TAR Bari, sez. I, sentenza 2021-03-08, n. 202100426

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2021-03-08, n. 202100426
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202100426
Data del deposito : 8 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/03/2021

N. 00426/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01003/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1003 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Celenza Valfortore, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato E B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

I G, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio Comunale n. 23 del 29.8.2020, avente ad oggetto “ Approvazione del rendiconto della gestione per l’esercizio 2019 ai sensi dell’art. 227 del d.lgs. 267/2000 ”, nonché di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Celenza Valfortore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2021 il dott. Angelo Fanizza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso ritualmente proposto i signori -OMISSIS-, consiglieri comunali del Comune di Celenza Valfortore (FG), hanno impugnato e chiesto l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale n. 23 del 29.8.2020, avente ad oggetto “ Approvazione del rendiconto della gestione per l’esercizio 2019 ai sensi dell’art. 227 del d.lgs. 267/2000 ”, nonché di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale.

I ricorrenti hanno esposto: che il Consiglio Comunale è composto dal Sindaco e n. 10 consiglieri assegnati, di cui sette di maggioranza e tre di minoranza (tra i quali, appunto, i due ricorrenti), che la normativa sulla pandemìa ha disposto la proroga per l’approvazione del rendiconto di gestione per l’anno 2019 (fissando tale termine al 30 giugno 2020 ai sensi dell’art. 107 del DL 18/2020, convertito nella legge 27/2020);
che nella seduta di C.C. del 5.5.2020 (convocata per l’approvazione del bilancio di previsione 2020/2022) il ricorrente V, abbandonando l’aula, ha fatto venir meno il numero legale;
che tale situazione si è ripetuta per altre quattro sedute dell’assise comunale, andate deserte per la medesima ragione;
che, in conseguenza del fatto che fosse spirato il termine per l’approvazione del rendiconto di gestione, “ con pec in data 2.7.2020 e soprattutto con pec in data 28.7.2020 il capogruppo di minoranza-odierno ricorrente V Massimo ne denunciava la mancata approvazione al Prefetto della Provincia di Foggia chiedendo la nomina del commissario ad acta e lo scioglimento del consiglio comunale ai sensi degli artt. 227 comma 2-bis e 141 comma 2 del TUEL ” (cfr. pag. 3);
che il Prefetto della Provincia di Foggia, con decreto di diffida del 10.8.2020 ha assegnato all’Amministrazione 20 giorni per l’approvazione del rendiconto 2019, preavvertendo che “ decorso infruttuosamente il suddetto termine sarà nominato un commissario per l’approvazione predetta e si avvierà la procedura per lo scioglimento del consiglio comunale a norma dell’art.141, comma 1, lett.c) del D.lgs. 267/2000 ”;
che, di conseguenza, è stata convocata una seduta del C.C. per il 26.8.2020 (prima convocazione) e per il 29.8.2020 (seconda convocazione), nel cui ordine del giorno è stato inserito – oltre al bilancio di previsione 2020/2022 – il rendiconto 2019.

I ricorrenti hanno soggiunto che, in occasione di tale seduta, due consiglieri comunali (di maggioranza) si fossero, però, dimessi, senza che a tale situazione potesse essere posto rimedio mediante la surrogazione, e ciò in ragione della mancanza di altri due consiglieri eletti nelle medesime liste dei dimissionari.

Alla seduta di C.C. del 29.8.2020 (seconda convocazione), assenti quattro consiglieri (tra i quali gli odierni ricorrenti), il segretario comunale ha fatto presente che in base all’art. 12 dello Statuto sarebbe occorsa, anche nella seconda seduta, il quorum strutturale previsto per la prima convocazione (ossia sei consiglieri) al fine di approvare il bilancio e il rendiconto;
a tale obiezione il Sindaco ha opposto che lo statuto comunale “ è stato approvato prima del decreto legislativo n. 267/2000, per cui, ai sensi dell’art. 273, comma 6 dello stesso decreto, le disposizioni degli artt. 125, 127 e 289 del testo unico legge comunale, approvati con R.D. del 4.2.1915, si applicano all’adozione delle modifiche statutarie e regolamentari e, quindi, solo a seguito del doppi adattamento previsto dal d.lvo 267/2000 ”. Sulla ritenuta applicabilità della disciplina di cui all’art. 127 del R.D. 4.2.1915, n. 148, la seduta del Consiglio comunale si è validamente costituita e, in esito a tale seduta, è stata, comunque, deliberata l’approvazione del bilancio di previsione 2020/2022 (deliberazione n. 22) e del rendiconto di gestione oggetto del contendere (deliberazione n. 23).

