TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2021-06-04, n. 202106674

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2021-06-04, n. 202106674
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202106674
Data del deposito : 4 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/06/2021

N. 06674/2021 REG.PROV.COLL.

N. 06782/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6782 del 2014, proposto da
M P, rappresentato e difeso dagli avvocati L C, A P, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Pelaggi in Roma, via del Sudario, 18;

contro

Banca D'Italia, in persona del Governatore, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M P D T, R Ilito, domiciliataria ex lege in Roma, via Nazionale, 91;

per il riconoscimento

del rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno nella qualifica di funzionario direttivo e medico competente (con richiesta di condanna al pagamento delle somme dovute, in riassunzione come da ordinanza del 24.01.14 emessa su r.g. n. 35988/13 dal Tribunale di Roma - 1^ sezione lavoro).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Banca D'Italia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2021 il dott. S G C, celebratasi in collegamento da remoto come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Nell’odierno ricorso, in riassunzione rituale del giudizio proposto di fronte al Giudice Ordinario (Tribunale di Roma, Sez. I, Lavoro), il dott. M P chiede l’accertamento della avvenuta costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con Banca d’Italia, alle dipendenze della quale ha svolto attività di medico competente con più contratti a termine, reiterati nel tempo, che avrebbero di fatto costituito un vincolo gerarchico con l’Istituto.

A tale proposito, espone quanto segue.

Il ricorrente, in possesso di specializzazione di Medicina del lavoro, insieme ad altri colleghi specializzati, veniva contattato dall’Istituto nel maggio 2001 per costituire un rapporto di lavoro come Medico competente per la salute e sicurezza del lavoro, allo scopo di rafforzare i presidi degli uffici a seguito della modifica della normativa sugli operatori dei videoterminali che richiedeva un incremento dell’organico esistente (composto da soli tre medici competenti, dei quali uno assunto con contratto di consulenza).

Superati positivamente i colloqui di valutazione, il ricorrente stipulava in data 1.7.2001 un contratto di consulenza della durata di mesi tre, che avrebbe in realtà dissimulato una assunzione in prova, iniziando ad operare presso il Centro di Vermicino “Donato Menichella”, ove svolgeva attività di Medico competente e talvolta anche di pronto soccorso. Sin dall’inizio dell’attività, il ricorrente osservava un orario di lavoro predeterminato di 20 ore settimanali, esclusi sabato e domenica, con giorni ed orari predisposti dal Coordinatore del Centro di Assistenza Sanitaria;
osservava le direttive sulla prestazione di lavoro predisposte dall’Ufficio Salute e Sicurezza sul Lavoro della convenuta (USASIL);
effettuava sopralluoghi presso alcune sedi della convenuta in base a specifiche indicazioni del predetto Coordinatore e del Responsabile USASIL;
lavorava presso i locali dell’Amministrazione, utilizzandone strumenti e materiali;
concordava ferie e permessi con colleghi e con il Coordinatore, che doveva avvisare in caso di assenze per malattia;
veniva assistito e coadiuvato da personale infermieristico dipendente della convenuta;
veniva retribuito con cadenza prefissata ed eguali importi.

Il contratto veniva quindi rinnovato dal 1.10.2001 al 30.06.2002 (con durata conforme a quella di tutti i contratti di consulenza medica in essere), con compenso lordo di lire ( rectius euro) 50.700,00.

Il rapporto si svolgeva con le medesime caratteristiche organizzative, prestazionali e remunerative sopra descritte, con, in aggiunta, sopralluoghi (missioni) e visite nelle filiali di tutta Italia;
il ricorrente prendeva parte a seminari di sicurezza del lavoro, avvalendosi sempre delle attrezzature e del materiale fornito dall’Amministrazione e fornendo i relativi “report” a quest’ultima.

Con il contratto del 1.7.2002 veniva convenuta una nuova convenzione di consulenza, questa volta biennale, con termine al 30.06.204 e aumento della prestazione lavorativa (compenso lordo di euro 87.280,00).

