TAR Bari, sez. II, sentenza 2018-11-15, n. 201801475

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2018-11-15, n. 201801475
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201801475
Data del deposito : 15 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2018

N. 01475/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00082/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso collettivo numero di registro generale 82 del 2017, proposto dai seguenti signori:
-. -O-, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati A B e S P, con studio presso l’avv. A B in Foggia al corso Garibaldi n. 107 e domicili digitali agli indirizzi P.E.C.: buono.alfonso@avvocatifoggia.legalmail;
pipoli.savino@avvocatifoggia.legalmail.it;

-. R C e Assunta D F, rappresentati e difesi dall’avv. L T, con studio in Foggia alla via Guido Dorso n. 171 e domicilio digitale all’indirizzo P.E.C.: taggio.lorenzo@avvocatifoggia.legalmail.it;

contro

Comune di Foggia, in persona del Sindaco pro-tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati D D e A P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi D’Ambrosio in Bari alla piazza Garibaldi n. 23 e domicili digitali agli indirizzi P.E.C.: dambrosio.luigi@avvocatibari.legalmail.it;
dragonetti.domenico@avvocatifoggia.legalmail.it;
puzio.antonio@ avvocatifoggia.legalmail.it.

per l’annullamento

delle ordinanze dirigenziali numeri 1-2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12- 14-17-18-19-21-22-23 del giorno 11 gennaio 2017, emesse dal Comune di Foggia-Settore patrimonio, inventari ed anagrafe degli immobili comunali, e conosciute in data 12 gennaio 2017, a seguito di notifica individuale effettuata dalla Polizia Municipale, nonché per pubblicazione sull’albo pretorio comunale, e di ogni atto presupposto, preparatorio, connesso e/o consequenziale, ai sopra citati provvedimenti.

Visti il ricorso collettivo ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Foggia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2018 il dott. L I e uditi, per le parti, i difensori avvocati A B e L T, per i ricorrenti, e avv. D D, per il Comune di Foggia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso depositato il 30 gennaio 2017, il sig. -O- e altri, come in epigrafe specificati, ricorrevano avverso plurime ordinanze dirigenziali emesse in data 11 gennaio 2017 dal Comune di Foggia in autotutela demaniale per il rilascio e lo sgombero di taluni alloggi provvisori ubicati nell’ambito dell’immobile di proprietà pubblica in Foggia alla via Fuiani n. 2 e con ingresso laterale alla via Muscio n. 2, nell’abitato cittadino, già Convento di San Francesco e di San Antonio, poi adibito a sede dell’ ex Distretto militare “Caserma Oddone”.

In base agli atti documentali dell’Amministrazione comunale, una parte dei ricorrenti sono ivi alloggiati a seguito dell’emergenza abitativa insorta per l’esecuzione dell’ordinanza contingibile e urgente di sgombero della palazzina di cui al fallimento ex Scivar, al viale Fortore n. 11-13 in Foggia, adottata dall’allora Sindaco del Comune, nel novembre dell’anno 1999. In seguito è stata disposta la “ assegnazione temporanea di alloggio ” per la durata di sei mesi, nei confronti di taluni nominativi. Altra gran parte degli interessati invece sono lì alloggiati a seguito di occupazioni di mero fatto, senza alcun titolo, intervenute in tempi non precisabili.

Resisteva l’Amministrazione del Comune di Foggia, deducendo la piena legittimità degli atti impugnati e la necessità di riacquisire l’uso diretto del bene immobile nel pubblico interesse, dato anche il degrado in cui versa la struttura.

La vicenda dell’occupazione dell’immobile pubblico, già destinato a Distretto militare “Caserma Oddone”, è passata al vaglio della Procura della Repubblica di Foggia e della Procura regionale della Corte dei conti di Bari, dai cui atti emerge anche la condizione di degrado complessivo in cui versa l’immobile. Pendono giudizi davanti al Tribunale penale di Foggia e davanti alla Sezione giurisdizionale per la Puglia della Corte dei conti.

Il T.A.R. Puglia è investito dai ricorrenti in ordine a taluni vizi procedurali e sostanziali, che si asseriscono sussistere riguardo alle impugnate ordinanze di rilascio dell’immobile ex Distretto militare in Foggia.

