TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-11-15, n. 202302600

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-11-15, n. 202302600
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202302600
Data del deposito : 15 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2023

N. 02600/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00046/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 46 del 2019, proposto da G F, rappresentato e difeso dagli avvocati G M, A V, A L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comune di Castellabate, non costituiti in giudizio;
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Salerno e Avellino, Ministero per i Beni e Le Attivita' Culturali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so V E, 58;

per l'annullamento

a) del provvedimento prot. n. 24581 cl. 34.19.10/11.565 del 25 ottobre 2018, comunicato il 2 novembre 2018, con cui la Soprintendenza ABAP per le province di Salerno ed Avellino ha espresso parere contrario sull’istanza di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/04 s.m.i. in relazione alla domanda di condono edilizio ex lege n. 47/85, presentata dal sig. G F sul fabbricato sito in loc. Terrate del Comune di Castellabate e contraddistinto in catasto al foglio foglio 21 part. 688 (ex particella 302);

b) del provvedimento prot. n. 18083 cl. 34.19.10/11.565 del 26 luglio 2018, con cui la Soprintendenza ABAP per le province Salerno ed Avellino ha comunicato ai sensi dell’art. 10 bis l- 241/90 i motivi ostativi al rilascio di parere favorevole sulla predetta istanza;

c) di ogni altro atto presupposto e conseguente o comunque connesso e lesivo degli interessi del ricorrente nonché per l’accertamento ex art. 31, 3 comma, c.p.a. del perfezionamento per silentium dell’assenso paesaggistico della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino, ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 bis l. 241/90 e 146 del d.lgs n. 42/2004, sulla richiesta di parere di cui all’art. 146 comma 5 d.lgs. n. 42/2004. s.m.i., formulata dal Comune di Castellabate con nota prot. n. 22529 dell’11 settembre 2017.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Salerno e Avellino e di Ministero per i Beni e Le Attivita' Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 novembre 2023 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il signor G F afferma di aver realizzato, nell’anno 1983, su un terreno sito in località Terrate del Comune di Castellabate, distinto in NCEU al foglio 21 part. 688 (ex particella 302), in assenza di idoneo titolo abilitativo, un fabbricato su due livelli da adibire ad abitazione propria e dei genitori. Il signor F ha quindi adibito a propria residenza il primo piano del fabbricato, mentre il piano terra è stato destinato ad abitazione dei genitori. In adiacenza al fabbricato in questione è stata realizzata nello stesso periodo una ulteriore costruzione, a cura e spese della sorella, tuttora proprietaria del fabbricato.

Con istanza prot. n. 1329 del 30 aprile 1986, il signor F ha inoltrato al Comune di Castellabate istanza di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della l. n. 47/1985.

Sull’istanza la Commissione per il paesaggio del Comune ha espresso parere positivo (verbale prot. n. 22120 del 5 settembre 2017) e contestualmente è stato altresì raccolto il favorevole nulla osta dell’Ente Parco Nazionale CVDA.

Con nota prot. n. 22529 dell’11 settembre 2017, il Comune di Castellabate ha richiesto alla Soprintendenza ABAP di Salerno ed Avellino il parere di cui all’art. 146 comma 5 d.lgs. n. 42/2004, contestualmente comunicando all’interessato l’avvio del procedimento.

La Soprintendenza nel corso del procedimento ha richiesto al Comune integrazioni documentali (con nota prot. n. 27957 dell’8 novembre 2017 ha richiesto una prima integrazione documentale e con successiva nota prot. n. 6560 del 16 marzo 2108 ha richiesto una seconda integrazione) che venivano in seguito ottemperate.

La Soprintendenza con nota prot. n. 18083 del 26 luglio 2018 ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

La Soprintendenza, con provvedimento prot. n. 24581 del 25 ottobre 2018, notificata il successivo 2 novembre, ha quindi definitivamente comunicato il proprio parere contrario al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 42/2004 “principalmente per le sostanziali carenze e o incongruenze documentali riscontrate”.

Il signor F ha impugnato il provvedimento prot. n. 24581/2018 affidando il gravame a cinque motivi.

Con il primo e secondo motivo afferma che il parere contrario della Soprintendenza sarebbe illegittimo “perché tardivo, in quanto reso in patente violazione del termine di 45 giorni di cui al citato art. 146 D.lgs. 42/2004 commi 5 e 8” e/o dell’“art. 17 bis comma 3” della legge n. 241/1990. Il comune con nota in data 11.9.2027 ha infatti chiesto il parere, la Soprintendenza con nota in data 8.11.2017 ha richiesto l’integrazione documentale sulla pratica di condono e con nota in data 14.12.2017 sono stati trasmessi i documenti. Alla data del 25.10.2018 era oramai spirato il termine di 45 giorni. Analogamente sarebbe a dire con riferimento alla seconda richiesta di integrazione documentale riscontrata in data 24.5.2018.

Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 43/2004 in quanto “l’avviso negativo della Soprintendenza è totalmente deficitario, giacchè non indica alcuna ragione di contrasto dell’intervento con i valori paesaggistici tutelati né specifica gli accorgimenti tecnici e/o le modifiche progettuali utili per il conseguimento dell’assenso. L’atto contrario è fondato, viceversa, su una serie di valutazioni estranee all’esercizio delle prerogative della Soprintendenza e deborda dal perimetro delle competenze ad essa attribuite”.

Con il quarto motivo censura il difetto di competenza della Soprintendenza la quale “si è spinta (o se si preferisce, si è limitata, senza altro aggiungere), ad approssimare considerazioni di marca urbanistico edilizia, esulanti dalla propria competenza … Il diniego è stato motivato esclusivamente su presunte carenze, incongruenze ed illegittimità urbanistico-edilizio: non vi è una considerazione sull’eventuale disvalore paesaggistico dell’opera”.

Infine con il quinto motivo lamenta la violazione dell’art. 146, comma 7, d.lgs. n. 42/2004 ed in particolare il difetto di istruttoria e di motivazione, del parere negativo le cui “valutazioni negative … scaturiscono da aprioristiche assunzioni, predisposte “a tavolino”, del tutto inconferenti con la qualità e la finalità delle opere in contestazione”.

La Soprintendenza in rito ha eccepito “l’inammissibilità del ricorso, non essendo stato impugnato anche il conseguente provvedimento del Comune. Infatti, la eventuale tardività del parere adottato dalla Soprintendenza determina la degradazione di quest’ultimo a parere non vincolante ai fini del successivo tratto dell’azione amministrativa. Sicchè, il parere stesso non è immediatamente lesivo e non è, pertanto, autonomamente impugnabile”;
nel merito, ha replicato alle sostanzialmente al primo motivo di ricorso affermando la tempestività del parere.

All’udienza del 10.11.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di rito sollevata dalla Soprintendenza, in quanto il ricorso non è fondato.

I motivi di ricorso possono essere esaminati contestualmente in quanto si fondano sull’erroneo presupposto della realizzazione di abusi edilizi di minori dimensioni su di un’area vincolata, mentre come sarà esposto si tratta di abusi di maggiori dimensioni per i quali opera il divieto assoluto di realizzazione opere edilizie consistenti nell’aumento di superfici e volumi.

La fattispecie di causa va inquadrata nell’ambito della disciplina di cui gli artt. 146, comma 4 e 167, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004, concernente l’autorizzazione paesaggistica c.d. in sanatoria che si differenzia dell’autorizzazione paesaggistica c.d. preventiva che viene richiesta prima della realizzazione delle opere edilizie disciplinata nell’art. 146 cit..

Segnatamente l’art. 146, comma 4, cit., relativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi abusi di maggiori dimensioni, stabilisce il divieto assoluto del rilascio del titolo in sanatoria.

L’art. 167, comma 5, cit., invece ha ad oggetto il rilascio in via eccezionale dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria successivamente alla realizzazione degli interventi abusi di minori dimensioni, stabilendo appunto la possibilità del rilascio del titolo postumo.

Il comma 4 dell’art. 167 cit. indica che gli abusi c.d. di minori dimensioni suscettibili di sanatoria postuma che sono i seguenti: “a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”.

Come emerge dalla relazione tecnica illustrativa del Comune in data 11.9.2017, i manufatti abusivi sono stati realizzati in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico già dal 1966 (d.m. 4.7.1966). Inoltre, per ammissione del ricorrente, i lavori sono stati realizzati quanto meno nel 1983 ossia dopo l’apposizione del vincolo paesaggistico del 1966.

La fattispecie di causa rientra allora nella disciplina di cui all’art. 167, comma 5, cit., e non in quella dell’art. 146, commi 5 e 8, cit., richiamata nel primo motivo di ricorso, che non riguarda il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, bensì il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica preventiva.

Inoltre, l’abuso edilizio realizzato rientra nella categoria giuridica degli abusi c.d. di maggiori dimensioni in quanto consiste nella realizzazione di un edificio composto da due piani all’interno di un’area vincolata e quindi nell’aumento di superfice e volumi.

L’abuso quindi non rientra tra le ipotesi minori che sono suscettibili di sanatoria postuma.

Ne consegue che le censure formulate non scalfiscono il provvedimento impugnato in quanto si fondano sull’asserita fattispecie della realizzazione di abusi edilizi minori su area vincolata, mentre come si è dimostrato l’abuso realizzato consiste in un manufatto di due piani eretto su di un’area vincolata dove opera il divieto assoluto di sanatoria postuma di abusi di questa categoria.

Né invero può invocarsi l’applicazione dell’istituto del silenzio – assenso di cui all’art. 17-bis della legge n. 241/1990 in quanto tale istituto può, in ipotesi, trovare applicazione laddove sia possibile la sanatoria di opere abusive, ma non ovviamente in presenza di una disciplina speciale, come quella di cui all’art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42/2004, che sancisce il divieto assoluto di sanatoria di opere abusive di maggiore dimensione realizzate su aree vincolate.

In conclusione il ricorso non è fondato e va pertanto respinto.

In considerazione dell’oggetto della controversia e delle questioni giuridiche trattate, il Collegio reputa di compensare le spese di giudizio.

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