TAR Firenze, sez. II, sentenza 2013-11-06, n. 201301492

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2013-11-06, n. 201301492
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201301492
Data del deposito : 6 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00576/2012 REG.RIC.

N. 01492/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00576/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 576 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
S.A.C.R.A. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti L G, P T, con domicilio eletto presso il loro studio Firenze, via dei Servi 38;

contro

Comune di Capalbio, rappresentato e difeso dall'avv. A A, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40;
Provincia di Grosseto, rappresentata e difesa dagli avv.ti C C, S S, con domicilio eletto presso l’avv. E Psenti in Firenze, c/o Ufficio Legale Provincia;

nei confronti di

Benito Pizzingrilli, Sabrina Santinelli non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Marco Furio Colombo, Alice Oxman, Claudio Pancheri, Maria Antonia Garito, rappresentati e difesi dagli avv.ti Paolo Sanchini, Ferdinando Imposimato, Michele Lioi, con domicilio eletto presso l’avv. Paolo Sanchini in Firenze, via Giuseppe Richa 56;
Associazione Italia Nostra Onlus, Vincenza Marchetti, Carlo Marchetti, Massimiliano Marchetti, Alduina Ceci, Cinzia Lalle, Mafaldo Lalle, Claudio Donati, Marcello Donati, Walter Piacentini, Catia Culicchi, rappresentati e difesi dagli avv.ti Michele Greco, Nicoletta Gagliano, con domicilio eletto presso l’avv. Nicoletta Gagliano in Firenze, via Ippolito Nievo 13;

per l'annullamento

della determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Capalbio n. 98 del 6 aprile 2012 con la quale è stata annullata la precedente determinazione n. 488 del 14.12.2011 con la quale era stato approvato il programma di miglioramento agricolo ambientale proposto dalla ricorrente per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da biogas in loc. Origlio del Comune di Capalbio;

di ogni atto ad esso presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresa la nota 24 gennaio 2012, prot. n. 814 di avvio del procedimento di verifica della legittimità della determinazione n. 488 del 14.12.2011;

e a seguito dei motivi aggiunti depositati presso questo Tribunale in data 23.novembre 2012;

- della determinazione n.234 del 13 luglio 2012 con la quale viene dichiarata improcedibile l'istanza presentata da SACRA il 25 maggio 2012;

di ogni atto ad essa presupposto, connesso e/o consequenziale ivi compreso il preavviso di diniego del 14 giugno 2012 ed il parere allo stesso allegato redatto dal legale di fiducia dell' Amministrazione.

nonché per la condanna

dell' Amministrazione Comunale al risarcimento, nella misura che sarà ritenuta di giustizia di tutti i danni subiti e/o subendi dalla ricorrente per l' effetto dell' illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso originario e con i presenti motivi aggiunti.

e a seguito dei motivi aggiunti depositati presso questo Tribunale in data 12 dicembre 2012;

della determinazione n.340 del 2 ottobre 2012 portata a conoscenza della SACRA con nota 8 ottobre 2012, prot. n. 10166 con la quale viene approvato il PAPMAA;

di ogni atto ad essa presupposto, connesso e consequenziale ivi compresa la nota 8 ottobre 2012, prot. n. 10166, nonché l nota 26 giugno 2012 di avvio del procedimento ed il parere alla stessa allegato redatto dal legale di fiducia dell' Amministrazione;

presso questo Tribunale a seguito dei motivi aggiunti depositati presso questo Tribunale in data 5.4.2013

della determinazione della provincia di Grosseto 126 del 15.1.2013 avente ad oggetto “ conclusione procedimento di riesame avviato con atto 1543 del 23.5.2012 ed annullamento dell’autorizzazione unica 1428 del 17.5.2012 rilasciata ai sensi dell’art. 12 D.lgs. 387/2003 alla società agricola S.A.C.R.A. s.r.l. per la costruzione e l’esercizio dell’impianto a biogas in strada comunale Origlio del Comune di Capalbio;