Segnatamente, il T.A.R. Puglia, data la peculiarità della questione involgente l’occupazione dell’immobile, con decreto monocratico del Presidente della II Sezione del 1° febbraio 2017 n. 60 sospendeva l’efficacia degli atti impugnati fino alla trattazione collegiale della istanza cautelare. Indi, con ordinanza collegiale del 22 febbraio 2017 n. 85, il decreto veniva confermato, poiché nel bilanciamento dei contrapposti interessi, prevaleva l’interesse dei ricorrenti a non trovarsi ex abrupto privi di abitazione, nelle more della definizione nel merito del ricorso.

Con ordinanza istruttoria del 22 novembre 2017 n. 1191 sono stati richiesti chiarimenti.

Con ordinanza del 21 maggio 2018 n. 722 è stata rilevata d’ufficio, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., una possibile questione di difetto di giurisdizione sottoposta al contraddittorio delle parti.

Le parti

contro

-deducevano, facendo rilevare, in particolare, il difensore del Comune di Foggia che l’immobile, già demanio militare, ha assunto la qualità di bene demaniale culturale ;
mentre, il difensore dei ricorrenti evidenziava che l’impugnativa era stata proposta al giudice amministrativo, in quanto la giurisdizione del T.A.R. tale era stata indicata, per la tutela, nei provvedimenti impugnati notificati ai ricorrenti.

In pendenza del ricorso, le parti si scambiavano memorie, con produzione di documenti.

Infine, con dichiarazione depositata in data 13 settembre 2018, i difensori avv. A B e avv. S P dichiaravano la rinuncia al mandato, come da comunicazione raccomandata con ricevuta di ritorno recapitata, delle seguenti famiglie di assistiti: Torquato Mario Ariostini, Anna Esposto, Antonietta Ariostini;
R C, Assunta D F e Miriana Sonia Cavalieri;
Valeria Delli Carri;
Antonio Fatigato e Irene Cuttano;
Adriana Ferrante;
Angelo Mancini;
Domenico Marino, Francesco Marino, Nicola Marino e Guglielmina Laccetti;
Gianluca Regola e Luciana Laccetti;
Patrizia Valletta;
Emanuele Gaetano e Rita Valletta.

Con atto del 8 ottobre 2018, l’avv. L T si costituiva per i ricorrenti R C e Assunta D F.

Il ricorso alla udienza pubblica del 9 ottobre 2018 è stato discusso e trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso collettivo è infondato.

1.- In via pregiudiziale, essendone emersa la questione, va considerata la giurisdizione del giudice amministrativo sui provvedimenti adottati dall’autorità comunale per il rilascio dell’immobile bene culturale.

1.1.- Non v’è più alcun dubbio, a seguito dell’istruttoria e dei documenti acquisiti, circa la natura demaniale del Convento di San Francesco, risalente al XIII sec., in Foggia, alla via Fuiani n. 2, in zona cittadina centrale, possedendone ancora architettura storica conforme. Successivamente, il convento è divenuto antico demanio militare , in quanto fortificato agli inizi del XIX sec., con il dominio francese e indi sancito, con regio decreto del 1814, in via definitiva, agli usi militari di difesa e quindi utilizzato, in epoca più recente, nel Novecento, come sede del locale Distretto militare con la denominazione di “Caserma Oddone”.

Detto bene di antico demanio è stato sottoposto a tutela, ai sensi della speciale legislazione in materia di beni culturali (d.lgs. n. 42 del 2004), a seguito del decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali n. 155 del 22 maggio 2017, notificato con provvedimento coevo all’ente proprietario, e quindi ha assunto la qualità di bene culturale di interesse particolarmente importante, in quanto notevole testimonianza di edilizia religiosa medievale e di successiva fortificazione, stante l’intrinseco rilievo storico e artistico posseduto dall’architettura, acclarato come facente ora parte del demanio culturale , già appartenente allo Stato ed ora di proprietà comunale (art. 822, comma 2°, art. 828, comma 1°, c.c.;
art. 10, comma 3, lett. d) , art. 53 e art. 54, comma 1, lett. d-bis) , del d.lgs. n. 42 del 2004;
art. 1 del d.lgs. n. 85 del 2010).

