TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-06-01, n. 201806104

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-06-01, n. 201806104
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201806104
Data del deposito : 1 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/06/2018

N. 06104/2018 REG.PROV.COLL.

N. 06491/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6491 del 2017, proposto da
T Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G N, F S e A V, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via

XXIV

Maggio n. 43;

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- della Delibera prot. 0050931 adottata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il 7 giugno 2017 e notificata a T il 22 giugno 2017 a conclusione del procedimento di pratiche commerciali scorrette n. PS/10027;

- nonché di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, consequenziale, e/o connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2018 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (di seguito, “Agcm” o anche “Autorità”) comunicava in data 9 novembre 2016 l’avvio di un procedimento istruttorio avente ad oggetto la possibile violazione da parte della società T Italia s.p.a. (in avanti, “T”) degli artt. 49, lettera l), 51, commi 6, 7 e 8, 57, comma 3 e comma 4, lettera a) punti 1) e 2), del Codice del Consumo, come modificato dal Decreto Legislativo 21/2014 di recepimento della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori nei contratti.

Le condotte contestate avevano ad oggetto: a) la conclusione di contratti a distanza mediante telefono, senza rispettare i requisiti di forma prescritti dall'art. 51, commi 6 e 7, del Codice del Consumo;
b) la conclusione di contratti a distanza (online mediante il sito internet www.tiscali.it e/o al telefono), senza aver fornito, prima che il consumatore fosse vincolato dal contratto o da una corrispondente offerta, l'informazione che nel caso di esercizio del diritto di recesso dopo aver presentato una richiesta ai sensi dell'articolo 51, comma 8, del Codice del Consumo egli è responsabile del pagamento al professionista di costi ragionevoli, ai sensi dell'articolo 57, comma 3, del Codice del Consumo;
c) la conclusione di contratti a distanza procedendo all'avvio del processo di attivazione della linea e/o di migrazione da altro operatore durante il periodo di recesso, senza esigere la relativa richiesta esplicita da parte del consumatore prevista dall'art. 51, comma 8, del Codice del Consumo;
d) in assenza dell'informativa sulle conseguenze del recesso dopo che il consumatore ha presentato una richiesta di attivazione, nella richiesta e/o nell'addebito al consumatore che eserciti il diritto di ripensamento dei costi per la fruizione del servizio fino al completamento della procedura di migrazione/portabilità;
costi che, in ogni caso, apparivano superiori rispetto a quanto dovuto “sino al momento in cui il consumatore ha informato il professionista dell'esercizio del diritto di recesso” ai sensi dell'art. 57, comma 3, del Codice del Consumo.

2. Poiché le condotte oggetto del presente provvedimento erano state diffuse attraverso mezzi di telecomunicazione (in particolare, tramite telefono e internet), in data 21 aprile 2017 veniva richiesto il parere all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (in seguito, “Agcom”), ai sensi dell’articolo 27, comma 6, del Codice del Consumo;
l’Agcom rilasciava il proprio parere il 19 maggio 2017.

3. All’esito del procedimento istruttorio e tenuto conto del parere di Agcom, veniva adottato il provvedimento impugnato, con il quale l’Autorità riteneva la sussistenza di quattro condotte illecite, per violazione degli artt. 49 e ss. del Codice del consumo.

Irrogava, quindi, a T quattro sanzioni pari a: 200.000 euro per la condotta sub a), 250.000 euro per la condotta sub b), 370.000 euro per la condotta sub c) e 180.000 euro per quella sub d).

4. Il provvedimento è stato impugnato da T, che ne ha sostenuto l’illegittimità per i seguenti motivi:

I - Difetto assoluto di competenza dell’AGCM all’esercizio del potere sanzionatorio. Violazione e falsa applicazione degli artt. 70 e ss. Codice delle Comunicazioni Elettroniche. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, Codice del Consumo. Domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Illegittimità dell’art. 27, comma 1-bis, Codice del Consumo con art. 3, comma 4, e considerando n. 10 della Direttiva 2005/29/CE.

Sostiene T che Agcm avrebbe esercitato il potere sanzionatorio in difetto assoluto di competenza, venendo in rilievo prerogative che, ai sensi delle previsioni del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e della relativa normativa di regolazione attuativa delle stesse, sarebbero attribuite ad Agcom quale autorità regolatrice del settore delle comunicazioni elettroniche. Chiede, in argomento, che questo Tribunale disponga il rinvio alla Corte di Giustizia della questione pregiudiziale circa la compatibilità con l’ordinamento europeo dell’art. 27, comma 1-bis, del Codice del Consumo, similmente a quanto fatto dal Consiglio di Stato con le proprie ordinanze del 17 gennaio 2017, nn. 167 e 168 in relazione a fattispecie ritenute assimilabili a quella oggetto di scrutinio con la presente controversia.

