TAR Napoli, sez. II, sentenza 2011-06-28, n. 201103448
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 03448/2011 REG.PROV.COLL.
N. 05718/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 5718/10 R.G., integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Monti Anna Clara rappresentata e difesa dagli avvocati G A, O A, F S e M T ed elettivamente domiciliata in Napoli, viale Gramsci n. 16, presso lo studio Abbamonte;
contro
Università degli Studi del Sannio in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato A M e presso lo stesso elettivamente domiciliata in Napoli, Piazza G. Bovio n. 14;
per l'annullamento
a) Ricorso introduttivo: a) del decreto del Rettore del 7 luglio 2010 n. 859, trasmesso al Preside della Facoltà di Economia in data 12 luglio 2010, con nota n. 6917, della delibera del Senato Accademico del 30 giugno 2010 e della delibera del Senato Accademico del 29 settembre 2010, nella parte in cui approvando il verbale n. 7 della seduta del 30 giugno 2010 ha confermato le precedenti determinazioni che hanno imposto alla Facoltà di “Economia” la denominazione di ”Giurisprudenza” e spostato i corsi di laurea ed i docenti di Scienze Statistiche ed Attuariali nella Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali (SEA);b) dell’atto di convocazione prot. 6288 del 22 giugno 2010 sottoscritto dal Rettore dell’Università degli Studi del Sannio;c) dell’atto del 15 luglio 2009 con cui il Senato Accademico dell’Università degli Studi del Sannio ha avviato il procedimento di modifica del nome della Facoltà di Economia;d) del parere reso dal Nucleo di Valutazione in data 21 settembre 2009;e) della nota del Rettore dell’Università degli Studi del Sannio prot. 13603, adottato in data 16 dicembre 2009, con cui si è chiesto al Consiglio di Facoltà della Facoltà SEA un parere sul cambio di denominazione della Facoltà di Economia;f) del parere rilasciato dal Consiglio di Facoltà della SEA in data 20 gennaio 2010;g) della decisione istruttoria, adottata in data 26 gennaio 2010 dal Nucleo di Valutazione dell’Università degli Studi del Sannio;h) della deliberazione del Senato Accademico dell’Università degli Studi del Sannio, adottata in data 28 gennaio 2010, con cui s’affida l’istruttoria al Direttore Amministrativo;i) del parere negativo reso dal Nucleo di Valutazione dell’Università degli Studi del Sannio in data 24 marzo 2010;l) della delibera interlocutoria del Senato Accademico dell’Università degli Studi del Sannio del 31 marzo 2010;m) di tutti gli atti preordinati, collegati, connessi e conseguenti.
b) Motivi aggiunti : a) della deliberazione del Senato Accademico dell’Università degli Studi del Sannio del 27 ottobre 2010, nella parte relativa al punto 6 ”provvedimenti conseguenti alla modifica della denominazione della Facoltà di Economia in Facoltà di Giurisprudenza: attuazione della deliberazione assunta dal Senato Accademico nella seduta del 30 giugno 2010”, di cui al verbale n. 9 approvato dal Senato Accademico in data 7 dicembre 2010, nella misura in cui dispone il cambio di CDL della ricorrente;b) di tutti gli atti preordinati, conseguenti e connessi.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Universita' degli Studi del Sannio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Data per letta nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2011 la relazione del consigliere P C e uditi per le parti i difensori di cui al relativo verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 15 luglio 2009 il Senato Accademico dell’Università degli Studi deliberava l’avvio del procedimento di modifica della denominazione della Facoltà di Economia, chiedendo in proposito parere al Nucleo di Valutazione.
Benchè il Nucelo di Valutazione non si fosse ancora espresso, in data 10 novembre 2009 la Facoltà di Economia formulava una proposta di modifica della propria denominazione in Facoltà di Scienze Giuridiche, Statistiche e Sociali, scelta che veniva negativamente riscontrata dal Consiglio della Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali - invitata a pronunciarsi dal Senato Accademico - la quale proponeva il diverso nome di Facoltà di Giurisprudenza o di Scienze Giuridiche.
In data 24 marzo 2010 il Nucleo di Valutazione riscontrava negativamente sia la proposta della Facoltà di Economia, sia quella della Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali, esprimendosi in senso favorevole per la denominazione di Facoltà di Giurisprudenza, a condizione che fossero opportunamente collocati in altra struttura i corsi di laurea triennale e magistrale in Scienze Statistiche ed Attuariali.
In data 30 giugno 2010 il Senato Accademico deliberava di modificare la denominazione della Facoltà di Economia in Facoltà di Giurisprudenza con decorrenza dal 1° novembre 2010 e di trasferire alla Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali i corsi di laurea triennale e magistrale in Scienze Statistiche ed Attuariali a decorrere dall’anno accademico 2011/2012, affidandone la gestione alla Facoltà di provenienza per l’anno accademico 2010/2011.
Con decreto del Rettore n. 859 del 7 luglio 2010 si prevedeva il passaggio dei docenti dei corsi di laurea triennale e magistrale in Scienze Statistiche ed Attuariali presso la Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali, con decorrenza dal 1° novembre 2010, concedendosi agli stessi l’opzione, da esprimersi entro il 30 settembre 2010, di restare presso la Facoltà originaria.
Avverso il decreto del Rettore e contro la deliberazione del Senato Accademico, nonchè contro tutti gli atti della sequenza procedimentale, ha proposto ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale la professoressa Anna Clara Monti, in qualità di Preside della Facoltà di Economia, nonché di Presidente p.t. del Consiglio di Facoltà, chiedendone l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari.
