione in uso governativo, compresi gli eventuali contratti uso abitativo con cui la Soprintendenza voglia regolarizzare i titoli scaduto o i sine titulo … saranno gestiti direttamente dalla Soprintendenza Speciale per il polo Museale napoletano a decorrere dal 01/08/2010, nelle forme e con le modalità previste all’uopo dalla normativa cui tale Ministero è assoggettato ».

Dall’allegato 3 del predetto verbale, risulta che la ricorrente occupava l’immobile a fa data dal « 01/12/1984 », in regola coni pagamenti.

4. A seguito di tale “consegna”, la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano ha inviato alla ricorrente la comunicazione di avvio del procedimento di rilascio dell’immobile ai sensi dell’art. 823, co. 2, cod. civ., con nota n. 6013 del 10 settembre 2012.

5. Con l’impugnato provvedimento n. 587 del 29 gennaio 2013, la stessa Soprintendenza ha ordinato alla sig.ra R M « di liberare da cose, persone ed impianti l’immobile di proprietà demaniale/patrimonio indisponibile, denominato Palazzina Rotschild in Via Giacomo Piscicelli 1/M , … entro il termine di 120 giorni decorrenti dalla notifica del presente provvedimento riconsegnando tale bene alla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Napoli », avendo ritenuto che:

a) è « inconfigurabile ... una rinnovazione tacita del contratto » (cfr. parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli reso in data 14 novembre 2012);

b) « vertendosi in materia di uso a titolo abitativo di beni demaniali, pare insuperabile il rilievo dell’assenza di un formale rinnovo del titolo concessorio a favore della Dott.ssa Muzii;
pertanto l’attuale condizione di occupante dell’immobile deve essere ricondotta ad un atto di mera tolleranza dell’Amministrazione
»;

c) « né, del resto, il pagamento del canone potrebbe assumere rilievo dirimente, in quanto l’avvenuta percezione del “canone” trova fondamento nel principio generale secondo cui l’occupante sine titulo deve comunque tenere indenne il proprietario del bene per il danno derivante dal mancato rilascio »;

d) « non [è] configurabile alcun obbligo di stringente motivazione circa la futura destinazione d’uso dell’immobile ... prescritto per il solo caso di esercizio del potere di revoca in corso di concessione (peraltro, genericamente riguardante la sussistenza di “esigenze governative”) ».

6. Avverso tale determinazione, la ricorrente muove diverse censure, sostenendo: il difetto di motivazione del provvedimento impugnato;
l’avvenuto rinnovo per facta concludentia del titolo di godimento dell’immobile, da qualificarsi come rapporto di locazione mai disdetto e fondato sul perdurante rapporto di servizio (poi cessato nelle more della definizione del presente giudizio;
cfr. memoria del 24 aprile 2019);
l’insussistenza in capo alla Soprintendenza del potere di autotutela demaniale sul bene, mediante l’adozione dell’ordinanza di rilascio, che spetterebbe invece all’Agenza del Demanio, cui l’art. 65 del d.lgs. n. 300/1999 attribuisce l’amministrazione dei beni immobili dello Stato;
la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, per l’inesistenza di una norma attributiva all’Amministrazione dei beni culturali di poteri di autotutela demaniale;
la mancanza della effettiva destinazione pubblica del bene, da cui deriverebbe l’appartenenza dello stesso al patrimonio disponibile dello Stato e l’inapplicabilità degli strumenti della c.d. autotutela demaniale.

7. Il ricorso è infondato.

In primo luogo, devono richiamarsi:

- l’art 822, co. 2, cod. civ., secondo il quale « fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, … gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia;
le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche
…»;

- l’art. 53 del d.lgs. n. 42/2004, secondo il quale « i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali che rientrino nelle tipologie indicate all’articolo 822 del codice civile costituiscono il demanio culturale »;
« i beni del demanio culturale non possono essere alienati, né formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei limiti e con le modalità previsti dal presente codice ».