1.2.- Stante una simile caratteristica intrinseca, che l’apposizione del vincolo culturale invero accerta come esistente, con atto dichiarativo (e non costitutivo), che acclara qualità immateriali originariamente ex se possedute dal bene stesso, l’immobile pubblico in questione deve essere destinato ad attività conforme alla sua natura (art. 20 del d.lgs. n. 42 del 2004), a pena tra l’altro di responsabilità penale (art. 170 del d.lgs. n. 42 del 2004), che non è, né può essere, quella abitativa a valenza economico-popolare, in quanto quest’ultima tipologia di bene è costruita con materiale e rifiniture di modesto livello e privi di pregio.

Difatti, il bene culturale si connota proprio per il particolare pregio posseduto e tenuto ulteriormente anche conto che, con l’apposizione del cd. vincolo culturale , il bene pubblico assume una speciale connotazione di immodificabilità della valenza storico-artistica, nel senso che non può subire legittimamente modificazioni, trasformazioni e asportazioni, senza l’autorizzazione della competente Soprintendenza (art. 21 del d.lgs. n. 42 del 2004), a pena anche di responsabilità penale (art. 169 del d.lgs. n. 42 del 2004).

Peraltro, l’immobile in questione non ha mai perso natura di bene pubblico, in quanto da antico (e storico) demanio militare, così riconosciuto e rubricato in atti pubblici, adibito a Distretto militare (artt. 231-232 del d.lgs. n. 66 del 2010), sia pure non più utilizzato per tale finalità, e avviato alla cessione ad altri enti pubblici, in virtù della legislazione speciale in materia di cd. valorizzazione degli immobili pubblici e di cd. federalismo demaniale (art. 56- bis della legge 9 agosto 2013 n. 98;
d.lgs. 28 maggio 2010 n. 85), è stato pur sempre ritenuto come proprietà dello Stato, in uso al Ministero della difesa, poi affidato all’Agenzia del demanio, con apposito verbale di dismissione degli immobili governativi.

Successivamente, con decreto del 27 maggio 2015, prot. 12499, a firma del Direttore regionale dell’Agenzia del demanio, l’immobile de quo è stato ceduto in proprietà al Comune di Foggia, il quale, con precedente delibera del Consiglio comunale del 20 marzo 2015 n. 124, lo aveva precipuamente destinato al confacente utilizzo diretto per uffici e sedi istituzionali, conservando in tal modo il bene pubblico la natura demaniale, in quanto ex demanio militare, o tutt’al più acquisendo quella patrimoniale indisponibile (art. 826, commi 2° e 3°, c.c.).

Solo, provvisoriamente, negli atti viene dato atto, con riferimento alla ex sede del Distretto militare in questione, della circostanza di bene pubblico disponibile ;
deve ritenersi che tale formula sia stata inserita al solo fine – escogitato dalla legislazione speciale – di consentirne il trasferimento da un’amministrazione o da un ente pubblico ad un altro.

Diversamente opinando, l’operazione di trasferimento del bene pubblico, in virtù di un’interpretazione costituzionalmente orientata a principi di coerenza e razionalità delle norme, non sarebbe stata possibile, in quanto vigeva e vige il generale regime della inalienabilità sia per i beni demaniali (art. 823, comma 1°, c.c.) sia per i beni patrimoniali indisponibili (art. 828, comma 2°, c.c.). Difatti, l’art. 9 del r.d. 23 maggio 1924 n. 827 sancisce la “non disponibilità” dei beni che, per loro destinazione ad un servizio pubblico o governativo (o per altre disposizioni di legge), non possono essere alienati o comunque tolti dal patrimonio dello Stato.

Pertanto, vi è la chiara manifestazione dell’Ente territoriale, divenuto nuovo proprietario, di adibire il bene pubblico in questione, da qualificarsi ora come demaniale-culturale (art. 53 del d.lgs. n. 42 del 2004), ad uso diretto per uffici e sedi istituzionali.