Con il primo motivo di ricorso è stato dedotto che nella seduta del 30 giugno 2010 il Senato Accademico si era pronunciato su un argomento non iscritto all’ordine del giorno inviato ai componenti dell’organo collegiale. L’atto di convocazione, infatti, contemplava unicamente il punto concernente “la modifica dell’attuale denominazione della Facoltà di Economia e provvedimenti conseguenti: determinazioni”, senza alcuno specifico riferimento anche allo spostamento dei corsi di laurea e dei docenti di Scienze Statistiche ed Attuariali alla Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali.
Con il secondo motivo di impugnazione è stata lamentata la violazione dell’art. 35, comma 4, lettera e) dello Statuto dell’Università degli Studi del Sannio, secondo cui il Senato Accademico delibera “in merito all’istituzione, attivazione, modifica e disattivazione delle Strutture didattiche, nonché dei corsi di studio, su proposta delle strutture didattiche competenti”;nel caso in esame, infatti, sarebbe stata del tutto ignorata la proposta della Facoltà di Economia di modificare la propria denominazione in “Scienze Giuridiche, Statistiche e Sociali”. Allo stesso modo, sarebbe mancata la proposta anche in ordine allo spostamento dei corsi di laurea magistrale e triennale in Scienze Statistiche ed Attuariali dalla Facoltà di Economia a quella di Scienze Economiche ed Aziendali (SEA) con decorrenza dal 1° novembre 2010;nemmeno vi era stata la pur necessaria comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 o, in alternativa, il preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis della medesima legge.
Con il terzo motivo di impugnazione è stata dedotta la violazione del Regolamento Didattico di Ateneo – in tal senso richiamato dall’art. 9 dello Statuto – nella parte in cui all’art. 11, quinto comma stabilisce che “l’istituzione di un corso di studio con il relativo ordinamento didattico è deliberata dal Senato Accademico su proposta di una o più Facoltà, ovvero di propria iniziativa, sentite le Facoltà interessate”. Inoltre, la violazione avrebbe riguardato anche l’ottavo comma della medesima disposizione, secondo cui “gli ordinamenti didattici sono deliberati contestualmente alla proposta di istituzione”, norma da leggersi in armonia con il successivo comma nono, che prevede le medesime procedure anche per la modifica degli ordinamenti didattici dei corsi di studio.
Con la quarta censura è stata invece prospettata la violazione dell’autonomia universitaria di cui all’art. 33 della Costituzione, come intesa dall’art. 6, terzo comma della legge 9 maggio 1989 n. 168 che assicura la libertà di insegnamento dei docenti anche sotto il profilo dell’organizzazione e dello svolgimento dell’attività didattica, che, come tale, non può risolversi in una prerogativa di soli organi burocratici come il Senato Accademico, dovendo piuttosto riguardare anche le Strutture Didattiche.
Con il quinto motivo di impugnazione è stata poi lamentata la violazione di principi e normative in tema di programmazione, segnatamente l’art.1 ter del d.l. n. 7 del 2005 che prevede che le Università adottino programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, anche riguardo all’istituzione, attivazione e disattivazione di corsi di laurea.
Inoltre, è stata evidenziata la mancata l’applicazione degli artt. 2 e 3 del d.p.r. 25 del 1998, secondo cui le proposte delle Università devono acquisire il parere del Comitato Regionale di Coordinamento e quindi essere approvate dal Ministero dell’Università e delle Ricerca Scientifica e Tecnologica, adempimenti nel caso di specie del tutto mancati, sia riguardo al cambio di denominazione della Facoltà di Economia, sia avuto riguardo allo spostamento dei corsi di laurea magistrale e triennale in Scienze Statistiche ed Attuariali dalla Facoltà di Economia alla Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali (SEA).
Sotto altro profilo, ad avviso di parte ricorrente, vi sarebbe stata violazione dell’art. 11 della legge 19 novembre 1990 n. 341;in tal senso, il cambio di denominazione della Facoltà di Economia in Facoltà di Giurisprudenza, comportando anche la modifica dell’art. 38 del Regolamento Didattico di Ateneo – che contiene l’elenco delle Facoltà istituite nell’Università del Sannio - avrebbe dovuto essere deliberato dal Senato Accademico, su proposta delle strutture didattiche, e poi essere inviato al Ministero dell’Università e delle Ricerca Scientifica e Tecnologica per l’approvazione entro 180 giorni, previo parere del Comitato Universitario Nazionale, termine decorso il quale il regolamento s’intende approvato ed è emanato con decreto del Rettore;ebbene, siffatta procedura non sarebbe stata seguita, soprattutto riguardo alla fase di intervento delle autorità centrali, né con riferimento al cambio di denominazione della Facoltà, né per quanto concerne lo spostamento dei corsi e nemmeno per la modifica degli ordinamenti didattici secondo quanto previsto dall’art. 11 del d.m. 22 ottobre 2004 n. 270 e dall’art. 11, comma quinto del Regolamento Didattico di Ateneo che richiamano le forme procedimentali di cui all’art. 11, comma 1 della legge 19 novembre 1990 n. 341.
Infine, sarebbe mancato l’inserimento della modificazione dei due corsi di laurea in Scienze Statistiche ed Attuariali, sia come integrazione del Regolamento Didattico di Ateneo ai sensi dell’art.1 del d.m. 27 gennaio 2005 n. 15, sia come modifica da inserire nella banca dati ministeriale attraverso la procedura telematica di caricamento dell’offerta formativa secondo quanto prescritto dall’art. 9 del d.m. 22 ottobre 2004 n. 270.
