TAR Potenza, sez. I, sentenza 2014-09-11, n. 201400640
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N. 00640/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00423/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 423 del 2009, proposto da:
C A;Cparato Maurizio e G F A quali eredi di Cparato V;D M P, Cparato Maurizio e Cparato Antonio quali eredi di Cparato Pasquale, rappresentati e difesi dall'avv. A S, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. in Potenza, via Rosica, 89;
contro
Cune di Tursi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. P D L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. B P in Potenza, via del Popolo, 30;
per l'ottemperanza
alla sentenza del TAR Basilicata n. 66/2008.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Cune di Tursi;
Viste le memorie difensive;
Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2013 il dott. M P e uditi per le parti i difensori Avv.ti Gian Paolo Salerno, per delega dell'avv. A S e Rocco Brienza, per delega dell'avv. P D L;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Gli odierni ricorrenti, in data 20.1.2003, presentavano innanzi a questo TAR il ricorso n. 43/04 per ottenere la condanna del Cune di Tursi al risarcimento del danno subito a seguito di adozione da parte dello stesso di un atto di occupazione d’urgenza cui seguiva, in data 15.2.1985, l’immissione nel possesso dei terreni distinti in catasto al fg. 66/67, part.lle 26/45/71, per una superficie complessiva di mq. 17.674, che alla suddetta data erano di proprietà del sig. Cparato Maurizio, senza che tuttavia veniva emesso alcun decreto d’esproprio.
Nelle more il proprietario dei citati terreni decedeva ed allo stesso succedevano i figli Andrea, Pasquale, V e Giuseppe, i quali, ad eccezione di Giuseppe, agivano, il primo in proprio e gli altri due a loro volta defunti, per mezzo dei legittimi successori, per ottenere il risarcimento del danno causato dall’occupazione sine titulo dei predetti terreni.
Con la sentenza in epigrafe il suddetto ricorso è stato accolto parzialmente ed il Cune di Tursi è stato condannato al risarcimento del danno subito dai ricorrenti nei termini di seguito indicati:
1) il danno conseguente al protrarsi dell’occupazione sine titulo delle aree apprese e non irreversibilmente trasformate e quindi al mancato godimento delle aree stesse da parte dei ricorrenti per il periodo compreso tra il 15.11.1996 ed il 22.12.2003 è stato quantificato nella misura del 5%, per ciascun anno di occupazione sine titulo, del valore venale al novembre 1996 delle aree contraddistinte dalle seguenti particelle, quale riportato nella relazione peritale depositata nel corso del giudizio:
a) particella n. 253, €. 6955,00 (mq. 535 x 13,00/mq);b) particella 254, € 2.015,00 (mq. 155 x 13,00/mq);c) particella 291, € 12.701,00 (mq. 977 x 13,00/mq);d) particella 244, € 6.032,00 (mq. 464 x 13,00/mq);e) particella 246, €. 18.863,00 (mq. 1451 x 13,00/mq);f) particella 26, € 57.278,00 (mq. 4406 x 13,00/mq);g) particella 247, € 25.493,00 (mq. 1961 x 13,00/mq);h) particella 255, € 2.678,00 (mq. 206 x 13,00/mq);i) particella 344, € 11.921,00 (mq. 917 x 13,00/mq);l) particella 257, € 2.509,00 (mq 193 x 13,00/mq);
2) il danno derivante dalla perdita (per implicita abdicazione, a seguito di notifica del ricorso di cui al provvedimento in epigrafe) della proprietà delle aree non irreversibilmente trasformate, è stato quantificato in misura pari al valore venale al dicembre 2003 di dette aree indicato nella suddetta relazione peritale, e quindi come segue: a) particella 253, € 8.025,00;b) particella 254, € 2.325,00;c) particella 291, € 14.655,00;d) particella 244, € 6.960,00;e) particella 246, € 21.765,00;f) particella 26, € 66.090,00;g) particella 247, € 29.415,00;h) particella 255, € 3.090,00;i) particella 344, € 13.755,00;l) particella 257, € 2895,00;
3) su tali somme è stata poi riconosciuta la rivalutazione secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data di maturazione dei singoli crediti e fino alla data di pubblicazione della sentenza della quale si chiede l’ottemperanza, momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta;
4) sono stati riconosciuti anche gli interessi da corrispondere, al saggio legale corrente, dalla data di pubblicazione della ottemperanda sentenza e fino all’effettivo soddisfo da calcolare, trattandosi di fatto illecito, non sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata (perché, operando in questo modo, il fattore tempo inciderebbe due volte: una volta, ai fini della rivalutazione della somma capitale;una seconda volta) bensì sulla somma progressivamente rivalutata, con riferimento cioè ai singoli momenti con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente in base all’indice di rivalutazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 6894/2002 ;Cass. Civ., Sez. III, 11003/2003;T.A.R. Basilicata 332/2006).