Il 4.7.2002, per ulteriori esigenze di potenziamento del servizio, veniva diramato un ordine di servizio da parte dell’Istituto, inerente un nuovo organigramma dei medici competenti, che comprendeva oltre al ricorrente altri colleghi (inclusi quelli assunti a tempo indeterminato), nel quale il ricorrente veniva designato ad affiancare il Coordinatore con trasferimento stabile presso la sede di Roma, via Panisperna.

Anche in tal caso venivano osservate le medesime modalità organizzative, logistiche, prestazionali e retributive descritte in precedenza, salvo l’orario che veniva aumentato a 25 ore settimanali ed ulteriori impegni di servizio che costringevano il ricorrente a rinunciare ad altra importante clientela.

Nel marzo 2004, a quanto risulta al ricorrente, il Responsabile dell’USASIL prospettava con un appunto rivolto ai vertici dell’Istituto l’opportunità di stipulare contratti di lavoro subordinato con tutti i medici competenti e prospettava, allo stesso ricorrente, l’imminente formalizzazione del rapporto di lavoro subordinato.

Veniva poi stipulato un quarto contratto di consulenza (dal 1.7.2004 al 30.06.2006, compenso lordo di euro 104.000,00 oltre IVA), con aumento delle ore a 30 settimanali (copertura di non meno di tre giorni e mezzo a settimana per almeno otto ore giornaliere), sempre nell’osservanza delle modalità sopra descritte, salvo rilevare che in questo periodo si verificavano delle frizioni con i superiori, che in diverse occasioni interferivano sul lavoro del ricorrente e dei suoi colleghi.

Il contratto veniva prorogato da 1.7.2006 al 31.10.2006 (compenso lordo di euro 17.333,00 oltre IVA), quando veniva stipulato il sesto ed ultimo contratto di consulenza (dal 1.11.2006 al 31.10.2008, compenso lordo di euro 100.692,00 oltre IVA, 28 ore settimanali).

In vista della scadenza del termine del contratto, il ricorrente chiedeva notizie circa la prosecuzione del rapporto, senza ricevere riscontri;
il Servizio Personale lo informava informalmente, in seguito, circa l’intento dell’Amministrazione di non rinnovare più il rapporto, mentre gli sottoponeva una bozza di contratto quale Medico di Primo soccorso, che egli non riteneva adeguato, stante la riduzione alla metà del compenso in godimento.

Il 10.11.2008 il ricorrente riceveva la formale disdetta del contratto di lavoro, che avrebbe quindi integrato un vero e proprio licenziamento.

Con l’odierno ricorso, chiede dunque di accertare (A) la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra il ricorrente e la Banca D’Italia (violazione degli artt. 61, 69 ed 86 del d.lgs. n. 276/2003;
non sarebbero sussistenti i connotati ed i caratteri del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa;
non verrebbero in rilievo rapporti di tipo occasionale o di amministrazione o le altre fattispecie previste dalla disciplina di cui agli artt. 61 e 69 cit.);
(B) la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra il ricorrente e la convenuta (sussistenza in concreto della subordinazione);
(C) effetti del riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro – nullità del recesso (il licenziamento avrebbe natura gravemente ritorsiva in quanto provocato dal rifiuto del ricorrente di sottoscrivere un ennesimo contratto di lavoro a condizioni gravemente peggiorative);
(D) effetti del riconoscimento della natura subordinata dal rapporto di lavoro (diritto al riconoscimento di differenze retributive per le voci previste dalla legge e dal CCNL arbitrariamente non corrisposte al ricorrente, ovvero mensilità supplementari;
indennità ferie e festività e trattamento di fine rapporto;
la commutazione del recesso in licenziamento illegittimo o ingiustificato, azionato con separato giudizio, con il conseguente diritto al risarcimento del danno avendo ii ricorrente provveduto regolarmente ad impugnare l'atto ed anche offrire le sue prestazioni);
(E) in subordine, accertamento della persistenza di un rapporto di lavoro a contratto a tempo indeterminato dal 31.12.2008 (che sarebbe consentito a Banca d’Italia per effetto degli artt. 87 e ss. del CCNL “dipendenti” del 26.6.1992).

