TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2016-09-01, n. 201604141
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Pubblicato il 01/09/2016
N. 04141/2016 REG.PROV.COLL.
N. 05476/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5476 del 2015, proposto da:
S C, A D P, G D R e M A, rappresentati e difesi dall'avvocato F V C.F. VRGFNC70P04B963D, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Monte di Dio, 66;
contro
Comune di Orta di Atella in Persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P B C.F. BRNPQL78D03F839A, con domicilio eletto presso l’avv. Alessandro Lipani, in Napoli, piazza Carità N.32;
per l'annullamento, previa adozione di misura cautelare,
dell'ordinanza n. 7407del 2015 del Comune di Orta di Atella recante accertamento dell’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione n.21 del 2014;dell'ordinanza prot.n. 11217 del 24/9/2015 del Comune di Orta di Atella, avente ad oggetto l’accertamento dell’inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 37 del 2014;nonché ogni ulteriore atto preordinato, connesso e consequenziale, tra cui tutti gli atti dell'istruttoria che ha preceduto le ordinanze gravate.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Orta di Atella in Persona del Sindaco pro tempore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2016 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le parti ricorrenti impugnano l'ordinanza prot.n. 7407 (erroneamente indicata in ricorso con il n. 7404 ma esattamente individuata) dell'1/7/2015 del Comune di Orta di Atella, avente ad oggetto "accertamento inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 21 del 2/5/2014, ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. 61612001 n. 380 - Acquisizione delle opere e dell'area pertinenziale site in via Clanio, riportate in Catasto al Foglio 9 part. num. 5474 sub 19-261-62-6”;l'ordinanza prot.n. 11217 del 24/9/2015 del Comune di Orta di Atella, avente ad oggetto "accertamento inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 37 del 7/7/2014, ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. 6/6/2001 n. 380 — Acquisizione delle opere e dell'area pertinenziale site in Via Clanio — in Catasto riportate al Foglio 9 — part. num. 5474 subalterni 23-25-35";nonché ogni ulteriore atto preordinato, connesso e consequenziale, tra cui tutti gli atti dell'istruttoria che ha preceduto le ordinanze gravate.
In particolare, i ricorrenti indicano di aver acquistato dalla D'Ambra Costruzioni Srl, tra il 2007 e il 2008, diverse unità immobiliari site nel fabbricato condominiale per civili abitazioni in Orta di Atella, alla Via Clanio, angolo Via Turati, composto da piano seminterrato, piano terra, piano primo, piano secondo, piano terzo e piano quarto, in terreno ricadente in zona B2 "Centro Urbano — Zona edificata con integrazioni".
Successivamente alla vendita delle suddette porzioni immobiliari la D'Ambra Costruzioni Srl ha cessato la propria attività, in data 11/7/2011, ed è stata cancellata dal registro delle imprese il 26/9/2011.
Nel 2014, il Comune di Orta di Atella ha annullato, con provvedimento n. 460 del 14/1/2014, il Permesso di Costruire n. 85/2005 del 6/6/2005 e la successiva DIA n. 1591 del 51212007, relativi alla realizzazione dell’immobile in questione.
Con ordinanza n. 21 del 2/5/2014, il medesimo Comune ha ordinato ai ricorrenti il ripristino del "piano terra oggi suddiviso in n. 5 unità immobiliari di cui n. 3 (sub 19, 62, 63) destinate ad attività commerciali e n. 2 (sub 21 e 61) destinate all'uso residenziale, ma originariamente autorizzato nel permesso di costruire annullato quale porticato aperto"
I ricorrenti hanno impugnato, con ricorso iscritto al R.G. 2659/2014 sia il provvedimento comunale prot.n. 460 del 14/1/2014, di annullamento d'ufficio del permesso di costruire n. 85 del 6/5/2005 e della D.I.A. prot.n. 1591 del 5/2/2007, che l'ordinanza di riduzione in pristino n. 21 del 2/5/2014.
Successivamente, il Responsabile comunale del Settore Politiche del territorio, in considerazione del disposto annullamento d'ufficio del permesso di costruire n. 85/2005 e della D.I.A. prot. n. 1591/2007, ha ingiunto, con ordinanza n. 37 del 7/7/2014, il ripristino delle restanti unità immobiliari ubicate nel fabbricato controverso.