A fondamento del ricorso hanno dedotto i seguenti motivi:

1°) violazione dell’art. 12 dello Statuto del Comune di Celenza Valfortore;
dell’art. 17 del regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale;
degli artt. 141 e 227 del d.lgs. 267/2000;
dell’art. 97 della Costituzione;
eccesso di potere per erronea, illogica e contraddittoria motivazione, travisamento dei fatti.

I ricorrenti, dopo aver premesso di essere legittimati all’impugnazione delle deliberazioni oggetto del contendere, hanno lamentato, in particolare, che l’art.12 dello Statuto avrebbe imposto un “ quorum di n.6 componenti per l’esame e approvazione del rendiconto di gestione e del bilancio ”, rientrando nella potestà legislativa e regolamentare del comune “ prevedere un particolare quorum “qualificato”, maggiore di 1/3 dei componenti assegnati per legge all’ente (ex art.38 d.lgs. 267/2000), per l’esame e approvazione di determinati atti e provvedimenti ”, come quelli nella specie contestati (cfr. pag. 7).

Mancando, dunque, il numero legale, nella specie non sarebbe stato possibile discutere “ né l’ordine del giorno relativo alla discussione ed approvazione del bilancio di previsione, né l’ordine del giorno relativo alla discussione ed approvazione del rendiconto di gestione ” (cfr. pag. 8): la seduta consiliare del 29.8.2020, perciò, non si sarebbe validamente costituita e le conseguenti deliberazioni, assunte con cinque voti favorevoli (quattro consiglieri più il Sindaco), sarebbero illegittime.

2°) Violazione degli artt. 38 e 273, comma 6 del d.lgs. 267/2000;
degli artt. 125, 127 e 289 del Testo Unico Leggi Comunali approvato con il R.D. 4 febbraio 1915, n. 148;
dell’art. 12 dello Statuto del Comune di Celenza Valfortore;
dell’art. 17 del regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale;
eccesso di potere per motivazione erronea, illogica e contraddittoria, travisamento dei fatti.

I ricorrenti hanno contestato che lo Statuto comunale “ è stato pubblicato sul BUR della Regione Puglia del 12/01/2001 n. 9 ”, e quindi dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 267/2000, da ciò facendo conseguire l’infondatezza ed erroneità del “ richiamo e applicazione al caso in specie degli art. 273 del d.lgs. 267/2000 e artt. 125, 127 e 289 del R.D. del 04/02/1915 n. 148 ” (cfr. pag. 12), quale presupposto per la valida costituzione del Consiglio comunale n. 29.8.2020.

Hanno, quindi, dedotto l’applicazione della disciplina di cui all’art. 38 del TUEL, che “ ha imposto come unico limite inderogabile per il quorum la necessaria presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente, senza computare a tal fine il sindaco ” (cfr. pag. 15).

In sostanza, ad avviso dei ricorrenti soltanto in caso di violazione del predetto limite inderogabile si sostanzierebbe una illegittimità dello Statuto tale da giustificare una modificazione e, nelle more del necessario adeguamento, potrebbe trovare applicazione la disciplina transitoria di cui all’art. 273, comma 6 del predetto TUEL. Ma nel caso del Comune di Celenza Valfortore tale fattispecie non si sarebbe determinata dal momento che l’art. 12 dello Statuto ha prescritto un quorum di 6 consiglieri in prima convocazione e 4 consiglieri in seconda convocazione.