Conclude per l’accoglimento del ricorso, con ogni statuizione conseguenziale in ordine al pagamento delle somme dovute (che quantifica analiticamente) ed alla costituzione del rapporto di lavoro.

Si è costituita Banca d’Italia che resiste al ricorso del quale chiede il rigetto.

Ritualmente confermato l’interesse alla decisione della causa da parte del ricorrente ex art. 82 c.p.a. (istanza del 26.7.2019 e del 5.11.2019), Banca d’Italia ha depositato i documenti di causa (9 marzo 2021) e, con memoria conclusiva ha dedotto quanto segue.

Dopo aver premesso brevi cenni sulla propria organizzazione del servizio di prevenzione e medicina del lavoro, l’Istituto rileva che l’art. 17, comma 5 del d.lgs. n. 626/1994 (oggi art. 39, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008) consente che il medico competente possa svolgere la propria attività in qualità di dipendente di una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore, oppure come libero professionista o come dipendente del datore di lavoro.

Banca d’Italia si è avvalsa, nel corso degli anni, di tutti e tre i modelli, a seconda delle esigenze e dei carichi di lavoro che si presentavano. All’epoca della stipula del primo contratto con il ricorrente, l’Istituto si avvaleva di tre sanitari con compiti di Medico competente, dei quali due assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (stipulati previa selezione, così come previsto dagli artt. 85 della parte I e 108 della parte II del Regolamento del Personale) ed un terzo medico in regime di prestazione d’opera professionale, incaricato del ruolo di coordinatore del Centro di assistenza sanitaria di via Panisperna e delle funzioni di Medico competente presso le filiali dell’Istituto. Nello stesso periodo la Banca si avvaleva altresì, in forza di contratti di prestazione d’opera professionale, della collaborazione di vari altri medici per i servizi di primo soccorso e medicina d’urgenza (anch’essi articolati sui tre “poli” di Via Nazionale, Via Tuscolana e Frascati) e per le prestazioni medico-legali (consulenza al Servizio Personale nell’esame di documentazione medica, rilascio di pareri sanitari, ecc.). Il numero di questi ultimi medici – tutti legati alla Banca da rapporti di collaborazione libero-professionale – era, a giugno 2002, di dieci (tre per ciascun “polo” per i servizi di primo soccorso e medicina d’urgenza e uno per i compiti medico-legali.

In questo quadro si colloca la stipula del primo contratto con l’odierno ricorrente, che presentava i tratti tipici del rapporto di c.d. lavoro autonomo, o meglio, prestazione d’opera intellettuale (artt. 2229 e ss. del cod.civ.), essendo peraltro volto a soddisfare esigenze organizzative sopravvenute (aumento del personale addetto ai videoterminali);
anche i rinnovi successivi si giustificavano per esigenze transitorie cui l’Amministrazione si trovava a dover fare fronte, come diffusamente illustrato in atti.

Dal 2008 si registrarono alcune nuove circostanze che portarono Banca d’Italia a riconsiderare (per ragioni di efficienza, economicità ed adeguatezza alle mutate esigenze) il numero ed il ruolo dei medici da adibire alle funzioni sanitarie verso i lavoratori (meglio individuate dall’appunto del 15.4.2008, sub doc. 9, nella “conformazione ciclica dell’attività di sorveglianza sanitaria, basata ex lege su visite di diversa periodicità”, che presenta quindi “una punta di lavoro significativa un anno su cinque”;
nell’attesa flessione delle attività riguardanti i sopraluoghi, la formazione e la valutazione dei rischi nella rete periferica della Banca, stante la chiusura, deliberata nel settembre 2007, di ben 33 delle preesistenti 97 Filiali ed altro).