1.3.- Invero, solo per esigenze di protezione civile, a fronte dell’inagibilità della palazzina ex Scivar al viale Fortore, la sede dell’ ex Distretto militare è stata provvisoriamente consegnata al Comune di Foggia, con verbale del 22 novembre 1999, dal Ministero della Difesa, amministrazione dell’Esercito, su richiesta d’urgenza fatta illo tempore dalla locale Prefettura, onde provvedere agli interventi di primo ricovero abitativo emergenziale dei dimoranti evacuati e con obbligo di custodia e di vigilanza posti a carico dell’Amministrazione comunale.

Pur tuttavia, non è dato comprendere – dati gli atti a disposizione – come mai l’alloggiamento provvisorio, assegnato in concreto a titolo di comodato precario per la durata di sei mesi (art. 1803 c.c.), si sia tramutato in un’abusiva detenzione dell’immobile, con lunga permanenza degli occupanti, ben più che decennale, a mo’ di ricovero in favore di “soggetti disagiati”, del tipo di servizio pubblico-sociale di edilizia popolare-sovvenzionata , che però ha una diversa disciplina, ed i cui immobili sono comunque soggetti ad un regime proprietario di patrimonio indisponibile, ai sensi dell’art. 9 del r.d. 23 maggio 1924 n. 827 e dell’art. 35, comma 3°, della legge del 22 ottobre 1971 n. 865 (Cass. civ., sez. I, 26 marzo 1988 n. 2593).

Alloggiamento questo disposto quasi a titolo economico-popolare, i cui requisiti per la stabile assegnazione (atto concessorio) in cd. locazione semplice (atto negoziale accessivo) – ai sensi dell’art. 10 della legge reg. Puglia 7 aprile 2014 n. 10, emanata in virtù dell’art. 25 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, come già ai sensi della previgente normativa statale di cui al d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (cfr. Cass. civ., sez. un., 22 novembre 1993 n. 11491) – però, non è dato comprendere, in base agli atti prodotti nel corso della trattazione del ricorso, se siano stati mai vagliati, o quanto meno successivamente controllati e regolarizzati.

Anomalo alloggiamento quello intervenuto, dunque, che è stato però ignorato da più amministrazioni e verosimilmente da più dirigenti o responsabili di settore succedutisi nel tempo, in un immobile pubblico (la cui idoneità quale abitazione peraltro sembra da escludersi), che aveva e ancora possiede un rilievo storico e artistico immanente, talché è stato dichiarato, con provvedimento espresso del competente organo del Ministero dei beni e delle attività culturali, in data 22 maggio 2017.

Quel che è certo è che il bene immobile ex Distretto militare non ha mai cessato di essere pubblico, avendo avuto prima natura di bene militare fortificato di antico demanio, poi passato, mediante trasferimento effettuato dall’Agenzia del demanio, alla proprietà comunale, per indi essere destinato ad uffici pubblici con atto del 20 marzo 2015 e, infine, riconosciuto come bene culturale con atto del 22 maggio 2017.

Ergo , l’immobile in questione ha oggi natura di bene demaniale culturale , per le immanenti caratteristiche immateriali, di particolare pregio storico-religioso-artistico-architettonico, ai sensi dell’art. 822, comma 2°, c.c. e degli artt. 10 e 13 del d.lgs. n. 42 del 2004.

Peraltro, l’art. 56- bis , comma 5, della legge 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69) prevede chiaramente che qualora, decorsi tre anni, il bene trasferito all’ente territoriale non venga utilizzato – deve intendersi in modo confacente alla natura intrinseca ed alla destinazione urbanistico-edilizia – questo rientri nella proprietà dello Stato, che ne assicura la migliore utilizzazione.

Da quanto sopra esposto, scaturisce la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b) , del c.p.a. (Cass. civ., sez. un., 22 novembre 1993 n. 11491), sugli atti e provvedimenti di autotutela di polizia demaniale (art. 823, comma 2°, c.c.), come impugnati, che doverosamente ineriscono all’autorità amministrativa, per la corretta gestione di tutti i beni pubblici, sia appartenenti al demanio sia al patrimonio indisponibile, come da giurisprudenza costante (cfr. ex multis, Cass. civ., sez. un., 10 ottobre 1980 n. 5332;
Cass., sez. un., 18 ottobre 1986 n. 6129;
Cons. St., sez. V, 1 ottobre 1999 n. 1224;
T.A.R. Campania, sez. VII, 5 gennaio 2007 n. 67), in quanto finalizzata all’immediato ripristino dello stato di fatto preesistente, in modo tale da reintegrare la collettività indifferenziata nel godimento del bene (Cons. St., sez. V, 25 giugno 2010 n. 4064).

