TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2024-01-05, n. 202400132
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Pubblicato il 05/01/2024
N. 00132/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01123/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1123 del 2021, proposto da
Società Cooperativa Sociale Onlus dell'Angelo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
U.T.G. - Prefettura di Benevento, Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. uscita n. 0019298 reso dal Prefetto della Provincia di Benevento in data 12/03/2021 con cui si decreta d’autorità la risoluzione del contratto prot. n. 35792/1, stipulato con la odierna ricorrente in data 15/09/2016, di appalto dei servizi di accoglienza dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale nel Centro di Accoglienza Straordinario con sede in Frasso Telesino (BN), alla Via S. Rocco n°15 e si dispone il trasferimento mediante riallocazione degli stranieri ivi ospitati;
- nonché di ogni altro atto presupposto e\o presupponente quello impugnato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di: U.T.G. - Prefettura di Benevento e Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2023 il dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È al vaglio del Collegio il provvedimento, emesso dalla Prefettura di Benevento il 12 marzo 2021, prot. 19298, recante la “risoluzione d’autorità” del contratto d’appalto prot. n. 35793/1 del 15/9/2016, del servizio di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale nel Centro di Accoglienza Straordinario (C.A.S.) di Frasso Telesino (BN), stipulato con la ricorrente Cooperativa a seguito dell’aggiudicazione di procedura di gara.
La ricorrente rappresenta in fatto quanto segue.
Con il citato contratto la Prefettura di Benevento (U.T.G.), ad esito di una procedura negoziata indetta con bando prot. 31635 del 08/08/2016 (all. 3 del ricorso) in cui la ricorrente si è collocata in posizione utile in graduatoria di gara, ha affidato alla Cooperativa sociale Onlus Dell’Angelo (infra, Cooperativa) il servizio di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale nel Centro di Accoglienza Straordinario (C.A.S.) di Frasso Telesino (BN), Via San Rocco n°15, gestito dalla medesima cooperativa. Con successivo atto aggiuntivo prot. 24160 del 29/06/2017 (all. 4 del ricorso) è stata disposta la proroga del rapporto contrattuale in essere per il tempo strettamente necessario all’espletamento di una nuova procedura di gara che, all’epoca del ricorso, la Prefettura di Benevento non aveva ancora definito;ragion per cui il contratto di appalto originario è ancora vigente tra le parti, e la ricorrente regolarmente ospita n. 13 migranti nel C.A.S. in parola.
La deducente premette, a ricostruzione della pregressa vicenda procedimentale, che nel corso dell’anno 2019 la Prefettura resistente aveva indetto una nuova procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di accoglienza in parola, di cui alla determina prot. n°28779 del 9/4/2019, di indizione di una gara europea intesa alla stipula di un accordo quadro per l’affidamento dei servizi di gestione di centri collettivi aventi capacità ricettiva fino ad un massimo di 50 posti, per il periodo presunto 01/06/2019-31/05/2020, nel territorio della provincia di Benevento, per un numero complessivo di posti pari a 300.
La Cooperativa odierna ricorrente presentava domanda di partecipazione;nel corso della gara la commissione verificava il possesso del requisito dell’agibilità degli immobili individuati dalla ricorrente per l’espletamento dei servizi, con esito negativo per uno degli immobili indicati nell’offerta della deducente, ossia quello ubicato in via Rotabile Frasso – Dugenta, ed esito positivo per quello ubicato in via San Rocco, munito del certificato di agibilità prot. 2899 del 03.05.2017. 2 ex art. 54 D. Lgs. n°50/2001.
Dal che scaturì l’esclusione dalla gara, con segnalazione all’ANAC, impugnata davanti a questo TAR con ricorso n. di R.G. il ricorso n°2020/2020, respinto con sentenza n°5321/2020.
