TAR Milano, sez. I, sentenza 2022-07-04, n. 202201586

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. I, sentenza 2022-07-04, n. 202201586
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202201586
Data del deposito : 4 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/07/2022

N. 01586/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01328/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1328 del 2017, proposto da
Evo' 95 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M V, con domicilio eletto presso il suo studio in Carate Brianza, Via Mascherpa n. 14;

contro

Comune di Muggiò, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G B P, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Visconti di Modrone, 6;

per l'annullamento

“del provvedimento emesso dal Comune di Muggiò in data 10 maggio 2017, prot. n. 13148 del 11.05.2017, successivamente notificato, con cui si ordinava alla società ricorrente “che dal giorno 12 maggio 2017 sino al giorno 30 maggio 2017 ogni attività del suddetto pubblico esercizio sia interrotta alle ore 23,00 nei giorni settimanali di domenica, lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, mentre sia interrotta alle ore 23,30 nei giorni settimanali di venerdì e sabato”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Muggio';

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 4 maggio 2022 il dott. A M T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con l’impugnata ordinanza dell’11.5.2017, il Comune di Muggiò ha ordinato alla ricorrente una limitazione degli orari di apertura del proprio bar a seguito degli schiamazzi provenienti da clienti dello stesso, segnalati dai proprietari delle abitazioni finitime all’esercizio commerciale e direttamente accertati dai Carabinieri della Stazione locale.

In particolare, per il periodo compreso tra il 12.5.2017 e il 30.5.2017, l’Amministrazione ha imposto la chiusura dell’esercizio alle ore 23.00 nei giorni di domenica, lunedì, martedì, mercoledì e alle ore 23.30 nei giorni di venerdì e sabato.

Contro il predetto provvedimento è insorta l’odierna ricorrente sulla base dei motivi sinteticamente riportati di seguito.

In primo luogo, la ricorrente lamenta eccesso di potere, sub specie di difetto di istruttoria, in quanto il provvedimento sarebbe stato adottato sulla base di un unico accertamento svolto dagli operanti in data 14.4.2017 e sollecitato da una richiesta del vicinato.

Inoltre, lamenta carenza di motivazione, violazione di legge (principio di uguaglianza e di proporzionalità) e carenza di istruttoria, in quanto il Comune non avrebbe adeguatamente dimostrato che gli schiamazzi siano imputabili a clienti del locale della ricorrente, posta la presenza in loco di numerosi altri esercizi commerciali ad apertura serale, con conseguente disparità di trattamento rispetto a questi ultimi rispetto ai quali non è stata disposta alcuna limitazione di orario.

Sulla base di questi motivi, il ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento

Il Comune si è costituito eccependo la carenza di interesse al ricorso, dato che il provvedimento impugnato ha esaurito i suoi effetti prima ancora dell’instaurazione del giudizio, e resistendo ai motivi di censura articolati ex adverso .

All’udienza pubblica di smaltimento del 4 maggio 2022, la parte ricorrente ha dichiarato di non avere più interesse all’annullamento dell’atto impugnato e, per altro verso, ha chiesto l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento a fini risarcitori ex art. 34, comma 3, c.p.a..

Deve in primo luogo prendersi atto della dichiarata carenza di interesse alla domanda caducatoria proposta con il ricorso introduttivo, la quale deve pertanto essere dichiarata improcedibile.

Con riferimento all’accertamento dell’illegittimità dell’atto, riguardo cui la ricorrente ha dichiarato di conservare l’interesse, se ne rileva l’infondatezza.

In disparte ogni considerazione riguardo l’ammissibilità della richiesta, dovendosi a tal proposito rimarcare come la tematica riguardante la definizione dei presupposti di operatività della disposizione di cui all’art. 34, comma, 3, c.p.a. sia ad oggi dibattuta (cfr., da ultimo, Cons, Stato, sez, IV, ord., 9 febbraio 2022, n. 945, che ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria), si osserva che la decisione sul punto può essere assunta sulla base della ragione più liquida costituita dall’evidente infondatezza di profili di illegittimità dell’atto gravato.

Le censure di parte ricorrente, infatti, sono destituite di fondamento anzitutto in quanto limitate ad una generica contestazione dei presupposti di fatto su cui si basa l’ordinanza del Comune, specificamente richiamati;
inoltre, l’Amministrazione ha fornito la prova della situazione di fatto costituente disturbo alla quiete pubblica, come risulta dalla relazione di servizio redatta dai Carabinieri della Stazione di Muggiò, il cui contenuto deve ritenersi fidefacente riguardo i fatti che i pubblici ufficiali hanno attestato essersi verificati in loro presenza.

Da ciò consegue pure che, essendo chiaramente indicate le ragioni di fatto del provvedimento, non è ravvisabile il lamentato difetto di motivazione.

Priva di pregio si rivela altresì l’argomentazione secondo cui il disturbo della quiete che ha dato luogo all’adozione del provvedimento sarebbe imputabile agli avventori dell’esercizio e non direttamente quest’ultimo, giacché il provvedimento di limitazione dell’orario di apertura dell’esercizio commerciale, emanato dal Comune ai sensi dell’art. 50, comma 7, d.lgs. 267/2000 (TUEL) e dell’art. 9, l. 447/1995, non ha natura sanzionatoria bensì è posto a tutela della quiete pubblica: pertanto, non rileva l’imputabilità della situazione lesiva dell’interesse pubblico, essendo a tal fine sufficiente che l’attività colpita dall’ordinanza sindacale ne costituisca l’occasione, come nella specie accertato dall’Amministrazione.

Infine, il circoscritto lasso temporale di efficacia del provvedimento e la circostanza che quest’ultimo abbia ingiunto soltanto una riduzione dell’orario di apertura dell’esercizio consentono di affermare che lo stesso è stato adottato nel rispetto del principio di proporzionalità, considerato il limitato sacrificio imposto al privato a fronte delle esigenze di tutela dell’interesse pubblico sottese all’ordinanza sindacale.

In definitiva, l’atto impugnato si rivela del tutto esente da censure.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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