TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2020-07-01, n. 202007482

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2020-07-01, n. 202007482
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202007482
Data del deposito : 1 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/07/2020

N. 07482/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00020/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 20 del 2020, proposto da
Stabilimento Miami di C U e C V S, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, F M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pomezia, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

della determinazione dirigenziale n. 1374 del 15/10/2019, notificata in data 22 ottobre 2019 a mezzo PEC, avente ad oggetto: “Concessione demaniale marittima n. 38 del 2002, registro repertorio concessioni n. 38 del 2002, Pom. 23, rilasciata in favore della Soc. stabilimento Miami s.n.c. P. Iva 01062721004 – Atto di decadenza ex art. 47 del R.D. n. 327 del 30.3.1942 e ss.mm.ii, nonché ai sensi dell’art. 49 della L.R. Lazio n. 13 del 06.08.2007 e ss.mm.ii.” (All. n. 1) e di ogni altro atto consequenziale e presupposto, anche se non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pomezia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2020 il dott. Salvatore Gatto Costantino tenutasi in modalità di collegamento da remoto a norma dell’art. 84, comma 6, del DL 18/2020, convertito in legge nr. 27/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Espone l’odierna ricorrente di essere titolare della concessione demaniale nr. 38/2002, rilasciata per il mantenimento “di uno stabilimento balneare denominato MIAMI…” sul litorale Ostia-Anzio, per essere subentrata all’originaria concessionaria in forza di licenza prot. 37280 del 4.4.2007, avente efficacia sino al 31 dicembre 2020, per effetto dell’art. 34 duodecies del DL n. 179 del 18 ottobre 2012, conv. in l. 221 del 17 dicembre 2012.

Dal 2007 la società contestava la determinazione del canone demaniale marittimo, instaurando un contenzioso sia innanzi all’Autorità Giudiziaria Ordinaria, sia innanzi a questo TAR, richiedendo la revisione del canone e le verifiche in contraddittorio, con invito all’Agenzia del Demanio ed all’Amministrazione comunale a definire bonariamente la controversia;
quest’ultima, con nota dell’8.11.2010 prot. 100495 avrebbe riconosciuto che gli ordini di introito relativi agli anni 2007, 2008, 2009 e 2010 erano errati per il 50% di quanto richiesto. Il Tribunale Civile di Velletri con ordinanza del 16.9.2015 sospendeva la riscossione esattoriale dei canoni e con sentenza n. 2208/2019 depositata il 3.12.2019, dichiarava, in accoglimento dell’opposizione all’esecuzione spiegata dalla odierna ricorrente, che le convenute Agenzia del Demanio ed Equitalia Sud Spa non avevano diritto ad agire esecutivamente in forza dei titoli contenuti nella cartella esattoriale impugnata.

Ciononostante, il Comune di Pomezia, nel provvedimento impugnato, premetteva che la ricorrente era morosa per il canone demaniale marittimo dal 2009 in avanti per euro 861.330,29;
che con nota prot. N. 80970 del 22/09/2015, l’Ufficio Demanio comunale ha comunicato alla Soc. Stabilimento Maimi Snc, l’avvio del procedimento di decadenza dalla titolarità della Concessione demaniale marittima n. 38 del 2002, ai sensi dell’art. 47, lett. d) del Codice della Navigazione, per omesso o parziale pagamento dei canoni concessori relativi agli anni dal 2009 al 2014, concedendo termine di giorni 15 (quindici) dalla notifica per intervenire nel procedimento amministrativo;
con nota prot. n. 23556 del 06/03/2019, l’Agenzia del Demanio ha comunicato il mancato accoglimento dell’istanza di dilazione di pagamento del canone concessori dovuti alla Soc.Stabilimento Miami snc.;
non risultava integrato il deposito cauzionale ai sensi dell’art. 17 del Regolamento del Codice della Navigazione;
e determinava la decadenza dalla titolarità della concessione, per sopravvenuta cessazione dei requisiti oggettivi e soggettivi volti ad assicurare l’efficiente e corretto utilizzo del bene in concessione, oltre alla revoca di tutti gli atti autorizzatori concernenti la concessione, senza diritto al rimborso.

