TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2014-10-15, n. 201410354

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2014-10-15, n. 201410354
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201410354
Data del deposito : 15 ottobre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03228/2006 REG.RIC.

N. 10354/2014 REG.PROV.COLL.

N. 03228/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3228 del 2006, proposto dal sig. M P, rappresentata e difesa dagli avv.ti G F e S M e con questo elettivamente domiciliato in Roma, via Paolo Emilio n. 28, presso lo studio dell’avv. F,

contro

l’Unione Nazionale Incremento Razze Equine (U.N.I.R.E.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliata,

per l'annullamento

della decisione della Commissione di disciplina di appello U.N.I.R.E. del 16 gennaio 2006, che ha rigettato l’appello amministrativo confermando e rendendo esecutive la sanzione di sei mesi di sospensione dalle qualifiche di allenatore e guidatore e ad una multa di € 1.500,00, irrogate in primo grado dalla Commissione di disciplina di prima istanza dell’U.N.I.R.E., nonché

per la condanna

al risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illegittima sospensione.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Unione Nazionale Incremento Razze Equine (U.N.I.R.E.);

Visto l’atto di motivi aggiunti depositato il 20 dicembre 2010;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 14 ottobre 2014 il Consigliere Giulia Ferrari;
uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:


FATTO

1. Con ricorso notificato in data 7 aprile 2006 e depositato il successivo 12 aprile il sig. M P ha impugnato la decisione della Commissione di disciplina di appello U.N.I.R.E. del 16 gennaio 2006, che ha rigettato l’appello amministrativo confermando e rendendo esecutive la sanzione di sei mesi di sospensione dalle qualifiche di allenatore e guidatore e ad una multa di € 1.500,00, irrogate in primo grado dalla Commissione di disciplina di prima istanza dell’U.N.I.R.E..

Espone, in fatto, che in occasione della corsa del 22 settembre 2003 tenutasi a Roma, la cavalla Eurasia Grif è risultata positiva al controllo antidoping. La Commissione di disciplina di primo grado dell’Unire ha sanzionato il ricorrente a sei mesi di sospensione dalle qualifiche di allenatore e guidatore e ad una multa di € 1.500,00, sanzioni confermate, con il provvedimento impugnato, dalla Commissione di disciplina di appello U.N.I.R.E.

2. Avverso i predetti provvedimenti il ricorrente è insorto deducendo violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

In primo luogo la decisione è stata depositata oltre il termine di venti giorni previsto dall’art. 21, comma 5, del Regolamento innanzi l’U.N.I.R.E.. Aggiungasi che l’azione disciplinare è stata esperita oltre i termini regolamentari, quando ormai la Procura di disciplina aveva perso il potere. Inoltre, a differenza di quanto afferma la Commissione di disciplina di appello U.N.I.R.E., assume rilevanza determinante la mancata presenza di cronogrammi, non essendo sufficiente l’accertata positività del campione accertato. La Commissione di disciplina di Appello non è neanche entrata nel merito di tutti i punti di difesa del gravame amministrativo, non esaminando compiutamente, nella sostanza le censure di appello. Ancora, l’art. 11 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite non prevede la punizione dell’allenatore, come del resto implicitamente riconosciuto dalla stessa Commissione che in altre occasioni non ha sanzionato l’allenatore, determinando peraltro una palese disparità di trattamento tra situazioni pressocchè identiche. Da rilevare, ancora, che illegittimamente le seconde analisi sono state effettuate presso un laboratorio non accreditato.

3. Con atto di motivi aggiunti, notificato il 29 novembre 2010 e depositato il successivo 20 dicembre 2010, il sig. P deduce una ulteriore censura avverso la sanzione gravata con l’atto introduttivo del giudizio, alla luce del parere reso dalla Commissione scientifica dell’U.N.I.R.E. in relazione ai casi di non negatività al controllo antidoping per presenza di cocaina.

4. Si è costituito in giudizio l’Unione Nazionale Incremento Razze Equine (U.N.I.R.E.), senza svolgere argomentazioni difensive ma depositando documentazione.

5. Con ordinanza n. 742 del 20 maggio 2005, riformata dalla VI sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 1714 del 4 aprile 2006, è stata respinta l’istanza cautelare di sospensiva.

6. All’udienza del 14 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Con il quinto motivo di ricorso il sig. P ha affermato che illegittimamente la seconda analisi, effettuata per confermare la positività al doping della cavalla Eurasia Grif, è stata fatta presso un laboratorio non certificato e accreditato. La Commissione di disciplina di Appello, nell’impugnata decisione del 16 gennaio 2006 – con la quale ha rigettato l’appello amministrativo confermando e rendendo esecutive la sanzione di sei mesi di sospensione dalle qualifiche di allenatore e guidatore e ad una multa di € 1.500,00, irrogate in primo grado dalla Commissione di disciplina di prima istanza dell’U.N.I.R.E. - non ha smentito, in punto di fatto, tale circostanza ma ha affermato che alcuna norma individua tali presupposti per la validità delle analisi effettuate.