Con il sesto motivo è stata contestata la fondatezza delle argomentazioni poste a fondamento del parere del Nucleo di Valutazione del 24 marzo 2010, reso in senso favorevole per il mutamento di denominazione della Facoltà di Economia, ma contrario rispetto alla proposta del Consiglio di Facoltà di Economia di assumere la denominazione di “Facoltà di Scienze Giuridiche, Statistiche e Sociali”;al riguardo, innanzitutto non sarebbe condivisibile la ritenuta assenza del progetto interculturale, in quanto la Statistica nasce come scienza anche per lo studio di fenomeni di interesse giuridico;sarebbe poi irrilevante che la denominazione proposta non corrisponderebbe ad alcuna denominazione nazionale o regionale, dal momento che nel sito del Ministero vi sarebbero oltre 80 nomi diversi di Facoltà; nemmeno viene condiviso l’assunto per cui il riferimento alle scienze sociali non troverebbe alcuna giustificazione rispetto all’offerta formativa della Facoltà, obiettandosi che il diritto è proprio la scienza dei fenomeni sociali. Inoltre, è stata anche prospettata un’ipotesi di sviamento, ove il Nucleo di Valutazione ha subordinato il cambio di denominazione in “Facoltà di Giurisprudenza” allo spostamento dei corsi di Statistica presso altra struttura didattica dell’Università;infatti, la corrispondenza tra denominazione ed offerta formativa concreta sarebbe stata assicurata accettando la proposta avanzata dalla stessa Facoltà di Economia di cambiare il proprio nome di Facoltà di Scienze Giuridiche, Statistiche e Sociali;invece, del tutto irrazionalmente è stato preferita la denominazione di Facoltà di Giurisprudenza, così creando i presupposti per lo spostamento dei corsi di Statistica.
Con il settimo motivo di ricorso è stato evidenziato che le ricadute delle scelte compiute dal Senato Accademico sarebbero in contrasto con il principio di buon andamento dell’organizzazione amministrativa, dal momento che mentre tre delle Facoltà dell’Università del Sannio potranno erogare da sei ad otto corsi, a quella di Economia (denominata Giurisprudenza) spetterà il solo corso di laurea in Giurisprudenza, senza che trovi giustificazione in relazione a tale deteriore trattamento, il trasferimento dei due corsi di Statistica e la soppressione di quello in Scienze Politiche in regime di convenzione con la seconda Università degli Studi di Napoli.
Con l’ottavo motivo di impugnazione è stata denunciata la violazione della riserva di competenza in favore dei Consigli di Facoltà in merito alla mobilità del personale docente, secondo il principio di cui all’art. 33 della Costituzione e dell’art. 3 della legge 3 luglio 1998 n. 210 che affida la materia dei trasferimenti ai regolamenti;ciò, a prescindere dall’opzione riconosciuta dal Senato Accademico ai docenti della Facoltà di Economia di continuare ad operare presso la stessa, dal momento che il mutamento di denominazione in Facoltà di Giurisprudenza renderebbe la loro materia di insegnamento non più di base o caratterizzante, con conseguente vulnus dello status del singolo docente.
Ulteriore profilo di illegittimità riposa sul fatto che non sarebbe possibile trasferire d’ufficio dei ricercatori ove costoro non abbiano dato la propria disponibilità all’insegnamento nei corsi di laurea interessati dalla vicenda di trasferimento.
Infine, è stato evidenziato come la Facoltà di Scienza Economiche ed Aziendali non potrebbe attivare i due corsi di Scienze Statistiche ed Attuariali, dal momento che non vi sarebbe disponibilità di un numero sufficiente di docenti: in particolare, la cifra minima di 57 unità, secondo le previsioni di cui al d.m. n. 544 del 2007, in considerazione dell’attuale consistenza della Facoltà, pari ad appena 37 unità, non potrebbe essere assicurata dall’aggiunta di appena sei elementi, tanti quali sono i docenti della Facoltà di Economia che si sono avvalsi dell’opzione concessa ed hanno deciso di accettare il trasferimento alla nuova Facoltà;dotazione minima richiesta che giungerebbe a 62 unità, se non addirittura a 71, ai sensi del d.m. n. 17 del 22 settembre 2010.
La nona censura sottende invece la natura di provvedimenti di secondo grado delle deliberazioni impugnate, inferendosene l’illegittimità per violazione del principio del contrarius actus, quindi per non essere stati previamente sentiti il Consiglio di Facoltà di Economia ed i Consigli dei corsi di laurea, nonché per essere mancata la puntuale motivazione in punto di sopravvenute ragioni di interesse a mutare il precedente assetto organizzativo. Pure è stata dedotta la violazione dell’art. 3, quarto comma della legge 7 agosto 1990 n. 241, nella parte in cui è stata omessa negli atti impugnati l’indicazione del termine e dell’autorità a cui è possibile ricorrere.
Con l’ultima censura è stata dedotta l’illegittimità derivata della deliberazione del Senato Accademico del 29 settembre 2010 di approvazione del verbale della precedente seduta del 30 giugno 2010, nonché del decreto del Rettore del 7 luglio 2010 n. 859.
Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi del Sannio chiedendo il rigetto del ricorso e della domanda cautelare.
Alla camera di consiglio dell’11 novembre 2010 la causa è stata cancellata dal ruolo delle cautelari.
Con motivi aggiunti notificati in data 21 e 22 gennaio 2011 e depositati il 1° febbraio 2011 parte ricorrente ha impugnato il verbale n. 9 del 27 ottobre 2010 con cui il Senato Accademico dell’Università degli Studi del Sannio, in esecuzione degli atti impugnati, ha accolto le opzioni di otto docenti della Facoltà di Economia di restare presso la Facoltà di origine, trasferendo gli altri sette docenti presso la Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali.