1.1. Ne è seguito un procedimento sanzionatorio fondato sulla comunicazione prot. Anac n°64540 del 2/9/2020, successivamente integrata in data 18/11/2020 (prot. 87674), con il quale la Prefettura di Benevento ha segnalato di aver disposto l’esclusione dalla gara della cooperativa “… per aver accertato la presentazione di una falsa dichiarazione...” in ordine al possesso dei requisiti minimi di ammissione alla stessa. La falsa dichiarazione consisteva nel possesso del requisito di agibilità per l’immobile ubicato in via Rotabile Frasso - Dugenta per il quale l’ente locale di riferimento ha comunicato che non vi sarebbe agli atti nessuna richiesta di agibilità che quindi non risulterebbe essere mai stata rilasciata. Ad esito del procedimento l’Anac ha adottato il provvedimento n°4 del 07/01/20218, con cui ha irrogato alla Cooperativa la sanzione pecuniaria di € 15.000,00 (quindicimila/00 Euro), ha disposto l’annotazione nel casellario informatico dei contratti pubblici della notizia de qua ed ha comminato altresì l’ulteriore sanzione di inibizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dall’affidamento di subappalti. Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al TAR Lazio, Roma, con il ricorso n°2619/2021 di R.G., tuttora pendente (all. 8 del ricorso).
1.2. Conseguenzialmente, in data 12/03/2021, la Prefettura UTG di Benevento ha adottato ad nutum il provvedimento in questa sede gravato (all. 2 del ricorso), con cui ha disposto la risoluzione del contratto di appalto in essere, adducendo che l’avvenuta irrogazione della menzionata sanzione comminata dall’Anac “ha comportato, sia pur temporaneamente, la perdita dei requisiti di partecipazione della predetta cooperativa, violando così il principio secondo cui i partecipanti alle gare pubbliche devono possedere i predetti requisiti lungo tutto l’arco della procedura di gara e anche durante la sua esecuzione…..”.
2. Si è costituita con comparsa meramente formale la Prefettura (U.T.G.) di Benevento in data 1 aprile 2021 con allegata documentazione.
2.1. La ricorrente depositava memoria il 29 aprile 2021, replica l’11 novembre 2021 ed ulteriore memoria il 10 febbraio 2022.
3. Con Ordinanza n. 789/2021 del 7 maggio 2021 assunta alla Camera di consiglio del 5 maggio 2021, la Sezione accoglieva la domanda cautelare “ Considerato che la disposta risoluzione del contratto si fonda solo sulla delibera n. 4 del 7 gennaio 2021, impugnata davanti al Tar Lazio”, sospendendo l’impugnato provvedimento risolutivo in attesa dell’esito del giudizio riguardante la predetta delibera ANAC citata, oggetto del giudizio pendente al TAR Lazio e fissando al 2 novembre 2021 l’udienza pubblica che veniva poi rinviata su disposizione del Presidente del Collegio per ragioni organizzative, alla udienza pubblica del 20 aprile 2022 e poi a quella del 13 dicembre 2022, in esito alla quale la Sezione pronunciava ordinanza collegiale del 27 gennaio 2023, n. 631 disponendo che la Prefettura di Benevento provvedesse a relazionare il Tribunale in ordine allo stato della convenzione (prot. 35792/1) del 15 settembre 2016, chiarendo se essa fosse o meno ancora in essere e dando conto delle proroghe intervenute.
3.1. La Prefettura resistente adempiva al disposto incombente producendo documentazione il 21 marzo 2023, alla quale la ricorrente replicava con memoria del 24 luglio 2023.
3.2. Alla pubblica Udienza del 4 ottobre 2023, nessuno compariva per la ricorrente e il ricorso veniva trattenuto a sentenza.
4. Deve in limine litis il Collegio preliminarmente dichiarare l’estraneità al giudizio del Ministero dell’Istruzione e del Merito – già Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica - per non avere esso preso in alcun modo parte al procedimento sfociato nell’adozione, da parte del Prefetto di Benevento, dell’impugnato provvedimento di risoluzione d’autorità del contratto d’appalto inter partes stipulato, né, tanto meno, per aver adottato alcun atto della relativa sequela procedimentale.
Tale Dicastero deve quindi ritenersi impropriamente evocato dalla ricorrente Cooperativa e ne va, pertanto, dichiarata e pronunciata l’estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva.
5. Il Collegio deve, inoltre, interrogarsi ex officio – stante anche l’irritualità della relativa eccezione siccome sollevata con mera relazione di servizio dell’U.T.G. di Benevento anziché con memoria della difesa erariale - sulla spettanza, del resto posta in dubbio dalla stessa Sezione con l’ordinanza interlocutoria n. 2440/2021, della giurisdizione di questo giudice sulla res iudicanda .