Il Collegio rileva che non può trovare accoglimento la tesi di parte, che vorrebbe veder considerati Villa Pignatelli e la Palazzina Rothschild (ancorché attigui) come immobili distinti e autonomi, adibiti a finalità diverse: museale il primo, alloggiativa la seconda.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha chiaramente affermato che non si può « ragionevolmente affermare che un compendio, … possa essere oggetto di vincolo “per singole parti” », atteso che per definizione ricadono sotto il vincolo « tutte le strutture e gli spazi, murati o meno, che concorrevano ad integrare - in continuità tra loro - la fisionomia complessiva » del bene costituente rilevante testimonianza storico-artistica (sez. IV, sent. n. 5549/2018).

Oggetto del vincolo non sono dunque “singoli immobili”, strutturalmente frazionabili dal resto, ma, inevitabilmente, l’intero complesso unitariamente considerato, il quale proprio in quanto unicum – non frazionabile sotto questo profilo – assume interesse storico-artistico.

Tale conclusione è sorretta dalle vicende, come sopra ricostruite, che storicamente hanno interessato l’intero complesso, il quale – fin dall’apposizione del vincolo e poi in sede di trasferimento allo Stato – è sempre stato oggetto di unitaria considerazione. Di ciò è altresì prova il fatto che il Demanio ha ritenuto necessario garantire per il “Complesso monumentale Villa Pignatelli” una gestione unitaria e coerente con le finalità di tutela, attraverso la “ripresa in consegna” e “consegna” di tutti i beni che lo compongono all’Amministrazione preposta al vincolo, in data 2 luglio 2010.

8. La natura demaniale della Palazzina Rothschild non può essere superata neanche in ragione della destinazione asseritamente “non a servizio pubblico” impressa all’immobile.

Il Collegio non ignora l’esistenza di due precedenti (e coeve) pronunce del Consiglio di Stato, nelle quali si è ritenuto che il bene e gli appartamenti che lo compongono « fanno parte del patrimonio disponibile dell’Amministrazione, essendo la effettiva e attuale loro destinazione diversa da quella del servizio pubblico poiché utilizzati come beni economici » (sez. VI, sent. n. 4553 e sent. n. 4554/2015). Tuttavia ritiene di doversene discostare – come già in precedenti pronunce – in adesione a quanto affermato dallo stesso Consiglio di Stato in altra sentenza (sez. VI, sent. n. 1839/2012) su una fattispecie identica, per le ragioni di seguito rappresentate.

Giova rilevare, al riguardo, che la Palazzina è stata significativamente oggetto, in favore della ricorrente non di un contratto di locazione bensì di un provvedimento di concessione amministrativa di alloggio, di durata prestabilita e insuscettibile di rinnovo tacito. La concessione alloggiativa costituisce un uso non solo compatibile, ma a certe condizioni strumentale alla destinazione pubblicistica del complesso museale. Sicché giammai tale utilizzo, ancorché produttivo di un’entrata per lo Stato, potrebbe determinare la sdemanializzazione del bene. La connessione funzionale tra la concessione del bene a fini alloggiativi e lo svolgimento del rapporto di servizio fa sì che la cessazione di questo determini – per l’indirizzo giurisprudenziale espresso dalla Sezione – la decadenza della concessione demaniale « in base al principio simul stabunt, simul cadent, a nulla rilevando che l’assegnatario … sia stato successivamente lasciato sine die nella disponibilità di fatto dell’alloggio » (sent. n. 3045/2013;
in termini, T.A.R. Lazio Roma, III, sent. n. 768/2010).

Non solo, dunque, non c’è contraddittorietà tra la demanialità del bene e la concessione dello stesso in uso a privati verso la prestazione di un canone, ma anzi la concessione in uso a terzi costituisce un modo tipico di esercizio da parte dell’Amministrazione del possesso di un bene demaniale, « il regime di concessione costituendo uno dei modi fisiologici alternativi d’uso indiretto e di disposizione dei beni pubblici da parte dell’Ente titolare » (cfr. Cass. civ., II, sent. n. 9682/2014 e sent. n. 14917/2001).

