TAR Venezia, sez. II, sentenza 2019-10-10, n. 201901073

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2019-10-10, n. 201901073
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201901073
Data del deposito : 10 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/10/2019

N. 01073/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00409/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 409 del 2019, proposto da
Mumi S.a.s. di Renier Giorgio &
C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Michele Dell'Agnese, F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati R D G, A I, N O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Ente in Venezia, S. Marco 4091;

per l'annullamento

della “Comunicazione d'inefficacia/Diffida inizio lavori” a firma del Dirigente del Comune di Venezia, Direzione Servizi al Cittadino e Imprese, Settore Condono, Atti Autorizzativi L.R. 22/2002 e Controllo del Territorio del 04/02/2019, notificata alla società ricorrente in pari data, con la quale si comunica l'inefficacia della C.I.L.A. ex art. 6 bis c. 2 n. 25012019-1848 avente per oggetto trasformazione zona preparazione/retro banco in cucina per esercizio commerciale di somministrazione assistita di cibi e bevande in Castello (Venezia) 1769 piano T e si diffida MUMI S.a.s. a iniziare i lavori e a sospenderli con effetto immediato se iniziati;
della nota denominata “Esito valutazione” a firma del Dirigente del Comune di Venezia, Direzione Servizi al Cittadino e Imprese, Settore Condono, Atti Autorizzativi L.R. 22/2002 e Controllo del Territorio senza data, notificata alla società ricorrente in data 07/03/2019, con la quale si respinge l'istanza di annullamento in autotutela del provvedimento qui impugnato in principalità, presentata da MUMI S.a.s. tramite il proprio legale;
degli atti comunque presupposti, connessi e conseguenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2019 il Pres. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori F. Scagliotti, su delega di M. Dell'Agnese, per la parte ricorrente e A. Iannotta per il Comune di Venezia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

E’ pacifico che nel ’27 la zona cottura era autorizzata strumentalmente all’esercizio di vicinato (salumeria) che è cosa ben diversa da un esercizio di ristorazione, cui è funzionale la cucina di cui alla C.I.L.A. 2019 denegata dal Comune.

Pur nell’ambito della stessa categoria funzionale degli esercizi commerciali, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande è ben diversa da un esercizio di vicinato (ancorché abilitato alla vendita di cibi cotti)e ben più esigente sotto il profilo igienico e sanitario, il che giustifica di per sé una disciplina più rigorosa (ancorché le caratteristiche tipologiche e dimensionali della cucina possano eventualmente essere le stesse).

Essendo tale destinazione a ristorante nuova, essa non può avvantaggiarsi della preesistente zona cottura della macelleria per sottrarsi alle prescrizioni sopravvenute, tra le quali deve trovare applicazione, in ragione del principio di specialità, l’art. 10, comma 2, lett. b), del «Regolamento di igiene degli alimenti e delle bevande per il centro storico… » (approvato con decisione commissariale 38/2000), in quanto, nel prescrivere l’altezza minima di mt. 2.50, si riferisce propriamente alle cucine degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, mentre gli invocati artt. 8 e 9 dal “Regolamento di Igiene per la Vigilanza su alimenti e bevande” prescrivono, in combinato disposto, un’altezza minima di 2,30 ml per la cucina degli esercizi pubblici in generale (del centro storico).

Tutti i motivi di ricorso, sostanzialmente riconducibili alla violazione del principio di irretroattività delle norme regolamentari sopravvenute, di cui si lamenta la applicazione retroattiva ad attività preesistente (che si vista tuttavia non essere tale), alla violazione delle prescrizioni regolamentari di altezza media ml 2.30 (che si è visto essere inapplicabile alla fattispecie in virtù del criterio di specialità), e alla contraddittorietà rispetto alla precedente autorizzazione del 1927 non revocata (che tuttavia si è visto avere un diverso oggetto), sono dunque infondati.

Il ricorso deve essere respinto e le spese vanno regolate secondo soccombenza.

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