Va tenuto conto al riguardo che è stata impugnata la decisione prefettizia di risolvere d’autorità il contratto d’appalto stipulato con la ricorrente il 15/9/2016 per l’affidamento del servizio di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti asilo e che ordinariamente, come noto, le controversie inerenti la risoluzione del contratto d’appalto (per grave negligenza, malafede o inadempimento nonché in tutte le ipotesi contemplate all’art. 107, d. lgs. n. 50/2016, comprese quelle di risoluzione doverosa, previste al comma 2, lett. a) e b) di tale norma, ossia per pronunciata decadenza dell’attestazione SOA per aver prodotto falsa documentazione e per l’intervento di un provvedimento definitivo dispositivo di misura di prevenzione ai sensi del codice delle leggi antimafia o di condanna definitiva per i reati di cui all’art. 80, d.lgs. n. 50/2016) sono devolute alla cognizione del giudice ordinario venendo in rilievo eventi o comportamenti che si collocano nella fase esecutiva del rapporto, nelle quale le parti del contratto si situano su posizioni paritetiche – con eccezione di questi ultimi due casi, che insinuano qualche dubbio, pure agitato in giurisprudenza, sulla pariteticità delle posizioni e sull’assenza di poteri di apprezzamento discrezionale della s.a. - le quali configurano in termini di diritto soggettivo le rispettive situazioni giuridiche (ex multis, Cass. SS.UU., 12 giugno 2015, n. 1277;Cons. di Stato, sez. V, 8 settembre 2016, n. 3832).
E ciò pur nella debita considerazione che la p.a., malgrado nella fase di affidamento di lavori, servizi o forniture, aperta con la stipula del contratto sia definita dall’insieme delle norme comuni e di quelle speciali, opera, “in forza di queste ultime, in via non integralmente paritetica rispetto al contraente privato” ma perché “le sue posizioni di specialità, essendo l’amministrazione comunque parte di un rapporto che rimane privatistico, restano limitate alle singole norme che le prevedono” (Cons. di Stato, Adunanza Plenaria, 20 giugno 2014, n. 14).
Il che vale a dire che nella fase esecutiva del rapporto la p.a. è parte di un rapporto paritetico per così dire “a specialità limitata” siccome circoscritta dalle norme speciali di diritto pubblico che le conferiscono uno status differenziato.
5.1. Ciò posto, la peculiarità che connota la vicenda all’esame è il dato che l’impugnato provvedimento risolutivo non è dipeso da fatti verificatisi o comportamenti tenuti nel corso del contratto d’appalto del 15/9/2016 stipulato con la ricorrente, bensì da eventi inerenti una successiva gara espletata nel 2020, cui ha preso parte la deducente Cooperativa, eventi, come tali, non afferenti a profili di inadempimento di quest’ultima al contratto risolto, ma alla avvenuta esclusione della medesima ricorrente da una gara diversa ed autonoma rispetto a quella sfociata nella stipula del contratto risolto.
Risulta, dunque, di una certa evidenza come in siffatto caso si esuli dal paradigma dianzi illustrato, generato dalla intervenuta stipula del contratto, della pariteticità delle posizioni tra stazione appaltante e appaltatore che fa emergere la equiordinazione delle posizioni, declinante processualmente verso la giurisdizione del g.o..
Dal che consegue che la competenza giurisdizionale appartiene a questo giudice.
Sul punto anche il giudice d’appello ha precisato che la controversia è devoluta alla cognizione del giudice amministrativo allorché con la risoluzione la s.a. agisca esercitando poteri autoritativi, affermando che come in caso di recesso dal contratto conseguente ad una informativa prefettizia interdittiva, (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 29 agosto 2008, n. 21928;Cons. Stato, sez. III, 7 aprile 2017, n. 1637), la p.a. “ agisce con poteri autoritativi nella sfera giuridica del contraente, con conseguente lesione di una situazione di interesse legittimo e competenza del giudice amministrativo a conoscere della controversia nella ordinaria sede di legittimità.” (Consiglio di Stato, Sez. V,19 febbraio 2021, nn.1502).
6. Approdando al merito del gravame, sintetizzando il nesso della suesposta pregressa vicenda procedimentale sul provvedimento impugnato, conviene ricordare che il divieto di partecipazione, dalle procedure di gara, sia pur per soli 90 giorni, pronunciato ai danni della Cooperativa dall’ANAC con comunicazione prot. n°64540 del 2/9/2020, successivamente integrata in data 18/11/2020 (prot. 87674), quantunque emesso in occasione della nuova procedura di gara indetta dalla Prefettura il 9/4/2019, importerebbe, secondo il provvedimento oggetto del ricorso in trattazione, la risoluzione del precedente contratto del 15 settembre 2016, in virtù del principio di necessaria permanenza dei requisiti di partecipazione alle pubbliche gare per tutta la durata dell’esecuzione del contratto.
La Sezione ha già sancito, con l’Ordinanza cautelare 7 maggio 2021, n. 789 di accoglimento della domanda incidentale di sospensiva, “che la disposta risoluzione del contratto si fonda solo sulla delibera n. 4 del 7 gennaio 2021” ;cosicché va scrutinata l’incidenza e l’idoneità inficiante della pronuncia inibitoria recata da tale deliberazione dell’ANAC, sul contratto d’appalto del 15 settembre 2016 stipulato dalla Prefettura resistente con la Cooperativa.
7. Al riguardo ritiene il Collegio che fondato ed assorbente si prospetti il primo motivo di ricorso, con il quale, rubricando, tra l’altro, violazione dell’art. 80, commi 12 e 14 del Codice dei contratti pubblici, la ricorrente, in sintesi, deduce che l’art. 80 del Codice dei Contratti Pubblici, il cui comma 12 nel prevedere l’iscrizione nel casellario informatico della pubblicità notizia, persegue due sole finalità: l’esclusione del destinatario dalla partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica e l’esclusione dall’affidamento del subappalto. Nel corso del suindicato lasso temporale il provvedimento di iscrizione in questione costituisce motivo ostativo alla stipula di contratti, sulla scorta di quanto previsto sia dalla lettera f-ter) del comma 5 che dal successivo comma 14 dell’art. 80, d,lgs. n. 50 del 2016.
Per la ricorrente l’impianto della norma in esame, dunque, è tale da dirigere l’efficacia delle sanzioni ivi previste – anche di tipo interdittivo – unicamente alla fase dell’evidenza pubblica, impedendo destinatario della sanzione inibitoria di partecipare a gare e di stipulare il contratto nel lasso di tempo determinato dalla sanzione afflittiva. Conclusione suffragata anche dalla norma di chiusura dell’art. 80 D. Lgs. n. 50/2016, costituita dal comma 14, secondo cui “Non possono essere affidatari di subappalti e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti per i quali ricorrano i motivi di esclusione previsti dal presente articolo”.
Da tale norma del Codice dei contratti pubblici discende, secondo la deducente, che l’efficacia del provvedimento dell’Anac non può riflettersi nel rapporto contrattuale tuttora in essere tra la ricorrente e la Prefettura di Benevento, per effetto di un contratto già stipulato, in un momento oltretutto antecedente altresì alla gara – del tutto autonoma - dalla quale la Cooperativa è stata espulsa.
8. La censura si presta a favorevole considerazione e va pertanto accolta.
Osserva il Collegio che colora di persuasività la doglianza della deducente, non tanto l’invocato disposto dell’art. 80, comma 14, del d.lgs. n. 50/2016, a mente del quale “Non possono essere affidatari di subappalti e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti per i quali ricorrano i motivi di esclusione previsti dal presente articolo”, giacché tale norma ha una ampia latitudine e una portata generale, involgendo tutte le ipotesi di esclusione annoverate dall’art. 80, quanto il disposto di cui al comma 12 dell’art. 80 in esame , a termini del quale “In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1 fino a due anni, decorso il quale l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia.”
La disposizione, cui va riconosciuto il carattere di norma di stretta interpretazione poiché connotata dall’evidente natura afflittiva e compressiva dei diritti del destinatario, quali quello di partecipazione a pubbliche gare, espressivo della libertà di iniziativa economica privata sancito dall’art. 41, co 1, della Costituzione, appare funzionale ad un’applicazione pro futuro, in quanto preordinata a inibire la partecipazione alle gare e l’affidamento di subappalti cui l’impresa raggiunta dalla iscrizione nel casellario informatico ambisca a prender parte ovvero, quanto ai subappalti, che aspiri a stipulare.