I motivi di doglianza sono stati i medesimi di quelli dell’impugnazione introduttiva, con la sola specificazione della violazione del diritto di inamovibilità dei docenti dei corsi di Scienze Statistiche che avrebbero dovuto essere sentiti prima che fosse disposto il trasferimento dei corsi presso la Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali.
Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi del Sannio che ha chiesto il rigetto dei motivi aggiunti, eccependo l’improcedibilità dell’intero ricorso per carenza di interesse, essendo ormai in corso di perfezionamento la riforma di cui alla legge n. 240 del 2010 che condurrà alla soppressione delle Facoltà ed alla concentrazione nei Dipartimenti sia delle funzioni didattiche che di quelle di ricerca.
All’udienza del 19 maggio 2011, in vista della quale sono state depositate memorie ed ulteriore documentazione, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Anna Clara Monti, in qualità di Preside della Facoltà di Economia, nonché di Presidente p.t. del Consiglio di Facoltà ha impugnato il decreto del Rettore dell’Università degli Studi del Sannio del 7 luglio 2010 n. 859, nonché la delibera del Senato Accademico del 30 giugno 2010 con cui è stata attribuita alla Facoltà di “Economia” la nuova denominazione di ”Giurisprudenza” e sono stati spostati i corsi di laurea ed i docenti di Scienze Statistiche ed Attuariali nella Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali (SEA);con motivi aggiunti è stata impugnata la deliberazione del Senato Accademico di cui al verbale n. 9 della seduta del 27 ottobre 2010 con cui, in esecuzione degli atti impugnati con il ricorso introduttivo, sono state accolte le opzioni di otto docenti della Facoltà di Economia di restare presso la Facoltà di origine, trasferendo gli altri sette presso la Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali.
Ritiene il Collegio di prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso e dei motivi aggiunti, essendo questi entrambi infondati.
Da respingere è il primo motivo di impugnazione, dal momento che i componenti del Senato Accademico erano ben a conoscenza del fatto che il punto all’ordine del giorno non concerneva il solo formale cambio di denominazione della Facoltà di Economia, ma anche i conseguenti spostamenti dei corsi di laurea in Scienza Statistiche ed Attuariali e dei docenti;tanto, non solo in base alla complessa fase istruttoria che aveva preceduto la deliberazione del Senato Accademico e di cui la ricorrente era specificamente a conoscenza, ma anche in relazione al fatto che si stava deliberando su proposte provenienti dalle Facoltà e su cui si era già espresso il Nucleo di Valutazione, assumendo tali conseguenze organizzative come condizione per il mutamento di denominazione;ne discende che la doglianza finisce per risolversi in una questione di mero formalismo, tenuto conto che il punto all’ordine del giorno faceva comunque espressa indicazione di “provvedimenti conseguenti” da adottare, la cui specifica conoscenza era altresì agevolmente acquisibile in base ad uno sforzo di ordinaria diligenza, esigibile da tutti i componenti del predetto organo collegiale.
Riguardo al secondo motivo di impugnazione, va rilevato che lo Statuto dell’Università degli Studi dal Sannio all’art. 35, disposizione che disciplina le funzioni ed i compiti del Senato Accademico, quanto alla didattica, al comma quarto, lettera a), prevede che quest’ultimo “delibera in merito alla istituzione, attivazione, modifica e disattivazione delle strutture didattiche, nonché dei corsi di studio, su proposta delle strutture didattiche competenti”, queste ultime da intendersi come Facoltà, ai sensi dell’art. 8 dello Statuto medesimo;ebbene, quello in esame, che deve essere senz’altro qualificato come un procedimento di “modifica” di strutture didattiche, come tale di competenza del Senato Accademico, risulta essere stato preceduto dalla proposta sia della Facoltà di Economia che da quella della Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali, in puntuale applicazione della disciplina statutaria;va anche rilevato che, in ogni modo, la proposta proveniente dalla struttura didattica competente non va intesa come vincolante nei contenuti, ma solo come mero atto di impulso procedimentale, restando comunque la scelta finale rimessa alla piena discrezionalità del Senato Accademico rispetto alla quale la proposta esprime solo una o più soluzioni adottabili;con riferimento, poi, al deliberato relativo allo spostamento dei corsi di laurea in Scienze Statistiche ed Attuariali dalla Facoltà di Economia a quella di Scienze Economiche ed Aziendali, l’art. 35, quarto comma lettera f) dello Statuto, non prevede che tale competenza del Senato Accademico sia necessariamente preceduta da un atto di impulso procedimentale esterno, potendo anche attivarsi ex officio.
Quanto alla dedotta violazione delle garanzie di cui agli artt. 7 e 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, va osservato che i provvedimenti impugnati costituiscono atti di organizzazione e come tali rientrano nella categoria degli atti amministrativi generali, per i quali l’art. 13 della legge generale sul procedimento esclude l’applicazione delle disposizioni del Capo III della richiamata legge (T.A.R. Lazio III Sezione, 1° aprile 2010 n. 5411).