Tale ulteriore misura ripristinatoria è stata impugnata dagli odierni ricorrenti con motivi aggiunti al ricorso R.G. 2659/2014.
Con sentenza n. 2133/2015 del 16/4/2015, codesto T.A.R. ha accolto il ricorso limitatamente all'annullamento del provvedimento prot.n. 460 del 14/1/2014, il quale "presenta un contenuto abnorme e irragionevole, laddove, in difetto di motivazione, colpisce l'intero fabbricato in precedenza assentito, anziché — in omaggio ai principi generali di proporzionalità e di conservazione dei valori giuridici — le sole sue parti la cui trasformazione in locali abitativi, in virtù della d.i.a. del 5 febbraio 2007, prot. n. 1591, ha comportato la contestata eccedenza della volumetria massima edificabile".
La medesima sentenza ha sostanzialmente confermato, invece, la legittimità delle "ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi n. 21 del 2 maggio 2014 e n. 37 del 7 luglio 2014, se e in quanto correttamente circoscritte — come desumibile dal loro tenore letterale — alle opere eseguite in forza della d.i.a. del 5 febbraio 2007, prot. n. 1591, o, comunque, in difformità dal permesso di costruire n. 85 del 6 giugno 2005".
Successivamente, infine, il Comune di Orta di Atella, pur dando sostanzialmente atto che il responsabile dell'abuso in questione è la Società D'Ambra Costruzioni Srl, ha adottato due ordinanze di acquisizione al patrimonio comunale, ex art. 31 del D.P.R. 6/6/2001 n. 380, gravate in questa sede, e nello specifico:
- l’ordinanza di acquisizione prot.n. 7404 dell'1/7/2015, per l’inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 21 del 21512014, relativa alle opere e all'area pertinenziale site in Via Clanio, in Catasto riportate al Foglio 9, part. num. 5474 sub 19-21-61-62-63";
- l’ordinanza di acquisizione prot.n. 11217 del 24/9/2015, per l’inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 37 del 7/7/2014, relativa alle opere e all'area pertinenziale site in Via Clanio, in Catasto riportate al Foglio 9, part. num. 5474 subalterni 23-25-35".
Le parti ricorrenti impugnano, quindi, questi due ultimi provvedimenti, nonché ogni altro atto connesso, collegato o consequenziale per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione art. 31 D.P.R. 6/6/2001 n. 380, e artt. 1, 2 e 3 L. 7/8/1990 n. 241. Violazione dei principi generali in tema di "sanzioni" e di adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza. Eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti.
Lamenta parte ricorrente che la sanzione dell’acquisizione a titolo gratuito dell’area in caso di inottemperanza dell’ordine di demolizione, ai sensi dell'art. 31 D.P.R. 380/2001, si applica al responsabile dell'abuso mentre non è comminabile al proprietario, qualora lo stesso non sia responsabile dell'abuso.
Nel caso di specie, come si rileva anche dagli atti impugnati e dalle risultanze dell'istruttoria, il responsabile dell'abuso è la Società D'Ambra Costruzioni Srl, e la violazione della normativa edilizia non è quindi imputabile ai ricorrenti, successivi acquirenti degli immobili interessati.
2) Violazione e falsa applicazione art. 31 D.P.R. 6/6/2001 n. 380 e art. 3 L. 7/8/1990 n. 241. Eccesso di potere per inesistenza dei presupposti.
Parte ricorrente evidenzia che questo T.A.R. aveva sospeso, in sede cautelare, l'efficacia delle ordinanze di demolizione n. 21 del 2/5/2014 e n. 37 del 7/7/2014, rispettivamente con le ordinanze n. 1021/2014 del 19/6/2014 e n. 2009/2014 del 4/12/2014.
Tale sospensione dell’efficacia delle due ordinanze di demolizione n. 21 e n. 37 del 2014 è venuta meno solo a seguito della pubblicazione della sentenza n. 2133 del 16/4/2015.