Tale scelta si concretizzò nella decisione di ridurre da quattro a tre i “medici competenti”, conservando il rapporto dei due sanitari già assunti a tempo indeterminato e rinunciando alla prestazione del solo odierno ricorrente, cui veniva preferito altro professionista in convenzione per maggiori meriti (come meglio illustrato nel già richiamato appunto del 15.4.2008). Al ricorrente veniva cionondimeno proposto di proseguire la propria collaborazione con l’Istituto in qualità di medico di primo soccorso, con un ridotto impegno settimanale (formalizzata dalla Banca con lettera prot. n. 1157924 del 31.10.2008), proposta che il ricorrente non accettava, manifestandolo per le vie brevi, tanto che l’Istituto ne prese atto con la nota n. 1178613 del 6.11.2008 e comunicando all’interessato che la proposta doveva intendersi revocata.

Su tale base fattuale, l’Istituto eccepisce l’irricevibilità del ricorso per tardività (sia nell’ipotesi in cui si consideri applicabile il termine di impugnativa degli atti amministrativi di cui all’art. 21, comma 1°, legge n. 1034/1971 e ss. mm.,oggi artt. 29 e 41, co. 2, c.p.a., sia nell’ipotesi in cui, invece, si ritenga applicabile – come mostra di ritenere il ricorrente – il regime “privatistico” di impugnazione dei licenziamenti individuali di cui all’art. 6 della legge n. 604/1966 e ss. mm;
il ricorso è infatti proposto il 22 ottobre 2013, quasi cinque anni dopo la nota della Banca d’Italia prot. n. 1178613 del 6 novembre 2008, con la quale l’Istituto prese atto della volontà di non addivenire alla proposta di convenzione quale Medico di Primo soccorso e comunicò di non voler rinnovare il rapporto in essere);
la inapplicabilità a Banca d’Italia della disciplina di cui al d.lgs. n. 276/2003, invocata dal ricorrente (a norma dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003);
la inapplicabilità delle norme sul lavoro a progetto all’esercizio della professione medica (art. 61, comma 3 del d.lgs. n. 276/2003);
la totale mancanza, nei rapporti intercorsi tra il ricorrente e Banca d’Italia degli elementi caratteristici del rapporto di lavoro subordinato;
la conseguente infondatezza delle domande proposte;
la inammissibilità tra queste ultime di quelle formulate per la prima volta in sede di riassunzione di fronte al TAR del giudizio civile (relative al riconoscimento di pretese “ differenze retributive ” per il periodo in cui il P prestò la propria opera professionale in favore della Banca).

Nella pubblica udienza del 21 aprile 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Nell’odierno giudizio, il ricorrente agisce per ottenere il riconoscimento della natura di rapporto di lavoro subordinato con Banca d’Italia e l’accertamento della illegittimità del recesso dal rapporto disposto da quest’ultima, con ogni statuizione conseguenziale.

L’azione è infondata e ciò consente al Collegio di poter prescindere dall’esame delle plurime eccezioni di rito che ha sollevato la difesa dell’Istituto.

I) Preliminarmente, è fondata la prima eccezione difensiva di Banca d’Italia, secondo la quale è inapplicabile la disciplina di cui al d.lgs. n. 276/2003 invocata dal ricorrente alle pubbliche amministrazioni (v. ex plurimis, Cassazione civile , sez. lav. , 07/07/2014 , n. 15432 in ordine alla non applicabilità agli appalti della PA all'art. 29, comma 2, d.lg. n. 276 del 2003, confermata dal d.l. n. 76 del 2013, conv. in l. n. 99 del 2013), con la conseguenza che non trova applicazione al rapporto instaurato dal ricorrente con Banca d’Italia neppure lo speciale istituto di cui all’art. 69 del d.lgs. 276/2003 (che prevede la conversione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa privi dei requisiti previsti dall’art. 61 del medesimo d.lgs in rapporto di lavoro a tempo indeterminato), esclusione che trova la propria giustificazione nell’esigenza di prevenire intuibili forme di elusione del principio dell’accesso ai ruoli della P.A. solo tramite concorso.

