TAR Catania, sez. I, sentenza 2024-05-21, n. 202401896

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2024-05-21, n. 202401896
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202401896
Data del deposito : 21 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/05/2024

N. 01896/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00391/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 391 del 2022, proposto da M B, C C, S G, V M, M P, V R, C S e C S, rappresentati e difesi dall’avvocato F R, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

contro

l’Università degli Studi Catania – Consiglio d’amministrazione – in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

e con l'intervento di

ad adiuvandum :
dell’Unione sindacale dei professori e ricercatori universitari (U.S.P.U.R.), in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato M Perna, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

per l’annullamento

- della nota del 31/1/2002, prot. n. 37733, emessa dall’Università degli Studi di Catania – Area Risorse Umane – Settore carriera docenti con cui sono state rigettate le istanze presentate dagli odierni ricorrenti onde ottenere la rideterminazione del proprio trattamento stipendiale quali ricercatori a tempo determinato di tipo B (RTDB) dell’Università di Catania e per la corresponsione delle relative differenze retributive;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e, comunque, connesso, ivi compresi bandi, contratti e determine che hanno disciplinato il rapporto di lavoro intrattenuto tra i ricorrenti (quali RTDB) e l’Università di Catania, nella parte in cui hanno previsto un trattamento retributivo inferiore a quello oggi richiesto in giudizio;

e per la conseguente condanna

delle amministrazioni oggi evocate in giudizio alla rideterminazione – ora per allora – del trattamento retributivo spettante agli odierni ricorrenti per il periodo di servizio svolto quali RTDB, in conformità all’art. 24 comma 8 della l. n. 240 del 2010 e ai principi comunitari e interni applicabili in materia;
nonché al pagamento delle relative differenze retributive;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Catania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2024 il dott. C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Gli odierni ricorrenti hanno disimpegnato, nell’arco temporale per ciascuno in epigrafe specificato, le mansioni di “ Ricercatore a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. B) della legge n.240/2010 ” (RTDB) afferenti alla categoria di ricercatori universitari – cc.dd. senior – con cui le Università stipulano contratti di lavoro triennali non rinnovabili ma che hanno già alle spalle un primo periodo di ricerca svolto mediante i “contratti di durata triennale prorogabili per soli due anni” di cui all’art. 24 comma 3 lett. A (cc.dd. RTDA) ovvero che abbiano usufruito “per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, o di borse post-dottorato ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri” (vedasi l’art. 24, comma 3, lett. b. della l. n. 240 del 2010).

Per la suddetta categoria professionale degli RTDB, l’art. 24, comma, 8 della l. n. 240 del 2010 ha previsto un trattamento retributivo più alto sia rispetto ai Ricercatori a tempo indeterminato (d’ora in poi RTI) che con riferimento ai Ricercatori a tempo determinato di tipo A (d’ora in poi RTDA). Difatti, mentre per questi ultimi la disposizione prevede una retribuzione “ pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato ” (ossia al ricercatore a tempo indeterminato), per gli RTDB, invece, la norma medesima dispone espressamente che il trattamento assegnato alle altre due categorie di ricercatori (a t.i. e RTDA) sia “ elevato fino a un massimo del 30% ”.

Rilevano i ricorrenti di avere, con missiva dell’11 gennaio 2022, sottoposto la vicenda all’amministrazione universitaria etnea che, tuttavia, con la nota prot. n. 37733 del 31 gennaio 2022, emessa dall’Area risorse umane-settore carriera docenti, ha comunicato di non potere accogliere le istanze di rideterminazione del trattamento stipendiale e di corresponsione degli arretrati a favore degli odierni ricorrenti.