8.1. Depone nel divisato senso anzitutto l’ermeneusi letterale della norma, laddove stabilisce che l’iscrizione nel casellario informatico è effettuata “ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1 ” ma solo “fino a due anni, decorso il quale l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia” : il che postula di necessità l’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine durante “fino a due anni” , dies che non può che individuarsi nel momento dell’avvenuta iscrizione.
Del resto – ed è forse l’osservazione di maggior momento - la stessa formulazione diacronica del termine in questione, insita nell’inciso finale “decorso il quale l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia”, presuppone che l’operatività e gli effetti dell’iscrizione nel casellario informatico si proiettino e riverberino nel futuro.
8.2. Suffraga inoltre, in secondo luogo, l’esegesi qui suggerita, anche la considerazione della ratio e del carattere di norma di stretta interpretazione che vanno fondatamente annessi all’art. 80 comma 12, d.lgs. n. 50/2016, dianzi tratteggiato.
Invero, ritenere che siffatta inibizione, ripetesi, stabilita per le gare e per i subappalti futuri, possegga idoneità a riverberarsi anche sui contratti di appalto o di subappalto già sottoscritti dalla stazione appaltante, per di più quasi cinque anni addietro – come nel caso di specie – equivale a:
1) confliggere con il divieto generale di applicazione estensiva o analogica di norme di stretta interpretazione;
2) conferire alla norma stessa, efficacia retroattiva ed attitudine a produrre effetti, inammissibilmente, anche su di una vicenda procedimentale ormai conclusa da oltre cinque anni, quale la procedura di gara sfociata nell’aggiudicazione presupposta alla stipulazione del contratto d’appalto del 15 settembre 2016 (all. 3 del ricorso) risolto con l’impugnato provvedimento.
8.3. L’efficacia limitata al solo periodo di validità dell’iscrizione nel casellario, risalta inoltre con maggiore evidenza ove si consideri che il termine di due anni è un termine massimo (“fino a due anni” ), il che elide ab imis la possibilità di estendere gli effetti inibitori portati dall’iscrizione de qua, ad un arco temporale già decorso.
In tale ultima corretta visuale di indagine, rimarca inoltre il Collegio che nel caso di specie l’ANAC ha ulteriormente circoscritto il periodo di inibizione dalla partecipazione alle gare e dalla stipula di contratti di subappalto pronunciato a carico della ricorrente, a soli tre mesi. Come già anticipato nelle premesse infatti, con il provvedimento n°4 del 07/01/2021, con cui ha irrogato la sanzione pecuniaria di € 15.000,00, l’ANAC ha disposto l’annotazione della Cooperativa ricorrente nel casellario informatico dei contratti pubblici comminando altresì l’ulteriore sanzione di inibizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dall’affidamento di subappalti.
Ora, come fondatamente deduce sul punto anche la ricorrente Cooperativa (punto 1.3. del primo motivo), tale limitazione temporale fa emergere la portata meramente inibitoria dell’iscrizione, a valere sulle future gare e sui futuri subappalti.
8.3.1. Accreditando, invece, la tesi su cui si fonda l’impugnato provvedimento risolutivo - come parimenti sostiene la ricorrente - decorso il lasso di tempo di efficacia della sanzione inibitoria (nella specie, pari a novanta giorni o comunque, al massimo a due anni ex art.80,co.12, d.lgs. n. 50/2016), si perverrebbe ad una situazione dicotomica in cui mentre per la partecipazione alle gare o per l’affidamento dei subappalti non vigerebbe più la preclusione, viceversa, per effetto di un provvedimento di risoluzione contrattuale derivante dall’estensione del divieto in argomento anche ai contratti di appalto già stipulati ed in corso di esecuzione, l’appaltatore subirebbe, come nel caso all’esame, una lesione permanente e non più limitata ai soli novanta giorni inferti dal provvedimento di iscrizione nel casellario emesso dall’ANAC.
8.3.2. Il che, soggiunge il Collegio, trasmoderebbe anche in una lampante lesione del principio di uguaglianza e in una non consentita disparità di trattamento tra il futuro appaltatore o subappaltatore, che tale non potrebbe diventare solo per il termine di durata dell’iscrizione ANAC nel casellario informatico, e l’appaltatore già esecutore di un contratto d’appalto in corso di svolgimento, pregiudicato invece in via permanente e definitiva dalla disposta risoluzione.