dei verbali della Conferenza di servizi del 29.10.2012, del 9.11.2012, del 3.1.2013 e degli atti agli stessi allegati;

nonché per la condanna

dell' Amministrazione Comunale al risarcimento, nella misura che sarà ritenuta di giustizia di tutti i danni subiti e/o subendi dalla ricorrente per l' effetto dell' illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso originario, con i primi e secondi motivi aggiunti e con i presenti motivi aggiunti.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Capalbio, della Provincia di Grosseto e degli intervenienti ad opponendum;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2013 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società ricorrente aveva presentato al Comune di Capalbio un Piano di Miglioramento Agricolo Ambientale ( PAPMAA ) allo scopo di realizzare un impianto a biogas delle culture provenienti dalla lavorazione agricola dei terreni circostanti la centrale e di proprietà di un’azienda controllante.

Nonostante la società disponesse di oltre 1000 ha in base a contatti con il Comune fu deciso che i terreni dove doveva sorgere l’impianto biogas dovevano essere situati in aree comprese fra la statale Aurelia e la strada comunale degli Origli;
a tal fine la società controllante individuò dei terreni che furono oggetto di un preliminare di compravendita che fu concluso con la stipula di un affitto agrario per 15 anni, cioè per la durata del piano stesso, con il procuratore speciale dei proprietari dei terreni;
contestualmente fu presentata una variante al precedente PAPMAA che teneva conto della nuova ubicazione.

Il comune di Capalbio in data 14 dicembre 2011 approvava la variante al PAPMAA e la società ricorrente presentava alla provincia di Grosseto richiesta di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio dell’impianto biogas;
il comune di Capalbio nell’ambito di tale richiesta approvava l’impianto indicando minime prescrizioni di mitigazione ambientale e di monitoraggio di acqua e di aria. Veniva poi presentato, su richiesta del Comune di Capalbio, uno studio di incidenza all’esito del quale la provincia di Grosseto esprimeva parere favorevole sullo stesso e veniva poi convocata in data 11/4/2012 la conferenza di servizi per il rilascio del parere propedeutico al rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 D.lgs. 387/2003.

Pochi giorni prima di tale data i proprietari dei terreni concessi in affitto alla società ricorrente inviava una lettera nella quale affermava che il contratto di affitto doveva considerarsi nullo in quanto il rappresentante aveva travalicato i suoi poteri e comunque andava considerato come simulato in quanto era stato disdettato con separato atto nella medesima data. La società ricorrente faceva presente che la revoca dei poteri non poteva inficiare gli atti precedentemente sottoscritti dal procuratore e che l’accordo di risoluzione era stato sottoscritto solamente dalla società ricorrente a garanzia del concedente laddove non si fosse giunti alla compravendita per mancato rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto.

In virtù di tale comunicazione il comune di Capalbio annullava l’atto di approvazione del PAPMAA. Contro tale atto la Società presentava ricorso con un unico articolato motivo nel quale affermava che sostanzialmente, sostituendosi al giudice civile, aveva valutato la nullità di atti sottoscritti e ne aveva tratto ragione per revocare l’approvazione del PAPMAA al solo scopo di impedire la realizzazione dell’impianto biogas.

La richiesta cautelare veniva accolta in via provvisoria dal presidente della sezione con decreto del 24.4.2012 e ciò consentiva la tenuta della seduta della conferenza di servizi del 23/4/2012, nella quale peraltro la società ricorrente reiterava la richiesta di un provvedimento di autotutela da parte del Comune di Capalbio sull’annullamento dell’atto di approvazione del PAPMAA, e in virtù di ciò la conferenza di servizi veniva rinviata al 2 maggio 2012;
in quella data la conferenza si concludeva con l’approvazione del progetto ed in data 17/5/2012 la provincia di Grosseto rilasciava l’autorizzazione unica.

