TAR Milano, sez. III, sentenza 2009-07-01, n. 200904227

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2009-07-01, n. 200904227
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 200904227
Data del deposito : 1 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03270/2005 REG.RIC.

N. 04227/2009 REG.SEN.

N. 03270/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 3270 del 2005, proposto da:
Policlinico San Donato S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. G C, M S C, con domicilio eletto presso G C in Milano, via Marina, 6;

contro

Regione Lombardia, rappresentato e difeso dagli avv. C G, V M, R S, domiciliata per legge in Milano 4684af, via Fabio Filzi 22;
Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della delibera della Giunta Regionale della Lombardia n. 8/370 in data 20 Luglio 2005, pubblicata su BURL - Serie Ordinaria - n. 31 del 1 agosto 2005, recante “determinazione in merito alla remunerazione di alcune funzioni non coperte da tariffe predefinite svolte dalle aziende ed enti sanitari pubblici e privati accreditati, per l’anno 2004.- Assegnazione del fondo qualità avanzata di cui alla D.G.R. 15324/2003 secondo gli indicatori e il metodo previsti dalla D.G.R. 16827/2004;.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27/11/2008 il dott. Dario Simeoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Il POLICILINICO SAN DONATO S.P.A. è titolare della omonima struttura accreditata con il Servizio Sanitario Regionale. Relativamente all’esercizio 2003 le erano state riconosciute tre funzioni c.d. non “tariffabili” (D.E.A., didattica universitaria, formazione del personale infermieristico), remunerate dal SSN con un importo complessivo di € 3.789.004,00. Nell’esercizio successivo, ha ricevuto al medesimo titolo la somma di € 3.131.774,00, inferiore a quella dell’anno precedente in ragione della soppressione della quota variabile calcolata sulla percentuale di posti letto dedicati a casi affetti da patologie di elevata gravità clinica.

Con ricorso depositato il 29 novembre 2005, la società istante ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale l’amministrazione resistente ha disposto che l’incremento delle risorse, rispetto a quelle assegnate nel 2003, per le singole strutture accreditate o per l’ente gestore di più strutture non debba superare la soglia del 30%;
l’istante ha chiesto al Tribunale di disporne l’annullamento essendo lo stesso viziato da violazione di legge ed eccesso di potere sotto il profili della contraddittorietà, della illogicità, della proporzionalità e della disparità di trattamento.

Si è costituita in giudizio la REGIONE LOMBARDIA chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza istruttoria del 23 ottobre 2000, il Tribunale Amministrativo ha ingiunto alla Amministrazione di fornire taluni chiarimenti.

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza

DIRITTO



1.Il ricorso non può essere accolto per i seguenti motivi.



2. In via pregiudiziale, ritiene il Collegio sussista sulla controversia in oggetto la giurisdizione “ratione materiae” del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 33 d.lgs. 80/1998, tenuto conto che la valutazione discrezionale riservata alla Giunta Regionale nella determinazione della remunerazione delle prestazioni non tariffabili si inserisce in una fase del rapporto amministrativo che attiene al momento prettamente organizzativo del servizio pubblico. Anche in punto di petitum sostanziale, l’azione amministrativa controversa concreta l’esercizio di un potere di programmazione sanitaria a fronte del quale, senza dubbio, la situazione soggettiva in cui versano gli enti gestori di una struttura privata accreditata non può che essere di interesse legittimo.



3. E’ opportuno procedere alla rapida ricognizione della cornice normativa nella quale si colloca l’azione amministrativa sospettata di illegittimità.

L’organizzazione del servizio sanitario rientra nell’ambito della “tutela della salute” ed è quindi oggetto, fuor che per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, del potere legislativo concorrente dello Stato e della Regione, ai sensi dell’art. 117 Cost. Nella specie, la disciplina censurata attiene, in prevalenza, alla materia di competenza concorrente, dovendosi escludere la sua riconducibilità alle materie di competenza esclusiva statale “ordinamento civile” e “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni economiche e sociali”.



3.1. Sino al 1998, il sistema sanitario era finanziato dallo Stato con le entrate derivanti dalla fiscalità generale. A partire dal d.lgs. 56/2000, il livello di governo competente (le Regioni) è anche il principale responsabile del finanziamento dei servizi sanitari. Le Regioni, difatti, cui spetta garantire i mezzi per l’erogazione dell’assistenza sanitaria, utilizzano tre canali di finanziamento: entrate proprie (aventi natura tributaria o extratributaria), quote di compartecipazione al gettito di tributi erariali (compartecipazione IVA, addizionale IRPEF) e (eventualmente) contributi perequativi ai sensi dell’art. 119, comma II e III, Cost.



3.2. L’art. 1 d.lgs. n. 502 del 1992, collega l’individuazione dei livelli essenziali ed uniformi d’assistenza, assicurati dal S.s.n. alla contestuale individuazione delle risorse destinate al S.s.n., in modo da contemperare la tutela della salute pubblica postulata dall’art. 32 cost. con l’ammontare delle risorse finanziarie disponibili, attraverso un bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionali protetti, che si pongono come limiti di utilità solidale alla libertà d’iniziativa economica fissati dallo stesso art. 41 Cost.