E’ stata poi disposta la condanna del Cune al pagamento delle spese processuali da liquidare in favore dei ricorrenti nella misura di € 4.000,00.
La sentenza, spedita in forma esecutiva, è stata notificata in tale veste all’amministrazione resistente in data 14.4.2008.
Con ricorso iscritto al numero di RG 4334/09, la sentenza è stata appellata dall’Amministrazione resistente con richiesta di sospensione della stessa: richiesta alla quale è seguita l’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3002/09 depositata il 12.6.2009, di rigetto della misura cautelare.
A causa della mancata esecuzione di quanto prescritto in sentenza da parte dell’Amministrazione, nonostante il provvedimento di rigetto della misura cautelare da parte del Consiglio di Stato, gli odierni ricorrenti, in data 10.7.2009, hanno provveduto a notificare al Cune atto di diffida e messa in mora ex art. 90, comma 2, R.D. n. 642/1907. Persistendo l’inadempimento, gli stessi, in data 9 ottobre 2009 (cioè dopo il decorso del termine di 30 giorni stabilito dall’art. 90, comma 2, R.D. n. 642/1907) hanno depositato il presente ricorso ex art. 27, comma 1, n. 4, R.D. n. 1054/1924, al fine di ottenere l’esecuzione del giudicato formatosi sulla citata sentenza.
Il Cune di Tursi, regolarmente costituito, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in ottemperanza a causa della pendenza innanzi al Consiglio di Stato del ricorso in appello e l’inammissibilità e/o improcedibilità dello stesso poiché risulta essere contestualmente pendente la procedura esecutiva di pignoramento presso terzi.
Nelle more il giudizio di appello è stato definito con la sentenza n. 2679/2013 depositata in data 16.5.2013 con la quale, tra l’altro, il Consiglio di Stato si è pronunciato per la conferma integrale della ottemperanda sentenza.
Alle Camere di Consiglio del 27.1.2010, 6.10.2010, 28.7.2011, 25.1.2012, 8.2.2012, 6.6.2012 e del 3.7.2013, a seguito di concorde richiesta delle parti ovvero d’impedimento dei difensori, la trattazione dell’affare veniva differita e da ultimo rinviata alla Camera di Consiglio del 16 ottobre 2009 a seguito della quale il ricorso è stato ritenuto per la decisione.
Tanto premesso, rilevato che sono stati osservati i termini stabiliti dal R.D. n. 642/1907 e dall’art. 14, comma 1, D.L. n. 669/1996 conv. in L. n. 30/1997 (ovvero il termine di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo effettuata in data 14.4.2008), il Collegio ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui all’art. 37, comma 1, L. n. 1034/1971 ed all’art. 27, n. 4, R.D. n. 1054/1924 ritiene che: 1) il presente ricorso è ammissibile;2) sussistano tutti gli elementi formali e sostanziali per riconoscere fondata la pretesa fatta valere dai ricorrenti.