Avverso il provvedimento di decadenza la ricorrente lamenta (I) violazione di legge, del giusto procedimento, del principio di buon andamento e di imparzialità della PA (la revoca della concessione doveva essere subordinata all’esplicito assenso della Regione, non essendo competenza del Comune disporla;
non è stata inviata la comunicazione di avvio del procedimento e se questa dovesse essere ricondotta alla nota del 22.9.2015, prot. 80970 allora si tratterebbe di un procedimento ormai decaduto, atteso il lungo lasso di tempo decorso;
sussisterebbe difetto di motivazione sotto diversi profili);
(II e III) eccesso di potere sotto diversi profili, illogicità e contraddittorietà degli atti (il provvedimento sarebbe frutto di una istruttoria lacunosa ed erronea;
i canoni arretrati sarebbero in gran parte ancora sub judice e comunque lo stesso Ente nel avrebbe riconosciuto l’inesatto ed eccessivo ammontare;
non sarebbero correttamente riportati tutti i fatti e le circostanze afferenti al contenzioso pendente;
il canone sarebbe stato modificato dall’Amministrazione quasi ogni anno, così frustrando le legittime aspettative della ricorrente ad una coerente e chiara applicazione delle norme di riferimento e pregiudicando la redditività dell’investimento);
(IV) difetto di potere ed incompetenza del funzionario responsabile in ordine alla intimata revoca “di tutti gli atti concessori, autorizzatori ecc inerenti la concessione demaniale marittima n. 38 del Registro Repertorio Concessori” (non sarebbe sufficiente tale generica indicazione per conoscere quali provvedimenti si intendono revocati;
questi ultimi sono peraltro rilasciati da altri uffici del Comune;
l’attività di ristorazione è autorizzata a “Miami Beach” srl, soggetto diverso dalla società titolare della concessione demaniale marittima);
(V) eccesso di potere per violazione di legge ed erronea o falsa applicazione dell’art. 47 Cod. Nav. (mancata fissazione di un termine per sanare le irregolarità);
(VI) eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto in ordine alla ipotizzata mancata integrazione del deposito cauzionale (violazione delle relative garanzie di procedimento);
(VII) parziale inattualità ed incapacità afflittiva del provvedimento a fronte della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (il comma 685 dell’art. 1 della Legge di bilancio 145/18, prevede la sospensione del canone demaniale in conseguenza dei danni occorsi alle attività turistiche nei mesi di ottobre e novembre 2018).

Con ordinanza nr. 542 del 30.01.2020 è stata disposta istruttoria, nonché fissato il merito della trattazione della controversia.

Si è costituito il Comune di Pomezia che resiste al ricorso del quale chiede il rigetto.

Sul primo motivo di ricorso (difetto di competenza del Comune a pronunciare la decadenza senza l’approvazione della Regione) l’Ente sostiene la legittimità del provvedimento in relazione al regime delle competenze come delineato ex art. 105 del D.Lgs. 112/98 e delle L.R. 14/99 e L.R. 13/07 (cfr., in merito, anche D.G.R. 1161/2001), in base al quale le funzioni amministrative in materia di rilascio, di rinnovo e di revoca delle concessioni sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando l'utilizzazione abbia finalità turistiche e ricreative, sono attualmente attribuite alle Amministrazioni Comunali, mentre, ai sensi dell’art. 37 della L.R. 9/05, che ha introdotto la lett. b-bis del comma 2