II) Va pure condivisa la seconda eccezione difensiva, seppure già implicita nella precedente, secondo la quale la disciplina del lavoro “a progetto” non trova applicazione alle attività oggetto di professioni intellettuali che richiedono una particolare specializzazione e l’iscrizione ad un Albo.

A tal proposito, si rileva che (a tacere della già rilevata non applicabilità delle norme di cui al d.lgs. nr. 276/2003 alle P.A., in ogni caso), l’art. 69 bis del d.lgs. n. 276/2003 prevede limiti e condizioni della configurabilità dei rapporti di collaborazione con i professionisti, sui quali l’esposizione degli argomenti del ricorrente non si sofferma (ad esempio, si fa riferimento al rapporto percentuale tra il compenso ricevuto ed il totale dei propri proventi professionali, o le circostanze che escludono l’applicabilità delle presunzioni contenute al comma 1 della disposizione predetta).

Seppure non applicabile alla odierna fattispecie, l’analisi della norma offre comunque al giudizio elementi di fatto che sono utili alla corretta qualificazione del rapporto di servizio che il ricorrente ha intrattenuto con Banca d’Italia.

III) Anche avvalendosi di tali indicatori, sui quali si tornerà tra poco, deve rilevarsi che parte ricorrente non ha offerto, se non enunciandola genericamente, la prova dell’asserita natura di lavoro subordinato nell’espletamento delle funzioni assegnategli.

Deve premettersi che, secondo la giurisprudenza che si è occupata dell’istituto, la sussistenza dell'elemento della subordinazione nell'ambito di un contratto di lavoro va individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente (con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità). L'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione, pur avendo natura meramente sussidiaria e non decisiva, possono costituire indici rivelatori della subordinazione, idonei anche a prevalere sull'eventuale volontà contraria manifestata dalle parti, ove incompatibili con l'assetto previsto dalle stessi (Cassazione civile sez. lav., 22/05/2020, n.9490, v. anche Cassazione civile sez. lav., 05/02/2019, n.3314;
Cassazione civile sez. lav., 18/04/2018, n.9591).

Nel caso specifico, vengono in rilievo connotati operativi (sui quali si sofferma diffusamente la difesa di Banca d’Italia) in forza dei quali non risultano previsti, né in concreto esercitati, né poteri di natura disciplinare (elemento, quest’ultimo, tipico della natura subordinata della prestazione lavorativa), né poteri di tipo gerarchico, attinenti modalità, contenuti e tempistiche delle prestazioni professionali oggetto della commessa.

Mentre sui primi è superfluo soffermarsi, non essendo neppure dedotti, sul secondo aspetto appena considerato si rileva che la difesa del ricorrente allega (come accennato, in maniera solo generica o assertiva) la sussistenza di una relazione di gerarchia che sarebbe denotata dalla predeterminazione dell’orario, dalla necessità di concordare ferie ed altre assenze, dall’uso delle sedi e delle attrezzature della PA, dalla frequenza di eventi e servizi formativi.

A fronte di ciò, Banca d’Italia oppone (senza effettive smentite, atteso che la memoria conclusiva è rimasta senza repliche) che l’orario di servizio (sensibilmente inferiore a quello dei colleghi in ruolo) era oggetto (nel limite quantitativo delle ore convenute) non di una predeterminazione unilaterale dell’Ufficio, ma di una programmazione “concordata” con gli altri colleghi (elemento di fatto comprovato dalla documentazione e-mail prodotta dall’Istituto);
che tale impegno non ha impedito al ricorrente di assumere altri incarichi professionali verso altrettanti committenti (sia pubblici che privati, analiticamente elencati nella memoria conclusiva di Banca d’Italia sulla base del curriculum del ricorrente);
che, di conseguenza, era assente nel rapporto ogni obbligo di esclusività, invece imposto agli altri dipendenti di ruolo dell’Istituto, ivi compresi i medici;
l’irrilevanza dell’utilizzo di attrezzature o risorse dell’Istituto, che non integrano altro che una messa a disposizione alternativa al rimborso delle spese che Banca d’Italia avrebbe dovuto sopportare nel caso di utilizzo di risorse strumentali personali del ricorrente.