Per le medesime ragioni, giammai si potrebbe parlare, in questa fattispecie, di “sdemanializzazione tacita”, non ricorrendo affatto « comportamenti inequivoci dell’ente proprietario, incompatibili con la volontà di conservare il bene all’uso pubblico, tali da non potere essere desunti dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito anche da lungo tempo ad uso pubblico » (Cons. di Stato, V, sent. n. 3273/2016;
in termini, Cass. civ., II, sent. n. 4827/2016).

Nel caso in esame, sia l’Amministrazione del Demanio sia il Ministero per i Beni e le Attività culturali – lungi dal porre in essere comportamenti contraddittori rispetto all’uso pubblico del bene per il quale è causa – hanno costantemente rappresentato l’intento di farne cessare l’abusiva occupazione da parte degli occupanti sine titulo e di recuperarlo alla destinazione pubblica.

Come già affermato da questa Sezione, « non si vede come possa essere prospettata una sdemanializzazione, per di più tacitamente e indipendentemente da un formale atto di sclassificazione, quale conseguenza della asserita ed apodittica cessazione della destinazione del bene al pubblico servizio, in presenza, viceversa, di atti da cui si evince con chiarezza la volontà di conservare e riaffermare quella destinazione » (T.A.R. Napoli, VII, sent. 910/2017, confermata dal Cons. di Stato, V, con sent. n. 4543/2018).

Nessun rilievo, in relazione alla natura del bene, può infine assumere l’allegata diversa categoria catastale della Palazzina Rothschild (A/4 Abitazioni di tipo popolare) rispetto alla Villa Pignatelli: la destinazione della Palazzina Rothschild è compatibile con l’uso alloggiativo che ne è stato fatto, ma non implica la sottrazione del bene all’uso pubblico connesso con la demanialità dello stesso.

Il complesso monumentale di “Villa Pignatelli” è inserito nella consistenza demaniale dello Stato e come tale è stato trasferito dall’Agenzia del Demanio alla competente Soprintendenza;
la valutazione in ordine alla destinazione pubblicistica rimane dunque di stretta pertinenza dell’Amministrazione preposta alla tutela di tali beni. Spetta quindi solo all’Amministrazione stabilire come il cespite possa partecipare alla complessiva gestione, cura e valorizzazione del patrimonio pubblico, senza che possano al riguardo rilevare l’ubicazione, la consistenza ovvero l’accatastamento dell’immobile.

L’interesse pubblico cui l’immobile è destinato deve, infine, considerarsi preminente rispetto a quello privato alla detenzione del bene e giustifica di per sé la liberazione dell’immobile – ormai detenuto sine titulo – in tutte le sue parti.

9. L’acclarata demanialità del bene legittima l’esercizio dell’autotutela possessoria in via amministrativa ex art. 823, co. 2, cod. civ. da parte della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano, in quanto Amministrazione preposta alla tutela del vincolo impresso sul bene.

Come sopra riportato, con verbale di ripresa in consegna e di consegna n. 2010/10188/FCAM/PA del 2 luglio 2010, l’Agenzia del Demanio ha consegnato alla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano il compendio demaniale denominato “Villa Pignatelli”, sul rilievo che « al fine di garantire l’esercizio unitario delle funzioni di tutela [del patrimonio culturale] , ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, le funzioni stesse sono attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali … [il quale] esercita le funzioni di tutela sui beni culturali di appartenenza statale anche se in consegna o in uso ad amministrazioni o soggetti diversi dal Ministero » (art. 4, d.lgs. n. 42/2004).

