TAR Lecce, sez. II, sentenza 2017-03-17, n. 201700444
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 17/03/2017
N. 00444/2017 REG.PROV.COLL.
N. 03180/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3180 del 2015, proposto da:
Ati di M G - Z G, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati G T C.F. TRCGLC78E16L049F, M M F C.F. FRCMCL66R24G224V, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;
contro
Comune di Martina Franca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato O C C.F. CMGLMP57E69L049N, con domicilio eletto presso l’avv. Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli 7;
per la condanna
ad un facere specifico, ai sensi dell'art. 30, co. 2, c.p.a., nonché al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Martina Franca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2017 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi l’avv. M. Petrachi, in sostituzione dell'avv. M. Fracanzani, per la ricorrente, e l’avv. A. Micolani, in sostituzione dell'avv. O. Cimaglia, per il Comune;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’ATI ricorrente ha chiesto la condanna, ai sensi degli artt. 30, comma 2, c.p.a. e 2058 c.c., del Comune di Martina Franca alla ricostruzione del registro di contabilità, con iscrizione, ora per allora, delle riserve contabili a suo tempo protocollate e poi allegate all’atto unico di collaudo dalla stessa ricorrente, o, in subordine, la condanna per equivalente attraverso il risarcimento del danno.
In particolare, la ricorrente a fondamento della proprie richieste, richiama la sentenza n. 1624 del Tribunale di Taranto – confermata poi sia dalla Corte di Appello che dalla Cassazione – con la quale è stato condannato il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del comune di Martina Franca e responsabile dei lavori edili appaltati all’ATI ricorrente, per aver violato gli artt. 53 e 54 r.d. 350/1895, non avendo consentito alla citata ATI di apporre sul registro di contabilità le riserve relative ai lavori per la costruzione del palazzetto dello sport di Martina Franca formulate dall’ATI, invitandola a presentarle su foglio a parte, allo scopo di far decadere la ricorrente dalla sua pretesa;la sentenza ha condannato altresì il dirigente al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede.
La ricorrente deduce la giurisdizione di questo giudice, e rileva che, nonostante la mancata costituzione del Comune nel giudizio penale, gli accertamenti espletati in seno al processo penale assumono valore di piena prova e che la ratifica dell’operato del dirigente da parte dell’amministrazione comunale determina il presupposto per l’insorgere della responsabilità diretta.
Il Comune ha eccepito il difetto di giurisdizione di questo giudice e l’inammissibilità per carenza di interesse e difetto di situazione giuridicamente tutelabile.
Alla pubblica udienza del 18 gennaio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
È stato ripetutamente affermato che “ la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale essi sono manifestazione ” (Cass., Sez. Un., 19 gennaio 2015, n. 738).
È stato altresì ritenuto che “ al riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario non osta il fatto che l’azione di risarcimento del danno per illecito extracontrattuale sia esercitata dal danneggiato, oltre che nei confronti del funzionario, anche nei confronti dell’ente pubblico sotto il profilo della responsabilità solidale prevista dall'art. 28 Cost., stante la inderogabilità per ragioni di connessione della giurisdizione (v. Cass. S.U. 13-6-2006 n. 13659, Cass. S.U. 5-3-2008 n. 5914, Cass. S.U. 17-5-2010 n. 11932) ed attenendo al merito l’effettiva riferibilità all'ente dei comportamenti dei funzionari (v. Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4591, Cass. S.U. 10-3-1999 n. 113)” e che, ove la domanda non riguardi l’illegittimo esercizio del potere pubblico “ bensì concern[a] una richiesta di risarcimento dei danni conseguenti ad un fatto illecito extracontrattuale, di carattere penale, commesso dal sindaco e dagli altri soggetti coinvolti, […] deve ritenersi la giurisdizione del giudice ordinario ” (Cass., Sez. Un., 738/2015 cit.).
È poi da rilevare che nel caso in esame non sono stati dedotti vizi di legittimità dell’atto amministrativo che si assume causativo del danno, ma comportamenti negligenti dell’amministrazione comunale, per omessa vigilanza sull’operato del Dirigente.
A tale proposito la condivisibile giurisprudenza ha rilevato che “ nella ipotesi della culpa in eligendo o in vigilando, è del tutto evidente che la responsabilità attribuita all'amministrazione non discende dalla illegittimità dell'atto adottato, ma attiene al più generale comportamento del funzionario (legato da rapporto di servizio o di ufficio), il cui comportamento illecito eventualmente causativo di danno a privati, pur svoltosi in cesura di rapporto organico (proprio perché penalmente illecito), avrebbe tuttavia potuto essere evitato attraverso un diligente esercizio del potere di scelta (recte: di preposizione organica), ovvero di vigilanza sull'operato del medesimo funzionario ” (Cons. St. sez. IV, 5 maggio 2016, n. 1808).
L’istituto della culpa in eligendo ed in vigilando pone tale responsabilità fuori dal rapporto che lega il danno (quale conseguenza diretta) all'atto amministrativo, per il tramite del nesso di causalità. “ Tali forme di responsabilità si riferiscono entrambe ad un vizio afferente al corretto rapporto tra persona giuridica pubblica e soggetto che per essa agisce, stante il rapporto organico, e dell'agire del quale l'amministrazione è chiamata a rispondere non già perché responsabile delle conseguenze lesive dell'atto adottato, non essendo ad essa imputabili eventuali effetti derivanti dall'attività o comportamento penalmente illecito, stante l'intervenuta cesura del rapporto organico (il che, ove al contrario fosse, comporterebbe una responsabilità risarcitoria in solido con l'autore del fatto-reato), quanto una responsabilità distinta, fondata su elementi diversi: non già sull'azione o omissione illecita causativa di danno, quanto su un (distinto) comportamento cui si sarebbe stati tenuti e che, in difetto, determina una (distinta) responsabilità. La responsabilità accertata dal giudice penale, dunque, non discende dall'atto amministrativo adottato, ma da un suo più generale comportamento negligente, dal quale si afferma essere derivato un danno al privato. Ma tale affermazione di responsabilità consegue alla individuazione di un danno che, lungi dal discendere come conseguenza diretta da un provvedimento amministrativo lesivo di interessi legittimi (o dalla mancata o ritardata adozione di tale atto), con ciò radicando la giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., sez. un., 22 gennaio 2015 n. 1162), discende invece dall'accertamento di un generale comportamento negligente e/o omissivo della pubblica amministrazione in sede di controllo sugli organi, lesivo del principio del neminem ledere, e del tutto prescindente dall'esercizio di un potere amministrativo ovvero dal mancato esercizio di un potere amministrativo obbligatorio (ex art. 30, co. 2) concretizzantesi (o meno) in una adozione di provvedimento amministrativo illegittimo ” (Cons. St., 1808/2016, cit.).
Posti questi principi, è da rilevare che nel caso in esame non si controverte – come già innanzi esposto - di un danno causato da un atto amministrativo illegittimo, ma di un danno causato da un comportamento illecito del Dirigente, dal quale si vuol fare discendere la responsabilità del Comune per omessa vigilanza, con la conseguenza che deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario.
In conclusione, il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.