Già il semplice raffronto tra gli indicatori di fatto appena elencati, così come prospettati dalle parti e riscontrati sulla base della documentazione versata in atti, depone nel senso di dover ritenere assenti nel rapporto in esame i necessari profili della subordinazione, avendo particolare riguardo alla assenza di poteri disciplinari, alla assenza di doveri di esclusività, all’assenza di ogni interferenza nella effettuazione delle prestazioni vere e proprie, che concretizzavano l’interesse delle parti, come delineato nella causa in concreto del negozio.

Se poi si considera la fattispecie sotto i peculiari profili che governano (in parallelo) il rapporto di collaborazione con i professionisti nel settore privato (secondo le previsioni di cui all’art. 69 bis del d.lgs. nr. 276/2003), emerge altresì che in questo settore, si presume una collaborazione sub specie di rapporto di lavoro subordinato quando essa ha ad oggetto prestazioni specialistiche ed il prestatore d’opera è iscritto ad un Albo oppure presenti determinati requisiti di proporzione tra i propri compensi e quelli che ricava dall’attività.

Si tratta di una disciplina particolare, nel senso che quando il rapporto ha ad oggetto lo svolgimento di prestazioni svolte da appartenenti a specializzazioni per le quali l'ordinamento richiede l'iscrizione ad un ordine professionale, la qualificazione in termini di contratto di collaborazione o lavoro dipendente è più complessa, dato che sono le prestazioni intellettuali a caratterizzare l’interesse del datore di lavoro e queste ultime, di norma, non hanno contenuti predeterminati o standardizzati, essendo caratterizzate, com’è noto, dal peculiare apporto personale del prestatore.

Per questa ragione, la prestazione prevalentemente intellettuale è più difficilmente riconducibile, nei suoi contenuti, ai consueti poteri datoriali di direzione, questi ultimi sostanziandosi essenzialmente in un controllo estrinseco dei risultati raggiunti.

Per ovviare a tale difficoltà di inquadramento, l’art. 69 bis del d.lgs.276/2003 elenca una serie di elementi di fatto (estrinseci) tali da poter agevolare il riconoscimento di una effettiva soggezione ad un rapporto di lavoro del prestatore che sia iscritto in un Albo professionale e che sia impegnato in prestazioni che richiedono una particolare specializzazione.

Nessuno degli indicatori che sarebbero richiesti nel campo di applicazione del menzionato art. 69 bis è dedotto o comunque ravvisabile nella odierna fattispecie (pur essendo il ricorrente un soggetto iscritto all’Albo medico e che ha prestato attività sottoposta ad IVA), circostanza che, sia pure indirettamente, conferma l’assenza di un rapporto riconducibile ad un vincolo gerarchico o di subordinazione lavorativa, dovendosi così trarre una ulteriore conferma dell’esattezza delle tesi difensive di Banca d’Italia secondo cui vanno ricondotti a mere finalità di coordinamento gli aspetti del rapporto di servizio che il ricorrente ha evidenziato come sintomatici dell’esistenza di un vincolo gerarchico.

A tale proposito, sia l’uso delle sedi e delle attrezzature dell’Amministrazione, il coordinamento delle ferie o delle assenze, l’articolazione oraria del servizio sono altrettanti elementi resi necessari dall’inserimento del ricorrente entro l’alveo della struttura operativa dell’Istituto, ma non equivalgono a dimostrare la esistenza di obblighi prestazionali tipici della subordinazione gerarchica.

IV) Conclusivamente, il ricorso è infondato e come tale va respinto, con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite che sono liquidate in dispositivo, nella misura che tiene conto del particolare sforzo difensivo che è stato richiesto all’Istituto resistente.

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