Avverso tale decisione, la ricorrente ha interposto il presente gravame articolando i seguenti motivi:

1) Sull’ an dell’aumento retributivo. Obbligatorietà dell’aumento stipendiale a favore degli RTDB – Omesso riconoscimento del trattamento migliorativo da parte dell’Università di Catania – Violazione dell’art. 24, comma, 8 della l. n. 240 del 2010 – Violazione del “Regolamento per l’assunzione dei ricercatori a tempo determinato ai sensi dell’art. 24 della legge n. 240/2010”, approvato dall’Università di Catania con D.R. n. 3311 del 5/7/2011 – Violazione della Direttiva Europea 1999/70 del 28/6/1999 in materia di divieto di discriminazione dei lavoratori a tempo determinato – Violazione dell’art. 36 comma 1 Costituzione – Violazione dei principi di ragionevolezza e d’imparzialità della p.a. (art. 3 e 97 Cost.) – Violazione art. 45 d.lgs. n. 165/01 – Difetto di motivazione – Palese iniquità – Inconferenza del richiamo al d.P.R. n. 232/2011.

Con tale motivo la parte ricorrente sostiene, in particolare, come l’art. 24, comma 8, della l. n. 240 del 2010 imponga un livello retributivo più elevato a favore degli RTDB rispetto alle altre due categorie di lavoratori comparabili prevedendo che “ Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 3, lettera a), è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a seconda del regime di impegno. Per i titolari dei contratti di cui al comma 3, lettera b), il trattamento annuo lordo onnicomprensivo è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino a un massimo del 30 per cento ”.

Nella prospettazione dell’amministrazione resistente tale aumento è discrezionale giacché l’art. 9, comma 4, del Regolamento per l’assunzione dei ricercatori a tempo determinato approvato con D. R. n. 3311 del 5.7.2011 (vigente per i contratti banditi entro il 25.11.2020 ” – nel prevedere che “ Per i titolari di contratti di cui alla lettera b) del medesimo articolo il trattamento annuo lordo onnicomprensivo è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno elevato, fino ad un massimo del 30%, nella misura stabilita dal Consiglio di amministrazione ” – rimette al C.d.A. sia l’ an sia il quantum di tale elevazione.

2) Sul quantum dell’aumento retributivo, in ragione dell’avvenuta quantificazione in sede ministeriale dell’aumento stipendiale spettante agli RTDB ex art. art.24 comma 8 L.240/10 – Mancato recepimento da parte dell’Università di Catania nei confronti degli RTDB odierni ricorrenti – Violazione DD.MM. 78/16 e 168/18 – Violazione delle disposizioni interne ed internazionali in materia di pari trattamento dei lavoratori – Violazione dell’art. 36 comma 1 della Costituzione – Violazione dei principi di ragionevolezza e d’imparzialità della p.a. (art. 3 e 97 Cost.) – Violazione art. 45 del d.lgs. n. 165/01 – Violazione della Convenzione generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (O.I.L.) n. 117 del 1962 e dell’ivi sancito principio: “ a lavoro uguale salario uguale ” (art. 14) – Violazione del patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966 e dell’ivi sancito principio di “uguale remunerazione per un lavoro di eguale valore” (art.7) – Violazione della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000. In quanto, l’allora M.I.U.R., nell’adottare il d.m. n. 78 del 18 febbraio 2016, ha fissato il trattamento economico per lo svolgimento delle mansioni di RTDB “ in misura pari al 120 per cento del trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno, per un costo unitario comprensivo degli oneri a carico dell'amministrazione pari a € 58.625 annui ”. Le suddette disposizioni sono state, poi, pedissequamente ribadite in tal senso al successivo D.M. n. 168 del 28 febbraio 2018, così costituendo un idoneo parametro di congruità.

Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Catania che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Ad adiuvandum è intervenuta in giudizio l’U.S.P.U.R. che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Parte ricorrente ha depositato una memoria in vista dell’udienza pubblica tenutasi il 14 febbraio 2024, presenti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.

Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti infraprecisati.

L’art. 24, comma 8, della l. nella formulazione ratione temporis applicabile prevede espressamente che “ Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 3, lettera a), è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a seconda del regime di impegno. Per i titolari dei contratti di cui al comma 3, lettera b), il trattamento annuo lordo onnicomprensivo è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino a un massimo del 30 per cento .”