dell’art. 8, L. R. n. 53 del 1998 risultano attribuite alla competenza della Regione Lazio le concessioni ad uso residenziale. Peraltro, ai sensi dell’art. 48 del codice della navigazione, “ la revoca e la decadenza della concessione sono dichiarate…dall'autorità che ha fatto la concessione ”. Quanto al secondo motivo, l’avvio del procedimento è stato notificato con nota prot. n. 80970 del 22/09/2015 (sia pure in relazione ai canoni concessori relativi agli anni dal 2009 al 2014), a seguito della quale la ricorrente non solo non produceva alcun documento, ma reiterava il comportamento sanzionato omettendo il pagamento dei canoni anche per i successivi esercizi arrivano così ad accumulare un debito verso l’erario di ben € 861.330,29. Inconferente sarebbe poi la doglianza secondo la quale la D.D. impugnata sarebbe pervenuta a distanza di un lasso temporale risalente rispetto alla comunicazione di avvio, interferendo per ciò solo con la possibilità del ricorrente di tutelare i propri diritti e interessi legittimi: proprio tale scansione temporale offriva alla ricorrente una maggiore possibilità di regolarizzare la propria posizione.

Inoltre, evidenzia il Comune, il contenzioso con l’AGO coinvolgeva solo in parte qua (annualità 2010-2011-2012) le richieste di pagamento dell’amministrazione: inconferente sarebbero quindi il secondo e terzo motivo di ricorso, dato che una lite su una cartella esattoriale non autorizza la concessionaria a reiterare il mancato pagamento in relazione richieste di pagamento relative ad altre annualità che tra l’altro il ricorrente non ha mai contestato.

Sul quarto motivo di ricorso, la censura si rivelerebbe controproducente per l’avversaria perché dimostra un ulteriore profilo di inadempimento della concessione, dal momento che non era consentito alla ricorrente di introdurre un soggetto estraneo al rapporto concessorio al fine di esercitare una qualunque attività sulla superficie data in concessione.

Sul quinto motivo di ricorso, obietta l’Ente che la mancata fissazione di un termine per sanare le inadempienze della concessionaria e l’omessa concessione di un termine di proroga non comporterebbe alcuna illegittimità dell’atto, avendo riguardo all’art. 47 del cod.nav. ai sensi del quale “ L'amministrazione può dichiarare la decadenza del concessionario: d) per omesso pagamento del canone per il numero di rate fissato a questo effetto dall'atto di concessione ”.

La possibilità di accordare una proroga al concessionario è inoltre prevista per le sole ipotesi riportate alle lettere a) e b) della norma citata e non per la circostanza (omesso pagamento del canone) oggetto di giudizio.

Circa il profilo della mancata integrazione del deposito cauzionale, l’amministrazione si è limitata ad evidenziare un altro profilo di illegittimità del contegno della concessionaria che anche in questo caso si è disinteressata degli obblighi imposti dalla legge al titolare di una concessione demaniale, in ordine al quale non sono dedotti profili di censura sostanziale;
peraltro gli ordini di introito regolarmente notificati contengono sempre l’invito a presentare all’ufficio competente la polizza fideiussoria relativa alla annualità richiesta.

Sul settimo motivo di ricorso, il comma 685 dell’art. 1 della Legge di bilancio 145/18 non è applicabile al caso di specie, essendo rivolto alle “ attività turistiche che hanno subito danni conseguenti agli eventi atmosferici verificatisi nei mesi di ottobre e novembre 2018 ”, mentre la ricorrente, omettendo qualsiasi riferimento all’eventuale danno subito, ne invoca l’applicazione automatica sulla sola base della sua posizione geografica. Peraltro, la norma pone il limite massimo di cinque anni alla misura straordinaria della sospensione del canone demaniale mentre l’esposizione debitoria della ricorrente ammonta a più di 10 anni.

Le parti hanno scambiato memorie e repliche, ciascuna insistendo nelle proprie tesi ed eccezioni.