9. Non risulta constino precedenti giurisprudenziali sul punto.
Segnala comunque il Collegio che la giurisprudenza ha espresso un principio analogo, agganciando la delimitazione dell’operatività dell’effetto dell’iscrizione nel casellario informatico al periodo corrispondente alla durata della inibizione ANAC. Si è in tal senso affermato che: “L'iscrizione nel casellario informatico è efficace, perché dà luogo a effetti escludenti, solo per il periodo corrispondente alla durata della sanzione interdittiva inflitta dall'Anac, pur se tali effetti possono essere fatti valere anche dopo, « ora per allora », quando la verifica da parte delle Stazioni Appaltanti è eseguita dopo lo spirare del termine di interdizione ma relativamente a gare rientranti in tale periodo” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez., 7 gennaio 2020, n.63).
Più di recente anche questo T.A.R. si è espresso nel medesimo senso estendendo la possibilità di escludere l’impresa raggiunta dal provvedimento di iscrizione nel casellario informatico anche oltre l’aggiudicazione, precisando che: “Dall'art. 80, comma 5, lett. f) ter e comma 6, d.lgs. n. 50/2016 è possibile ricavare che l'operatore economico deve essere escluso ogni volta in cui la sanzione interdittiva ANAC venga irrogata in pendenza di una procedura di gara. La sanzione non produce un mero effetto preclusivo, bensì espulsivo. Invero, il comma 6 prevede che l'esclusione degli operatori economici privi dei requisiti di partecipazione possa intervenire in qualunque momento della procedura, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura stesso. Inoltre, la lett. f ter nel prevedere che « Il motivo di esclusione perdura fino a quando opera l'iscrizione nel casellario informatico », da un lato preclude l'ultrattività della sanzione, dall'altro, però, ne conferma in modo inequivoco la natura di motivo di esclusione che, alla stregua di quanto sopra evidenziato, produce i propri effetti nelle procedure in corso, rendendo doverosa la misura espulsiva, anche successiva all'aggiudicazione, della società destinataria della sanzione” (T.A.R. Campania - Napoli, sez. VIII, 7 ottobre 2022, n.6203).
9.1.Ma varcare la soglia di una già pronunciata aggiudicazione fino ad invadere un contratto già in corso di svolgimento – peraltro, nel caso che occupa, da quasi cinque anni - vulnerandolo con un provvedimento di risoluzione in danno, è un effetto che l’ordinamento, anche costituzionale, ad avviso del Collegio non consente, per le ragioni sopra spiegate.
10. Del pari fondato è anche il terzo motivo di ricorso, con cui, in sintesi, la ricorrente Cooperativa lamenta l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento, ex art. 7, l. n. 241/1990, preordinato alla adozione del impugnato provvedimento del Prefetto di Benevento, teso alla risoluzione del contratto d’appalto stipulato con la ricorrente, avente ad oggetto lo svolgimento dei servizi di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti la protezione internazionale, nel Centro di accoglienza straordinario in Frasso Telesino.
Deduce al riguardo parte ricorrente che, alla stregua di qualsiasi provvedimento amministrativo, la risoluzione in disamina avrebbe dovuto essere preceduta dalla instaurazione di un corretto procedimento, caratterizzato dalle garanzie partecipative allestite dal legislatore in favore del destinatario del provvedimento finale.
Nel caso di specie ha fatto difetto, invece, l’assolvimento del divisato onere e “Il provvedimento autoritativo, nonostante sia caratterizzato da una portata gravemente lesiva della posizione della ricorrente, è stato calato dall’alto, senza cioè la previa instaurazione di un procedimento caratterizzato dalla comunicazione del relativo avvio, la fissazione di un termine in capo al destinatario per produrre osservazioni e\o giustificazioni” (Ricorso, pag.14).
11. La sintetizzata censura coglie nel segno e va dunque accolta.
Invero, l’onere di comunicare alla ricorrente l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge sul procedimento si rendeva necessario poiché la risoluzione contrattuale decretata con l’impugnato provvedimento prefettizio, opera al pari di un atto di secondo grado, sia nella sostanza provvedimentale che negli effetti, risolvendosi in un provvedimento di ritiro emesso alla stregua di un atto di autotutela decisoria, del quale condivide i caratteri sostanziali ed effettuali.