10. Infondato è altresì il motivo con il quale la ricorrente lamenta il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, in ordine alle ragioni dell’intimato rilascio e alla diversa destinazione d’uso pubblico che la Soprintendenza intenda imprimere al bene: « la pubblica amministrazione ha diritto a riottenere l’alloggio demaniale assegnato al dipendente, una volta che si sia maturata la perdita del titolo, atteso che l’assegnazione di detti alloggi viene effettuata essenzialmente per garantire il funzionamento dei servizi, e solo indirettamente per assecondare le esigenze abitative degli interessati” (Tar Toscana, Sez. I, n. 1325/2008). Ne consegue che eventuali vizi formali risultano irrilevanti ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 l. n. 241/1990, non potendo il provvedimento avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato » (T.A.R. Napoli, VII, sent. 910/2017, cit.).

In materia, anche il Consiglio di Stato ha affermato che « posto che la motivazione del provvedimento amministrativo consiste nell’esplicitazione delle ragioni di fatto e di diritto che hanno condotto l’Amministrazione ad assumere quella specifica determinazione, non può non evidenziarsi quanto al caso concreto che la impugnata ordinanza di sfratto amministrativo evidenzia più che adeguatamente l’iter logico - giuridico su cui esso si fonda, incentrato sulla non contestata circostanza della assoluta mancanza di titolo idoneo a giustificare la detenzione dell’alloggio di servizio in capo all’appellante… Né era necessaria, proprio per l’assoluta (pacifica) mancanza di un titolo idoneo alla legittima detenzione dell’alloggio di servizio in questione, una specifica motivazione sull’interesse pubblico perseguito per giustificare il predetto provvedimento di sfratto amministrativo (laddove, invece, una specifica motivazione sull’interesse pubblico sarebbe stata necessaria solo per giustificare l’eventuale ulteriore detenzione ovvero la proroga della concessione dell’alloggio di servizio a vantaggio di chi non era più dipendente dell’Anas);
né, per le stesse ragioni già evidenziate, l’impugnato provvedimento di sfratto avrebbe dovuto contenere una qualche giustificazione circa la necessità di riottenere la disponibilità dell’alloggio in questione ai fini di una sua riutilizzazione
» (sez. IV, sent. n. 510/2008;
in termini, Cons. di Stato, V, sent. n. 4543/2018, cit.;
Cons. di Stato, VI, sent. n. 1839/2012, cit.).

La doverosità del provvedimento di recupero del bene alla pubblica disponibilità solleva dunque l’Amministrazione dall’obbligo di puntuale motivazione in ordine a eventuali ragioni – ulteriori rispetto alla mera abusività dell’occupazione – che sorreggano l’azione per il rilascio.

Ciò emerge anche da altre pronunce, sotto l’ulteriore profilo della partecipazione procedimentale. La giurisprudenza ha costantemente affermato che « il provvedimento di rilascio ai sensi dell’art. 823, comma 2, cod. civ., può essere legittimamente emanato senza la preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento e senza instaurare alcun contraddittorio con l’interessato, trattandosi di un provvedimento di autotutela esecutiva che l’amministrazione è tenuta ad adottare per rientrare in possesso di un bene demaniale abusivamente detenuto da un privato (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 10 maggio 2004, n. 8420).

In altri termini, trattandosi di un provvedimento basato sul presupposto della mancata consegna spontanea del bene da parte del soggetto che lo occupa sine titulo, si versa in una situazione in cui non può ravvisarsi alcuna possibilità di cooperazione da parte del privato nella valutazione comparativa degli interessi compresenti nella vicenda … (ex multis TAR Napoli, Sez. VII, 23 maggio 2007 / 19 giugno 2007, n. 6217) » (T.A.R. Campania Salerno, II, sent. n. 1924/2013).