Alla camera di consiglio del 22/5/2012 si costituiva in giudizio il comune di Capalbio ed intervenivano ad opponendum Italia Nostra ed alcuni cittadini proprietari di abitazioni a Capalbio.

Il collegio rigettava la richiesta cautelare facendo presente che la ratifica da parte dei proprietari degli accordi intervenuti tra la società ricorrente ed il loro procuratore avrebbe reso possibile la reiterazione della richiesta di approvazione del PAPMAA.

Bisogna tener conto, infatti, che in data 19/4/2012 i proprietari dei terreni avevano ratificato con atto notarile gli atti precedentemente stipulati dal loro procuratore e avevano stipulato altresì contratto di compravendita dei medesimi terreni sottoposto alla condizione risolutiva del mancato rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto.

In conseguenza della pronuncia cautelare la provincia di Grosseto sospendeva l’efficacia dell’autorizzazione del 17/5/2012 e avviava il procedimento di autotutela;
in data 24/5/2012 la società ricorrente presentava istanza di riapprovazione del PAPMAA che veniva dichiarato improcedibilità dal comune in quanto sosteneva che vi dovesse essere una nuova richiesta che comportava una completa istruttoria dal momento che il precedente PAPMAA era stato annullato.

Nel frattempo la società ricorrente aveva presentato in data 6/6/2012 una richiesta di approvazione del PAPMAA, depositando tutta la documentazione ivi compresa quella risultante dalla valutazione di incidenza ed alle prescrizioni rese nelle conferenze dei servizi per l’autorizzazione unica dell’impianto.

All’esito di tale richiesta, in data 2/10/2012 veniva approvato nuovamente il PAPMAA.

La società ricorrente presentava motivi aggiunti avverso la determinazione del 13/7/2012 del comune che aveva dichiarato improcedibilità l’istanza di riapprovazione del 25/5/2012 sulla base di due motivi di ricorso.

Successivamente, con un secondo ricorso per motivi aggiunti, impugnava anche la determinazione 340 del 2/10/2012 di nuova approvazione del PAPMAA dal momento che il comune reputa il programma approvato come un nuovo programma e non la reiterazione di quello a suo tempo presentato e per il fatto che ai fini dell’approvazione era stato richiesto il parere a soggetti non interpellati in occasione della prima approvazione.

I motivi di ricorso sono in numero di due: il primo riteneva che vi fosse un illegittimità derivata rispetto agli atti impugnati con i precedenti ricorso il secondo contestava il travisamento dei presupposti di fatto di diritto del PAPMAA in quanto la richiesta del 6/6/2012 era stata intesa come nuova domanda e non come sollecito della istanza di riapprovazione del 24/5/2012 con la conseguenza che era stato attivato nuovamente tutto il procedimento non tenendo conto degli atti endoprocedimentali a suo tempo compiuti.

All’esito della nuova approvazione del PAPMAA venivano convocate una serie di conferenze di servizi per stabilire se revocare la precedente autorizzazione unica all’impianto, sospesa dopo la pronuncia cautelare del Tar, o se concedere definitivamente l’autorizzazione.

Le conclusioni assunte alla conferenza di servizi del 3/1/2013 sono state negative e pertanto con provvedimento del 15 giugno 2013 la provincia di Grosseto negava l’autorizzazione unica.

Avverso tale provvedimento veniva presentato il terzo ricorso per motivi aggiunti il quale si fonda su due motivi.

Il primo si limita a denunciare l’illegittimità derivata del provvedimento rispetto a quelli già impugnati con i precedenti ricorsi.

Il secondo denuncia la violazione della L. 241/1990 e l’eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, errore sui presupposti, erroneità, contraddittorietà, illogicità delle ragioni addotte, erroneità e insufficienza della motivazione.