Passando al terzo motivo di impugnazione, va osservato come le norme del Regolamento Didattico di Ateneo, di cui parte ricorrente assume la violazione, non trovino applicazione al caso in esame;non l’art.11, comma quinto che riguarda la diversa ipotesi di istituzione di un corso di studio e relativo ordinamento didattico, mentre nel caso in esame non di istituzione si tratta, ma di mero spostamento dei corsi di laurea in Scienze Statistiche ed Attuariali da una Facoltà ad un’altra;inoltre, tale trasferimento non interferisce con nessuno dei presupposti indicati nel primo comma dell’art.11, che ancorano l’istituzione e la modifica dei corsi di studio non già a necessità di tipo organizzativo, ma ad esigenze di progettazione ed adeguamento degli stessi rispetto all’evoluzione scientifica e tecnologica e ad esigenze economiche e sociali, tenendo conto di adeguati livelli di qualità, efficienza ed efficacia;ma nemmeno l’art. 16 del Regolamento Didattico di Ateneo può ritenersi applicabile al caso in esame, riguardando anche tale disposizione l’ipotesi di attivazione e disattivazione di corsi di laurea (comma 1 e 6) e non anche il loro trasferimento, che, tra l’altro, è avvenuto senza alterare la scansione dei tempi di elaborazione dell’offerta formativa per gli anni accademici 2010/2011 e 2011/2012, tra la Facoltà di provenienza e quella di destinazione.
Non è poi meritevole di accoglimento la quarta censura, dal momento che l’art. 33, ultimo comma della Carta Costituzionale riconosce alle Università autonomia statutaria, valore che non sembra essere stato in alcun modo pregiudicato dai provvedimenti gravati; né risulta violato l’art. 6, terzo comma della legge 9 maggio 1989 n. 168, che assicura alle Università autonomia didattica ed organizzativa, dal momento che è proprio per effetto della richiamata autonomia statutaria che il Senato Accademico, organo deliberante nella fattispecie, risulta titolare ai sensi dell’art. 35, del potere di modifica della denominazione delle strutture didattiche, nonché di trasferimento tra le stesse di corsi di laurea;ed ancora, alle norme in questione non potrebbe attribuirsi una portata eccedente il riconoscimento di valori di autonomia rispetto a possibili ingerenze esterne alle Università, nel senso, cioè, di porsi come principio regolatore anche di possibili conflitti interni, tanto perché l’autonomia statutaria riflette precipuamente esigenze di tutela di quella libertà di insegnamento di cui al primo comma dell’art. 33 della Carta che sottende una posizione di indipendenza rispetto a cause esterne di condizionamento, analogamente a quanto si deve ritenere per la tutela dei valori di cui all’art. 21 della Costituzione.
Relativamente alla quinta censura, osserva il Collegio che l’art. 1–ter, primo comma del D.L. 31 gennaio 2005 n. 7, convertito in Legge 31 marzo 2005 n. 43 stabilisce che “a decorrere dall'anno 2006 le Universita', anche al fine di perseguire obiettivi di efficacia e qualita' dei servizi offerti, entro il 30 giugno di ogni anno, adottano programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle Universita' italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari, tenuto altresi' conto delle risorse acquisibili autonomamente. I predetti programmi delle Universita' individuano, in particolare: a) i corsi di studio da istituire e attivare nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonche' quelli da sopprimere;b) il programma di sviluppo della ricerca scientifica;c) le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti;d) i programmi di internazionalizzazione;e) il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo sia determinato che indeterminato, ivi compreso il ricorso alla mobilita'”.
Ebbene, ne discende agevolmente l’insussistenza della dedotta violazione di tale disposizione, dal momento che né il cambio di denominazione di una Facoltà, né lo spostamento di corsi di laurea da una Facoltà ad un’altra, figurano tra le attività oggetto di obbligatoria programmazione indicate nelle lettere da a) ad e) della norma citata.
Allo stesso modo, è da ritenersi inconfigurabile la violazione dell’art. 2 del d.p.r. 27 gennaio 1998 n. 25 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi allo sviluppo ed alla programmazione del sistema universitario, nonché ai comitati regionali di coordinamento, a norma dell'articolo 20, comma 8, lettere a) e b), della l. 15 marzo 1997, n. 59), dal momento che la disposizione di cui al terzo comma, lettera b) di tale articolo - che prevedeva la formulazione da parte delle Università di apposite proposte, coerenti con gli obiettivi di programmazione, indicanti le risorse necessarie, disponibili e da acquisire, da inviarsi, corredate da una relazione tecnica, ai comitati regionali di coordinamento per l’acquisizione di parere motivato – risulta abrogata dall’art. 1–ter, primo comma del D.L. 31 gennaio 2005 n. 7, introdotto in sede di conversione dalla Legge 31 marzo 2005 n. 43. Pertanto, nessun obbligo di attivazione procedimentale in tal senso sussisteva in capo all’Università del Sannio, né in ordine al cambio di denominazione della Facoltà di Economia, né riguardo al trasferimento dei corsi di laurea di Scienze Statistiche ed Attuariali alla Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali.
Va, ancora rilevato che le scelte organizzative oggetto di contestazione non figurano nemmeno tra le ipotesi previste dalle norme del d.p.r. 27 gennaio 1998 n. 25 fatte salve dal richiamato intervento abrogativo del 2005, dal momento che non rientrano né nei casi di istituzione o soppressione di Università o di istituzione di Facoltà (art. 2, commi 5, 6 e 7), né in quelle di “coordinamento delle iniziative in materia di programmazione degli accessi all'istruzione universitaria, di orientamento, di diritto allo studio, di alta formazione professionale e di formazione continua e ricorrente, di utilizzazione delle strutture universitarie, nonché di coordinamento con il sistema scolastico, con le istituzioni formative regionali, con le istanze economiche e sociali del territorio” (art.3, comma terzo), iniziative che richiedono il parere del comitato regionale di coordinamento.