In particolare, la ricorrente solleva una exceptio doli generalis contro il Comune, che avrebbe pronunciato la decadenza della concessione per una condizione di morosità dallo stesso Ente provocata mediante l’incertezza sull’ammontare del dovuto scaturente dallo stesso riconoscimento che andrebbe individuato nella nota dell’8.11.2010 n. 100495);
inoltre, volendo considerare l’avviso di avvio del procedimento nella nota del 22.09.2015, ciò implicherebbe che il procedimento era pendente alla data del 15 novembre 2015 e dunque soggetto all’applicazione del comma 484 dell’art. 1 della l. 208/2015, come successivamente modificato dall’art. 24, comma 3 octies DL 113/2016, conv. in l. 160/2016, pertanto il Comune di Pomezia dunque non poteva e non doveva concludere il procedimento amministrativo iniziato con la comunicazione di avvio del 22 settembre 2015 perché sospeso ex lege.

Oppone l’Ente che la missiva dell’8.11.2011 prot. 100495 costituiva una mera informativa, priva di qualsiasi valore precettivo o decisorio, come del resto già riconosciuto nell’ambito di altro contenzioso (sentenza del Tribunale di Velletri n. 517/2014);
nessuna incertezza potrebbe farsi discendere dal comportamento dell’Ente che, anzi, per undici anni ha inviato chiari ordinativi di pagamento che la ricorrente ha disatteso, non potendosi quindi configurare in alcun modo l’abuso del diritto che parte ricorrente eccepisce.

Motivo nuovo (quindi tardivo e comunque inammissibile) sarebbe poi il dedotto profilo inerente l’applicazione della norma di cui al comma 484 dell’art. 1 della legge di stabilità per il 2016;
tale norma – in disparte i profili di rito – sarebbe comunque inapplicabile alla fattispecie odierna, essendo sospesi, in base ad essa, solo i procedimenti nei quali sussiste un contenzioso sull’ammontare dei canoni, che, nel caso di specie, non sono contestati (il contenzioso pendente investe la riscossione coattiva, per quanto riguarda l’AGO e la decadenza dai benefici di cui alla legge 147/2013 per quanto riguarda il TAR).

Nella pubblica udienza del 25 marzo 2020, la trattazione della causa è stata differita ai sensi dell'’art. 84, comma 1, del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 alla pubblica udienza del 10 giugno 2020.

Nella pubblica udienza del 10 giugno 2020, tenutasi con modalità di collegamento da remoto a norma dell’art. 84, comma 6, del DL 18/2020, convertito in legge nr. 27/2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente agisce per l’annullamento del provvedimento con il quale l’Amministrazione comunale resistente ha disposto la decadenza dalla concessione demaniale della quale è titolare.

Quelle poste a fondamento del gravame sono censure del tutto prive di consistenza, sulla base di quanto condivisibilmente dedotto dal Comune (e riportato in sintesi nell’esposizione narrativa).

Secondo un ordine logico-pregiudiziale, va prima di tutto evidenziato che non è seriamente contestata da parte ricorrente la propria situazione di debenza sotto il profilo del pagamento dei canoni dovuti.

Sotto questo profilo, si osserva che il giudizio presso l’AGO è del tutto irrilevante essendo oggetto di controversia in quella sede la riscossione coattiva dei canoni, che non incide sull’ an dell’obbligazione, ma solo sulla sua realizzabilità;
vero che dall’annullamento di una cartella esattoriale può derivare, in concreto, la consumazione dell’obbligazione per prescrizione del credito, laddove al predetto annullamento non segua il rinnovo della riscossione coattiva nei termini propri dell’obbligazione;
ma l’eventuale estinzione dell’obbligazione non incide, di per sé, sul presupposto della decadenza dal rapporto concessorio per morosità. Invero, che quest’ultimo effetto presuppone non solo il mancato pagamento delle obbligazioni dovute (che, quale fatto storico, non è contestato), ma anche la morosità quale condizione del concessionario che implica il venir meno del rapporto di fiducia da parte del concedente (come infatti puntualmente evidenziato nella motivazione del provvedimento impugnato), a prescindere, quindi, dall’eventuale esito estintivo di esse dipendente da circostanze ulteriori ed esterne al rapporto obbligatorio (come l’errore della notifica della cartella esattoriale dipendente da fatto dell’agente della riscossione).