2.- Tanto affermato in punto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, nel merito il ricorso è infondato con riferimento a tutti i tre motivi dedotti avverso le plurime impugnate ordinanze del Comune di Foggia, per quanto segue.

2.1.- Con un primo motivo , ai limiti della genericità, i ricorrenti lamentano la violazione di legge e la violazione del principio dell’affidamento, invero impropriamente evocato nella fattispecie concreta portata al vaglio del Tribunale, in quanto in realtà nessun tipo di affidamento può trarsi dall’utilizzazione oggettivamente illegittima di un bene pubblico, che presenta immanenti caratteristiche di pregio storico-artistico, di proprietà antica dello Stato (e poi dal 2015 comunale).

Segnatamente, nel caso di specie, fermi restando gli approfondimenti in ordine alle responsabilità nelle sedi giurisdizionali proprie, va rilevato, ai fini della decisione dell’impugnazione proposta davanti a questo Tribunale, che l’immissione nel bene pubblico occupato è avvenuto per taluni ricorrenti occupanti precari , per sole motivate esigenze momentanee ed emergenziali, poi divenuti non titolati e quindi abusivi (ex post) , per mancato rinnovo dell’assegnazione provvisoria, seguita dall’inerzia dell’Amministrazione comunale;
mentre, per altra gran parte dei ricorrenti occupanti abusivi (ab origine) , cioè senza alcun titolo, come rilevato dagli accertamenti di polizia nei documenti prodotti e dai chiarimenti forniti dall’Ente locale, nessun atto amministrativo di legittimazione all’immissione nell’immobile in questione si è giammai materializzato.

Né possono mutare la natura oggettiva di occupazione abusiva dell’immobile il complesso degli atti omissivi e commissivi assunti dai responsabili dell’Amministrazione municipale, dai quali non si evince affatto una legittimazione all’attuale occupazione della caserma. Per altro verso, che di occupazione alieno domine provvisoria e momentanea, per quanto prolungata, si trattasse, si evince anche dal fatto che il pagamento delle utenze domestiche fosse stata posta a carico del Comune, come anche le spese d’impianto, di adeguamento dell’alloggio e manutentive.

2.2.- Con un secondo motivo , i ricorrenti lamentano l’omessa notificazione dell’avviso d’inizio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Anche tale contestato vizio di legge è infondato.

L’avviso di avvio del procedimento costituisce un’importante comunicazione, della quale è onerata l’amministrazione pubblica, laddove le istanze partecipative del cittadino interessato possano contribuire in concreto alla migliore “costruzione” del provvedimento anelato od opposto (Cons. St., sez. III, 16 gennaio 2012 n. 148). Orbene, costituisce jus receptum che l’avviso del procedimento, così inteso in senso funzionale, non sia obbligatorio per gli atti vincolati (Cons. St., sez. V, 24 gennaio 2013 n. 463;
Cons. St., sez. IV, 22 agosto 2018 n. 5008), né per gli atti per i quali sussista l’urgenza di provvedere (Con. St., sez. IV, 4 maggio 2012 n. 2577), né per tutti gli atti in ordine ai quali non sussistano profili di discrezionalità influenzabili da una fattiva partecipazione del soggetto destinatario, anche al fine di evitare l’inutile aggravio del procedimento (ex multis : Cons. St., sez. IV, 7 luglio 2014 n. 3414;
Cons. St., sez. III, 21 marzo 2013 n. 1630).

Tanto premesso, va considerato che, nel caso di specie, i provvedimenti impugnati di sgombero e rilascio degli alloggi abusivamente detenuti sono atti vincolati , in quanto espressione di necessaria polizia demaniale in esercizio di autotutela (art. 823, comma 2°, c.c.).

I provvedimenti di rilascio e sgombero impugnati sono ineluttabili nel contenuto per quanto fin detto, anche in ordine alla lunga “tolleranza” dell’occupazione provvisoria e temporanea, che peraltro ha originato parallele azioni di responsabilità penale ed erariale, volte ad accertare oltre all’elemento oggettivo, quello soggettivo della colpevolezza. Nella prospettiva del giudice amministrativo, quale giudice dell’atto, è però sufficiente il dato oggettivo dell’occupazione illegittima del bene demaniale culturale, che ex se costituisce fatto inammissibile, e tanto basta a motivare la legittimità delle ordinanze adottate dal Comune.