Il primo dubbio interpretativo posto dalla predetta disposizione di legge inferisce all’esatta interpretazione del dato normativo insito nell’utilizzo del participio passato “elevato” portata della norma ivi indicata che, nella prospettazione dell’amministrazione intimata dovrebbe intendersi come “elevabile”, rimettendo così un giudizio discrezionale anche sull’ an al Consiglio di amministrazione.

A fronte dell’impiego, nel testo di legge, di una proposizione implicita che utilizza il participio passato “elevato” (in luogo dell’aggettivo “elevabile”) seguito dalla locuzione preposizionale “fino a”, il Collegio ritiene che – attribuendo necessaria prevalenza al criterio interpretativo letterale – la norma ricavabile dalla disposizione legislativa implichi la natura vincolata sull’ an di tale aumento rimettendo il quantum invece – stante l’utilizzo della preposizione “fino a” – all’amministrazione.

Si aggiunga, altresì, come tale criterio interpretativo letterale (che assume comunque carattere prevalente [cfr. Cons. Stato, sez. II, 3 luglio 2023, n. 6454]) non sia in contrasto con l’intenzione del legislatore così come emergente dal testo normativo ove un apposito comma è stato dedicato a tale categoria di ricercatori così sottolineando la necessaria differenziazione sotto il profilo retributivo.

Diversamente da quanto sostenuto dall’Università resistente con riferimento al disposto del d.P.R. n. 232/2011 e del Regolamento, emanato col D.R. n. 3516 del 25.11.2020 non solo per rispetto al principio di gerarchia delle fonti, ma altresì perché tale atti normativi di natura regolamentare non contrastano espressamente con quanto indicato nel testo legislativo, limitandosi a disciplinare, nel dettaglio il trattamento retributivo base, senza incidere sulla doverosità e obbligatorietà del trattamento aggiuntivo.

E invero, il regolamento, emanato col D.R. n. 3516 del 25.11.2020, nel prevedere che il trattamento economico sia “ elevato, fino ad un massimo del 30%, nella misura stabilita dal Consiglio di amministrazione ” conferma quanto fin qui evidenziato con riferimento alla norma primaria, delineando esclusivamente l’organo accademico ci tale attività è demandata.

Deve, invece, rigettarsi il secondo motivo di ricorso.

E invero, pur dovendosi affermare l’esistenza di un obbligo dell’Università resistente di verificare e avviare il procedimento per individuare l’aumento retributivo spettante ai ricorrenti, non può spettare a questo giudice, quantomeno in prima battuta, determinare il quantum debeatur poiché il testo legislativo attribuisce sul punto ampia discrezionalità alla P.A. che dovrà tenere conto di plurimi indici, anche di natura eterogena (valutazioni di tipo finanziario di qualità e quantità dell’attività svolta ecc.), per tale determinazione che necessitano di una specifica e insostituibile istruttoria procedimentale.

Il parametro equitativo suggerito dalla parte ricorrente, infatti, non solo non tiene conto che in tale ambito di discrezionalità riservato dalla legge alla P.A., ma inoltre non ha riguardo alla specialità dei i reclutamenti effettuati con i DD.MM. 78/2016, 168/2018, 204/2019, 83/2020 e 856/2020 che sono stati attivati sulla base di specifiche risorse esistenti e sulla base di una complessiva valutazione – anche di natura incentivante – effettuata “a monte” dall’amministrazione statale.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei sensi e nei limiti sopraindicati con conseguente annullamento degli atti impugnati e derivato obbligo della P.A. di determinarsi sulla misura dell’aumento previsto dall’art. 24, comma 8, della l. 240 del 2010 entro centoventi (120) giorni dalla comunicazione della presente sentenza.

La novità delle questioni giuridiche affrontate legittima la compensazione delle spese di lite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi