TAR Roma, sez. II, sentenza 2022-12-29, n. 202217840

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2022-12-29, n. 202217840
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202217840
Data del deposito : 29 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/12/2022

N. 17840/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02864/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2864 del 2020, proposto da: Consorzio Mobilità Consortile Pubblica non di linea Scrl, Consorzio Roma, Movimento Italiano Tassisti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , tutti rappresentati e difesi dall’Avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del suo Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato Luigi D’Ottavi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Roma Servizi per la Mobilità S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato Sabrina Cornacchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della Deliberazione n. 321 del 31 Dicembre 2019 della Giunta Capitolina (All. 1), pubblicata sull’Albo Pretorio on line, dal 15 al 29 gennaio 2020, recante “ Approvazione del Contratto di Servizio tra Roma Capitale e la Società Roma Servizi per la Mobilità S.r.l. per il periodo dal 4 dicembre 2019 al 31 dicembre 2022 ”, con la quale è stato approvato, rectius , prorogato, lo schema di contratto di servizi tra Roma Capitale e Roma Servizi per la Mobilità S.r.l. per la gestione dei servizi di pianificazione e progettazione della mobilità, regolazione e monitoraggio dei servizi di trasporto pubblico e dei servizi complementari, di sistema per la mobilità pubblica e privata;

- dello SCHEMA di CONTRATTO (All. 2) approvato composto dalle Disposizioni Generali e dagli Allegati n. I, II, III, IV, V;
VI;

- di ogni altro atto, connesso e/o consequenziale comunque lesivo per le Società ricorrenti, ancorché dalle medesime non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e Roma Servizi per la Mobilità S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2022 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’odierno ricorso notificato in data 30 marzo 2020 e depositato in data 21 aprile 2020, i ricorrenti – premesso di svolgere ( quanto ai due consorzi ) attività di pianificazione e copertura del servizio pubblico non di linea sul territorio di Roma Capitale, offrendo il servizio di chiamata taxi verso l’esterno ed occupandosi delle pratiche di richiesta, trasferimento, gestione, rinnovo e comunicazione delle licenze taxi e NCC, nonché di essere ( quanto al Movimento Italiano Tassisti ) un’organizzazione sindacale altamente rappresentativa “ dei sostituti alla guida delle vetture del servizio pubblico non di linea ”, preposta anch’essa della “ gestione dei servizi della mobilità pubblica non di linea ” – instano per l’annullamento della Deliberazione n. 321 del 31 Dicembre 2019 della Giunta Capitolina, pubblicata sull’Albo Pretorio on-line dal 15 al 29 gennaio 2020, recante l’“ Approvazione del Contratto di Servizio tra Roma Capitale e la Società Roma Servizi per la Mobilità S.r.l. per il periodo dal 4 dicembre 2019 al 31 dicembre 2022 ”, con cui “ è stato approvato, rectius, prorogato, lo schema di contratto di servizi tra Roma Capitale e Roma Servizi per la Mobilità S.r.l. per la gestione dei servizi di pianificazione e progettazione della mobilità, regolazione e monitoraggio dei servizi di trasporto pubblico e dei servizi complementari, di sistema per la mobilità pubblica e privata ” (cfr. pagg. 4 e 5 del ricorso).

Espone in particolare la ricorrente che:

- sin dal 2009, Roma Capitale, per il perseguimento dell’obiettivo primario del diritto alla mobilità dei cittadini, prevedendo una pianificazione coordinata tra i diversi sistemi della mobilità ed i servizi ad essi connessi, quali a titolo esemplificativo il traporto pubblico e i sistemi di mobilità privata, ha ritenuto opportuno dotarsi della Società a totale partecipazione pubblica denominata “ Roma Servizi per la Mobilità S.r.l. ”, a cui affidare determinati servizi complementari nel settore della mobilità;

- in particolare, con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 36 del 30 marzo 2009 e con Deliberazione della Giunta Comunale n. 244 del 29 luglio 2009, Roma Capitale ha provveduto alla scissione della Società ATAC S.p.A. e, per l’effetto, alla costituzione della società controllata Roma Servizi per la Mobilità S.r.l., a cui affidare i servizi strumentali della mobilità;

- conseguentemente, con Deliberazione di Giunta Comunale n. 84 del 24 marzo 2010, è stato sottoscritto un “Contratto di Servizio” (nel prosieguo anche il “Contratto di Servizio”) tra Roma Capitale e Roma Servizi per la Mobilità S.r.l. per il periodo 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2011;