Risultano poi essere infondate le eccezioni sollevate dalla parte resistente circa l’inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso in ottemperanza determinata sia dalla pendenza innanzi al Consiglio di Stato del ricorso in appello che a causa della pendenza contestuale della procedura esecutiva di pignoramento presso terzi. Tali eccezioni, infatti, oltre che prive di fondamenti giuridici, risultano ormai essere superate. Riguardo alla prima, il giudizio in grado di appello è stato nelle more definito e con la sentenza del Consiglio di Stato è stata confermata la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione del risarcimento del danno indicato nella ottemperanda sentenza. In merito poi alla seconda poiché, a parte ogni considerazione sull’orientamento pacifico in giurisprudenza circa l’ammissibilità nei confronti delle P.A. della concorrenza delle due azioni con la sola limitazione che non si può dare in tal modo luogo ad una duplicazione di adempimenti, dagli atti di causa risulta che la procedura di pignoramento presso terzi è rimasta infruttuosa e non ha soddisfatto le pretese di parte ricorrente a causa dell’incapienza dei fondi del Cune.
Ne consegue che il Cune di Tursi dovrà corrispondere agli odierni ricorrenti le somme liquidate con la Sentenza n. 66 del 13 marzo 2008 e precisamente:
1) il danno conseguente al protrarsi dell’occupazione sine titulo delle aree apprese e non irreversibilmente trasformate e quindi al mancato godimento delle aree stesse da parte dei ricorrenti per il periodo compreso tra il 15.11.1996 ed il 22.12.2003 quantificato nella misura del 5%, per ciascun anno di occupazione sine titulo, del valore venale al novembre 1996 delle aree contraddistinte dalle seguenti particelle, quale riportato nella relazione peritale depositata nel corso del giudizio:
a) particella n. 253, €. 6955,00 (mq. 535 x 13,00/mq);b) particella 254, € 2.015,00 (mq. 155 x 13,00/mq);c) particella 291, € 12.701,00 (mq. 977 x 13,00/mq);d) particella 244, € 6.032,00 (mq. 464 x 13,00/mq);e) particella 246, €. 18.863,00 (mq. 1451 x 13,00/mq);f) particella 26, € 57.278,00 (mq. 4406 x 13,00/mq);g) particella 247, € 25.493,00 (mq. 1961 x 13,00/mq);h) particella 255, € 2.678,00 (mq. 206 x 13,00/mq);i) particella 344, € 11.921,00 (mq. 917 x 13,00/mq);l) particella 257, € 2.509,00 (mq 193 x 13,00/mq);
2) il danno derivante dalla perdita (per implicita abdicazione, a seguito di notifica del ricorso di cui al provvedimento in epigrafe) della proprietà delle aree non irreversibilmente trasformate, quantificato in misura pari al valore venale al dicembre 2003 di dette aree indicato nella suddetta relazione peritale, e quindi come segue: a) particella 253, € 8.025,00;b) particella 254, € 2.325,00;c) particella 291, € 14.655,00;d) particella 244, € 6.960,00;e) particella 246, € 21.765,00;f) particella 26, € 66.090,00;g) particella 247, € 29.415,00;h) particella 255, € 3.090,00;i) particella 344, € 13.755,00;l) particella 257, € 2895,00;
3) la rivalutazione di tali somme secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data di maturazione dei singoli crediti e fino alla data di pubblicazione della sentenza della quale si chiede l’ottemperanza, momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta;
4) gli interessi, al saggio legale corrente, dalla data di pubblicazione della ottemperanda sentenza e fino all’effettivo soddisfo da corrispondere sulla somma progressivamente rivalutata, con riferimento cioè ai singoli momenti con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente in base all’indice di rivalutazione;
5) le spese processuali liquidate in complessivi € 4.000,00.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto e pertanto, viene assegnato al Cune resistente il termine di giorni 30 dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, affinché siano soddisfatte le ragioni creditorie dei ricorrenti.
Nel caso di inutile decorso del predetto termine è nominato sin d’ora Cmissario ad acta la dr. Maria Rosaria Tamburrino, funzionario della Regione Basilicata, la quale provvederà, a richiesta degli interessati, nei 30 giorni successivi ad adottare in luogo dell’Amministrazione resistente (con i poteri del Consiglio comunale, della Giunta Municipale, del Sindaco e di ogni altro Organo amministrativo deputato ad intervenire nel procedimento) i dovuti atti per provvedere al pagamento del credito sopra indicato.
Al Cmissario ad acta, per l’eventuale espletamento delle funzioni esecutive, andranno liquidati € 1.500,00-, oltre spese rendicontate.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono quantificate in dispositivo.