TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2020-04-08, n. 202003843

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2020-04-08, n. 202003843
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202003843
Data del deposito : 8 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/04/2020

N. 03843/2020 REG.PROV.COLL.

N. 07027/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7027 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato V D M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lero 14;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

della delibera adottata dalla Commissione Centrale ex art.10 l. n. 82/91 in data 28 marzo 2017 e notificata all'interessato il 26 maggio 2017, in toto ed in via gradata limitatamente alla parte in cui, nel disporre la non proroga del programma speciale di protezione nei confronti del collaboratore, riconosce contestualmente la capitalizzazione delle misure di assistenza finalizzate al reinserimento sociale dell'avente diritto limitandone, tuttavia, la misura ad un periodo di soli due anni;

nonché contro ogni altro atto presupposto e/o consequenziale costituente presupposto e/o conseguenza dell'atto medesimo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2020 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato il 23 luglio 2017 e depositato il giorno successivo, il sig. -OMISSIS- ha impugnato la delibera della Commissione del 28 marzo 2017, a lui notificata il 26 maggio 2017, con cui è stato disposto:

- di non prorogare il programma speciale di protezione stante i pareri favorevoli alla fuoriuscita espressi tanto dalla Procura di Napoli, in data 21 marzo 2014, e dalla DNA, in data 6 ottobre 2014;

- di erogare la somma pari alla capitalizzazione riferita a un periodo di due anni delle misure di assistenza percepite;

- di prevedere la possibilità di integrare, successivamente, il progetto di reinserimento socio – lavorativo;

2. Avverso la gravata delibera parte ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

I. Violazione dell’art.10, comma 9, d.m. 161/2004, perché sarebbero mancate informative aggiornate sulla attuale situazione di pericolo del collaboratore, da parte della D.D.A. e della D.N.A.

II. Eccesso di potere e difetto assoluto d’istruttoria, con particolare riferimento alla capitalizzazione.

III. Violazione dell’art. 10, commi 10, 11 e 15, secondo ed ultimo cpv., d.m. 23 aprile 2004, n.161 e dell’art. 13, 5 comma, d.l. 15 gennaio 1991 n. 8 ed eccesso di potere per difetto e/o irragionevolezza di motivazione, perché la Commissione non avrebbe adeguatamente considerato lo stato di detenzione del ricorrente.

3. L’amministrazione si è costituita in giudizio depositando gli atti relativi al procedimento de quo , contestando nel merito la fondatezza delle pretese.

4. All’esito della camera di consiglio del 30 agosto 2017, è stata respinta la domanda cautelare proposta.

5. Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2020 la causa è passata, infine, in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo di ricorso, il collaboratore contesta la sussistenza dei presupposti che hanno determinato la mancata proroga dello speciale programma di protezione.

La revoca e modifica delle speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia è disciplinata all' art. 13 quater del d.l. n. 8/1991, convertito in legge n. 82/1991che, al primo comma, così recita:

" Le speciali misure di protezione sono a termine e, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell'articolo 13, comma 1, possono essere revocate o modificate in relazione all'attualità del pericolo, alla sua gravità e alla idoneità delle misure adottate, nonché in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge.”

Il primo comma della disposizione suddetta, quindi, scolpisce il principio generale che presiede all'applicazione di dette misure protettive (criterio della temporaneità e della periodica rinnovazione del giudizio) ed individua i parametri valutativi del giudizio di eventuale permanenza/revoca delle medesime (pericolo alla incolumità, condotta del destinatario della misura).

Dalla documentazione prodotta in giudizio dalla resistente amministrazione si evince che:

- il sig.-OMISSIS-è stato ammesso allo speciale programma di protezione-OMISSIS-, programma che è venuto naturalmente a scadere il -OMISSIS-;

- la D.D.A. di Napoli, con nota del 21 marzo 2014, ha espresso parere favorevole alla fuoriuscita dallo speciale programma di protezione alla e la D.N.A., con nota del 6 ottobre 2014, nonostante la richiesta di revoca del parere favorevole già espresso nel 2010, per inattendibilità della collaborazione, ha ribadito anch’essa il proprio parere favorevole alla fuoriuscita dal programma stante il lungo tempo trascorso dall’inizio della collaborazione e la progressiva rarefazione degli impegni processuali del collaboratore;

- sulla base di tali concordi pareri, la Commissione Centrale, con la gravata delibera, ha disposto la mancata proroga del programma speciale, previa capitalizzazione delle misure di assistenza riferite ad un periodo di due anni.

Alcun profilo di illegittimità emerge, sotto tale profilo, nella decisione della Commissione di non prorogare il programma speciale in favore del ricorrente.

Il primo motivo di ricorso, pertanto, non merita di essere accolto.

2. Privi di pregio sono, altresì, il secondo e il terzo motivo di ricorso con i quali si contesta la misura della capitalizzazione disposta.

Ebbene, con riguardo alla misura della capitalizzazione, l’art. 10, comma 15, d.m. n.161/2004, statuisce che: “ La capitalizzazione delle misure di assistenza economica di cui al comma precedente avviene, con riferimento ai collaboratori della giustizia, mediante l’erogazione di una somma di denaro pari all’importo dell’assegno di mantenimento, erogato per la durata di due anni. La capitalizzazione può essere riferita ad un periodo fino a cinque anni, in presenza di documentati e concreti progetti di reinserimento socio-lavorativo. Alla somma a titolo di capitalizzazione si aggiunge l’importo forfetario di 10.000 euro, rivalutabile secondo gli indici ISTAT, quale contributo per la sistemazione alloggiativa. I predetti criteri si applicano anche a tutti i nuclei familiari inseriti nel programma di protezione .”

Perciò, come si evince dal dato normativo, al fine di ottenere una capitalizzazione superiore ai due anni, è necessario presentare un documentato e concreto progetto di reinserimento socio-lavorativo proprio del collaboratore di giustizia.

Nella specie, come documentato in atti dalla resistente amministrazione, risulta che il ricorrente, nonostante gli inviti più volti rivoltigli (si veda dichiarazione del collaboratore del 25 agosto 2015;
il verbale del 23 settembre 2016 con il quale l’autorità competente rendeva edotto il collaboratore circa la necessità di presentare un motivato progetto;
dichiarazione di nuovo negativa del collaboratore del 20 ottobre 2016), non ha presentato alcun progetto di reinserimento sociale nonostante fosse stato, più volte, messo nelle condizioni di poterlo fare.

Pertanto, come previsto dall’art. 10, comma 15, d.m. n. 161/2004, in assenza di un documentato e concreto progetto di reinserimento socio-lavorativo riferibile al collaboratore di giustizia, la Commissione Centrale non avrebbe potuto deliberare, come ha correttamente fatto, una capitalizzazione superiore a due anni.

La delibera ha, inoltre, opportunamente previsto per il ricorrente la possibilità di integrare, con successiva delibera, la capitalizzazione delle misure di assistenza, “ qualora l’interessato produca la necessaria documentazione per la valutazione del progetto presentato ovvero altro concreto progetto di reinserimento socio – lavorativo ”.

Pertanto, alcun profilo di illegittimità emerge nella gravata decisione in parte qua.

3. Per tutto quanto esposto, in conclusione, il ricorso deve essere respinto.

4. Sussistono, tuttavia, giustificati motivi per compensare le spese di lite.

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