Milita a suffragio della tesi ricorrente circa la sostanziale riconduzione del gravato provvedimento all’esercizio dei poteri di autotutela della p.a., l’argomento incentrato sulla valorizzazione del dato sostanziale rispetto a quello meramente formale del provvedimento in questione;seppur di “risoluzione” si è trattato, in quanto avente l’effetto tipico di sciogliere il vincolo contrattuale stipulato con il privato dopo l’aggiudicazione, esso non rimonta a vizi e\o a condotte manifestate nel rapporto contrattuale, né ad un inadempimento dell’appaltatore, adducendo a ragione del provvedimento di esclusione elementi relativi alla fase prodromica all’aggiudicazione stessa di un’altra gara autonoma rispetto al contratto risolto. Gara d’appalto espletata nell’anno 2020, mentre il contratto in essere tra le parti è stato stipulato nel 2016 in esito alla intervenuta aggiudicazione di una gara precedente ed autonoma.
Relativamente ai provvedimenti espressione di autotutela decisoria della pubblica amministrazione, è incontrastato l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa che predica la necessità dell’inoltro al privato da esso inciso, della comunicazione di avvio ex art. 7, l. n. 241/1990.
Giova al riguardo rammentare che l’art. 7 L. 241/90 stabilisce che «ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi di-retti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento» .
Operando l’impugnato decreto prefettizio, come detto, alla stregua e con i medesimi effetti sostanziali di un provvedimento in autotutela, la comunicazione di avvio del procedimento era obbligatoria. Sul punto la giurisprudenza è unanime.
Al riguardo il Tribunale ha anche di recente sancito che «laddove si tratti - come nel caso di specie - di procedimenti volti all’adozione di provvedimenti di secondo grado di ritiro in autotutela (revoca o annullamento) di precedenti atti amministrativi favorevoli, la giurisprudenza amministrativa è, infatti, consolidata nel riconoscere alla preventiva comunicazione di cui all’art. 7 della l. n. 241/1990 il valore di principio generale dell’azione amministrativa, fatta salva (soltanto) la sussistenza di particolari ragioni di urgenza adeguatamente esplicitate nella motivazione del provvedimento finale – ragioni di urgenza nella fattispecie in alcun modo evidenziate (ex multis, questo T.A.R., Sezione IV, n. 2907/2014). Ed invero non può disconoscersi in capo al ricorrente, proprietario del bene al momento dell’emissione del provvedimento di secondo grado, un interesse qualificato a partecipare al relativo procedimento sia in fase iniziale (previo avviso di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990) sia in fase istruttoria e decisionale (ai sensi dell’art. 10 della medesima legge)» (TAR Campania – Napoli, sez. IV, n. 70/2022).
Negli stessi sensi si è pronunciato il giudice d’appello (Cons. di Stato, sez. II, 7 settembre 2020, n. 5392)
Sulla scia del cennato orientamento la giurisprudenza ha ribadito che “ come è noto, laddove si tratti - come nel caso di specie - di procedimenti volti all'adozione di provvedimenti di secondo grado di ritiro in autotutela (revoca o annullamento) di precedenti atti amministrativi favorevoli, la giurisprudenza amministrativa è consolidata nel riconoscere alla preventiva comunicazione di cui all'art. 7 della l. n. 241/1990 il valore di principio generale dell’azione amministrativa, fatta salva (soltanto) la sussistenza di particolari ragioni di urgenza adeguatamente esplicitate nella motivazione del provvedimento finale, ragioni di urgenza nella fattispecie in alcun modo evidenziate (cfr. Cons. Stato, sez. II, 7 settembre 2020, n. 5392;T.A.R. Campania, sez. IV, 2 agosto 2019, n. 4246)” (TAR Sicilia - Catania, sez. I, n. 959/2022).
11.1. Il provvedimento prefettizio impugnato è stato adottato senza la previa comunicazione di avvio del procedimento, sicché alla deducente Cooperativa non è stato consentito di partecipare al procedimento attraverso la presentazione di documentate osservazioni che avrebbero permesso all’Amministrazione di acquisire elementi e notizie utili ai fini dell’istruttoria.
12.Quanto all’omessa impugnazione della successiva decisione prefettizia di spostamento dei cittadini stranieri ospitati nel Centro per cui è causa, circostanza segnalata dalla Prefettura resistente con nota difensiva n. prot. 2348 del 17/03/2023 depositata in giudizio in data 21/03/2023 (all.