Dalla data di pubblicazione del 16/4/2015, sarebbe dovuta ricominciare la decorrenza per i ricorrenti di un nuovo termine di 90 giorni, previsto dall'art. 31 D.P.R. 380/2001, per procedere alla spontanea demolizione delle opere (spirato quindi il 15/7/2015).
L’accertamento dell’inottemperanza, invece, è stato invece effettuato ben prima, ovverosia in data 8.10.2014.
3) Violazione art. 31 D.P.R. 6/6/2001 n. 380 e art. 3 L. 241/90. Eccesso di potere per contraddittorietà
Secondo parte ricorrente l’ art. 31 D.P.R. 6/6/2001 n. 380, innovando il dato testuale della precedente normativa (art. 7 L. n. 47/85), ha previsto espressamente che il responsabile comunale, nell'atto con cui ingiunge la demolizione, deve individuare esattamente l'area (le opere ed i loro precisi confini) che è destinata a essere acquisita di diritto in assenza di una sua esecuzione spontanea ("ingiunge la demolizione ... indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto").
Sia nelle ordinanze di demolizione n. 21 e n. 27 del 2014, che in quelle di acquisizione dell'1/7/2015 e del 24/9/2015 gravate, manca una puntuale individuazione delle opere e dell’area da acquisire.
Le generiche indicazioni contenute nei citati provvedimenti comunali non sono in grado di chiarire l'effettiva portata dei provvedimenti di acquisizione e sono, comunque, illegittime nella parte in cui sono state acquisite anche tutte le parti comuni, mentre la contestazione dell'abusività delle opere riguarda solo parte dei corpi di fabbrica.
Inoltre, l'individuazione di un'area e di opere ulteriori da acquisire rispetto alle opere contestate ed alla relativa area di sedime, doveva essere in ogni caso giustificata dalla ricorrenza di un'esplicitazione delle opere necessarie ai fini urbanistico-edilizi alla realizzazione di quelle che il Comune ha in via principale sanzionato con la demolizione.
Sulla base delle suindicate censure le parti ricorrenti chiedono, quindi, l’annullamento dei provvedimenti gravati.
Si è costituito in giudizio il Comune di Orta di Atella, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
DIRITTO
1) Il ricorso si palesa fondato nei termini e limiti che seguono.
2) Infondato risulta il primo motivo di ricorso incentrato, come meglio indicato nella parte in fatto, sull’estraneità delle parti ricorrenti alla realizzazione dell’abuso, che sarebbe da imputare esclusivamente alla società D'Ambra Costruzioni Srl, dalla quale le parti ricorrenti hanno successivamente acquistato la proprietà degli immobili in questione.
Al riguardo il Collegio rileva che, seppure risulta incontestato che gli abusi in questioni siano stati effettuati dalla società D'Ambra Costruzioni Srl prima dell’acquisto da parte dei ricorrenti, questi ultimi sono stati diretti destinatori degli ordini di riduzione in pristino n. 21 del 2/5/2014 e n. 37 del 7/7/2014 rimasti inottemperati, susseguenti all’annullamento in via di autotutela del titolo abilitativo.
Secondo giurisprudenza prevalente, a cui il Collegio ritiene di dover aderire, se è vero che l'acquisizione gratuita dell'area dove è stato realizzato un immobile abusivo non può essere dichiarata verso il proprietario estraneo all’abuso, è, tuttavia, altrettanto vero che tale principio non trova applicazione nel caso in cui il proprietario, pur non responsabile dell'abuso, ne sia venuto a conoscenza e non si sia adoperato per il ripristino, pur avendone la possibilità ed essendo stato destinatario dell’ordine di demolizione.
Nella disciplina statale non par dubbio che il proprietario sia coinvolto nel procedimento successivo all'accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione (in particolare, nel sub-procedimento relativo all'acquisizione al patrimonio comunale del bene e dell'area di sedime), a prescindere da una sua diretta responsabilità nell'illecito edilizio. La giurisprudenza amministrativa ha avuto, peraltro, agio di affermare che tale sistema non presenta profili di criticità sul piano del rispetto dei principi costituzionali (in tali ricomprendendo anche quelli desumibili dalle disposizioni sovranazionali che trovano applicazione nel nostro ordinamento, quali norme interposte, in base al novellato art. 117 Cost.);e tanto per la dirimente ragione che qui si parla di sanzioni in senso improprio, non aventi carattere "personale" ma reale, essendo adottate in funzione di accrescere la deterrenza rispetto all'inerzia conseguente all'ordine demolitorio e di assicurare ad un tempo la effettività del provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi e la soddisfazione del prevalente interesse pubblico all'ordinato assetto del territorio (Cons. St., VI, 15aprile 2015 n. 1927).
