TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-09-16, n. 202313814

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-09-16, n. 202313814
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313814
Data del deposito : 16 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/09/2023

N. 13814/2023 REG.PROV.COLL.

N. 10356/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10356 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Comune di Santena, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata avente ad oggetto “Ordinanza di sgombero ex art. 47, c. 2, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159”, con il quale l'Agenzia ha ordinato alla ricorrente di rilasciare le unità immobiliari site nel Comune di Santena (TO) via -OMISSIS-, censite al foglio -OMISSIS-, libere da persone e cose, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla notifica del provvedimento medesimo;

nonché, ancora, per quanto occorra, della nota del Comune di Santena prot.-OMISSIS- dell'11 luglio 2017, non conosciuta;

nonché, ancora, di tutti gli atti e le condotte - ivi compresi quelli tecnici ed endoprocedimentali ed anche non conosciuti - comunque formati o posti in essere dal GSE e/o dagli uffici tecnici ed enti all'uopo delegati nell'ambito del procedimento de quo e di tutti gli atti e i documenti – anche non conosciuti - presupposti, collegati, conseguenti, preordinati a quelli impugnati o comunque al medesimo procedimento.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 la dott.ssa F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento con cui l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha ordinato alla ricorrente di rilasciare le unità immobiliari site nel Comune di Santena (TO) via -OMISSIS-, censite al foglio -OMISSIS-.

A sostegno del ricorso sono state formulate le censure di:

1. Violazione di legge, difetto d’istruttoria e di motivazione, segnatamente con riferimento alla natura controversa dell’effettività della confisca originariamente disposta, anche alla luce di procedimenti pendenti con riferimento ai medesimi beni oggetto del provvedimento di sgombero. Violazione dell’art. 97 Cost..

La ricorrente ha dedotto che l’originaria legittimità della confisca al tempo disposta dal Tribunale di Torino era ancora sub iudice , essendo pendente un procedimento di revocazione, e che in relazione ai medesimi beni era stato proposto un ulteriore incidente di esecuzione dagli eredi della persona offesa nel procedimento penale in data 20 aprile 2017.

La misura patrimoniale della confisca, inoltre, era stata disposta nei confronti di persona asseritamente portatrice di generica pericolosità ai sensi dell’art. 1 della l. 1423/1956, articolo che secondo la Corte CEDU è da ritenersi costituzionalmente illegittimo perché in contrasto con l’art. 2 del protocollo addizionale n. 4 della Convenzione EDU, in ragione dell’assenza di precisione e prevedibilità che lo caratterizza.

2. Violazione e falsa applicazione di legge - Violazione del comma 2 dell'art. 47 del d.lgs. n. 159 del 2011 - Violazione dell'art. 3 della l. 241/90 - Eccesso di potere per difetto di motivazione.

Il provvedimento doveva ritenersi illegittimo anche sotto altro profilo, sia in relazione alle modalità con le quali è stato ordinato lo sgombero, che con riferimento all’espressa riserva di richiedere somme a titolo d’indennità d’occupazione.

3. Violazione e falsa applicazione di legge, violazione degli artt. 7 e 10 l. 241/1990, per non avere l’Agenzia instaurato alcun contraddittorio.

4. Violazione e falsa applicazione di legge, manifesta ingiustizia, irragionevolezza, per la concessione di un termine particolarmente esiguo (30 giorni) al fine dello sgombero.

Si è costituita l’Amministrazione intimata resistendo al ricorso.

Con ordinanza n. -OMISSIS- del 23 novembre 2017 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare.

All’udienza pubblica del 24 maggio 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato.

Nella fattispecie, infatti, non è in contestazione l’esistenza di un provvedimento di confisca definitivo dell’immobile.

Secondo la costante giurisprudenza, anche di questa Sezione, la confisca definitiva è un provvedimento ablatorio che assume carattere di definitività per il decorso del termine fissato per proporre le impugnazioni ovvero in esito delle impugnazioni previste e, ai fini del presente giudizio, vale il principio secondo cui, una volta divenuto definitivo il relativo provvedimento, eventuali diritti di coloro nei cui confronti è stata disposta o di terzi, non toccano la definitività del trasferimento del bene allo Stato (Cons. Stato, n. 1499/19 cit. e TAR Lazio, Sez. I, 22.3.19, n. 3890).

Tale definitività non è attenuata dalla possibilità di esperire rimedi straordinari avverso la stessa, come espressamente previsto dall’art. 28 del d.lgs. n. 159/2011, che disciplina la “Revocazione della confisca” (Cons. Stato, sentenza 4.3.2019, n. 1499).

L’ordinanza di sgombero, come congegnata dal legislatore, è quindi riconducibile all'esercizio di un potere vincolato e costituisce un “atto dovuto”, strettamente consequenziale rispetto alla confisca definitiva dei beni, da cui consegue un istantaneo trasferimento a titolo originario in favore del patrimonio dello Stato del bene che ne costituisce l’oggetto ex art. 45 co. 1 d.lgs. n. 159/2011 (cfr. Cass. civ., SS.UU., 8.1.07, n. 57).

L’Agenzia ha, infatti, il potere-dovere di ordinare ai ricorrenti di lasciare libero un bene che, per effetto della confisca, acquisisce un'impronta rigidamente pubblicistica, che non consente di distoglierlo, anche solo temporaneamente, dal vincolo di destinazione e dalle finalità pubbliche, il che determina l'assimilabilità del regime giuridico del bene confiscato a quello dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 luglio 2016, n. 2993;
id. 16 giugno 2016, n. 2682).

Nella fattispecie la confisca è divenuta definitiva in data 19 luglio 2012, per effetto dell’applicazione nei confronti del coniuge della ricorrente di una misura di prevenzione personale;
la prima istanza di revocazione è stata respinta dal Tribunale di Torino con ordinanza del 23.2.2015, confermata con decreto dell’11.6.2015 della Corte d’Appello di Torino, a sua volta confermato per effetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 637 del 15.2.2016.

