TAR Salerno, sez. I, sentenza 2014-10-30, n. 201401811

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2014-10-30, n. 201401811
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201401811
Data del deposito : 30 ottobre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00225/2013 REG.RIC.

N. 01811/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00225/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 225 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Autocronos s. a. s. di C G &
C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. L F e M C, con domicilio eletto, in Salerno, Largo San Tommaso d’Aquino, 3, presso la Segreteria del T. A. R. Salerno;

contro

Invitalia – Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa s. p. a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. C C, con domicilio eletto, in Salerno, al Corso Garibaldi, 109, presso l’Avv. Teodoro de Divitiis;
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliato per legge in Salerno, al Corso Vittorio Emanuele, 58;

per l’annullamento

(atto introduttivo del giudizio)

1) della delibera Invitalia del 13.11.2012, comunicata tramite raccomandata a/r, recante il n. di rif./prot. 26626/FIMP- DEL, e notificata il successivo 19.11.2012, con cui Invitalia s. p. a. dichiarava la non ammissibilità della domanda d’ammissione alle agevolazioni, di cui al d. l.vo n. 185/2000;

2) del preavviso di rigetto, ex art. 10 bis l. 241/90, comunicato con nota Invitalia s. p. a. prot. N. 2247 del 28.09.2012;

3) d’ogni ulteriore atto presupposto, connesso, collegato e consequenziale, tra cui, ove occorra, il verbale e la relazione istruttoria, formati all’esito del colloquio, mai conosciuti;

(atto di motivi aggiunti)

1) della determinazione di riesame, comunicata tramite raccomandata a/r, recante il n. di rif./prot. N. 18800/FIMP – DEL del 10.09.2013, notificata il successivo 13.09.2013, con cui Invitalia s. p. a. dichiarava la non ammissibilità della domanda di ammissione alle agevolazioni, di cui al d. l.vo n. 185/2000;

2) d’ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Invitalia s. p. a. e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014, il dott. Paolo Severini;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.


FATTO

La ricorrente, in persona del socio accomandatario e legale rappresentante p. t., C G, in data 16.03.12 presentava ad Invitalia s. p. a., con progetto n. 2037719, un’istanza d’ammissione alle agevolazioni, di cui al d. l.vo n. 185/00, proponendo l’esercizio dell’attività di riparazione meccanica, elettrica ed elettronica delle autovetture, ossia, di riparazione ordinaria e straordinaria di autovetture, nonché di montaggio di componenti ed accessori di autovetture (rif. prog. n. 2037719).

Invitalia s. p. a., con nota prot. n. 2247 del 28.09.2012, comunicava l’esistenza di motivi ostativi all’ammissibilità delle domanda, per “non conformità rispetto alla normativa vigente” e “mancanza di coerenza tra le caratteristiche del proponente e l’iniziativa proposta e carenza di validità tecnica, economica e finanziaria dell’attività proposta”.

La ricorrente segnalava come fossero risultate inutili le dettagliate osservazioni scritte, a confutazione dei rilievi critici mossi circa il progetto, sicché, con nota dell’Invitalia s. p. a. del 13.11.2012 rif./prot. n. 26626/FIMP – DEL, ricevuta il 19.11.2012, la medesima aveva ricevuto il provvedimento di non ammissione impugnato, nel quale la dedotta criticità progettuale veniva così espressa: “Non conformità rispetto alta normativa vigente (...) i soci confermano che l’iniziativa proposta si sostanzia nell’apertura di riparazioni meccaniche di autoveicoli, che il socio accomandante risulta titolare tuttora di una ditta individuale (carrozzeria) denominata C Automobili di C Mario, la cui sede operativa risulta ubicata nel comune di Nocera Inferiore, ovvero il medesimo Comune dove la società proponente intende avviare l’attività proposta (...)”.

Tanto premesso, avverso il suddetto provvedimento articolava le seguenti censure:

1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 13, CO. 2, D. LGS. 21

APRILE

2000, N. 185;

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA DELIBERAZIONE CIPE

14

FEBBRAIO

2002, N. 5 (IN GAZZ. UFF., 21 MAGGIO, N. 117), CRITERI E INDIRIZZI SU INCENTIVI ALL’AUTOIMPRENDITORIALITÀ E ALL’AUTOIMPIEGO. VIOLAZIONE ART. 4 D. M. 295/2001. ECCESSO DI POTERE PER INCOGRUITÀ DELLA MOTIVAZIONE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. ILLOGICITÀ;

2) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE D. LGS. 21

APRILE

2000 N. 185. VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO;
ECCESSO DI POTERE PER GENERICITÀ, CONTRADDITTORIETÀ, INGIUSTIZIA MANIFESTA, TRAVISAMENTO, ERRONEITÀ, ILLOGICITÀ, DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA;

3) VIOLAZIONE ART. 3, L. 241/90;
ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA;
ILLOGICITÀ MANIFESTA, PERPLESSITÀ.

