TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2016-07-04, n. 201607635

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2016-07-04, n. 201607635
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201607635
Data del deposito : 4 luglio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06251/2004 REG.RIC.

N. 07635/2016 REG.PROV.COLL.

N. 06251/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6251 del 2004, proposto da M F, rappresentato e difeso dall'avv. E S, con domicilio eletto presso E S in Roma, Via Cola di Rienzo, 52;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la declaratoria

del diritto del ricorrente alla percezione dell'indennità perequativa di cui al combinato disposto degli artt. 2, L. 2/10/1997 n.334 e 19 L. 28/7/1999 n.266, a decorrere dal 1/7/1997,

e per l'annullamento e/o disapplicazione

previa sospensione della sua efficacia del D.P.C.M. 3 gennaio 2001, nella parte in cui ha fissato la decorrenza per la corresponsione di tale indennità solo dal 1 gennaio 2000 , e di ogni altro presupposto connesso e consequenziale,

ed, infine, per la condanna

della Amministrazione convenuta alla corresponsione della somma spettante al ricorrente, a titolo di indennità perequativa a far data dall'1/7/1997, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2016 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente ha impugnato gli atti indicati, deducendo censure attinenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, ed evidenziando quanto segue.

Il ricorrente (Dirigente della Polizia di Stato in quiescenza dal 1/1/2002) con istanza del 14/8/2003 ha chiesto al Ministero dell'Interno la corresponsione dell'indennità perequativa di cui al combinato disposto degli artt. 2 l.n.334 del 2/10/1997 e 19 l.n. 266 del 28/7/1999, con decorrenza dall'1/7/1997 e non dall'1/1/2000, come stabilito dal D.P.C.M. del 3/1/2001, richiamando il precedente favorevole oggetto della sentenza del T.A.R. Lazio n.60/2003.

Con nota dell'ottobre 2003 il Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale per le Risorse Umane, ha rigettato tale istanza, sostenendo di aver previsto che l’indennità perequativa in questione dovesse essere applicata solo a far data dal gennaio 2000, e che citata sentenza n.60/2003 non avrebbe potuto essere estesa alla situazione del ricorrente.

Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, la parte ricorrente le ha impugnate dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe e deducendo le seguenti censure: VIOLAZIONE ART. 2 L.n. 331/97, ART. 19 L.n. 266/99, E ART. 9 L.n. 488/99;
ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLE ED ILLOGICA DISPARITA' DI TRATTAMENTO.

In particolare, il ricorrente ha evidenziato che - per effetto del combinato disposto della normativa indicata, e osservando il principio di equiparazione economica tra dirigenza civile e dirigenza militare -, è stato esteso ai dirigenti militari di livello generale l’indennità di posizione, ed è stata prevista la corresponsione di un’eventuale indennità perequativa diretta a riequilibrare il trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare.

Per tale ragione, con istanza del 4/8/2003 il ricorrente ha chiesto la corresponsione dell’indennità perequativa prevista in favore dei colonnelli e dei brigadieri generali (già generali di brigata) delle Forze armate nonché dei gradi e qualifiche corrispondenti dei Corpi di polizia ad ordinamento militate e civile tra cui rientra quella di primo Dirigente della Polizia di Stato (rivestita dall’interessato) con con decorrenza dall'1/7/1997 (e non dall'1/1/2000, come stabilito dal D.P.C.M. del 3/1/2001).ù

Riguardo alla dirigenza non generale dell'Amministrazione dell'interno, la sperequazione si è verificata a far tempo dal 1° luglio 1997 e fino al 31/12/1999, pur tenendo conto dell'adeguamento annuale del trattamento economico complessivo spettante alla dirigenza.

Pertanto, rispetto al personale dirigente del compatto dei Ministeri (cui fa espresso e generico riferimento il legislatore), l'esigenza perequativa si è concretamente manifestata dal momento in cui ha preso avvio, a pieno regime, la contrattualizzazione del rapporto relativo alla "bassa dirigenza civile e sono diventati consistenti i relativi benefici, vale a dire dal secondo semestre del 1997.

Ne consegue che a decorrere dal 1° luglio di tale anno va riconosciuto al ricorrente il diritto a percepire l'indennità perequativa nella misura annua lorda fissata dal decreto del 2000

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha affermato l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto.

