TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2011-02-15, n. 201100075
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N. 00075/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00438/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 438 del 2010, proposto da:
G Z, rappresentato e difeso dall'avv. C G, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in L'Aquila, via Pescara N.2;
contro
Comune di L'Aquila, in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dagli avv. D D N, R D, con domicilio eletto presso Comune Ufficio Legale in L'Aquila, via G. Pastorelli;
avente ad oggetto il SILENZIO FORMATOSI SULL’ATTO (NOTIFICATO IL 23 GIUGNO 2010) DI SIGNIFICAZIONE E DIFFIDA PROVVEDERE A DISCIPLINARE URBANISTICAMENTE I TERRENI DI PROPRIETA'
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di L'Aquila in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2010 il dott. A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la diffida in oggetto il ricorrente, premesso di essere proprietario di aree in comune di L’Aquila aventi destinazione “verde pubblico attrezzato” e ciò sulla base del PRG approvato nel 1979, aveva chiesto che l’amministrazione provvedesse a dare alle medesime una nuova disciplina urbanistica tenuto conto della sopravvenuta decadenza, ex art. 9 DPR 8 giugno 2001 n. 327, del predetto vincolo espropriativo.
Ricordato il pacifico principio secondo cui la decadenza di tale vincolo comporta l’obbligo dell’amministrazione di provvedere a dare una nuova destinazione urbanistica all’area rimasta priva di disciplina, evidenzia che la normativa regionale (art. 44 L.R. 11/99) impone al Comune di avviare il procedimento entro il termine perentorio fissato dalla diffida (che non può essere inferiore a 45 giorni) e di concluderlo entro il termine (altrettanto perentorio) di un anno. In contrasto con tale modello normativo il Comune si è invece limitato, in risposta, a sostenere di avere iniziato il procedimento mediante adozione della deliberazione consiliare 22 gennaio 2009 n. 17 senza tuttavia portarlo a compimento. D’altro canto la Provincia di L’Aquila, a cui la diffida è stata inoltrata per conoscenza ai sensi della richiamata norma regionale, ha omesso di riscontrare la medesima e di esercitare -stante l’inerzia comunale- il potere sostitutivo con la nomina di un commissario ad acta (1° comma, lett. b, art. 44 cit.).
Il ricorrente deduce quindi l’illegittimità del comportamento omissivo ritenendo:
- la maturazione dell’inadempienza a quanto imposto all’amministrazione dalla previsione di cui al comma 1bis dell’art. 44 L.R. 11/99, non avendo dato avvio al procedimento nei termini di legge;
- che non rileva in proposito la deliberazione consiliare del 22 gennaio 2009, richiamata nella nota dell’amministrazione, posto che la medesima fissava in 180 giorni il termine massimo per l’adozione della variante generale riguardante tutte le aree con vincoli decaduti, termine abbondantemente decorso pur volendo considerare la (comunque inapplicabile) sospensione di cui al D.L. 28 aprile 2009 n. 39 (che avrebbe avuto solo l’effetto di spostare la scadenza al dicembre 2009) senza che l’atto abbia prodotto alcun effetto;
- che la medesima deliberazione, nel fissare la conclusione del procedimento di normazione urbanistica nel “presumibile” termine di due anni, essendone stata ritenuta la “particolare complessità” (comma 1 sexies art. 44 cit., non espressamente richiamato in delibera, secondo cui il termine di cui al comma 1quinquies non si applica ai procedimenti così caratterizzati), viola il carattere “perentorio” del termine annuale finendo per estendere, senza alcuna motivazione, il concetto di complessità a fattispecie che tali non sono in quanto riferite a singole aree del territorio. La norma regionale codifica infatti il diritto di ciascun interessato ad ottenere la riclassificazione dell’area di proprietà, cosicché la particolare complessità non può essere desunta dalle “numerose diffide pervenute” avendo il Comune l’obbligo di riscontrare uti singuli le richieste inoltrate dai privati interessati “con tempistiche adempimentali per ciascun terreno che variano in relazione alle varie decorrenze scaturite dalle diffide … (ciò con particolare riguardo al termine massimo annuale -di natura perentoria- entro cui l’ente civico deve adottare la singola variante)”, secondo quanto affermato dal TAR in numerose decisioni sul punto;
- che il predetto comma 1sexies fa espresso rinvio all’art. 8, punto 2, lett. c-bis, L. 241/90, che a sua volta richiama l’art. 2 della stessa legge, recentemente riformulato dall’art. 7, 3° comma, L. 69/2009 e quindi prevede ora il termine massimo di 180 giorni per la conclusione del procedimento “nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, siano indispensabili termini superiori”, rendendo così necessario un atto di avvio del procedimento che indichi un termine di conclusione non presumibile ma certo, che per la consolidata giurisprudenza del Tribunale è quello annuale ex comma 1quinquies, e ciò anche ai fini delle responsabilità di cui all’art. 2bis L. 241/1990;
- che, essendo quindi inutilmente decorso il termine per l’avvio del procedimento fissato in 45 giorni dall’art. 44 L.R. cit., il ricorso sarebbe proponibile;
- che va quindi affermato l’obbligo del Comune “di provvedere all’avvio del procedimento di riclassificazione urbanistica delle aree di proprietà del ricorrente … entro un temine non superiore a trenta giorni, ed alla conclusione dello stesso entro il termine perentorio di un anno dalla data di notifica della diffida”.
2. Nel costituirsi in giudizio il Comune di L’Aquila ha richiamato la deliberazione consiliare n. 17 del 22.1.2009 recante “atto di indirizzo per la revisione generale delle aree di PRG a vincolo decaduto”, con cui l’amministrazione avrebbe chiaramente espresso la volontà di provvedere a nuova pianificazione delle aree rimaste prive di disciplina urbanistica ex art. 2 legge 1187/1968, a cui ha fatto seguito il provvedimento 31 marzo 2009, pubblicato sull’albo pretorio e sul sito web, di fissazione di criteri, tempi e procedure per la redazione della variante generale relativa a tali aree ed è stato quindi avviato il procedimento per la normazione delle medesime.
Non potrebbe costituire oggetto di ricorso il sindacato sul termine di conclusione del procedimento fissato in via presuntiva in due anni, visto che il termine annuale di cui all’art. 44 si attaglierebbe unicamente alle varianti “semplici” e non già a quelle relative ad aree di cospicua estensione, esterne ai centri abitati e con rilevanti problemi in ordine alle dotazioni infrastrutturali. Il ricorrente avrebbe peraltro titolo a dolersi del superamento del termine annuale solo una volta che il medesimo fosse inutilmente decorso.
Né il ricorso potrebbe essere ritenuto ammissibile per l’inutile decorso dei 45 giorni previsti dal medesimo art. 44 per l’avvio del procedimento, trattandosi di termine meramente endoprocedimentale il cui superamento non consente all’istante di attivare la peculiare azione ex art. 21bis L. TAR, secondo quanto statuito da Cons. Stato, sez. IV, 9 agosto 2010 n. 5451 e 28 settembre 2010 n. 7182 in ordine ad identica fattispecie ed in riforma di sentenze di accoglimento di questo TAR.