Un primo motivo di travisamento dei fatti scaturisce dall’aver ritenuto il parere della Asl come negativo per il fatto che, secondo quanto ritenuto nella conferenza di servizi, il parere favorevole era condizionato alla presenza del sistema di spandimento del digestato che era stato eliminato dalla proponente;
in realtà in una nota inviata il 17/1/2013 la Asl precisa che nella conferenza di servizi del 3/1/2013, cui non avevo potuto partecipare, il suo parere è stato frainteso dal momento che già nelle precisazioni avvenute alla precedente conferenza dei servizi del 2/5/2012 era evidente che il progetto non prevedeva una rete di distribuzione del digestato, ma ciò nonostante il parere della Asl era stato favorevole.

Il comune aveva motivato il proprio dissenso ritenendo che fosse stato approvato un nuovo PAPMAA, che richiedeva perciò una nuova integrale istruttoria, mentre invece gli atti presentati nella richiesta del 6/6/2012 erano identici a quelli dell’originale richiesta con le sole aggiunte determinate dall’esito del primo procedimento.

Un’altra delle ragioni prospettate per il diniego dell’autorizzazione era quella relativa alla mancanza di documentazione rispetto alle soluzioni tecniche per la connessione alla rete dell’Enel e dal preventivo sui relativi costi;
in realtà questi elementi erano negli atti fin dal febbraio 2012 e la società ricorrente aveva già provveduto al pagamento del corrispettivo all’ENEL.

Non ha alcun rilievo neanche la possibile scadenza della clausola risolutiva nel corso del procedimento realizzativo, dal momento che della stessa non ci si è avvalsi e sarebbe stato sufficiente chiedere alla società ricorrente dopo la conclusione della conferenza dei servizi la prova della perdurante disponibilità dei terreni.

Le obiezioni del sindaco quale Autorità Sanitaria locale sono del tutto generiche e peraltro sono smentite dalla nota del 26/10/2012 dell’ASL.

Infine il comune aveva rappresentato di non disporre dell’atto d’obbligo afferente al PAPMAA mentre invece la società aveva firmato precedentemente al rilascio dell’autorizzazione unica l’atto d’obbligo e ne aveva inviato nuova bozza al comune integrata da alcuni impegni della società in ordine alla viabilità come richiesto dal comune;
il rinvio della bozza per avere conferma della sua approvazione da parte del Comune non aveva mai ricevuto alcuna risposta. La società ricorrente denuncia altresì violazioni alle norme sullo svolgimento della conferenza di servizi per non essere mai stata invitata a partecipare alle sedute dell’ultima fase e per aver travisato il parere dell’ASL che poteva essere considerato negativo solo se è così fosse scritto espressamente.

Oltre i vizi derivanti dal parere espresso nella conferenza di servizi il provvedimento della provincia è illegittimo per vizi propri;
del provvedimento si giustifica l’annullamento della precedente autorizzazione con la carenza assoluta insanabile degli atti dei pareri presupposti e con la necessità di adempiere all’ordinanza cautelare del Tar. In realtà l’unico vizio del precedente PAPMAA era la mancanza della prova della disponibilità dell’area che era scaturita dalla lettera inviata dagli originari proprietari dei terreni al comune di Capalbio e che aveva indotto anche questo tribunale a ritenere che l’incertezza sulla validità del contratto giustificasse l’annullamento del PAPMAA adottato dal comune di Capalbio.

Una volta superato questo problema non è necessario ripetere tutto il procedimento in spregio ai principi di economicità dell’azione amministrativa, tenuto conto che era stato nuovamente approvato il PAPMAA e che dall’ordinanza cautelare non derivava come necessità quella dell’annullamento dell’autorizzazione.

Peraltro in un provvedimento di autotutela dovrebbero essere meglio considerate le ragioni di pubblico interesse che avevano motivato l’accoglimento della richiesta per cui le presunte illegittimità dovrebbero avere un rilievo tale da far ritenere che vi sia un interesse pubblico al ripristino della legalità superiore rispetto a quello su cui ha fatto affidamento la ricorrente.

Essendo stata preannunciata la presentazione del terzo ricorso per motivi aggiunti veniva rinviata l’udienza fissata per il 15 giugno 2013 alla successiva udienza del 4/7/2013.