L'acquisizione al patrimonio del Comune dell'area sulla quale insiste la costruzione, pur differenziandosi dalla stretta e immediata misura ripristinatoria insita nell'ordine di demolizione, partecipa della stessa natura reale di tale sanzione, in quanto concorre a rendere effettiva l'efficacia ripristinatoria dell'ordine giuridico violato. Non si tratta di sanzione di un comportamento (omissivo), perché se così fosse lo schema procedimentale applicativo dovrebbe essere quello della L. n. 689 del 1981, la quale invece non si applica alle misure ripristinatorie reali, nel cui alveo questa stessa ablazione va iscritta (Cons. St., VI, 15aprile 2015 n. 1927).
Nondimeno, poiché si tratta comunque di conseguenza oggettivamente incidente sul diritto di proprietà (estesa al sedime ed eventualmente all'area per opere analoghe), e postulante un volontario inadempimento da parte dell'obbligato, occorre - in omaggio a un elementare criterio di conoscenza ed esigibilità - che la persona del proprietario, tenuto al pari del responsabile alla rimozione dell'abuso (o comunque a subire le conseguenze della demolizione), abbia avuto piena conoscenza dell'abuso ed abbia avuto modo di collaborare con l'Amministrazione per ripristinare la legalità violata a mezzo dell'intervento abusivo non direttamente a lui ascrivibile.
Solo a fronte della prova di un proprietario del tutto ignaro dell'abuso e dell'ordine demolitorio adottato dalla amministrazione quale misura sanzionatoria si prospetta l’illegittimità del provvedimento di acquisizione del bene al patrimonio comunale quale conseguenza dell'inadempimento rispetto all'ordine di demolizione (Cons. Stato Sez. VI, 13-05-2016, n. 1951).
In sostanza, infatti, la misura dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale si presenta non tanto e non solo come conseguenza dell'edificazione senza titolo da parte del responsabile, ma anche come conseguenza dell'inottemperanza all'ordine di ripristino impartito anche al proprietario (Cons. Stato Sez. VI, 29-01-2016, n. 358), che, sebbene non responsabile dell'opera abusiva, detenga materialmente il bene e che, pur potendo e dovendo provvedere ad eliminare l'abuso, non lo abbia fatto né si sia in alcun modo adoperato in tal senso (T.A.R. Abruzzo L'Aquila Sez. I, 03-05-2016, n. 273).
La suddetta misura non costituisce sanzione accessoria alla demolizione, volta a colpire l'esecutore delle opere abusive, ma si configura quale sanzione autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, che integra un illecito diverso ed autonomo dalla commissione dell'abuso stesso, del quale può rendersi responsabile sia l'esecutore dell'abuso sia il proprietario (T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 08-01-2016, n. 14).
Risultando pertanto i proprietari nella disponibilità dell’immobile e ben edotti degli ordini di demolizione di cui erano stati diretti destinatari, il motivo di ricorso risulta infondato.
3) Il ricorso deve essere accolto per un altro profilo, sollevato nel secondo motivo di ricorso.
Nell’ambito di tale censura parte ricorrente ha indicato, senza peraltro che tali circostanze siano state contestate, che l’efficacia delle ordinanze di demolizione n. 21 del 2/5/2014 e n. 37 del 7/7/2014 era stata a suo tempo sospesa con le ordinanze cautelari di questo T.A.R. n. 1021/2014 del 19/6/2014 e n. 2009/2014 del 4/12/2014.
Il Collegio rileva che è vero che le suindicate misure cautelari sono venute meno a seguito della pubblicazione della sentenza n. 2133 del 16/4/2015, ma, in seguito alla sentenza in questione, doveva essere concesso alle parti ricorrenti un nuovo termine di 90 giorni, ai sensi dall'art. 31 D.P.R. 380/2001, per procedere alla spontanea demolizione delle opere.