2.3.- Con un terzo motivo , i ricorrenti lamentano la carenza nei notificati provvedimenti impugnati della motivazione prevista dall’art. 3 della legge del 7 agosto 1990 n. 241. È pure questa una doglianza priva di consistenza, non solo per la già esposta, al punto che precede, natura vincolata dell’atto di polizia demaniale adottato, ma anche perché la motivazione, intesa quale ricostruzione del fatto conosciuto dai destinatari e deduzione del diritto applicato, è comunque sufficientemente presente e adeguata al caso concreto (Cons. St., sez. V, 11 novembre 2005 n. 6347), non essendo necessario ulteriormente individuare e ponderare l’interesse pubblico e dovendosi invece solo porre fine ad una situazione di occupazione dell’immobile demaniale, il cui utilizzo in maniera propria e confacente alla sua intrinseca natura va inderogabilmente assicurato dall’ordinamento e disposto dagli organi preposti.

3.- In ultima analisi, per le sopra esposte motivazioni, il ricorso va respinto, cosicché il bene vada restituito all’uso diretto del proprietario Comune di Foggia.

Pur tuttavia, stante la necessità di consentire il soddisfacimento delle esigenze abitative degli occupanti ricorrenti, il Collegio ritiene che residui un limitato ambito di potere conformativo espresso in ordine ai soli profili temporali della successiva azione amministrativa, che, già riconosciuto dalla giurisprudenza nell’ipotesi di pronunce di accoglimento e di annullamento (Cons. St., sez. VI, 10 maggio 2011 n. 2755), deve ritenersi sussista anche nella assai peculiare vicenda esaminata, pur se a fronte di un giudizio di rigetto del ricorso proposto.

Pertanto, il Collegio di questo Tribunale assume come indispensabile che l’ azione esecutoria dell’Amministrazione comunale, conseguente ai provvedimenti emanati di polizia demaniale e oggetto di impugnativa, possa aver inizio una volta decorsi novanta giorni dalla pubblicazione della presente sentenza, onde consentire l’ esodo volontario e graduale, consentendo la ricerca di una nuova abitazione da parte dei dimoranti dell’immobile in questione. Tanto, anche in considerazione dell’art. 5 della legge 23 maggio 2014 n. 80 (di conversione del d.l. 28 marzo 2014 n. 47), che non consente la fruibilità degli immobili occupati abusivamente o, comunque, senza titolo legittimo, e di quanto ulteriormente previsto dalla legge 18 aprile 2017 n. 48 (di conversione con modificazioni del d.l. 20 febbraio 2017 n. 14) in materia di sicurezza delle città.

4.- Resta salva l’ulteriore azione amministrativa con riferimento alla legislazione in materia di alloggi di edilizia pubblica economico-popolare per i “soggetti svantaggiati” o anche per situazioni di emergenza abitativa (art. 60, comma 1, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112;
legge regionale Puglia 7 aprile 2014 n. 10, in particolare, art. 12), anche a mezzo di adeguate iniziative dei preposti ai servizi socio-sanitari e sociali-assistenziali.

5.- Copia della presente sentenza va comunicata alla Direzione territoriale per la Puglia e la Basilicata dell’Agenzia del demanio in Bari e alla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Foggia e di Barletta-Andria-Trani, in Foggia, e al Ministero per i beni e le attività culturali, per quanto di precipua competenza.

6.- Copia della presente sentenza va inoltre comunicata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia ed alla Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per la Puglia della Corte dei conti, per opportuna informazione per quanto dedotto in fatto.

7.- Stante la peculiarità delle questioni poste, sussistono gravi ragioni per doversi dichiarare la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, come inciso dalla sentenza della Corte costituzionale 19 aprile 2018, n. 77, salvo l’onere del pagamento del contributo unificato che, ai sensi dell’art. 13, comma 6- bis , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è posto necessariamente, in via definitiva, a carico dei ricorrenti soccombenti.

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