TAR Catania, sez. IV, sentenza 2020-05-04, n. 202000933
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 04/05/2020
N. 00933/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01668/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1668 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Messina, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Catania, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
avverso
il silenzio-diniego formatosi sull’istanza di accesso agli atti presentata il 19 agosto 2019 alla Prefettura di Messina
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo Messina e del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. M A P F nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2020 tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso spedito per la notifica a mezzo P.E.C. il 17 ottobre 2019 e notificato il medesimo giorno ai sensi dell’art.116 co.1 c.p.a. al Ministero dell’Interno ed alla Prefettura di Messina presso l’indirizzo P.E.C. dell’avvocatura dello Stato distrettuale di Catania, nonché depositato il 25 ottobre 2019 ai sensi degli artt.45 e 87 co.3 c.p.a. presso la segreteria del T.A.R. Sicilia, Sezione Staccata di Catania, -OMISSIS-impugnava il provvedimento in epigrafe indicato con il quale gli era stato tacitamente negato il completo accesso a tutti i documenti comprovanti l’emanazione dei provvedimenti eventualmente adottati a tutela della sua incolumità personale e di quella dei suoi familiari, domandandone l’annullamento e chiedendo il riconoscimento dell’invocato diritto all’ostensione degli atti richiesti mediante la pronuncia di un ordine di esibizione ai sensi degli artt.25 della L. n.241/1990 e 116 c.p.a. da impartire nei confronti della Prefettura di Messina.
Si costituiva il Ministero dell’Interno, opponendosi all’accoglimento del ricorso, poiché i documenti di cui il ricorrente domandava l’esibizione sarebbero classificati con il livello di segretezza attribuito come “ Riservato” ai sensi dell’art.42 della legge 3 agosto 2007, n.124 e dell’art.4 del D.P.C.M. n.7 del 12 giugno 2009 e, dunque, in quanto tali sottratti alla disciplina dell’accesso in ragione di quanto previsto dal Ministero dell’interno con il Decreto Ministeriale 10 maggio 1994 n.415 e dagli artt. 3 ed 8 del D.P.R. 27 giugno 1992 n.352.
Con ulteriore memoria, il ricorrente insisteva in domanda, replicando di avere diritto all’accesso a tutti i documenti era stata chiesta l’ostensione.
Nella camera di consiglio del 23 aprile 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, il Collegio tratteneva il ricorso in decisione.
DIRITTO
Il Collegio osserva che, secondo quanto previsto dall’art.24 co.6 lett. c) L. n.241/1990, con regolamento, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di esclusione dell’accesso a documenti amministrativi riguardanti le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini.
La delega era prevista, in realtà, già nella versione originaria del richiamato art.24 al co.2 ed è stata attuata dal Governo con il regolamento delegato ex art.17 co.2 L. n.400/1988 di cui al D.P.R. 27 giugno 1992 n.352, riconoscendosi all’art.8 co.5 lett. c) la facoltà per le singole amministrazioni di sottrarre, con propri regolamenti, alla disciplina dell’accesso i documenti amministrativi riguardanti le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, nonché all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini.
In seguito alle modifiche apportate dalla Legge 11 febbraio 2005 n.15 agli artt.22 e ss. della L. n.241/1990, per la disciplina dell’accesso si è reso necessario un nuovo regolamento delegato. È stato così emanato il D.P.R. 12 aprile 2006 n.184 che, abrogando per la quasi totalità il precedente regolamento delegato di cui al D.P.R. 27 giugno 1992 n.352, ha demandato (art.10) ai regolamenti di cui all’art.24 co.6 della L. n.241/1990, nonché agli atti adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell’art.24 co.2 della L. n.241/1990 l’individuazione dei casi di esclusione dell’accesso.
Alle amministrazioni, pertanto, è concesso proprio ai sensi dell’art.24 co.2, in quanto espressamente richiamato dal co.1 lett. a) della medesima disposizione normativa, vietare la divulgazione di talune categorie di documenti predeterminate con propri atti.
Durante la vigenza della previgente disciplina dell’acceso, l’art.24 co.4 della Legge n.241/1990, nella sua formulazione originaria, statuiva l’obbligo per le singole amministrazioni di individuare con uno o più regolamenti “ le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso per le esigenze di cui al comma 2 ” (quali la salvaguardia della sicurezza, della difesa nazionale e delle relazioni internazionali, della politica monetaria e valutaria, della riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese e, per quanto di maggiore interesse in questa sede, dell’ordine pubblico e della prevenzione e repressione della criminalità).
Il Ministero dell’Interno, con il Decreto Ministeriale 10 maggio 1994 n.415, ha adottato, in attuazione del richiamato art.24 co.4 L. n.241/1990, il regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso, escludendo all’art.3 co.1 lett. a) dall’ambito di operatività dell’istituto in esame per la salvaguardia dell'ordine pubblico e della prevenzione e repressione della criminalità ai sensi dell'art. 8, comma 5, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, le seguenti categorie di documenti: le relazioni di servizio e gli altri atti o documenti presupposto per l'adozione degli atti o provvedimenti dell'autorità nazionale e delle altre autorità di pubblica sicurezza, nonché degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza, ovvero inerenti all'attività di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che si tratti di documentazione che, per disposizione di legge o di regolamento, debba essere unita a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità.
Siffatta disciplina è ancora oggi in auge perché non è stata abrogata da successivi regolamenti governativi o ministeriali ed è conforme all’attuale versione dell’art.24 L. n.241/1990 che, prevedendo al comma 2 l’obbligo per le singole amministrazioni di individuare categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1, ha sostanzialmente riprodotto la disciplina già prevista dal medesimo art.24 nella sua formulazione originaria, nella parte in cui il comma 4 ed il comma 2 lett. c) imponevano alle amministrazioni il predetto obbligo di predeterminazione dei casi di esclusione del diritto all’ostensione dei documenti per la salvaguardia dell’ordine pubblico e della prevenzione e repressione della criminalità.
Il Collegio osserva che il caso in esame rientra proprio nell’ambito di operatività della disciplina da ultimo richiamata, avendo, infatti, il ricorrente chiesto l’accesso a documenti inerenti a provvedimenti di pubblica sicurezza preordinati alla prevenzione di possibili futuri reati. Di conseguenza, il diniego tacitamente opposto dall’Amministrazione resistente non è illegittimo, in quanto conforme alla richiamata disciplina contemplata dall’art.3 co.1 lett. a) del D.M. 10 maggio 1994 n.415.
Il ricorso, pertanto, è infondato e deve essere respinto.
La peculiare complessità dell’evoluzione normativa della disciplina di riferimento e delle conseguenti questioni di diritto esaminate giustifica la compensazione integrale delle spese processuali.