3°) Violazione dell’art. 107, comma 1 DL 18/2020, convertito in legge 27/2020;
difetto di motivazione.

Con tale motivo i ricorrenti hanno, infine, lamentato che “ il sindaco e i consiglieri non hanno affatto indicato i motivi del ritardo della mancata approvazione del rendiconto entro il termine perentorio del 30 giugno 2020 ” (cfr. pag. 19).

Si è costituito in giudizio il Comune di Celenza Valfortore (10.10.2020), il quale ha eccepito il difetto di notificazione del ricorso;
ha eccepito, in via preliminare, il difetto di legittimazione dei ricorrenti sull’assunto che “ il processo amministrativo è finalizzato alla risoluzione di controversie intersoggettive e non è, di regola, aperto anche a quelle tra organi o componenti di organi dello stesso ente ” (cfr. pag. 3);
nel merito ha opposto che lo Statuto comunale è stato approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 27 del 6.7.2000 e riferito ad un organo consiliare “ all’epoca composto da 12 consiglieri più il Sindaco, il quale per la normativa dell’epoca durava in carica 4 anni, e con assessori nel numero di 2 ”;
di contro, per la fascia di popolazione di appartenenza dell’Amministrazione comunale, il TUEL successivamente entrato in vigore avrebbe riportato il mandato del sindaco di nuovo a cinque anni ed elevato il numero degli assessori a quattro e, comunque, negli anni successivi sarebbero intervenute ulteriori modifiche in conseguenza delle quali si sarebbe pervenuti ad un numero complessivo di dieci consiglieri comunali: tutto per dire che, al momento dell’approvazione dello Statuto, il numero dei consiglieri assegnati fosse di dodici e non di dieci;
il Comune ha, inoltre, evidenziato che “ le varie amministrazioni, negli anni, avvertendo la necessità di variare i quorum per la validità delle sedute del Consiglio Comunale, a seguito della variazione al ribasso del numero dei consiglieri assegnati al Comune ”, avrebbero provveduto a modificare il regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale (nel 2012, 2015, 2017 e 2018), astenendosi dal modificare lo Statuto;
la difesa comunale ha, infine, stigmatizzato la circostanza che proprio durante il mandato di Sindaco del ricorrente V si sarebbe approvata una variazione al bilancio di esercizio 2014, in prima convocazione, “ con n. 4 (quattro) presenti (…) di cui tre consiglieri più il Sindaco ” (cfr. pag. 6).

All’udienza in Camera di Consiglio del 14 ottobre 2020, su volontà concorde delle parti, non è stata trattata la domanda cautelare.

In vista dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 24 febbraio 2021, i ricorrenti hanno depositato una memoria (25.1.2021), nella quale hanno replicato all’eccezione di difetto di notificazione richiamando l’effetto sanante della costituzione in giudizio e, per il resto, si sono riportati alle deduzioni oggetto del ricorso: a tale udienza, svoltasi con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Preliminarmente, va respinta l’eccezione, opposta dal Comune resistente, di inammissibilità del ricorso per difetto di notificazione, tenuto conto che la stessa Amministrazione si è costituita in giudizio.

Invero, con ordinanza del 20 aprile 2020, n. 2489, la V Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte Costituzionale, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, comma 4, c.p.a., “ limitatamente alle parole «se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante», in relazione agli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, comma 1, della Costituzione ”.

In particolare, nella motivazione di tale ordinanza si è prospettato che la predetta disposizione (“ La costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso, nonché le irregolarità di cui al comma 2 ”) si porrebbe “ in aperto contrasto con l'art. 156, comma 3, c.p.c., il quale prevede la sanatoria ex tunc della nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo, principio, questo, indubbiamente di carattere generale;
in secondo luogo, non si pone in linea con la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi con riferimento alla notificazione degli atti processuali civili e con la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, antecedente all'entrata in vigore del codice, relativa proprio alla nullità della notificazione del ricorso
”.