Quanto alla supposta violazione dell’art.11 della legge 19 novembre 1990 n. 341, tale norma stabilisce che “l'ordinamento degli studi dei corsi di cui all'articolo 1, nonché dei corsi e delle attività formative di cui all'articolo 6, comma 2, è disciplinato, per ciascun ateneo, da un regolamento degli ordinamenti didattici, denominato "regolamento didattico di ateneo". Il regolamento è deliberato dal Senato Accademico, su proposta delle strutture didattiche, ed è inviato al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica per l'approvazione. Il Ministro, sentito il CUN, approva il regolamento entro 180 giorni dal ricevimento, decorsi i quali senza che il Ministro si sia pronunciato il regolamento si intende approvato. Il regolamento è emanato con decreto del Rettore.
Ad opinione di parte ricorrente sia il cambio di denominazione della Facoltà di Economia, sia lo spostamento dei corsi di laurea di Scienze Statistiche ed Attuariali alla Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali, comportando la modifica del Regolamento Didattico di Ateneo, avrebbe dovuto imporre all’Università del Sannio di seguire l’iter procedimentale di cui al richiamato all’art.11, quindi, con necessaria proposta della struttura didattica, delibera del Senato Accademico, proposta al Ministro, parere del CUN, approvazione ministeriale ed emanazione con decreto del Rettore.
La tesi non può essere condivisa.
Riguardo al cambio di denominazione della Facoltà, non è dato rinvenirsi - né parte ricorrente ha assolto a tale ineludibile onere dimostrativo - alcuna disposizione dell’ordinamento di settore che ne individui come fonte di produzione il Regolamento Didattico di Ateneo;invero, l’art. 11 della legge 19 novembre 1990 n. 341 fa riferimento come oggetto del R.D.A. al solo ordinamento degli studi delle attività di cui all’art. 1 (titoli universitari: a) diploma universitario;b) diploma di laurea;c) diploma di specializzazione;d) dottorato di ricerca) e di quelle di cui all’art. 6, secondo comma (servizi didattici integrativi).
Né, può inferirsi l’esistenza di tale indefettibile presupposto nel fatto che nel Regolamento Didattico di Ateneo dell’Università del Sannio, all’art. 38, è contenuto l’elenco delle Facoltà, tra cui figura quella di Economia, per cui il mutamento di denominazione di quest’ultima necessiterebbe del procedimento di modifica del R.D.A.;invero, l’istituzione di Facoltà segue il procedimento di cui all’art. 2 del d.p.r. 27 gennaio 1998 n. 25, per cui quanto a indicato nell’art. 38 del R.D.A. non può riconoscersi efficacia costitutiva, ma solo ricognitiva, con la conseguenza che rispetto a modifiche della denominazione di Facoltà esistenti, l’intervento sul Regolamento Didattico di Ateneo si risolve nel mero aggiornamento di una disposizione descrittiva, senza che ciò possa assumere incidenza presupponente rispetto alla produzione dell’effetto giuridico principale, rimesso alla sola volontà del Senato Accademico.
Con riferimento allo spostamento dei corsi di laurea di Scienze Statistiche ed Attuariali dalla Facoltà di Economia a quella di Scienze Economiche ed Aziendali, osserva poi il Collegio che l’art. 11, quinto comma stabilisce che l’istituzione di un corso di studio con relativo ordinamento didattico è deliberata dal Senato Accademico su propria iniziativa o su proposta di una o più Facoltà;stesso procedimento il comma nono prevede per le modifiche degli ordinamenti didattici dei corsi già istituiti, come quelli de quibus, che vanno modificati in caso di cambio di Facoltà, secondo quanto previsto dall’art. 12, primo comma, lettera b) del medesimo R.D.A. Ne discende che nemmeno per tale modifica organizzativa occorreva che il Senato Accademico attivasse l’intervento dell’Autorità centrale;né a diversa conclusione può indurre il comma ottavo dell’art. 11 del Regolamento Didattico di Ateneo, il quale fa riferimento ai casi specifici di modifica di ordinamenti didattici di corsi di nuova istituzione, ipotesi, come visto, diversa quella in esame;e nemmeno l’art. 11 del d.m. 22 ottobre 2004 n. 270 che, contenendo i principi generali che le Università devono osservare per la redazione dei rispettivi Regolamenti Didattici di Ateneo, non prevede per le modifiche come necessario l’intervento ministeriale.
Infine, con riferimento alla dedotta violazione delle procedure telematiche di caricamento della nuova offerta formativa, nella banca dati ministeriale, va osservato che le prescrizioni di cui all’art.1 del d.m. 27 gennaio 2005 n. 15 e del successivo art. 8 del d.m. 31 ottobre 2007 n. 544, così come anche il riferimento all’art. 9 terzo comma del d.m. 22 ottobre 2004 n. 270, fanno riferimento all’attivazione dei corsi di laurea e non già al loro trasferimento da una Facoltà ad un'altra del medesimo Ateneo, per cui non possono costituire parametro di legittimità degli impugnati provvedimenti. Tra l’altro, come evidenziato dalla difesa dell’Università degli Studi del Sannio, l’offerta formativa dei corsi di laurea in Scienze Statistiche ed Attuariali è stata tempestivamente formulata dalla Facoltà di Economia e da quella di nuova afferenza di Scienze Economiche ed Aziendali rispettivamente per l’anno accademico 2011/2011 e per l’anno accademico 2011/2012.
Passando all’esame del sesto motivo di ricorso, osserva il Collegio che il limite imposto al giudice di legittimità in ordine alla congruità alle scelte discrezionalità assunte dall’amministrazione pubblica incontra la riserva del merito amministrativo, non potendo pertanto operarsi alcun giudizio di preferenza tra più soluzioni astrattamente possibili, ma solo rivelare l’erroneità o illogicità in sé delle decisioni assunte dall’autorità.