Le controparti costituite concludevano tutte per l’improcedibilità di tutti i ricorsi, i primi due per essere stato riapprovato il PAPMAA, il terzo perché presentato avverso un atto favorevole, il quarto dal momento che, successivamente al provvedimento della provincia di Grosseto, essendo stata azionata la clausola risolutiva con atto del 17/1/2013, era venuta meno definitivamente la proprietà dei terreni da parte della società ricorrente che nessun vantaggio avrebbe potuto ricavare dall’illegittimità della deliberazione provinciale del 15/1/2013.

All’udienza del 4/7/2013 la causa passava in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente va dichiarata l’improcedibilità del ricorso principale e dei primi due ricorsi per motivi aggiunti.

Il ricorso principale riguarda l’annullamento da parte del Comune di Capalbio dell’approvazione del PAPMAA per esser venuto meno il presupposto della disponibilità dei terreni su cui doveva sorgere l’impianto ed il primo ricorso per motivi aggiunti attiene al diniego di un atto di autotutela da parte del Comune che facesse venir meno l’annullamento disposto.

Per effetto della nuova approvazione del PAPMAA, ripresentato in data 6.6.2012, l’annullamento di tali atti non avrebbe alcun utile effetto per la società poiché la conseguenza sarebbe la reviviscenza dell’originaria approvazione del PAPMAA che costituirebbe un doppione rispetto all’approvazione del medesimo piano avvenuta con la determinazione 340 del 2.10.2012.

L’improcedibilità del secondo ricorso per motivi aggiunti deriva dal fatto che l’unica utilità che la società si riprometteva da tale ricorso, avverso un atto con effetti favorevoli, era legato all’accoglimento del ricorso principale onde affermare che il PAPMAA presentato in data 6.6.2012 altro non era che la ripresentazione del medesimo piano già approvato con determinazione poi annullata in autotutela, allo scopo di impedire che non potessero essere utilizzati tutti gli atti già compiuti nel procedimento di autorizzazione ex art. 12 D.lgs. 387/2003 che era stato avviato nuovamente attivato dopo la decisione negativa cautelare sul ricorso originario al fine di verificare se doveva procedersi all’annullamento dell’autorizzazione concessa in data 17.5.2012.

Essendosi comunque concluso il procedimento con l’atto impugnato, nessun vantaggio potrebbe scaturire dall’annullamento della nuova approvazione del PAPMAA che era legata ad una decisione del ricorso che doveva verificarsi prima della determinazione della provincia di Grosseto sull’avviato procedimento di autotutela rispetto all’autorizzazione già concessa nel maggio 2012.

Laddove non fosse intervenuto l’atto impugnato con i terzi motivi aggiunti, l’annullamento della determinazione del 2.10.2012 poteva avere un senso essendo collegata con il contestuale annullamento dell’atto di autotutela del Comune di Capalbio che avrebbe reso nuovamente esistente l’originaria approvazione del PAPMAA avvenuta in data 14.12.2011;
una volta intervenuto l’atto di autotutela della Provincia di Grosseto, esso diviene l’unico atto lesivo poiché frustra lo scopo per cui era stato presentato il PAPMAA e non consente il conseguimento del bene della vita cui aspirava la società ricorrente con l’attivazione dei due procedimenti connessi.

Le controparti della società ricorrente hanno eccepito che anche il terzo ricorso per motivi aggiunti debba essere dichiarato improcedibile poiché S.A.C.R.A. s.r.l. aveva fatto ricorso alla clausola risolutiva facendo venir meno il presupposto su cui poteva fondarsi l’autorizzazione annullata in autotutela con il provvedimento del 15.1.2013 della Provincia di Grosseto;
pertanto nessun vantaggio poteva derivare alla società dall’annullamento di tale atto.