L'ulteriore istanza di revoca proposta in data 19 ottobre 2017 dalla ricorrente e dal coniuge -OMISSIS- è stata depositata in data successiva alla notifica dell’ordinanza di sgombero, avvenuta il 1° ottobre 2017 e, pertanto, non può inficiare la validità del provvedimento.

È poi inammissibile la doglianza relativa all’incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 676 c.p.p., presentato dai signori-OMISSIS-, in qualità di eredi del defunto sig. -OMISSIS-, parti civili nel procedimento penale a carico del sig. -OMISSIS-, conclusosi con la condanna dell’imputato, non vantando la ricorrente alcuna legittimazione a far valere gli interessi di altri soggetti che, peraltro, erano nel processo penale in posizione contrapposta.

La ricorrente ha poi dedotto, nella memoria ex art. 73 c.p.a., di avere presentato ricorso anche innanzi alla CEDU, richiamando altresì la pronuncia della Corte Costituzionale n. 24/2019 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale proprio delle disposizioni che consentono di applicare le misure di prevenzione della sorveglianza speciale, con o senza obbligo o divieto di soggiorno, del sequestro e della confisca, ai soggetti indicati nell’art. 1, numero 1), della legge n. 1423 del 1956, poi confluito nell’art. 1, lettera a), del d.lgs. n. 159 del 2011 («coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi»);
ciò in quanto la fattispecie di cui all’art. 1, numero 1), della legge n. 1423 del 1956, poi confluita nell’art. 1, lettera a), del d.lgs. n. 159 del 2011, date le generiche espressioni utilizzate, non è idonea a selezionare i delitti la cui commissione possa costituire il ragionevole presupposto per un giudizio di pericolosità del potenziale destinatario della misura.

La previsione normativa in questione, secondo la Corte, non soddisfa le esigenze di precisione «imposte tanto dall’art. 13 Cost., quanto, in riferimento all’art. 117, comma primo, Cost., dall’art. 2 del Prot. n. 4 CEDU per ciò che concerne le misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale, con o senza obbligo o divieto di soggiorno;
né quelle imposte dall’art. 42 Cost. e, in riferimento all’art. 117, comma primo, Cost., dall’art. 1 del Prot. addiz. CEDU per ciò che concerne le misure patrimoniali del sequestro e della confisca» (Corte Costituzionale, sentenza n. 24/2019).

In proposito deve rilevarsi che, con riferimento alla pendenza del giudizio avanti alla CEDU, questa Sezione (sentenze nn. 2761/2020 e 2369/2019) ha già avuto modo di precisare che “…La pendenza del procedimento innanzi la Corte Europea dei Diritti Umani non incide sulla possibilità di procedere alla sgombero del bene ed alla sua destinazione ad altro: è infatti evidente che gli articoli 45 e 45 bis del D. L.vo 159/2011, laddove fanno riferimento al “provvedimento definitivo di confisca”, alludono al provvedimento di confisca che sia da ritenersi “definitivo” in base alle norme dell’Ordinamento italiano, e quindi al provvedimento di confisca in relazione al quale non possa essere esperito un rimedio impugnatorio interno. 14. Del resto, se e nel caso in cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo dovesse riconoscere fondatezza al ricorso presentato dai ricorrenti, non per tale ragione verrebbe meno, automaticamente, la validità del decreto di confisca di cui si discute nel presente giudizio: come gli stessi ricorrenti ammettono in ricorso, in tale circostanza lo Stato italiano dovrebbe adottare misure idonee a porre i ricorrenti in una situazione simile a quella in cui si sarebbero trovati ove non vi fosse stata inosservanza alcuna della Convenzione, e tali misure non necessariamente dovrebbero comportare la restituzione della proprietà dell’appartamento del cui sgombero si tratta”.

Ne consegue l’insussistenza anche di un rapporto di pregiudizialità in senso tecnico tra la pronuncia della CEDU e la decisione del presente ricorso.

Quanto, poi, alla pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che consentono di applicare le misure di prevenzione della sorveglianza speciale, con o senza obbligo o divieto di soggiorno, del sequestro e della confisca, ai soggetti indicati nell’art. 1, numero 1), della legge n. 1423 del 1956, poi confluito nell’art. 1, lettera a), del d.lgs. n. 159 del 2011, deve rilevarsi che la valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per la confisca, una volta divenuta la stessa definitiva, non rientra nell’ambito della cognizione di questo Giudice, di modo che tale circostanza dovrà, eventualmente, essere fatta valere mediante incidente di esecuzione al fine di ottenere la revoca del provvedimento ablatorio.

Sono infondate anche le censure relative alla mancata partecipazione al procedimento di sgombero, in quanto i provvedimenti all’esame hanno natura strettamente vincolata, con la conseguenza che, ai fini della loro adozione, non si richiedono apporti partecipativi del soggetto destinatario (Tar Lazio, Roma, sez. I, sentenza n. 1348/2021).

Infine, nessun pregio può avere la censura circa l’irragionevolezza del termine assegnato per lo sgombero, temuto conto del fatto che l’interesse pubblico sotteso al provvedimento impugnato rende recessivo quello privato (Tar Lazio, sez. I, 23 settembre 2019, n. 11219);
in ogni caso, appare ragionevole l’assegnazione di un termine di giorni trenta, considerato che «trattasi di un’occupazione ab imis senza titolo [sicché] l’esponente non può godere di alcun beneficio premiale per le dedotte esigenze abitative» (Tar Lazio, sez. I, 29 settembre 2021, n. 10048).

Il ricorso deve in conclusione essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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