Priva di rilievo è poi la tesi – esposta in ricorso ed approfondita nella memoria conclusiva dalla ricorrente – secondo cui il mancato pagamento dei canoni dovuti sarebbe originato (o comunque avallato) dall’incertezza derivante nel calcolo del loro ammontare, che sarebbe a sua volta prodotta da fatto dell’Ente (tesi sulla base della quale viene sollevata la exceptio doli generalis nella memoria conclusiva).

A tacere del rilievo della nota dell’8.11.2011 prot. 100495 – nella quale non è possibile rinvenire un riconoscimento delle ragioni della ricorrente per le ragioni che si andranno ad esporre – ciò che appare dirimente è che, in un rapporto concessorio costituito su un bene demaniale – l’ammontare del canone è stabilito dal titolo e dalla legge (o dai provvedimenti amministrativi adottati in merito) e se tale ammontare è controverso la parte interessata può promuovere le opportune azioni a tutela, anche in sede di accertamento del dovuto;
in mancanza di ciò, l’ammontare del canone rimane fissato tra le parti dagli ordinativi di pagamento che l’Ente concedente rivolge al concessionario ai fini del pagamento del dovuto in applicazione del titolo.

Nel caso di specie, la parte ricorrente non ha contestato l’ammontare del canone dovuto, essendosi limitata semplicemente a non corrispondere il dovuto per dieci anni;
la nota dell’8.11.2011 non costituisce esimente alcuna, in assenza di un’azione di accertamento, perché non consistente in un atto a natura provvedimentale, bensì in un mero sollecito istruttorio interno rimasto privo di esito (la nota è indirizzata all’Agenzia del Demanio e, per conoscenza, alla Regione Lazio ed al legale della ricorrente e prospetta la possibilità di un ricalcolo del dovuto);
anzi, atteso il contenuto di tale sollecito, proprio la circostanza che la nota sia rimasta priva di seguito conferma, anziché smentire, che l’intendimento della PA rimaneva confermato nell’esigere i canoni già calcolati, confermandone così l’ammontare per gli anni a seguire.

In ogni caso, la ricorrente non ha neppure versato la quota ritenuta corretta (ciò che le avrebbe consentito quanto meno di poter restringere il contenzioso alla sola differenza).

L’azione si rivela priva di fondamento anche avendo riguardo il profilo dedotto nell’ultima memoria circa l’applicazione dell’art. 1 della l. 208/2015: a tacere della palese irritualità dell’introduzione in un atto non notificato di un motivo di censura tardivo, è dirimente quanto dedotto dall’Ente circa la non applicabilità alla fattispecie della norma in questione.

Gli altri profili dedotti sono meramente formali e privi di consistenza: in particolare, non sussiste incompetenza del Comune a pronunciare la decadenza dalla concessione demaniale, essendo la competenza regionale nel Lazio riservata alle concessioni residenziali;
il comma 685 dell’art. 1 della Legge di bilancio 145/18 non è applicabile al caso di specie, avendo riguardo alla circostanza che non vi è alcuna dimostrazione da parte della ricorrente che il proprio stabilimento abbia subito danni dagli eventi atmosferici;
i profili attinenti alla revoca delle licenze amministrative per l’esercizio della ristorazione, in quanto viene prospettata la diversità tra il titolare della concessione demaniale ed il titolare dell’esercizio commerciale, non sono deducibili dal primo (a tacere di ogni rilievo in ordine all’ammissibilità di una siffatta scissione che non forma oggetto del provvedimento e che quindi non può essere scrutinata dal Collegio);
i vizi procedimentali, avendo riguardo alla natura del potere esercitato, sono comunque recessivi e privi di rilievo anche perché non è allegato alcun elemento volto a ritenere che, nel caso di un contributo in sede procedimentale, avrebbe potuto mutare l’esito del procedimento stesso.

Per tutte queste ragioni, il ricorso va respinto, con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite che si liquidano come in dispositivo.

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