L’eccezione non può essere accolta in quanto il venir meno dell’efficacia del contratto di acquisto dei terreni su cui sarebbe dovuto sorgere l’impianto è stata conseguenza della determinazione provinciale che rendeva comunque irrealizzabile il progetto poiché, per fruire dei benefici tariffari previsti per legge, l’impianto doveva essere ultimato entro il 30.4.2013, circostanza che diveniva impossibile per l’annullamento dell’autorizzazione ex art. 12 D.lgs. 387/2003.

E’ evidente che l’ultimo ricorso per motivi aggiunti è stato presentato per ottenere una pronuncia di illegittimità da spendere al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti e pertanto conserva una sua utilità cosicché non ne può essere dichiarata l’improcedibilità.

Venendo al merito in relazione all’ultimo ricorso presentato, va soffermata l’attenzione sui rilievi contenuti nel secondo motivo di ricorso.

Nella motivazione dell’atto impugnato si fa riferimento ad un parere della ASL che è stato ritenuto negativo in quanto, all’esito delle integrazioni presentate, era stato eliminato il sistema di spandimento del digestato che, secondo l’interpretazione dedotta in conferenza di servizi, sarebbe stata condizione per mantenere il parere favorevole formalmente espresso.

Questa sorta di interpretazione autentica del parere della ASL non appare corretta in quanto la stessa Azienda, che non aveva potuto partecipare all’ultima conferenza di servizi poiché la convocazione raggiunta tardivamente, in una successiva nota del 17/1/2013 aveva smentito la lettura che era stata data del parere ritenendo che essa non aveva stravolto completamente il contenuto;
già a suo tempo la ASL aveva chiarito che la rete di distribuzione del digestato costituiva una misura di mitigazione e non una condizione imprescindibile.

La lettura della nota del 17 luglio 2013 è assolutamente chiarificatrice del fatto che il parere dell’Azienda sanitaria era stato frainteso: infatti, a suo tempo l’impianto era stato autorizzato senza la rete di distribuzione del digestato per la quale vi era stata riserva di realizzazione in un secondo momento;
non si vede per quale ragione il parere favorevole della ASL debba essere ritenuto subordinato alla realizzazione di tale rete.

Né rileva l’obiezione sollevata sul punto dalle controparti circa il fatto che i pareri debbano essere espressi in sede di conferenza di servizi, poiché la nota sopra richiamata non costituisce un’illegittima espressione di parere fuori dal contesto in cui doveva avvenire, ma il chiarimento circa un’erronea interpretazione che era stata data di un parere formulato nella sede competente.

Altro elemento posto a fondamento dell’annullamento è costituito dal mutamento del parere del Comune di Capalbio che a suo tempo si era espresso positivamente sull’autorizzazione, mentre in occasione delle ultime conferenze di servizi si era opposto all’utilizzazione degli atti procedimentali posti a fondamento della delibera del 17 5012 in quanto riteneva che la proposta di PAPMAA del 6/6/2012 costituisse una novità rispetto a quella suo tempo approvata che comportava un rinnovamento completo dell’istruttoria.

In realtà, esaminando gli atti proposti, emerge la sostanziale identità fra i due progetti tesi a realizzare sul medesimo terreno un’opera i cui elementi costitutivi erano identici e nel secondo si modificavano solamente alcune tipologie costruttive anche in considerazione di quanto era emerso nel corso del procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica all’impianto.

Il mutamento di parere da parte del Comune di Capalbio, pertanto, non appare sorretto da adeguata motivazione e appare piuttosto frutto di un mutamento di opinione circa l’opportunità del nuovo impianto derivante dalla pressione che alcuni proprietari di abitazioni nei pressi dell’impianto hanno senz’altro esercitato come si può facilmente dedurre anche dal loro intervento ad opponendum.