II - Sulla condotta contestata sub a). Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 51, commi 6 e 7, codice del consumo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Illogicità.

Le modalità procedimentali seguite da T per la conclusione di contratti a distanza sono state ritenute insufficienti dall’Autorità a rispettare quanto richiesto dall’art. 51, comma 6, Codice del Consumo sulla base di una motivazione che parte ricorrente ritiene carente e affetta da travisamento dei fatti

III - Sulla condotta contestata sub b). Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 49, comma 1, lett. L), codice del consumo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Illogicità.

Secondo T, sarebbe stato correttamente eseguito l’obbligo informativo prescritto dall’art. 49, comma 1, lett. l), del Codice del Consumo che impone al professionista di fornire al consumatore nella fase precontrattuale, in maniera chiara e comprensibile, l’informazione dei costi ragionevoli da pagare in caso di esercizio del diritto di recesso ai sensi dell’articolo 57, comma 3, del Codice del Consumo.

IV - Sulla condotta contestata sub c). Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 8, del Codice del consumo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Illogicità.

T lamenta una interpretazione eccessivamente formalistica dell’art. 51, comma 8, da parte dell’Autorità e ritiene che le modalità approntate per richiedere al consumatore l’inizio dell’esecuzione del contratto durante il periodo di recesso fossero sufficienti a rispettare il precetto legislativo.

V - Sulla condotta contestata sub d). Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 57, commi 3 e 4, del codice del consumo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Illogicità.

In relazione alla violazione delle modalità ed i limiti entro cui può essere addebitato al consumatore un costo nel caso in cui egli eserciti il diritto di recesso successivamente all’attivazione immediata del servizio, parte ricorrente sostiene che le conclusioni dell’Autorità non avrebbero tenuto in considerazione le specificità tecnico-operative che connotano il processo di migrazione degli utenti dei servizi di telefonia (fissa e mobile).

VI - Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge 689/81.

Nell’irrogazione e nella determinazione delle sanzioni pecuniarie comminate, l’Autorità avrebbe dovuto tenere conto che le condotte asseritamente illecite contestate a T dovevano essere ridotte ad unità, secondo il principio del cumulo giuridico delle sanzioni nel caso di unicità dell’azione commissiva delle condotte illecite.

VII - Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.lgs. 206/2005 e dell’art. 11 della legge 689/1981. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed in particolare per difetto di motivazione, manifesta illogicità, contraddittorietà, sviamento e travisamento dei fatti.

T contesta la quantificazione delle sanzioni operata dalla Autorità, che avrebbe omesso il proprio giudizio sulle condizioni economiche dell’impresa e sul ravvedimento operoso posto in essere per eliminare le conseguenze dannose delle violazioni contestate. Lamenta, inoltre, una errata applicazione del parametro relativo alla gravità della violazione e una non corretta determinazione della sua durata, nonché la disparità di trattamento con precedenti decisioni dell’Autorità.

5. Si è costituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato per resistere al ricorso in epigrafe, chiedendone il rigetto siccome infondato nel merito.

6. Alla camera di consiglio del 1° agosto 2017, la domanda cautelare presentata da T unitamente al ricorso è stata respinta per assenza del periculum in mora .

7. In vista dell’udienza di trattazione della causa, T ha depositato memorie difensive, insistendo nella richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE formulata nel primo motivo di ricorso, ovvero nella sospensione del presente giudizio, in attesa della risposta della Corte alle questioni già sottoposte dal Consiglio di Stato.

8. Alla pubblica udienza del 9 maggio 2018, uditi per le parti i difensori presenti come da verbale e su loro conforme richiesta, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il provvedimento sanzionatorio impugnato ha ad oggetto quattro condotte poste in essere da T, ritenute in contrasto con talune disposizioni contenute negli articoli 49 e ss. del Codice del Consumo, che hanno recepito disposizioni della disciplina dettata dalla direttiva 2011/83/Ue in tema di diritti dei consumatori nei contratti.

2. Con il primo motivo di impugnazione, T contesta la competenza di Agcm a valutare le condotte contestate e ritiene che esse dovevano essere esaminate da Agcom, nella sua qualità di autorità regolatrice del settore delle comunicazioni elettroniche. Formula, in proposito, una richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’art. 27, comma 1 bis, del Codice del Consumo, norma che esclude l’intervento dell’Autorità competente a reprimere una violazione della direttiva settoriale in ogni ipotesi che sia suscettibile di integrare altresì gli estremi di una pratica commerciale scorretta/sleale.