Ragione per cui, nell’oggettiva incertezza del quadro interpretativo e non essendo neppure chiaro – nella specie – se l’omessa notificazione sia imputabile ai ricorrenti, deve darsi prevalenza al principio di conservazione degli atti processuali.

Pure sussistente è, nella specie, la legittimazione a ricorrere, trattandosi di far valere, da parte dei ricorrenti, un interesse correlato all’esercizio del loro munus publicum , dunque direttamente connesso all’esercizio delle prerogative di consiglieri comunali (sulla questione, si rinvia a quanto ha già statuito la Sezione in alcuni precedenti riguardanti l’impugnazione dei provvedimenti di approvazione del bilancio, cfr., in particolare, sentenza 18 novembre 2019, n. 1505).

Nel merito, il ricorso è inammissibile e, comunque, infondato nel merito.

L’inammissibilità consegue alla violazione del divieto di abuso del diritto, i cui presupposti sono stati delineati dalla giurisprudenza nella titolarità di una posizione attiva (come sopra riconosciuta) e nella circostanza che l’esercizio della pretesa fatta valere in giudizio, anche se formalmente rispettoso della disciplina positiva che regola quella data posizione, avvenga in realtà secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico (cfr. Corte di Cassazione, 15 febbraio 2007, n. 3462).

Nella specie risulta provato, sulla scorta della documentazione depositata, che gli odierni ricorrenti (ed in particolare il ricorrente V in qualità di ex Sindaco, ed il ricorrente L in qualità di ex consigliere comunale) hanno approvato, con deliberazione del Consiglio comunale n. 31 del 18.12.2014, una variazione al bilancio di esercizio 2014, in prima convocazione, “ con n. 4 (quattro) presenti (…) di cui tre consiglieri più il Sindaco ”, e ciò in violazione del quorum previsto dall’art. 17 del regolamento vigente ratione temporis (secondo cui “ nelle sedute di prima convocazione il Consiglio non può deliberare se non intervengono almeno n. 7 consiglieri ”), approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 16 del 16.6.2012.

Dunque le disposizioni in tema di quorum strutturale e funzionale, di cui i ricorrenti lamentano la violazione nel presente giudizio, sono state espressamente derogate dagli stessi in una vicenda dai contorni del tutto analoghi a quella controversa;
una condotta che adombra, nel presente giudizio, la proposizione di doglianze al solo fine di trarne un vantaggio personale, ma con palese violazione della clausola generale di correttezza e buona fede (cfr. TAR Puglia – Bari, 15 maggio 2015, n. 716).

Come si è premesso, il ricorso è, comunque, infondato anche nel merito, non cogliendo nel segno i primi due motivi, che per affinità tematica possono essere esaminati congiuntamente.

In prima battuta, occorre rilevare che nel BURP del 16.1.2001, n. 9 sono riportate “ modifiche allo Statuto comunale pubblicato nel B.U. n. 149 suppl. del 31.07.92 ”.

Ora, dall’esame della deliberazione di C.C. n. 27 del 6.7.2000 e dello Statuto ad essa allegato si evince che l’approvazione del “ nuovo statuto comunale ” è stata disposta ai sensi della legge 265/1999 (“ Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142 ”);
più in dettaglio, l’art. 1, comma 2 di tale legge ha aggiunto il comma 2 bis alla legge 142/1990, disponendo che “ La legislazione in materia di ordinamento dei comuni e delle province e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile per l’autonomia normativa dei comuni e delle province. L’entrata in vigore di nuove leggi che enunciano tali principi abroga le norme statutarie con essi incompatibili. I consigli comunali e provinciali adeguano gli statuti entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette ”.

Esaminando il riformato statuto si notano, anzitutto, le disposizioni di cui:

a) all’art. 59, secondo cui “ dopo l’espletamento del controllo da parte del competente organo regionale, il presente statuto è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione, affisso all’albo pretorio del Comune per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministro dell’interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti.

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