Nemmeno rileva, a favore delle istanze della ricorrente, l’asserita impossibilità di destinare l’immobile a « mostre e manifestazioni di pubblico interesse » per mancanza dei requisiti di sicurezza di cui alla circolare n. 16/1951 del Ministero dell’Interno e al D.M. per i Beni culturali n. 569/1992 (al riguardo, la ricorrente cita il parere reso alla Soprintendenza dall’ing. Mangoni di S. Stefano in data 16 novembre 1994), non esaurendo tali destinazioni tutti i possibili usi, anche meramente strumentali (com’è peraltro l’alloggio di servizio), compatibili con la destinazione culturale del bene.

11. Secondo la ricorrente, il rapporto concessorio si sarebbe implicitamente rinnovato. L’affermazione non può essere condivisa, per le seguenti ragioni:

a) come sopra riportato, il godimento del bene non nasce, come sostiene la ricorrente, da un rapporto di locazione, bensì dalla « concessione amministrativa di alloggio nell’edificio demaniale » rilasciata senza che fosse prevista alcuna proroga tacita;

b) non rileva, sul punto, il fatto che l’Agenzia del Demanio menzioni (nel richiamato verbale di riconsegna del 2010) il passaggio alla Soprintendenza della gestione anche di « eventuali contratti uso abitativo », non avendo tale riferimento alcuna valenza tecnico-giuridica nella qualificazione dei rapporti esistenti in termini di contratti di locazione ovvero di concessioni, cui pure accede un accordo di tipo economico;

c) emerge dagli atti del giudizio il fatto che, successivamente alla scadenza del rapporto concessorio, la permanenza della ricorrente nell’immobile è avvenuta sine titulo e per mera tolleranza;

d) come correttamente argomentato dalla difesa erariale, anche « l’avvenuta percezione del “canone” trova fondamento nel principio generale secondo cui l’occupante sine titulo deve comunque tenere indenne il proprietario del bene per il danno derivante dal mancato rilascio (anche in assenza di valido titolo legittimante, l’occupante abusivo di un bene demaniale è comunque tenuto a corrispondere alla pubblica amministrazione, ex art. 2043 c.c., una somma corrispondente al danno che l’amministrazione stessa subisce per effetto della temporanea sottrazione del bene medesimo alla sua disponibilità) », sicché non pare dubbio « che – indipendentemente da ogni considerazione sulla legittimità dell’iniziale provvedimento concessorio – l’alloggio di servizio, proprio perché tale, dovesse esser messo a disposizione dell’amministrazione al momento del venir meno della causa dell’assegnazione (coincidente col collocamento a riposo dell’assegnatario), e che perciò la mancata richiesta di rilascio vada apprezzata alla stregua di un atteggiamento di tolleranza del dominus, come tale insuscettibile di produrre effetti giuridici nei confronti dell’occupante » (T.A.R. Lazio Roma, III, sent. n. 768/2010, cit.);

e) l’autotutela che discende dall’art. 823 cod. civ. costituisce « un potere autoritativo con cui – anche a distanza di tempo dalla modifica della situazione di fatto – vi è il doveroso ripristino della disponibilità del bene in favore della collettività, poco importando se per trascuratezza o connivenza, o per mera mancata conoscenza delle circostanze di fatto, o per esigenze di approfondimento delle questioni, gli organi pro tempore non abbiano emanato gli atti di autotutela (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 aprile 2015 n. 2196) » (Cons. di Stato, VI, sent. n. 2520/2018).