A sostegno delle proprie ragioni, l’Amministrazione ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l’infondatezza delle censure contenute nel ricorso introduttivo del giudizio.

All’udienza del 17 maggio 2016 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Il Collegio, in linea con quanto affermato dal TAR Lazio con sentenza n. 60/2003, ritiene che le censure di parte ricorrente siano fondate e debbano essere accolte.

Il ricorrente intende ottenere la corresponsione dell’indennità perequativa indicata in epigrafe - prevista dalla vigente normativa in favore dei colonnelli e dei brigadieri generali (già generali di brigata) delle Forze armate nonché dei gradi e qualifiche corrispondenti dei Corpi di polizia ad ordinamento militare e civile -, con decorrenza dal 1° luglio 1997, anziché, come disposto dal censurato D.P.C.M. 3 gennaio 2001, dal 1° gennaio 2000.

Le richieste di parte ricorrente risultano meritevoli di accoglimento nei limiti in cui la contestata disparità di trattamento sia riferita esclusivamente alla posizione retributiva della dirigenza civile non generale contrattualizzata, anziché al beneficio attribuito alla dirigenza militare di livello generale mediante la corresponsione dell’indennità di posizione già riconosciuta alla dirigenza civile di pari livello. Infatti, all’Amministrazione non è imputabile alcune responsabilità in relazione all’asserita sperequazione perpetrata all’interno della dirigenza militare.

In sostanza, l’asserita disparità di trattamento può essere correlata al trattamento retributivo attribuito ad un livello dirigenziale parallelo (proprio della corrispondente dirigenza statale non generale).

Al riguardo, va rilevato che (in attuazione dell’art. 16-quater della legge 18 marzo 1968, n. 249) la legge 10 dicembre 1973, n. 804 ha rideterminato le funzioni e le retribuzioni della dirigenza militare, di livello generale e non, raccordandole a quelle del corrispondente personale civile delle Amministrazioni dello Stato.

Conseguentemente, il trattamento economico dei generali di divisione e di corpo d’armata è stato correlato a quello previsto per i dirigenti dello Stato con qualifica di direttore generale o equiparata o superiore, mentre la retribuzione dei colonnelli e dei generali di brigata è stata rapportata a quella spettante ai dirigenti civili non rivestenti qualifica generale (all’epoca, rispettivamente, primi dirigenti e dirigenti superiori).

Il trattamento economico della dirigenza militare non generale deve, quindi, parametrarsi a quello della corrispondente dirigenza civile dello Stato che, a norma dell’art.24, comma 1, del D. Lgs. n. 29/93, è stato regolato dalla contrattazione collettiva e che contempla, accanto ad una retribuzione di base tabellare, una componente accessoria costituita dalla retribuzione di posizione, oltre che da quella di risultato.

La dirigenza militare generale percepisce, in forza dell’estensione disposta in suo favore ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge 2 ottobre 1997, n. 334, l’indennità di posizione attribuita, in virtù del precedente comma 1 del medesimo articolo, ai dirigenti generali e qualifiche equiparate delle Amministrazioni dello Stato, in attesa dell’applicazione del regime di diritto privato anche al rapporto di lavoro di tale ultima dirigenza.

Nei confronti della dirigenza militare di livello non generale (non contrattualizzata), quindi, l’adeguamento retributivo periodico avrebbe dovuto continuare ad attuarsi secondo il meccanismo di cui all’art.2, comma 5, della legge 6 marzo 1992, n.216, con il quale è stato previsto l’aggiornamento annuale, mediante D.P.R. (tramite D.P.C.M. dal 1° gennaio 1998, ai sensi dell’art.24, comma 2, della legge n.448/98), in ragione della media degli incrementi retributivi conferiti alle altre categorie di pubblici dipendenti nell’anno precedente.

In tale contesto, l’applicazione del principio di perequazione economica tra personale dirigente civile e militare, introdotto dall’art.16-quater della legge n. 249/68 e realizzato dalla legge n. 804 del 1973, risulta disciplinata, per il triennio 2000-2002, secondo i canoni fissati dall’art.19, commi dal 1° al 4°, della legge 28 luglio 1999, n.266 e tenuto, comunque, conto del disposto di cui all’art. 2 della legge 2 ottobre 1997, n.334, in base al quale il riequilibrio del trattamento economico dei dirigenti civili e militari non contrattualizzati, con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto dei Ministeri, deve essere effettuato in conformità ai criteri indicati nell’art.1, comma 2, della medesima legge, tra cui quello della pensionabilità dell’emolumento.