Si costituivano in giudizio l’Invitalia s. p. a. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la prima concludendo per il rigetto del ricorso e della pedissequa domanda cautelare, il secondo eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.

Dopo il deposito di note d’udienza nell’interesse della ricorrente, la Sezione, alla camera di consiglio del 7.03.2013, accoglieva, ai fini del riesame, la domanda cautelare proposta nell’atto introduttivo del giudizio.

Seguiva il deposito di un atto di motivi aggiunti, diretto avverso il provvedimento, d’ulteriore diniego dell’istanza della ricorrente, adottato dall’Invitalia s. p. a., a seguito del riesame ordinato dal Tribunale;
l’Invitalia, ripetuta l’istruttoria, confermava, in particolare, la sua precedente determinazione negativa, ribadendo la mancanza di novità dell’investimento, per la continuità con l’attività in precedenza esercitata.

Avverso detto provvedimento, la ricorrente sollevava le seguenti doglianze:

- 1) ECCESSO DI POTERE – INGIUSTIZIA MANIFESTA;
VIOLAZIONE DI LEGGE: il provvedimento impugnato, con il quale era stata confermata la non ammissibilità della domanda “de qua” era “palesemente illegittimo, avendo l’Amministrazione resistente posto, a fondamento della decisione, indagini espletate ex novo, a seguito dell’ordinanza n. 135/2013 (vale a dire: visure cerved, ricerche effettuate su google map, ricerche effettuate su siti internet, ecc.)”;
ma non sarebbe rientrato, secondo la ricorrente, nei poteri dell’Amministrazione rinnovare integralmente il procedimento istruttorio, laddove la stessa sarebbe stata, piuttosto, obbligata ad attenersi rigidamente ai criteri, elaborati dalla giurisprudenza amministrativa “sia in tema di travisamento dei fatti, sia in materia di erronea analisi delle acquisizioni istruttorie, sia in materia di circostanziata motivazione sui punti ritenuti non idonei per l’ammissibilità del progetto” (posto che la Sezione, con l’ordinanza n. 135/2013, aveva disposto il riesame, da parte dell’Amministrazione, del provvedimento impugnato, alla luce dei motivi di ricorso). Poiché l’Amministrazione aveva già ritenuto sussistenti taluni requisiti, sarebbe residuato solo “un ristretto margine di valutazione, da effettuare sulla base dei dati già raccolti durante la fase istruttoria e nelle relazioni conclusive, con la conseguenza che, in sede di riesame del procedimento, in esecuzione dell’ordinanza giudiziaria, l’Amministrazione non deve attivare una nuova istruttoria, ma provvedere ad una analisi istruttoria, operando la valutazione sulla scorta degli errori e travisamenti di fatto, riscontrati dal giudice amministrativo”.

Inoltre, secondo la ricorrente, il provvedimento impugnato sarebbe stato illegittimo, per violazione del termine, entro il quale l’Amministrazione resistente era tenuta ad adottare il provvedimento conclusivo, essendo stato superato il termine di 120 giorni, indicato nelle linee guida, all’articolo 1 bis della legge n. 236/1993 (termine sollecitatorio, precipuamente finalizzato alla salvaguardia dell’attualità del progetto).

Detto termine corrispondeva, cioè, a un congruo ambito temporale, sufficiente a valutare compiutamente iniziative imprenditoriali che, per loro natura, potevano essere fortemente condizionate dal fattore tempo, in ragione della variabilità dei presupposti di fattibilità, di costo e di redditività, legati alle iniziative medesime;

2) SULL’ATTIVITÀ ESERCITATA DALLA RICHIEDENTE;
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 13, CO. 2, D. LGS. 21