3. Osserva il Collegio che il motivo non è fondato.

Parte ricorrente, nel sostenere la presunta competenza di Agcom a giudicare le condotte esaminate da Agcm, richiama le problematiche relative all’applicazione della direttiva 2005/29 sulle pratiche commerciali scorrette e le questioni sorte in ordine alla compatibilità dell’art. 27, comma 1 bis, del Codice del Consumo con l’ordinamento comunitario, che è stata da ultimo oggetto di rinvio alla Corte di Giustizia con le ordinanza del Consiglio di Stato nn. 167 e 168 del 2017.

Si tratta di questioni che non sono, tuttavia, assimilabili a quelle oggetto della presente controversia, in quanto le sanzioni applicate a T sono state irrogate dall’Agcm non per l’asserito compimento di pratiche commerciali scorrette, in violazione degli articoli 18 e ss. del Codice del Consumo (di recepimento della direttiva 2005/29), ma in relazione al mancato rispetto degli obblighi di protezione del consumatore di cui alla direttiva 2011/83/Ue, recepiti dai successivi articoli 49 e ss. del Codice.

La diversa natura delle fonti normative a fondamento delle sanzioni porta ad escludere che possa sorgere un problema di potenziale sovrapposizione di competenze tra diverse autorità di settore, mancando in radice il presupposto della questione oggetto di rinvio pregiudiziale, vale a dire la riconducibilità di una medesima fattispecie tanto a una normativa generale (quella sulle pratiche commerciali scorrette) che a una disciplina settoriale (nell’ipotesi qui in rilievo, quella a tutela delle comunicazioni elettroniche).

La fattispecie oggetto di esame da parte dell’Agcm riguarda, infatti, la diversa ipotesi di presunta violazione di diritti a tutela dei consumatori (cd. “ consumer rights ”) e, in particolare, nell’ambito dei contratti a distanza e negoziati fuori dai locali commerciali, le informazioni da rendere nella fase precontrattuale, nonché la previsione di specifici requisiti di forma e di tutele particolari nel caso dell’esercizio del diritto di recesso.

Tali, peculiari fattispecie sono regolate unicamente dal Codice del Consumo e non possono ritenersi sovrapponibili o comunque assorbite dalle tutele previste nel Codice delle Comunicazioni Elettroniche. Lo stesso art. 66 del Codice del Consumo, che prevede la competenza della sola Agcm ad accertare e sanzionare le condotte poste in violazione di tali previsioni, stabilisce che rispetto alle disposizioni sui diritti dei consumatori trovano applicazione unicamente i commi da 2 a 15 dell’articolo 27 del Codice del Consumo, escludendo il comma 1 bis. Non viene, quindi, neppure contemplata nel caso in esame la norma che attribuisce la prevalenza della competenza di Agcm in caso di sovrapposizione con fattispecie regolate da altre discipline settoriali e richiamata nei quesiti già sottoposti alla CGUE.

Non convince, in proposito, la tesi di T secondo cui, a prescindere dall’omesso richiamo all’art. 27, comma 1 bis, si sarebbe comunque in presenza di uno sconfinamento nelle prerogative di Agcom, come sarebbe dimostrato dalla disciplina presente agli articoli 70, 71 e 80 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche nonché nella Delibera di Agcom 519/15/CONS, riguardante precisi obblighi relativi alla fornitura dei servizi agli utenti. Le norme in questione prevedono, infatti, obblighi di trasparenza (art. 71) e in materia di recesso (art. 70) ulteriori rispetto a quelli specificatamente disciplinati dalle norme del codice del consumo sopra richiamate, nonché tutele peculiari relative alla fase esecutiva del contratto, riferibili in particolare alla garanzia di un tempestivo trasferimento del servizio nel caso di cambio di operatore (cfr. l’art. 80 CCE e le relative delibera attuative), che non interferiscono con la disciplina dei consumer rights .

Ne consegue che gli obblighi posti a tutela degli utenti introdotti con il recepimento della direttiva 2011/83/Ue di cui al Codice del Consumo risultano aggiuntivi e complementari rispetto a quelli previsti dal Codice delle comunicazioni elettroniche

Dunque, non sussistendo una sovrapposizione tra fattispecie regolate sia da una normativa generale che una speciale, non si pone, neppure in astratto, la questione della delimitazione delle competenze tra le due Autorità chiamate ad accertare e sanzionare eventuali violazioni delle condotte imposte da entrambe le normative.