Ebbene, riguardo all’inesistenza nel panorama universitario regionale e nazionale di una denominazione simile a quella proposta di “Facoltà di Scienze Giuridiche, Statistiche e Sociali”, non ritiene il Collegio che tale assunto sia illogico nella parte in cui il Nucleo di Valutazione avverte la necessità di un raccordo tra sistema universitario nazionale e potenzialità della Facoltà, la cui connotazione ha assunto per tabulas nel corso del tempo preponderanti connotazioni di scuola di diritto;e proprio tale carattere consente di ritenere razionale la scelta di non aver preferito una nuova denominazione della Facoltà includente anche il riferimento alle scienze sociali, dal momento che - senza con questo estendere il discorso all’afferenza delle scienze sociali a quelle giuridiche - al nomen va riconosciuta una funzione essenzialmente descrittiva ed informativa dell’oggetto denominato;ed il riferimento anche alle scienze sociali, nella misura in cui la denominazione della Facoltà deve assolvere a tale compito, può senz’altro indurre l’interlocutore medio a ritenere erroneamente che tra le materie oggetto di insegnamento della Facoltà figurino anche quelle relative alle sole scienze sociali. Alle medesime conclusioni deve condurre l’analisi della censura relativa all’afferenza dei corsi di laurea in Scienze Statistiche ed Attuariali alla nuova Facoltà di Giurisprudenza, dal momento che un conto è l’esistenza di un vincolo interdisciplinare che può sussistere tra determinate materie, un conto è invece la loro assimilazione per identità di natura o per esigenze di completezza della formazione professionale che siano tali da giustificarne la compresenza nell’ambito di una medesima specifica Facoltà.
Né appare sostenibile l’ipotesi dello sviamento di potere, non risultando in alcun modo che la volontà principale del Senato Accademico sia stata quella di trasferire i corsi di Statistica dalla Facoltà di Economia a quella di Scienze Economiche ed Aziendali, avendo invece l’Università del Sannio voluto adeguare le attuali condizioni organizzative e di offerta didattica della Facoltà di Economia attraverso una più conferente denominazione e la presenza di corsi di studi il più possibile aderenti alle scienze giuridiche.
Con riferimento al settimo motivo di impugnazione, se ne deve dichiarare l’inammissibilità per superamento del limite esterno della giurisdizione amministrativa;invero, le considerazioni espresse da parte ricorrente al riguardo si riferiscono alla presunta violazione del principio costituzionale di buon andamento dell’organizzazione amministrativa, aspetto che notoriamente rientra nella sfera riservata alla sola amministrazione;né nell’illustrazione della censura parte ricorrente ha evidenziato possibili profili di errore di fatto, illogicità o ingiustizia manifesta delle scelte compiute dal Senato Accademico, essendosi piuttosto limitata a rappresentare la futura configurazione delle Facoltà presenti nell’Università del Sannio con i relativi corsi di laurea, senza che da tale descrizione sia possibile inferire in qualche modo un’oggettivamente rilevabile irrazionalità delle scelte organizzative compiute.
Né può trovare accoglimento l’ottava censura, dal momento che nella vicenda in esame non vi è stato nessun trasferimento d’ufficio di docenti dalla Facoltà di Economia a quella di Scienze Economiche ed Aziendali;del resto, il principio di inamovibilità dei professori ordinari di cui all’art. 8, primo comma del d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, come esattamente rilevato proprio da parte ricorrente, non va disgiunto dal precedente articolo 7 che riconosce ai professori universitari libertà di insegnamento e di ricerca scientifica;ne consegue che la portata del principio va intesa in chiave funzionale, cioè tendente ad escludere non già tutte le ipotesi di mobilità dei docenti, ma solo quelle che, in concreto, possono rivelarsi idonee a pregiudicare le irrinunciabili garanzie di libertà di insegnamento e di ricerca.
Ebbene, nel caso di specie, ad avviso del Collegio tali principi, lungi dall’essere stati violati, sono stati piuttosto salvaguardati da parte del Senato Accademico. Infatti, di fronte a nuove scelte organizzative, quali lo spostamento di corsi di laurea da una Facoltà ad un’altra, competenza che riflette, come visto, sia l’autonomia statutaria di cui all’art. 33 della Costituzione, sia il principio costituzionale di buon andamento dell’organizzazione amministrativa di cui all’art. 97, possono senz’altro verificarsi difficoltà nell’assicurare ai docenti interessati la conservazione della loro posizione organizzativa;e non potendo di certo ritenersi che la capacità di autoorganizzazione dell’Ateneo possa essere subordinata alle esigenze di un singolo docente – fatte salve, ovviamente, ipotesi di sviamento di potere, nella presente vicenda non rilevabili – è chiaro che compito specifico dell’organo titolare del potere di indirizzo ed organizzativo sia quello di cercare di volta in volta soluzioni idonee a contemperare nella misura massima possibile interessi che si rivelano confliggenti;ebbene, fermo restando che, nel caso in esame, non si è in presenza di vicende di trasferimento tout court, ma della necessità di adeguare lo status lavorativo di alcuni docenti alla nuova configurazione organizzative delle Facoltà interessate dallo spostamento dei corsi di Scienze Statistiche ed Attuariali, si rivela del tutto rispettosa del principio di libertà di insegnamento e di ricerca quanto stabilito dal Senato Accademico;infatti, a tutti i docenti è stata sostanzialmente riconosciuta l’alternativa di restare presso la Facoltà di origine, cioè quella di Economia (ora Giurisprudenza), oppure di seguire i corsi di laurea in Scienze Statistiche ed Attuariali presso la nuova Facoltà di riferimento.