Nonostante la circostanza non rilevi alla luce della dichiarata improcedibilità del ricorso principale, non può fare a meno di osservarsi che i proprietari dei terreni poi ceduti alla società ricorrente formularono dei dubbi circa il superamento dei poteri di rappresentanza effettuato dal loro rappresentante in loco, salvo poi ratificare il suo operato non appena la società ricorrente aveva promosso un giudizio civile nei loro confronti. Prima ancora che l’autorità giudiziaria adottasse dei provvedimenti circa l’illegittimità degli atti sottoscritti dal rappresentante, il Comune di Capalbio ritenne che il presupposto della proprietà dei terreni ove costruire l’impianto fosse venuto meno ed emise per questo l’atto di autotutela impugnato con il ricorso principale. Il provvedimento cautelare a suo tempo emesso era fondato non sull’assenza di fumus, ma semplicemente sulla mancanza di pericolo in quanto l’intervenuta ratifica dell’atto del preliminare di acquisto e del contratto di affitto agrario consentiva di presentare nuovamente la domanda eliminando qualunque dubbio in proposito. La condotta del comune successivamente non è apparsa coerente poiché, da un lato respinse la richiesta di annullare l’atto di autotutela alla luce dei chiarimenti intervenuti sulla disponibilità dei terreni, dall’altro con un certo ritardo aveva finito per approvare un nuovo PAPMAA che altro non era che la ripresentazione di quell’originario.

Di conseguenza le ragioni per cui il comune aveva cambiato il proprio parere appaiono nella sostanza illogiche e determinate solamente dalla mutata volontà politica rispetto alla realizzazione dell’impianto.

Nel verbale della conferenza di servizi del 3/1/2013 il parere negativo viene fondato non solo sulle circostanze poi riprese dal provvedimento definitivo della provincia, ma anche sulla presunta mancanza di documentazione attestante la scelta delle soluzioni tecniche per la connessione alla rete Enel e l’accettazione da parte dell’ENEL;
in realtà il preventivo presentato dall’Enel la sua accettazione ed il pagamento del corrispettivo per circa € 60.000 erano già presenti agli atti fin dal febbraio 2012.

Inoltre, nel verbale richiamato, si fa presente che il comune aveva segnalato come il termine entro cui operava la clausola risolutiva fosse scaduto e non essendo intervenuta ancora l’autorizzazione doveva ritenersi che la società non aveva più la giuridica disponibilità dei terreni ove realizzare l’impianto. La circostanza non è rilevante in quanto non dipendeva dalla conferenza di servizi interpretare le pattuizioni intervenute fra le parti, non era sufficiente verificare la permanenza della condizione per l’autorizzazione e cioè la disponibilità dei terreni prima del rilascio formale dell’autorizzazione.

Da ultimo il comune rappresentava due ulteriori ragioni ostative alla conferma dell’autorizzazione unica e cioè l’esistenza di un parere negativo del sindaco quale Autorità sanitaria locale e la mancata sottoscrizione dell’atto d’obbligo relativo all’atto di approvazione del PAPMAA.

In relazione al parere espresso dal sindaco quale Autorità sanitaria locale si osserva che esso si fonda su una serie di temuti effetti negativi in campo ambientale elencati in modo generico ed in contrasto con i pareri favorevoli espressi sia dalla ASL che dall’ARPAT;
ebbene i poteri del sindaco in materia sanitaria sono concessi per adottare provvedimenti urgenti tutte le volte che vi sia una situazione critica sul piano sanitario che venga accertata da un organo tecnicamente competente. Non rientra invece fra le sue competenze quella di rilasciare pareri preventivi circa la compatibilità con le norme esistenti a tutela ambientale di un nuovo impianto produttivo;
diversamente opinando tale parere si verrebbe a sovrapporre a quelli della ASL e dell’ARPAT senza che il sindaco disponga di strutture amministrative aventi la competenza tecnica per la formulazione del parere.

Quanto infine alla assenza di un atto d’obbligo previsto al momento di approvazione del PAPMAA, il comune non può avvalersi di tale assenza avendola esso stesso determinata;
infatti, risulta che la società ricorrente aveva inviato in data 24/10/2012 la bozza dell’atto d’obbligo predisposta sulla base dell’analogo atto sottoscritto all’epoca dell’approvazione del precedente PAPMAA ed integrato da alcune osservazioni che erano intervenute da parte del Comune, senza ricevere alcuna risposta da parte del Comune.