Le condotte imputate a T, in sostanza, integrano unicamente possibili violazioni della disciplina in materia di consumer rights dettata nel Codice del Consumo, il cui accertamento è rimesso alla competenza della sola Agcm.

4. Con i successivi motivi, rubricati ai punti da 2 a 5 del gravame, T contesta sotto vari profili l’esito dell’istruttoria che ha portato all’accertamento dell’illiceità delle quattro condotte oggetto di sanzione.

Le censure variamente formulate non meritano condivisione.

5. La condotta di cui alla lett. a) del provvedimento sanzionatorio concerne il mancato rispetto, nell’ambito delle procedure di conclusione dei contratti a distanza mediante telefono, dei requisiti di forma previsti dall’articolo 51, comma 6, e 52 del Codice del Consumo, che impongono una conferma da parte del consumatore per iscritto ovvero, se questi vi acconsente, su un supporto durevole. L’Autorità ha correttamente valutato la procedura seguita da T per la conclusione di tali contratti non conforme alle prescrizioni del Codice, in quanto il consumatore non prestava un consenso espresso alla sostituzione della firma con la conferma formulata su un supporto durevole e l’operatore telefonico si limitava a una registrazione vocale della telefonata, che non veniva comunicata al consumatore se non su sua richiesta. Dunque, la condotta in questione si poneva in contrasto con le previsioni normative, sia sotto il profilo della mancata informazione al consumatore circa le modalità di conclusione del contratto sia per non avere garantito l’effettiva, piena disponibilità del supporto al consumatore.

6. Anche l’accertamento della condotta sub b) non è inficiata dai vizi prospettati nel gravame.

L’Autorità sostiene che T non avrebbe assolto agli obblighi informativi relativi alla fase precontrattuale che impongono, tra l’altro, di avvertire il consumatore della sussistenza di costi ragionevoli da pagare in caso di esercizio del diritto di recesso.

E’ pacifico che nelle condizioni generali di contratto predisposte da T per la rete mobile l’informazione non era riportata e non rileva sul punto la tesi difensiva di T, incentrata sulla circostanza di fatto che, in concreto, nel periodo considerato dall’Autorità, non ha mai applicato costi ulteriori ai clienti che hanno esercitato il recesso. Ciò che risulta leso è il diritto del consumatore a una chiara ed esaustiva rappresentazione delle condizioni per l’esercizio del recesso, che non può dipendere dalla scelta discrezionale dell’operatore professionale di applicare dei costi aggiuntivi di cui il consumatore rimane all’oscuro.

7. La condotta di cui alla lettera c) concerne le attività poste in essere da T in caso di avvio del processo di attivazione della linea e/o di migrazione da altro operatore.

L’Autorità ha sanzionato l’operatore perché nel caso di contratti a distanza aventi ad oggetto servizi di telefonia fissa anche in abbinamento al servizio dati (conclusi mediante telefono nonché online, tramite il sito internet www.tiscali.it), la procedura di attivazione/migrazione veniva avviata durante il periodo di recesso senza che il consumatore ne abbia fatta espressa richiesta, così violando l’articolo 51, comma 8, del Codice del Consumo. Tale disposizione prevede che “ Se un consumatore vuole che la prestazione di servizi (…) inizi durante il periodo di recesso previsto all’articolo 52, comma 2, il professionista esige che il consumatore ne faccia richiesta esplicita ”.

T adduce una serie di ragioni tecnico-operative che renderebbero impossibile attuare l’articolo in questione senza causare disservizi all’utenza, con particolare riguardo all’ipotesi di richiesta di conservazione del numero in caso di migrazione, e quindi violando l’art. 80 del Codice delle comunicazioni elettroniche che impone all’operatore telefonico di consentire la “ number portability ”.

Il provvedimento impugnato ha tenuto conto delle criticità esposte da T ma non le ha ritenute incompatibili con il rispetto della previsione normativa del codice del consumo richiamata. Ciò in quanto le procedure di migrazione presuppongono sempre il consenso espresso del consumatore all’esecuzione del contratto a partire dal periodo di recesso, sicché il rispetto delle modalità e delle tempistiche di migrazione stabilite da Agcom comunque non può prescindere dall’acquisizione di tale consenso. Trattandosi, inoltre, di un obbligo imposto da una direttiva di massima armonizzazione, esso prevale comunque rispetto ad eventuali norme interne di contenuto asseritamente confliggente.