Né può assumere rilevanza, rispetto alla configurazione di siffatta alternativa, che l’esercizio dell’opzione sia stato riferito alla manifestazione di volontà di restare presso la Facoltà originaria e non anche a quella di passare a quella di nuova afferenza dei corsi, dal momento che ciò che conta è che in ogni caso venga salvaguardato il diritto di inamovibilità dei docenti, tra l’altro agevolmente esercitato da tutti coloro che hanno inteso avvalersene, senza che sul piano procedimentale vi sia stato alcun ingiustificato aggravamento.
Infine, in base alla documentazione depositata agli atti del giudizio ed utilizzabile ai fini della decisione, risulta che nella seduta n. 14 del 14 marzo 2011 il Consiglio di Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali ha approvato l’offerta formativa dei corsi di studio per l’anno accademico 2011/2012 - tra cui figurano anche quelli in Scienze Statistiche ed Attuariali oggetto di nuova assegnazione - proprio in base alla disponibilità di un numero di docenti sufficiente a garantire i requisiti minimi per l’offerta formativa secondo quanto stabilito dall’allegato B) del d.m. 22 settembre 2010 n. 17;tanto, aggiungendo alla dotazione organica originaria otto docenti a riposo resisi disponibili a svolgere incarichi di docenza e sei docenti in esubero dalla Facoltà di Economia, secondo quanto dichiarato dalla Preside con nota n. 179 del 9 marzo 2011.
Da respingere è poi la nona censura, dal momento che non può condividersene la stessa premessa logica, secondo cui i provvedimenti impugnati, esprimendo l’esercizio di un potere di secondo grado da parte del Senato Accademico, avrebbero preteso l’osservanza della regola procedimentale del contrarius actus, oltre ad un più analitico spettro motivazionale, trattandosi di incidere su precedenti assetti organizzativi.
Osserva al riguardo il Collegio che non ogni scelta amministrativa che, sotto il profilo effettuale, possa in qualche modo rivelarsi sostitutiva di una precedente decisione regolativa di un medesimo oggetto, impone il rafforzamento delle garanzie procedimentali e provvedimentali, nel senso di una maggiore profondità della motivazione.
È noto che la qualificazione di una funzione come di secondo grado sottende una relazione di natura logica e cronologica che collega l’atto originario a quello nuovamente regolativo della fattispecie; relazione, che a volte può porsi come vero e proprio ius corrigendi, ossia finalizzato a porre rimedio ad un errore commesso nella fase primigenia del provvedere, altre volte come ius poenitendi, cioè come rivalutazione di interessi in funzione di aggiornamento del perseguimento dell’interesse pubblico;ora, pur ammettendosi che possa definirsi una funzione come di secondo grado per il solo fatto dell’esistenza sul piano strutturale di due distinte consecutive manifestazioni di volontà provvedimentale, non può prescindersi dall’intensità di tale legame al fine di stabilire come regola di legittimità formale e sostanziale il rafforzamento delle invocate garanzie procedimentali e motivazionali. Infatti, non va dimenticata la fondamentale regola di cui all’art. 1, comma secondo dalla legge 7 agosto 1990 n. 241 di non aggravamento del procedimento, ove l’intensificazione delle garanzie per il cittadino, che naturalmente tende a ritardare gli esiti dell’azione pubblica, così come ad aumentarne il rischio di invalidità, non trovi adeguata giustificazione in particolari esigenze istruttorie;ne discende che, con riferimento ai procedimenti di secondo grado, o a quelli che tali siano per ipotesi strutturale, le esigenze di rafforzamento delle garanzie procedimentali cessano di assumere una posizione condizionante la legittimità formale della nuova scelta, ove quest’ultima si collochi in una posizione di assoluta autonomia rispetto a quella precedente, in sé non più attuale.
Ed è quanto si è verificato nel caso di specie, in cui le ragioni che hanno indotto il Senato Accademico ad optare per il nuovo assetto organizzativo della Facoltà di Economia sono da rintracciarsi in nuove esigenze didattiche sorte in seguito ed indipendentemente dall’assetto che aveva dato vita alla originaria denominazione e organizzazione della medesima Facoltà.
Va anche respinta la censura relativa alla violazione dell’art. 3, quarto comma della legge 7 agosto 1990 n. 241, dal momento che l’omessa indicazione del termine e dell’autorità cui proporre ricorso non determina l’illegittimità del provvedimento, incidendo unicamente sulla valutazione di tempestività della proposizione dell’azione giurisdizionale, straordinaria o amministrativa. .
Di conseguenza, s’impone il rigetto anche della decima ed ultima censura con cui è stata lamentata l’illegittimità derivata della delibera del Senato Accademico del 29 settembre 2010 di approvazione di quella del 30 giugno 2001, recante le scelte organizzative contestate, nonchè del decreto attuativo del Rettore n. 859 del 7 luglio 2010.
Quanto, infine, all’esame dei motivi aggiunti, gli stessi devono essere respinti, sia quelli con cui è stata dedotta l’illegittimità derivata della deliberazione del Senato Accademico del 27 ottobre 2010, attuativa dei provvedimenti impugnati in via principale, sia riguardo alla censura autonoma, anche questa riguardante profili di violazione del diritto di inamovibilità dei docenti, già esaminato nel settimo motivo di impugnazione.
Le spese seguono la soccombenza, con condanna di parte ricorrente in favore dell’Università degli Studi del Sannio nella misura di €1.500,00 (Millecinquecento/00).