APRILE

2000 N. 185.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA DELIBERAZIONE CIPE

14

FEBBRAIO

2002, N. 5 (IN GAZZ. UFF., 21 MAGGIO, N. 117), CRITERI E INDIRIZZI SU INCENTIVI ALLA AUTOIMPRENDITORIALITÀ E ALL’AUTOIMPIEGO. VIOLAZIONE ART. 4 D. M. 295/2001;
ECCESSO DI POTERE PER INCOGRUITÀ DELLA MOTIVAZIONE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, ILLOGICITÀ: l’esercizio dell’Autocronos s. a. s. di G C &
C. consisteva, principalmente, nell’attività di riparazione meccanica, elettrica ed elettronica delle autovetture, con esclusione dell’attività di riparazione carrozzeria. Sul punto, in primo luogo, la ricorrente evidenziava che i dati, risultanti dalla visura camerale, non avevano valenza costitutiva, bensì unicamente dichiarativa, con funzione di pubblicità, con la conseguenza che essi ben potevano non essere corrispondenti alla realtà. In secondo luogo, faceva rilevare che era consolidata prassi, inserire nell’atto costitutivo, nei dati forniti alla Camera di Commercio e nella descrizione relativa all’iscrizione all’Albo Artigiani, le categorie e le attività complementari e accessorie all’attività di fatto esercitata, in vista di un ipotetico e futuro ampliamento dell’attività effettivamente esercitata, ovviando, in tal modo, all’inutile aggravio di esplicare nuovamente, nell’ipotesi di ampliamento, una serie di incombenze burocratiche ed incorrere in inutili lungaggini. Difatti, le società presenterebbero, generalmente, un oggetto sociale eterogeneo, non essendo vietato inserire nell’oggetto sociale una pluralità di attività, anche eterogenee, purché fossero specificati, con sufficiente chiarezza, i tipi ed i settori di attività prescelti. Tuttavia, non tutte le attività, inserite nell’atto costitutivo, venivano effettivamente esercitate. Tale prassi trovava ragion d’essere, tra l’altro, nell’evoluzione delle attività economiche e nelle mutate esigenze del mondo economico, che avevano fatto emergere attività, la cui specificità risiedeva nel modo particolare, in cui le stesse erano poste in essere, indipendentemente dal settore merceologico. Era pacifico che la società, richiedente il finanziamento, poteva successivamente ampliare l’attività;
in tale ottica, era per la ricorrente “irrilevante l’iscrizione da parte della Autocronos s. a. s. di G C &
C nel Registro delle Imprese presso la competente Camera di Commercio dell’attività secondaria di gommista (con conseguente obbligatoria indicazione dell’eventuale responsabile tecnico), trattandosi di una attività complementare e accessoria all’attività di fatto esercitata, in vista di un ipotetico e futuro ampliamento” di quest’ultima. Insomma, contrariamente a quanto ritenuto dall’Amministrazione resistente, le informazioni, risultanti dall’iscrizione all’Albo Artigiani, non potevano assurgere a prova dell’attività, effettivamente esercitata da una società o ditta individuale (tra l’altro, le informazioni contenute nell’Albo delle imprese artigiane (ovvero dei registri equipollenti), regolamentato dalla normativa regionale, non avevano valore vincolante, ai fini dell’applicazione della legislazione statale). Né l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane aveva valore costitutivo, per l’insorgenza del rapporto assicurativo dell’artigiano, ai sensi della legge n. 463 del 1959 e della legge n. 233 del 1990, e del conseguente obbligo contributivo, i quali venivano ad esistenza automaticamente con l’espletamento, da parte del titolare dell’impresa, delle attività aventi le caratteristiche, previste dagli artt. 3 e 4 della legge n. 443 del 1985. La ricorrente poneva ancora in risalto che neppure i codici ATECO, risultanti dalle visure camerali ovvero dall’iscrizione all’Albo Artigiani della Concessionaria Giannini Automobili s. a. s. di A. e M. C e della Autocronos s.a.s. di G C &
C., potevano assurgere a prova di una continuità tra le due società, poiché i codici ATECO, assegnati dal Registro delle Imprese, non rilevavano ai fini certificativi dell’attività, bensì a fini meramente statistici. In definitiva, l’eterogeneità dell’oggetto sociale avrebbe consentito “un rapido ed efficiente adattamento alle frequenti evoluzioni burocratiche e alle sopravvenute esigenze del mercato” (del resto, successivamente alla presentazione della domanda di ammissibilità del progetto, era entrata in vigore la legge 224/12, la quale aveva introdotto l’attività di meccatronica, suddividendo l’attività di autoriparazione in tre sezioni, vale a dire meccatronica, carrozzeria e gommista);

3) SULL’INDIRIZZO DELLA SOCIETÀ RICHIEDENTE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE D. LGS. 21

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