8. La quarta condotta sanzionata riguarda la previsione, contenuta nelle condizioni generali di contratto predisposte da T, di addebitare al consumatore che eserciti il diritto di ripensamento, in caso di esecuzione anticipata, somme a titolo di costi “ per la fruizione del Servizio fino al completamento della procedura di migrazione/portabilità ”. La condotta è stata sanzionata perché i costi venivano previsti in assenza di un consenso espresso all’esecuzione anticipata del contratto e perché essi venivano calcolati fino al momento del completamento della procedura e non dell’esercizio del diritto di ripensamento, in violazione di quanto prescritto dall’art. 57, commi 3 e 4, del Codice del Consumo.

Anche in relazione a tale violazione, T ha proposto una interpretazione sistematica delle norme in questione volta a dimostrare una conflittualità di tali previsioni con quelle stabilite da Agcom per la gestione tecnico-operativa delle richieste di ripensamento.

Si tratta, anche in tale caso, di criticità di cui il provvedimento ha tenuto conto ma che non ha ritenuto, sulla base di un percorso logico convincente, ostative al rispetto delle norme del Codice del consumo (cfr. il par. 109 del provvedimento).

Quanto alla richiesta di T di applicazione in via analogica di quanto previsto nel caso di erogazione dei servizi di energia elettrica e gas (che prevede espressamente l’addebito dei costi in capo al consumatore fino al momento della effettiva migrazione), il provvedimento sanzionatorio ha opportunamente fatto presente che si tratterebbe di una estensione analogica non supportata da alcuna base normativa e in aperto contrasto con l’art. 57, comma 3, del Codice del Consumo.

9. Con gli ultimi due motivi di impugnazione, T ha contestato la sanzione applicata sotto il profilo della mancata applicazione del principio del cumulo giuridico delle condotte e in relazione al processo di quantificazione seguito.

Anche tali doglianze non possono essere condivise.

10. Quanto alla prima censura, si osserva che non sussistono i presupposti per l’applicazione del principio in questione, atteso che le quattro condotte sanzionate sono caratterizzate da una autonomia funzionale e strutturale (cfr. il par. 56 del provvedimento), sicché correttamente l’Autorità ha applicato il criterio del cumulo materiale ai fini della determinazione delle sanzioni riferibili a ciascuna condotta.

11. Anche la quantificazione delle quattro sanzioni risulta corretta, essendo stata commisurata sulla base dei parametri di riferimento individuati dall’art. 11 della legge n. 689/81, richiamati dall'articolo 27, co. 13, del d.lgs. n. 206/05, e quindi la gravità della violazione, l’opera svolta dall'impresa per eliminare o attenuare l'infrazione, la personalità dell'agente e le condizioni economiche dell'impresa stessa. L’Autorità, in relazione a ciascuna condotta, ha tenuto conto dei richiamati parametri, correlando la relativa sanzione alla dimensione economica del professionista, ai canali di vendita impiegati, all’asimmetria informativa esistente tra professionista e consumatore.

Parte ricorrente lamenta, in particolare, la mancata considerazione, in termini di “ravvedimento operoso”, delle misure poste in essere dalla ricorrente nel corso del procedimento per eliminare le conseguenze dannose della propria condotta. Tali misure, tuttavia, descritte ai par. 42 e ss. del provvedimento, risultavano solo parzialmente attuate o meramente prospettate al termine del procedimento, sicché mancava il presupposto per il riconoscimento del ravvedimento operoso, vale a dire una condotta attiva tesa ad eliminare o attenuare le conseguenze della precedente condotta. L’Autorità ha, inoltre, accertato che, alla data di adozione del provvedimento, le quattro condotte illecite contestate erano tutte ancora in corso e, quindi, anche la determinazione della durata delle violazioni risulta corretta.

Infine, non risulta fondata neppure la censura di disparità di trattamento rispetto alle sanzioni irrogate nei confronti di altri operatori telefonici, che da un lato presuppone una non ammissibile comparazione tra posizioni non totalmente omogenee e sovrapponibili, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, e che, comunque, non appare neppure apprezzabile in concreto, attesa la sostanziale identità, sotto il profilo quantitativo complessivo, delle sanzioni irrogate agli operatori che hanno posto in essere delle analoghe condotte.

12. In definitiva, l’importo delle sanzioni applicate risulta non solo congruo e proporzionato, ma anche fondato sull'applicazione di criteri avallati dalla giurisprudenza e, pertanto, legittimo.

Dunque, anche in relazione all’attività di quantificazione della sanzione, il provvedimento impugnato risulta immune dai prospettati vizi e, conseguentemente, il ricorso deve essere respinto.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono poste in favore di Agcm nella misura quantificata in dispositivo.

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