TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2019-02-08, n. 201901641

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2019-02-08, n. 201901641
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201901641
Data del deposito : 8 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/02/2019

N. 01641/2019 REG.PROV.COLL.

N. 08865/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8865 del 2017, proposto da
ALPA 2011 S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via degli Scipioni n. 281 presso lo studio degli avv.ti Federico Freni e Simona Barchiesi che la rappresentano e difendono nel presente giudizio



contro

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove n. 21 presso la sede dell’avvocatura comunale e rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’avv. Rosalda Rocchi



per l'annullamento

della determinazione dirigenziale prot. n. CA/135512/2017 del 01/08/17, notificata il 13/09/17, con cui Roma Capitale ha ordinato la cessazione dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata nei locali ivi indicati.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2019 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con ricorso notificato il 22/09/17 e depositato in pari data la Alpa 2011 s.r.l. ha impugnato la determinazione dirigenziale prot. n. CA/135512/2017 del 01/08/17, notificata il 13/09/17, con cui Roma Capitale ha ordinato la cessazione dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata nei locali ivi indicati.

Roma Capitale, costituitasi in giudizio con comparsa depositata il 29/09/17, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 5417/17 del 17/10/17 il Tribunale ha respinto la domanda cautelare proposta dalla ricorrente.

Con ordinanza n. 4929/17 del 16/11/17 il Consiglio di Stato, in riferma del provvedimento del TAR, ha parzialmente accolto l’istanza cautelare.

Alla pubblica udienza del giorno 08/01/19 il ricorso è stato trattenuto in decisione.



DIRITTO

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La Alpa 2011 s.r.l. impugna la determinazione dirigenziale prot. n. CA/135512/2017 del 01/08/17, notificata il 13/09/17, con cui Roma Capitale ha ordinato la cessazione dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata nei locali ivi indicati.

Il provvedimento impugnato è stato emesso in quanto Roma Capitale ha ritenuto, sulla base delle risoluzioni del Ministero dello sviluppo economico nn. 146342/14, 86321/15, 174884/15 e 372321/16, che sul posto venga effettuata, in assenza di autorizzazione, attività di somministrazione desunta dalla presenza di 9 tavoli con sgabelli abbinati e panche in muratura.

Con la prima censura la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 l. n. 241/90 ed eccesso di potere per difetto d’istruttoria e motivazione in quanto l’ente resistente avrebbe omesso di valutare le osservazioni formulate dall’esponente nel corso del procedimento.

Il motivo è inaccoglibile.

La violazione dedotta ha natura procedimentale e la natura vincolata e la correttezza sostanziale dell’atto impugnato, profilo, quest’ultimo, in ordine al quale si rinvia a quanto in prosieguo evidenziato, ostano, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 l. n. 241/90, all’accoglimento della domanda caducatoria.

Con la seconda censura la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del principio di concorrenza e degli artt. 3 comma 1 lettera f) bis e 4 comma 2 bis d.l. n. 223/06, 7 comma 3 d. lgs. n. 114/98, 10 d. lgs. n. 59/10, 3 d.l. n. 138/11, 34 comma 2 d.l. n. 201/11 ed 1 d.l. n. 1/12 ed eccesso di potere per irragionevolezza in quanto il provvedimento impugnato si fonderebbe su un’interpretazione della normativa, fornita dalle risoluzioni del Ministero dello sviluppo economico, ivi richiamate, contrastante con il principio comunitario di concorrenza, con gli artt. 3 e 4 d.l. n. 223/06, che avrebbero eliminato ogni “compartimentazione precedentemente esistente tra attività di somministrazione (le uniche per cui era ammissibile il consumo sul posto) ed esercizi di vicinato” (pag. 8 dell’atto introduttivo), e con l’orientamento dell’Autorità Garante per la Concorrenza; in sostanza, nella fattispecie sarebbe mancata una valutazione, in concreto, dell’entità e della natura degli arredi (non in grado, per le loro caratteristiche, di generare un richiamo quantitativo della clientela corrispondente ad un’attività di somministrazione) e dell’assimilabilità dell’attività effettivamente esercitata a quelle di somministrazione e ristorazione.

Il motivo è infondato.

Il d.l. n. 223/06 stabilisce che:

- “le attività

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