12. Non si può configurare, infine, nella fattispecie all’esame del Collegio, nessuna lesione di un affidamento legittimo e incolpevole, atteso che la ricorrente era a conoscenza della intervenuta scadenza della concessione alloggiativa (come risulta dalla richiesta di « rinnovo del contratto di concessione dell’alloggio demaniale » presentata nel gennaio 1998 e dai successivi solleciti, versati in atti il 15 aprile 2019), e dunque della mera tolleranza che fondava la di lei permanenza nell’immobile.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha da ultimo osservato che « si può anche convenire con l’appellante circa il modo … non rispondente in astratto ai canoni di trasparenza, efficienza ed efficacia, con cui l’amministrazione … ha gestito la questione degli immobili occupati abusivamente, tra cui quello di cui si discute, preannunziando o facendo intendere di avviare procedimenti regolarizzatori che invece … non si sono poi concretizzati: ma ciò non refluisce sul provvedimento impugnato rendendolo per ciò solo impugnato [recte: illegittimo] , neppure sotto il profilo dell’affidamento, giacché quest’ultimo non può neppure postularsi in capo ad un occupante abusivo che non aveva neppure alcun titolo per aspirare all’assegnazione dell’alloggio stesso, irrilevante essendo sotto tale profilo il fatto che l’appellante abbia a suo tempo presentato domanda di assegnazione » (Cons. di Stato, V, sent. n. 4543/2018, cit.).

Per tutte le ragioni sopra illustrate, il ricorso introduttivo del presente giudizio deve essere respinto.

13. Pendente il presente ricorso, il Polo Museale della Campania, « nella qualità di Istituto oggi consegnatario in uso governativo dell’immobile di proprietà demaniale sito in Napoli alla Via Giacomo Piscicelli 1/M presso palazzina Rothshild, da lei occupato sine titulo », ha inviato alla ricorrente le seguenti note:

- prot. n. 5039 del 30 giugno 2016, recante diffida « al pagamento del risarcimento del danno nei confronti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - Polo Museale della Campania a far data dal 2.07.2010, giorno di consegna in uso governativo al Mibact del complesso demaiale di Villa Pignatelli, per l’occupazione abusiva dell’immobile sito in Napoli alla Via Giacomo Piscicelli 1/M, la cui quantificazione sarà oggetto di successivo provvedimento »;

- prot. n. 3924 dell’11 maggio 2018, recante la comunicazione dell’« importo dell’indennità di occupazione mensile dell’immobile occupato sine titulo ... determinato in € 1.083,42 mensili » e « l’importo delle indennità arretrate ... determinato in € 78.006,24 » (da versare nel termine di trenta giorni, detratti gli importi già versati).

Avverso tali note, la ricorrente deposita motivi aggiunti in data 6 ottobre 2016 e 12 luglio 2018, rilevando: violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241/1990;
illogicità, travisamento dei fatti e sviamento di potere;
violazione dell’art. 823 cod. civ.;
violazione dell’art. 32 della legge n. 724/1994 e dell’art. 5, co. 6, del decreto-legge n. 415/1995, convertito in legge n. 597/1995;
erroneità della determinazione del canone;
violazione del principio di irretroattività dei provvedimenti amministrativi;
violazione degli artt. 1224, co. 2, e 1591 cod.civ. (i motivi di impugnazione sono stati in certa misura ampliati con la memoria depositata il 24 aprile 2019;
tuttavia non è necessario soffermarsi sul punto, stante l’esito del giudizio sui motivi aggiunti, come di seguito illustrato).

Ulteriori motivi aggiunti sono stati depositati dalla ricorrente in data 1° ottobre 2018, per l’annullamento degli allegati alla memoria di costituzione del Ministero per i Beni e le Attività culturali e dell’Agenzia del Demanio del 6 settembre 2018, segnatamente: il rapporto informativo, prot. n. 7162 del 28 agosto 2018, redatto dal Polo Museale in relazione al ricorso;
le osservazioni tecniche in merito alla perizia di parte ricorrente acquisita al prot. n. 6132 del 17 luglio 2018;
oltre alla comunicazione dell’importo dell’indennità, alla comunicazione avvio del procedimento e alla redazione di stima, già oggetto di impugnazione.

14. L’Avvocatura dello Stato ha al riguardo preliminarmente rilevato il difetto di giurisdizione di questo Tribunale (cfr. memoria di replica del 27 luglio 2018).