Pertanto, la legge 23 dicembre 1999, n. 488 (art.19, comma 2) ha determinato le somme occorrenti per corrispondere i miglioramenti economici, relativamente al periodo 2000-2002, ai pubblici dipendenti non contrattualizzati (di cui all’art.2, comma 4, del D. Lgs. n.29/93), stanziando un’ulteriore somma di lire 100 miliardi per ciascuno dei predetti anni, da utilizzare per le finalità di cui all’art.19 della citata legge n. 266/99, in favore del personale delle carriere diplomatica e prefettizia nonché del personale dirigente delle Forze armate e delle Forze di polizia, ai sensi del comma 4° del medesimo art.19, che appunto si riferisce ai colonnelli ed ai brigadieri generali delle FF.AA., oltre che ai gradi e qualifiche corrispondenti dei Corpi di polizia ad ordinamento militare e civile.

Richiamando la ripartizione delle risorse stanziate dall’art. 19, comma 2, della legge n.488/99, l’impugnato D.P.C.M. 3/1/2001 ha attribuito ai soggetti destinatari un’indennità perequativa pensionabile per tredici mensilità, a decorrere dal 1° gennaio 2000.

In tale contesto, il ricorrenti chiede una diversa e più favorevole decorrenza dell’indennità la quale avrebbe dovuto coincidere con la data del 1° luglio 1997.

Al riguardo, va considerato che l’art. 2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334 aveva demandato al bilancio triennale 1998-2000 ed alle relative leggi finanziarie l’indicazione delle risorse da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del trattamento economico del personale dirigente (civile e militare) non generale e non contrattualizzato, con il trattamento previsto per gli altri dirigenti civili, parimenti non generali ma contrattualizzati, appunto in sede di contrattazione collettiva.

Dagli atti di causa, emerge che la lamentata sperequazione si è effettivamente verificata a far tempo dal 1° luglio 1997 e fino al 31/12/1999, pur tenendo conto dell’adeguamento annuale del trattamento economico complessivo spettante alla dirigenza militare.

Dunque, rispetto al personale dirigente del comparto dei Ministeri (cui fa espresso e generico riferimento il legislatore), l’esigenza perequativa si è concretamente manifestata dal momento in cui ha preso avvio, a pieno regime, la contrattualizzazione del rapporto relativo alla “bassa” dirigenza civile e sono diventati consistenti i relativi benefici: dal 2° semestre del 1997.

Ne consegue che, proprio a decorrere dal 1° luglio di tale anno, va riconosciuto al ricorrente il diritto a percepire l’indennità perequativa in questione, nella misura annua lorda fissata dal decreto impugnato, non ostando alla corresponsione dell’emolumento con effetto retroattivo il combinato disposto di cui agli articoli 19 della legge n.266/99 e della legge n.488/99 (comma 2), che perseguivano la finalità di reperire le risorse necessarie a consentire l’allineamento del trattamento retributivo della dirigenza militare di livello non generale.

Né la retroattività dell’erogazione può ritenersi preclusa dall’art.2 della legge n. 334 del 1997, ove si consideri che il legislatore non ha posto alcun limite temporale, ma ha soltanto ravvisato l’esigenza di individuare le somme da destinare a fini perequativi, pur demandando tale compito alle leggi finanziarie e di bilancio, con l’unica cautela nascente dalla necessità di tener conto dei trattamenti economici complessivi e degli incrementi di trattamento comunque determinatisi a partire dal febbraio 1993.

In conclusione, il ricorso va accolto con conseguente annullamento del decreto impugnato, nella parte in cui ha stabilito la decorrenza dell’indennità perequativa dal 1° gennaio 2000, anziché dal 1° luglio 1997.

Sulle somme spettanti, attesa l’indubbia natura retributiva della c.d. indennità perequativa, andranno computati la rivalutazione e gli interessi legali, a far tempo dalla maturazione dei singoli ratei e fino alla data del completo soddisfo.

Sussistono gravi ed eccezionali motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

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