In conclusione, va notato ulteriormente che non appaiono destituite di fondamento le considerazioni svolte dalla società ricorrente circa l’assenza di qualunque riferimento all’interesse pubblico che deve sussistere per procedere all’esercizio dei poteri di autotutela;
non basta, infatti, limitarsi a segnalare le presunte illegittimità che renderebbero viziato l’atto da annullare, ma bisogna anche valutare l’esistenza di un interesse pubblico attuale all’esercizio dello ius poenitendi che tenga conto, anche in ossequio al principio di proporzionalità degli interessi del privato che ha richiesto l’atto creativo ed ha fatto affidamento sullo stesso.

Il provvedimento della Provincia di Grosseto impugnato con l’ultimo ricorso per motivi aggiunti merita, pertanto, di essere annullato.

Come già evidenziato in sede di reiezione dell’eccezione preliminare di improcedibilità, l’annullamento dell’atto impugnato in questa circostanza finalizzato esclusivamente al risarcimento del danno, dal momento che, essendo scaduto il termine entro cui andava realizzato l’impianto per ottenere le agevolazioni tariffarie, non sussiste più la convenienza economica di realizzare l’impianto.

Sussistono i presupposti per il riconoscimento del diritto ad ottenere il risarcimento in quanto l’atto illegittimo si pone in rapporto di causalità con la mancata realizzazione dell’impianto da cui sono derivati danni sia sotto il profilo del danno emergente per i costi sostenuti per la creazione e richiesta di approvazione del progetto, sia sotto quello del lucro cessante poiché la società non potrà conseguire gli utili che si riprometteva per l’esercizio dell’impianto da autorizzare.

Non vi possono essere dubbi circa la sussistenza dell’elemento soggettivo dal momento che non ricorrono nel caso di specie quelle condizioni di obiettiva incertezza delle norme o della situazione di fatto che potrebbero far considerare incolpevole l’attività illegittima della pubblica amministrazione.

In merito al soggetto cui si debba attribuire la responsabilità per danno causato, il Tribunale ritiene che sia il Comune di Capalbio che la Provincia di Grosseto debbano rispondere in solido fra loro del danno cagionato;
infatti, anche se il provvedimento illegittimo è stato emanato dalla sola Provincia competente ex art. 12 D.lgs. 387/2003, il contributo causale dato dal comune circa l’approvazione dell’atto illegittimo, tenuto conto anche di tutte le condotte precedenti di cui si è dato atto nel giudizio, è certamente rilevante e tale da consentire che tale ente risponda in solido con la Provincia al ristoro del danno subito dalla società ricorrente.

Per quanto attiene alla determinazione della misura del risarcimento si ritiene opportuno ricorrere alla facoltà prevista dall’art. 34, comma 4, c.p.a. di consentire alle parti di trovare un accordo in merito alla misura del quanto sulla base dei criteri posti nella sentenza dal giudice.

A tal fine si ritiene opportuno che la società ricorrente presenti agli enti debitori tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti per poterne determinare la pertinenza;
quanto al lucro cessante, ipotizzando che l’impianto avrebbe potuto operare a partire dal 34 2013, sulla base delle relazioni estimative che la società ha prodotto in giudizio gli enti valuteranno l’ipotizzabilità dell’utile che sarebbe maturato durante tutta la gestione dell’impianto per effetto delle tariffe agevolate.

Le somme così determinate saranno soggette a rivalutazione monetaria trattandosi di credito di valore.

Le spese seguono la soccombenza per quanto attiene alle amministrazioni resistenti, mentre possono essere compensate nei confronti degli intervenuti ad opponendum in analogia a quanto disposto nei ricorsi riuniti presentati dagli opponenti avverso il provvedimento di approvazione del PAPMAA.


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