L’eccezione è fondata. Sul punto, il Collegio ritiene di aderire alle pronunce con le quali si è affermato quanto segue:

« Come emerge dalla esposizione in fatto, l’atto impugnato riguarda la richiesta di pagamento di indennità per occupazione abusiva. La controversia ha dunque per oggetto la contestazione di somme che si affermano dovute a titolo di risarcimento del danno subito dall’amministrazione, al di fuori di un rapporto autoritativo, nella specie inesistente.

La giurisprudenza sul punto è ormai puntuale e diffusa nell’affermare la giurisdizione della magistratura ordinaria in tutti i casi nei quali le pretese dell’amministrazione riguardino somme dovute per l’occupazione senza titolo di beni del demanio come avvenuto nella specie. Si veda Cass. SS.UU. Civili, 19 novembre 2001, n. 14543, secondo cui “È devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia attinente a pretesa creditoria dell’Amministrazione finanziaria, per somme che si assumano dovute in dipendenza della occupazione senza titolo di un bene del demanio, pure se detta controversia riguardi sanzioni amministrative applicate a carico dell’occupante, ed insorga in via di opposizione ad ingiunzione di pagamento, dovendosi escludere sia la giurisdizione delle commissioni tributarie, venendo in discussione materia diversa da quelle di pertinenza delle stesse, sia quella del giudice amministrativo, trattandosi di problematica relativa a rapporti di dare - avere, senza alcuna interferenza su atti o provvedimenti relativi a concessione del bene pubblico”.

Della questione si è occupato recentemente anche il Consiglio di Stato [sez. IV, sent. n. 2948/2012] , ... rammentando che “la S.C. ha chiarito che la controversia avente a oggetto la debenza dell’indennizzo a titolo di occupazione abusiva di area demaniale appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, riguardando essa i rispettivi diritti soggettivi delle parti nell’ambito di un rapporto paritetico;
né rileva, in contrario, la prospettazione, da parte dell’occupante, dell’esistenza di una concessione desumibile dal comportamento per facta concludentia della p.a., tale prospettazione non potendo di per sé valere a mutare l’oggetto della controversia in un accertamento relativo all’esistenza di una concessione (cfr. Cass. Civ., sez. un., 8 luglio 2003, nr. 10731). In altri termini, in un caso del genere l’esistenza o meno della concessione addotta quale fatto impeditivo di una pretesa patrimoniale avanzata dall’Amministrazione può essere accertata incidentalmente dal giudice ordinario, non costituendo l’oggetto principale del giudizio (cfr. Cass. Civ., sez. un., 16 gennaio 2009, nr. 953). Ciò si ricava, del resto, proprio dall’art. 5 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034 (applicabile ratione temporis alla fattispecie e oggi sostituito dall’art. 133, comma 1, lettera b), cod. proc. amm.), il quale, nel devolvere al giudice amministrativo la cognizione esclusiva delle controversie relative ai rapporti di concessione di beni pubblici, riserva però all’Autorità giudiziaria ordinaria quelle relative alle pretese patrimoniali ad esse connesse (indennità, canoni e altri corrispettivi), senza che rilevi il titolo in base al quale queste sono azionate (cfr. Cass. Civ., sez. un., 5 marzo 2008, nr. 5912)”
» (T.A.R. Sardegna, I, sent. n. 623/2013;
in termini, Cons. Stato, V, sent. n. 6688/2018;
Cons. di Stato, II, parere n. 400/2019 e I, pareri n. 521/2019, n. 1276/2019, n. 1603/2019 e n. 1883/2019).

In ordine ai motivi aggiunti deve, pertanto, essere dichiarata l’inammissibilità per difetto di giurisdizione, spettando la controversia alla cognizione del giudice ordinario, dinanzi al quale la stessa potrà essere riassunta nei termini di cui all’articolo 11 cod. proc. amm.

Le spese del giudizio possono essere compensate, in considerazione dello svolgimento dell’intera vicenda e del comportamento lungamente tollerante dell’Amministrazione.

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