TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2014-03-10, n. 201402716
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 02716/2014 REG.PROV.COLL.
N. 07368/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7368 del 2013 proposto da:
M P, difeso in proprio ex art.4 co.3 L. 205/2000, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
silenzio-rifiuto sull'atto di richiesta di accesso agli atti del procedimento di concessione di pensione privilegiata ordinaria del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2013 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Con il ricorso in esame
Il Ten.Col.Paschetta premette:
- di essere cessato dal servizio il 30.11.2000 senza diritto a pensione;
- di aver richiesto in data 25.6.2010, sulla base della pronuncia della CMO, di Catanzaro, la concessione di pensione privilegiata ordinaria per infermità dipendente da causa di servizio;
- di essere stato convocato davanti alla CMO che ha effettuato gli accertamenti in data 9.3.2011;
- di non aver ricevuto alcuna comunicazione in merito all’esito del procedimento in parola;
- di aver notificato in data 11.6.2013 al Ministero della Difesa un’istanza di accesso ai sensi dell’art. 25 legge n. 241/90 agli atti del procedimento di concessione della pensione privilegiata ordinaria in parola motivato con l’esigenza, considerato anche il notevole ritardo nella conclusione dello stesso, di tutelare in giudizio i propri interessi.
- che tale istanza è rimasta senza riscontro.
Con il presente ricorso egli agisce pertanto in giudizio al fine di ottenere l’esibizione della documentazione predetta.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che resiste solo formalmente.
Il ricorso è fondato.
La richiesta di accesso alla documentazione relativa al procedimento di concessione della pensione privilegiata ordinaria è volta a conoscere gli atti nonché l’esito del procedimento, che avrebbe dovuto concludersi nel termine normativamente previsto in 330 gg. dalla presentazione della domanda.
La Sezione s’è già pronunciata, in un caso analogo - in cui un militare aveva richiesto l’accesso alla documentazione relativa al procedimento tenuto conto del lungo lasso di tempo trascorso dalla presentazione di una formale richiesta di pensione privilegiata ordinaria – ritenendo che “non sussistono ragioni legittimamente ostative all'esercizio del diritto fatto valere dal ricorrente”. In tale precedente veniva altresì evidenziato che gli atti ai quali il richiedente intendeva accedere concernevano determinazioni riguardanti lo stesso interessato, che non esistevano cause di esclusione dall'accesso, precisando altresì che “del resto, anche nell'ipotesi della ancora non intervenuta completa formalizzazione di atti relativi al procedimento per l'emanazione del decreto Una Tantum e/o di equo indennizzo, ugualmente incombe in capo alla competente Amministrazione l'obbligo di relazionare all'interessato in merito allo stato dello stesso procedimento” (T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 24-04-2007, n. 3619).
Il Collegio ritiene, attesa l’evidente analogia della fattispecie in esame, di non disattendere l’orientamento espresso dalla Sezione in materia, stante la mancanza di cause di esclusione o di esigenze alla riservatezza che possano giustificare il diniego di esibizione degli atti in questione, dato che si tratta di atti concernenti lo stesso interessato ed è evidente l’interesse di questi ad acquisire la conoscenza integrale del fascicolo del procedimento.
Detto interesse sussiste a prescindere dallo stato dell’iter procedimentale: dopo la scadenza dei termini, infatti, l’accesso serve a conoscere le ragioni del ritardo o l’esistenza di eventuali ostacoli alla conclusione (positiva o negativa) della pratica;nel caso in cui il procedimento si sia già concluso, a insaputa dell’interessato, con l’adozione di un procedimento di rigetto dell’istanza l’accesso serve a valutare se e come tutelarsi nelle sedi (anche giurisdizionali) opportune.
A quest’ultimo riguardo, pertanto, si deve ritenere irrilevante la formulazione dell’istanza di accesso in parola come volta ad “acquisire il decreto di pensione privilegiata ordinaria” e la circostanza che l’istante contestualmente si lamenti (anche) della mancata conclusione nei termini del relativo procedimento. Come si evince dalla considerazione complessiva dell’istanza in parola ed in particolare dal richiamo alla normativa in materia di accesso e dall’esposizione, quanto al fondamento della domanda, della necessità di acquisire la documentazione richiesta per l’esercizio della tutela della propria situazione giuridica.
Chiarita la natura e la finalità dell’istanza in esame va altresì ricordato che il diritto di accesso può essere esercitato in diversi momenti dell’iter procedimentale. Durante il corso del procedimento esso è finalizzato a rendere effettivo il diritto di partecipazione procedimentale in quanto consente all’interessato di collaborare con la PA nell’attività istruttoria (può individuare carenze e false rappresentazioni di elementi di fatto di cui l’autorità procedente non si sia avveduta) e segnalare alla PA eventuali errori (logici, giuridici, di fatto) in modo di prevenire scelte inopportune o l’adozione di un provvedimento illegittimo.