3.3. Il sistema della legge n. 833/78 si fondava sulla esclusività dell’erogazione di prestazioni sanitarie da parte delle strutture pubbliche, per cui la struttura privata convenzionata poteva intervenire solo laddove l’erogazione della prestazione all’esterno fosse stata previamente e motivatamente autorizzata dall’Amministrazione. All’epoca, il rapporto tra USL e Centri esterni era riconducibile ad una concessione di pubblico servizio;
vigeva un sostanziale regime di monopolio pubblico nel quale i rapporti tra concedente e concessionario, regolati da rigide convenzioni, erano nel senso di assoluta preminenza del primo sul secondo.

La riforma del S.s.n. del 1992 ha introdotto il criterio del libero mercato per l’erogazione di prestazioni sanitarie, sostituendo così il sistema della concessione-convenzione con quello di accreditamento. La creazione di un libero mercato ha portato come è noto all’introduzione di un regime di concorrenza amministrata tra strutture pubbliche e private (alcuni autori preferiscono parlare di “quasi” mercato dal momento che il non soddisfacente funzionamento di alcune strutture pubbliche e la carenza di risorse ha minato di fatto il disegno di una effettiva concorrenza). Il sistema sanitario, dunque, ispirandosi ai principi e modelli concorrenziali tipici dei Paesi di Common Law, richiede per i soggetti erogatori di prestazioni a carico del S.s.n. due distinti ma collegati presupposti: l’autorizzazione (provvedimento autoritativo con effetti abilitativi che riguarda qualsiasi struttura sanitaria che intenda operare a livello territoriale, il cui rilascio richiede come unico presupposto l’accertamento di requisiti di carattere igienico-sanitario della struttura);
l’accreditamento (costitutivo di un rapporto privatistico conformato da esigenze di carattere programmatorio, sia sotto il profilo del contenuto economico del contratto, ai sensi dell’art. 8 quinques, sia riguardo ad esigenze di distribuzione delle prestazioni sanitarie su base regionale e distrettuale).

Nel perseguire l’obiettivo di fondo di migliorare l’efficienza e l’economicità del servizio reso alla collettività introducendo, sia pure gradualmente, nel sistema elementi di concorrenzialità, il modello delineato si basa, dal lato dell’offerta, su una sostanziale parità tra istituzioni pubbliche e private nella erogazione competitiva delle prestazioni agli assistiti, e, dal lato della domanda, sulla libertà di scelta riservata all’utente di rivolgersi alla struttura di fiducia per la fruizione dell’assistenza.

L’equilibrio di tale nuovo sistema è affidato a vari strumenti.

Da una parte è previsto un controllo tendenziale sul volume complessivo della domanda. Per quanto riguarda le quantità delle prestazioni, è devoluta alla programmazione sanitaria, sulla base dei dati epidemiologici, la fissazione tra l’altro dei livelli uniformi di assistenza sanitaria (fatta salva la potestà delle regioni di prevedere livelli superiori con il proprio autofinanziamento);
è inoltre prevista la elaborazione di protocolli diagnostici e terapeutici, ai quali i medici di base sono tenuti ad attenersi, nella prescrizione delle prestazioni. Per quanto riguarda il costo delle medesime, vengono predeterminate le tariffe in base alle quali sono pagate, in un regime di sostanziale monopolio, le prestazioni a carico del servizio sanitario.

Dall’altra parte, sono contemplati i controlli dell’offerta, per quanto riguarda la fissazione e la verifica degli “standards” qualitativi minimi, il regime di accreditamento, la liquidazione delle spese basata (anche per le istituzioni pubbliche) sulla remunerazione delle prestazioni effettivamente erogate.

Il raggiungimento degli obiettivi è, dunque, fondamentalmente affidato al funzionamento, sia pure con i necessari correttivi, di meccanismi tipici del mercato, imperniati sulla responsabilizzazione, da una parte, delle istituzioni sanitarie pubbliche, indirizzate verso un modello aziendale attento alle esigenze della produttività e della economicità, e dall’altra parte sull’apertura della competizione con (e tra) le istituzioni sanitarie private, svincolate da un ruolo sussidiario rispetto alle strutture pubbliche e nello stesso tempo dalla protezione insita nel regime concessorio delle convenzioni.

Tuttavia il problema della razionalizzazione e del controllo della spesa sanitaria ha costituito, già all’indomani della riforma e fino ad oggi, uno dei punti cruciali delle manovre di finanza pubblica collegate alle leggi finanziarie che si sono susseguite in questi anni. Del resto, il giudice delle leggi aveva già sottolineato, a fronte dell’esigenza costituzionale di preservare l’equilibrio non solo del bilancio statale ma anche dei bilanci regionali, la necessità di “una disciplina che miri a rendere graduale – e quindi controllabile, sotto il profilo delle finanze regionali, e adeguato, sotto il profilo delle prestazioni – il passaggio verso il nuovo sistema e il funzionamento a regime dello stesso” (cfr. Corte cost., 28/7/1993, n. 355).

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