Esigenze di ragionevolezza nell’interpretazione del richiamato disposto dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, impongono che al riprendere vigore dell’efficacia di un ordine di demolizione precedentemente sospeso in sede cautelare, venga concesso agli interessati un nuovo termine di 90 giorni per ottemperare.
Né può ritenersi plausibile che dal termine di novanta giorni debba sottrarsi il tempo trascorso dall’adozione dell’ordine di demolizione alla concessione della misura cautelare, in quanto il ripristino dello stato dei luoghi è attività materiale che richiede continuità nell’azione e non può essere efficacemente frazionata soprattutto in caso di consistenti intervalli temporali.
Nel caso di specie, quanto all’ordinanza di demolizione n. 21/2014, il Comune ha provveduto all’accertamento di ottemperanza in data 8/10/2014, in vigenza dell'ordinanza cautelare, mentre per quanto riguarda l'ordinanza di demolizione n. 37/2014, l’accertamento di inottemperanza è intervenuto in data 26/6/2015, quando ancora non erano trascorsi 90 giorni dalla pubblicazione della sentenza n. 2133/2015.
4) Da accogliersi è, inoltre, il terzo motivo di ricorso in quanto nel provvedimento di acquisizione viene indicato come l’acquisizione stessa non è limitata alle opere abusive e all’area di sedime ma riguarda anche ulteriori aree non superiori a dieci volte l’area di sedime.
In presenza di abusivismo edilizio, in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione, la sanzione dell'acquisizione al patrimonio comunale dell'area di sedime, oltre quella necessaria all'edificazione di opere analoghe a quelle abusive, si verifica "ex lege" una volta decorso infruttuosamente il termine di novanta giorni dalla notificazione dell'ordinanza. Tuttavia, mentre per l'area di sedime l'automatismo dell'effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione sul punto e l’individuazione delle stesse può evincersi anche dalla descrizione degli interventi sanzionati, l'individuazione di un'area ulteriore da acquisire deve essere puntuale e giustificata dalla ricorrenza di una esplicitazione delle opere necessarie ai fini urbanistico - edilizi che siano destinate ad occupare l'intera zona di terreno che il comune intende acquisire (T.A.R. Campania Salerno Sez. I, 29-07-2014, n. 1419).
In altri termini, mentre per l'area di sedime l'automatismo dell'effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione sul punto, l'individuazione di un'area ulteriore da acquisire va, volta per volta, motivata con l’esplicitazione delle ragioni che rendono necessario disporre l'ulteriore acquisto ed i criteri di determinazione di detta area (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 1 settembre 2011, n. 4259 e nello stesso senso T.A.R. Campania Sez. VI, 20 aprile 2005, n. 4336).
A tale riguardo, la circostanza che il legislatore non abbia predeterminato l'ulteriore area acquisibile, ma si sia limitato a prevedere che tale area "non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita", può spiegarsi solo ipotizzando che l'ulteriore acquisto sia funzionale e strumentale rispetto all'acquisto del bene abusivo e della relativa area di sedime.
In altri termini - non potendosi ragionevolmente ritenere che il legislatore abbia affidato al puro arbitrio dell'Amministrazione la determinazione dell'ulteriore area acquisibile - la circostanza che sia stata predeterminata solo la superficie massima di tale area (comunque non superiore a dieci volte quella abusivamente costruita) può spiegarsi solo ipotizzando che l'ulteriore acquisto sia necessario al fine di consentire l'uso pubblico del bene abusivo acquisito al patrimonio comunale. Ne consegue che il nesso funzionale tra i due acquisti implica che l'Amministrazione sia tenuta a specificare, volta per volta, in motivazione le ragioni che rendono necessario disporre l'ulteriore acquisto (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 1 settembre 2011, n. 4259).
Nel caso di specie l’ulteriore area non superiore a dieci volte l’area di sedime non è stata ben individuata, né sono state congruamente motivate le ragioni di tale acquisizione e, pertanto, anche per tale profilo l’atto si rileva illegittimo.
5) Per quanto indicato il ricorso deve essere accolto nei termini suindicati, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
6) Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.