- successivamente, dal 2011 ad oggi, Roma Capitale ha sempre proceduto, alla scadenza contrattualmente stabilita, ad adottare i provvedimenti di proroga/rinnovo in house providing del Contratto di Servizio in essere con Roma Servizi per la Mobilità S.r.l.;

- il provvedimento oggi impugnato (Deliberazione n. 321 del 31 dicembre 2019 della Giunta Capitolina, pubblicata sull’Albo Pretorio on-line dal 15 al 29 gennaio 2020) consiste proprio nell’atto di affidamento del Contratto di Servizio per l’ulteriore periodo compreso tra il 4 dicembre 2019 e il 31 dicembre 2022, ossia nell’atto di rinnovo dell’affidamento già in essere sin dal 2010.

Il gravame proposto dai ricorrenti è affidato ai seguenti motivi:

(i) primo motivo : incompetenza della Giunta Capitolina all’adozione della deliberazione impugnata, posto che quest’ultima avrebbe dovuto essere in tesi adottata dall’Assemblea Capitolina;

(ii) secondo motivo : violazione delle disposizioni di legge in materia di in house providing (segnatamente gli artt. 5 e 195 del d.lgs. n. 50 del 2016, c.d. Codice degli Appalti), non avendo Roma Capitale provveduto – all’atto di rinnovare l’affidamento del servizio in favore della società in house controinteressata – quell’approfondita valutazione con motivazione “rafforzata” delle ragioni che l’hanno spinta a non ricorrere al mercato;

(iii) terzo motivo : violazione dell’art. 106 del d.lgs. n. 50 del 2016 (c.d. Codice degli Appalti) in materia di proroga degli appalti, non sussistendo in tesi, nel caso di specie, i requisiti per prorogare la durata del Contratto di Servizio tra Roma Capitale e la società in house controinteressata.

Roma Capitale e Roma Servizi per la Mobilità S.r.l. si sono ritualmente costituite in giudizio, ciascuna di esse instando per la reiezione del gravame ed eccependo – in uno all’infondatezza del ricorso – anche la sua irricevibilità per tardività della notificazione, nonchè la sua inammissibilità per difetto di legittimazione ed interesse ad agire.

All’udienza pubblica del 21 dicembre 2022 il Collegio – previa discussione della causa – ha introiettato quest’ultima in decisione.

DIRITTO

In disparte ogni questione relativa alla legittimazione e all’interesse ad agire, in ossequio al principio della “ragione più liquida” il ricorso va dichiarato irricevibile.

È pacifico, infatti, che l’atto di cui si controverte consiste nella deliberazione della Giunta Capitolina con cui Roma Capitale ha riaffidato alla società in house controinteressata (Roma Servizi per la Mobilità S.r.l.) la gestione dei servizi di pianificazione e progettazione della mobilità per il periodo 2019-2022.

Si fa questione, quindi, dell’atto amministrativo con cui un ben preciso servizio pubblico è stato affidato ad una società in house .

Orbene, in proposito il Consiglio di Stato ha recentemente affermato (cfr. Cons. St., Sezione I, 30 marzo 2022 n. 687) – a conferma di un insegnamento già espresso a più riprese dal massimo organo di giustizia amministrativa (cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 29 maggio 2017, n. 2533) – che “ l’adunanza plenaria, con sentenza 27 luglio 2016, n. 22, ha affermato che con l’espressione lessicale utilizzata dagli articoli 119 e 120 c.p.a., “provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture”, si intendono anche i provvedimenti che riguardano le procedure aventi ad oggetto le concessioni di servizi e che, pertanto, “gli artt.119 e 120 del c.p.a. sono applicabili alle procedure di affidamento di servizi in concessione”. Sempre la giurisprudenza di questo Consiglio ha altresì chiarito che le impugnazioni di affidamenti diretti di contratti di lavori, servizi e forniture ad un ente in house sono soggette al “rito appalti” di cui agli artt. 119, comma 1, lett. a), e 120 del codice del processo amministrativo. A tale conclusione deve giungersi in ragione dell’ampiezza delle formule impiegate dal legislatore: «procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture» e «atti delle procedure di affidamento». Esse si incentrano, infatti, sul concetto di «procedure», concetto questo che, nella sua latitudine, è idoneo a racchiudere tutta l’attività della pubblica amministrazione espressiva del suo potere di supremazia attraverso atti autoritativi e nelle forme tipiche del procedimento amministrativo (“Sulla base di tale ricostruzione - ripetutamente affermata ai fini del riparto di giurisdizione in materia di contratti pubblici tra giudice amministrativo e giudice ordinario (ex multis: Cass., Sez. Un., ord. 10 aprile 2017, n. 9149, 18 novembre 2016, n. 23468;
sent. 3 novembre 2016, n. 22233) – anche l’affidamento diretto di contratti di lavori, servizi e forniture ad un ente in house deve ritenersi riconducibile al concetto di «procedure» utilizzato dai più volte citati artt. 119, comma 1, lett. a), e 120, comma 1, del codice del processo amministrativo. Infatti, quand’anche estrinsecatosi uno actu, l’affidamento in questione è sempre espressione della presupposta potestà autoritativa della pubblica amministrazione, manifestatasi nelle forme del procedimento amministrativo cui quest’ultima è soggetta in via generale nell’esercizio dei suoi poteri, ancorché in tesi con modalità estremamente semplificate”, Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2017, n. 2533;
con specifico riferimento all’affidamento in house di una farmacia, Consiglio di Stato, sez. III, 3 marzo 2020, n. 1564 nonché Consiglio di Stato, sez III, 2 novembre 2020 n. 6760, sul ricorso avverso l’aggiudicazione della gara per l’affidamento della gestione, mediante concessione trentennale, della farmacia comunale di nuova istituzione)
”.