Il motivo è fondato.

Giova preliminarmente precisare il ruolo che assumono sia la certificazione che l’accreditamento nell’esecuzione delle attività di laboratorio per l’analisi antidoping. In particolare, va puntualizzato che la certificazione è l’atto mediante il quale un ente esterno indipendente dichiara che il Sistema Qualità di un’organizzazione è conforme ai requisiti fissati da una norma di riferimento, mentre l’accreditamento di un laboratorio è il riconoscimento formale della sua idoneità ad effettuare specifiche prove o determinati tipi di prove.

Con precipuo riferimento ai controlli di laboratorio antidoping nel settore ippico, l’allegato 3 al Regolamento per il controllo delle sostanze proibite (approvato con d.m. n. 797 del 16 ottobre 2002), applicabile ratione temporis, richiama l’art. 6 della Conferenza delle Autorità ippiche, che è il frutto di un accordo internazionale per proteggere l’integrità delle corse;
al punto 18 del citato allegato 3 è chiaramente detto che “L’obiettivo dei Paesi firmatari è che i loro laboratori: siano accreditati conformemente alla guida ISO/IEC17025 “Condizioni generali di competenza richieste ai laboratori di analisi e di verifica” e al documento complementare ILAC –G7 “Condizioni di accreditamento e criteri di funzionamento per i laboratori ippici”. Di qui il connotato imprescindibile dell’accreditamento della struttura di cui l’Amministrazione si avvale per effettuare gli esami di laboratorio (Tar Lazio, sez. III ter, 29 luglio 2014, n. 8280;
id. 14 gennaio 2012, n. 361).

Questo in punto di diritto.

In punto di fatto, dagli atti di causa si rileva che il laboratorio che ha effettuato le seconde analisi, id est Unirelab, all’epoca della vicenda contenziosa non era in possesso dell’accreditamento richiesto.

Tale circostanza fattuale – peraltro, come si è detto, non smentita dalla Commissione di disciplina di Appello – si ricava dalla relazione finale della Commissione istituita con d.m. 4 luglio 2006, n. 955, integrato con d.m. 2 agosto 2004, n. 7064, secondo cui: - l’allegato 3, parte integrante del d.m. del 16 febbraio 2002 dispone che i laboratori dei paesi firmatari siano accreditati conformemente alla guida ISO/IEC 17025 e al documento ILAC-G7;
- l’accreditamento è un obiettivo prioritario per un laboratorio che svolga attività di pubblico interesse i cui risultati possono condizionare sia le categorie produttive dell’ippica sia il sistema delle scommesse;
- “l’assenza di tale requisito per il laboratorio antidoping di U.N.I.R.E. era stato già rilevato, già dal 1999 dalla Commissione di vigilanza e controllo sulla regolarità delle corse e delle scommesse … Attualmente il laboratorio italiano risulta essere l’unico non accreditato fra quelli dei paesi firmatari dell’accordo…..E’ parere della Commissione che, in assenza di accreditamento U.N.I.R.E., non avrebbe in alcun modo potuto affidare a Unirelab il compito di eseguire le seconde analisi sui campioni risultati non negativi in prima istanza. Ciò anche perché attraverso l’accreditamento dei Sistemi Qualità da parte di Enti di parte terza, viene di fatto certificata l’imparzialità del laboratorio di prova attraverso l’assoluto anonimato del campione nel corso di tutto il percorso diagnostico sino all’emissione del rapporto di prova”.

In conclusione, gli esami effettuati da un laboratorio non accreditato non danno certezza del risultato evidenziato, in termini di credibilità e di affidabilità dello stesso e pertanto, per come realizzati, non possono fondare provvedimenti di inibizione allo svolgimento dell’attività professionale in capo agli allenatori.

La fondatezza della quinto motivo dell’atto introduttivo del giudizio assume carattere assorbente di ogni altra questione, anche dedotta con l’atto introduttivo del giudizio, risultando illegittimo il provvedimento disciplinare della Commissione di disciplina di Appello, nell’impugnata decisione del 16 gennaio 2006, interamente fondato sul rinvenimento della positività dell’animale al controllo antidoping, controllo effettuato dal laboratorio non accreditato.

La fondatezza del quinto motivo comporta l’accoglimento dell’atto introduttivo del giudizio e dei motivi aggiunti.

Deve invece essere respinta l’istanza di risarcimento danni, atteso che il provvedimento impugnato è stato sospeso per effetto dell’ordinanza dalla VI sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 1714 del 4 aprile 2006 ed il ricorrente non ha dimostrato che nelle more della pronuncia del giudice di appello (circa tre mesi) si siano prodotti effetti dannosi irreversibili.

Quanto alle spese di giudizio, sussistono giusti motivi per disporsene l'integrale compensazione fra le parti costituite.

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