Nella fase successiva, invece, l’accesso agli atti di un procedimento che si sia già concluso, consente all’interessato di rilevare ex post, oltre a tutti “gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche” rappresentate nelle premesse dell’atto, anche tutto quell’insieme di circostanze ed elementi comunque presi in considerazione dalla PA nel momento “interno” dell’istruttoria e della formazione della volontà decisionale dell’Amministrazione. E quindi gli serve per decidere, sulla base della conoscenza dell’intero materiale considerato dalla PA, se accettare la scelta amministrativa o proporre ricorso, e di che tipo (giurisdizionale di legittimità, o amministrativo, se voglia dedurre anche vizi di merito). E che l’esercizio del diritto di accesso non sia precluso una volta che il procedimento si sia concluso con l’adozione del provvedimento finale, è dimostrato dal fatto che l’art. 117 co. 2 prevede la mera facoltà, e non l’obbligo, di azionarlo nell’ambito del giudizio di legittimità come previsto dall’art. 5 della legge n. 241/90 come modificato dall'articolo 17, comma 1, lettera b), legge n. 15 del 2005, oppure se proporre autonoma actio ad exhibendum.
Ed è pertanto quest’ultima azione - e non l’actio contra silentium prevista dall'art. 117 CPA –che costituisce il rimedio processuale a disposizione del ricorrente per acquisire il provvedimento adottato dall'Amministrazione a conclusione del procedimento e tuttavia non comunicato al diretto interessato, Ed al riguardo è stato evidenziato che il ricorso per l’accesso è volto ad assicurare la conoscenza, da parte dell’interessato, di tutte le vicende che attengono a circostanze diverse dalla giuridica creazione dell'atto - siano esse anteriori oppure successive alla emanazione del provvedimento - e che pertanto queste esulano dal concetto di silenzio/inadempimento inteso quale illegittima mancata conclusione del procedimento amministrativo” (T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, 07-04-2008, n. 627).
Tale conclusione non cambia nel caso in cui sia scaduto il termine per l’adozione del predetto provvedimento: anche in tal caso l’interessato ha diritto a visionare il fascicolo per conoscere “lo stato di avanzamento della pratica”. Ciò sia per sapere se il procedimento è stato concluso – ed eventualmente acquisire il provvedimento finale non (ancora comunicato, come sopra ricordato – sia, nel caso contrario, per scoprire le ragioni del ritardo nell’avvio o nella conclusione del procedimento (difetto di una fondamentale condizione di ricevibilità o ammissibilità o procedibilità dell’istanza o difetto delle condizioni essenziali per il suo accoglimento) anche al fine di cooperare con l’autorità procedente per superare gli ostacoli all’avvio dell’esame dell’affare o la prosecuzione (ovvero all’eventuale conclusione positiva). Anche in questo caso l’accesso svolge una funzione deflattiva del contenzioso in quanto evita all’interessato di esperire “al buio” un ricorso contro il silenzio che potrebbe risultare del tutto inutile (nel caso in cui la PA in corso di giudizio rappresenti elementi giustificativi della propria inerzia che se conosciuti ex ante dall’interessato lo avrebbero indotto a non agire in giudizio).
Il diritto di accesso agli atti del procedimento pertanto è finalizzato, in quanto necessario per l’adeguata partecipazione procedimentale (cd. partecipazione informata) sia a consentire all’interessato di influire sulla determinazione del “contenuto” del provvedimento finale sia a garantire il diritto al rispetto dei “tempi” prescritti per la conclusione del procedimento.
Ed infatti la stessa normativa in materia impone, in capo all’autorità procedente, l’obbligo di comunicare all’interessato, oltre all’avvio del procedimento, il nominativo del responsabile del procedimento, il termine per la conclusione per consentirgli di conoscere i “tempi di attesa” e, in caso di superamento, di rivolgersi al responsabile del procedimento per ottenere le dovute informazioni sullo “stato della pratica” (in particolare nel caso in cui la PA ometta di effettuare le successive comunicazioni, ex art. 10 bis, per rappresentare gli ostacoli alla positiva conclusione in suo favore del procedimento, oppure ometta di esercitare d’ufficio il dovere di soccorso istruttorio ove rilevi ostacoli, superabili, al predetto esito). E quindi l’accesso, in tale funzione propulsiva, soddisfa anche l’interesse pubblico al buon andamento ed alla tempestività dell’azione amministrativa, oltre che l’interesse individuale del destinatario del provvedimento.
Le considerazioni sopra svolte valgono a maggior ragione nel caso in esame in cui i termini per la conclusione del procedimento - che, nel caso dell’equo indennizzo sono spesso notoriamente violati – sono da tempo decorsi senza che la ricorrente sia stato comunicato alcunchè in merito all’esito dello stesso.
Va pertanto riconosciuto il diritto del ricorrente a conoscere tutti gli “atti del procedimento” dallo stesso avviato con l’istanza di concessione dell’equo indennizzo, ivi compreso, nel caso di intervenuta conclusione, nelle more, del provvedimento conclusivo dello stesso, l’atto finale che chiude il relativo procedimento.
Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.