Non appare revocabile in dubbio, pertanto, che l’atto di affidamento di una commessa pubblica a favore di una società in house (quale per l’appunto l’atto oggi impugnato) soggiace - in tutto e per tutto - al rito appalti siccome disciplinato dagli artt. 119, comma 1, lett. a), e 120 del codice del processo amministrativo.

Ne consegue che la deliberazione della Giunta Capitolina avversata nel presente giudizio avrebbe dovuto essere impugnata “ nel termine di trenta giorni ” previsto dall’art. 120, quinto comma, del codice del processo amministrativo, termine che decorre – in considerazione della natura dell’atto ( id est deliberazione della Giunta comunale) – dallo spirare del periodo di 15 giorni di pubblicazione dell’atto sull’albo pretorio (cfr. art. 124, primo comma, del TUEL, a rigore del quale “ tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante pubblicazione all’albo pretorio, nella sede dell’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge ”).

Né può affermarsi, in senso contrario, che il dies a quo del termine di impugnazione deve coincidere con la notifica individuale in favore degli odierni ricorrenti dell’atto oggi impugnato.

Soccorre in proposito, infatti, il costante insegnamento (cfr. da ultimo Cons. St., Sez. Seconda, n. 8119 del 6 dicembre 2021) a rigore del quale “ è opinione giurisprudenziale consolidata, da cui il Collegio non ha ragione di discostarsi, che il termine decadenziale per l’impugnativa di una delibera comunale decorre dalla data di notifica o comunicazione dell’atto o di quella dell’effettiva piena conoscenza (anche se dichiarato immediatamente esecutivo) soltanto con riferimento a quei soggetti direttamente contemplati nell’atto o che siano immediatamente incisi dai suoi effetti anche se in esso non contemplati, mentre, per quanto concerne i terzi, il termine decadenziale dell’impugnativa decorre dalla data di pubblicazione in albo pretorio (Consiglio Stato, sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5105;
più di recente cfr. T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 26 maggio 2009, n. 982;
T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 21 novembre 2008, n. 2657;
T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 7 novembre 2008, n. 579)”.

Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio che gli odierni ricorrenti – lungi dal potersi ascrivere al novero dei soggetti “ direttamente contemplati ” o “ immediatamente incisi ” dall’atto impugnato – sono invece sostanzialmente “terzi” rispetto a tale atto, con la conseguenza che il termine di impugnazione decorre necessariamente dalla c.d. conoscenza legale dell’atto, e cioè dalla scadenza del periodo di pubblicazione sull’albo pretorio.

Scadenza che nel caso di specie si è pacificamente consumata in data 29 gennaio 2020 , di talché il termine decadenziale di 30 giorni per la notifica dell’odierno gravame è spirato in data 28 febbraio 2020 (quindi anche in data antecedente rispetto alla sospensione dei termini processuali disposta dagli artt. 84 del d.l. n. 18 del 2020 e 36, comma 3, d.l. n. 23 del 2020, per il periodo emergenziale successivo al 8 marzo 2020 ).

Ne consegue che l’odierno ricorso, in quanto notificato soltanto in data 30 marzo 2020 (quindi ben oltre la scadenza decadenziale del 28 febbraio 2020 ), è irrimediabilmente tardivo, con sua conseguente irricevibilità ai sensi dell’art. 35, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 104 del 2010.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore di Roma Capitale e della controinteressata.

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