TAR Parma, sez. I, sentenza 2024-09-09, n. 202400229
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Pubblicato il 09/09/2024
N. 00229/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00126/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ai sensi dell’art. 116 cod.proc.amm.
sul ricorso numero di registro generale 126 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. M D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno e Questura di -OMISSIS-, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria
ex lege
;
per l'annullamento
del silenzio-rigetto della Questura di -OMISSIS- riguardo all’istanza di accesso ai documenti amministrativi presentata in data 18 marzo 2024;
……………….. per l’accertamento ….
del diritto del ricorrente a prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti e documenti oggetto dell’istanza di accesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 4 settembre 2024 il dott. Italo Caso e udito, per il ricorrente, il difensore come specificato nel verbale;
Considerato che in data 11 marzo 2024 veniva notificata al ricorrente una comunicazione di avvio di procedimento amministrativo finalizzato all’irrogazione del «divieto di accesso alle manifestazioni sportive» (c.d. ‘d.a.spo.’), ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. c), della legge n. 401 del 1989;
che, in particolare, la Questura di -OMISSIS- imputava al -OMISSIS- “… una condotta chiaramente antisociale …”, adducendogli che “… in data 20.12.2023, in -OMISSIS- presso il teatro “-OMISSIS-”, in occasione della presentazione del libro “-OMISSIS-”, scritto da -OMISSIS-, prendeva parte attiva ad una rissa insorta tra sostenitori dell’autore del libro e partecipanti ad un sit-in di protesta nei confronti del medesimo …” e segnalandogli che “… Per tale motivo la S.V. è stata denunciata in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria competente ai sensi dell’art. 588 c.p. …”;
che il successivo 18 marzo, tramite il proprio difensore, l’interessato trasmetteva all’Amministrazione un’istanza di accesso agli atti, ai sensi degli artt. 10 e 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, con riferimento ai “… documenti scritti, immagini e filmati inerenti al procedimento in oggetto, col fine di espletare il diritto alla difesa costituzionalmente sancito, mediante memorie difensive alla Questura di -OMISSIS-, ricorso al TAR e/o gerarchico al Prefetto e/o Straordinario al Capo dello Stato …”;
che il 13 maggio 2024, poi, la Questura di -OMISSIS- adottava a suo carico il provvedimento di c.d. ‘d.a.spo.’ per la durata di anni cinque;
che, lamentando la mancata risposta dell’Amministrazione all’istanza di accesso e quindi l’intervenuta formazione del silenzio-rigetto, il ricorrente ha, infine, adito il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 116 cod.proc.amm.;
che, a suo dire, ne viene impedito il pieno esercizio del diritto di difesa nel corso dell’istruttoria amministrativa ed anche gravemente ostacolata la predisposizione di un ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento lesivo, in violazione degli artt. 24 e 97 Cost. e degli artt. 10, 22 e 24, comma 7, legge n. 241/90;
che, infatti, egli si dichiara titolare di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti rispetto ai quali al quale è chiesto l’accesso, e di essere legittimato in tal senso dalla necessità di difendere i propri interessi giuridici, la quale prevale su tutte le esigenze di segno opposto e non tollera aprioristiche compressioni da parte dell’Amministrazione, salvi gli eventuali “omissis” strettamente indispensabili alla protezione della riservatezza dei soggetti controinteressati o alla tutela dell’attività della polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini;
che, tuttavia, non essendo nulla chiarito o specificato in proposito, il silenzio dell’Amministrazione si rivelerebbe in sé illegittimo;
che, inoltre, non osterebbero di per sé all’ostensione degli atti le ragioni di ordine e sicurezza pubblica di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), del D.M. del 10 maggio 1994, in quanto la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il diritto di accesso prevale sulle esigenze di riservatezza nel caso in cui sia strutturalmente necessario per l’esplicazione di attività difensive – semmai essendo possibili solo parziali oscuramenti nel contemperamento dei diversi interessi in gioco –, e neppure rileverebbe in senso ostativo il fatto che gli atti amministrativi siano confluiti in un procedimento penale facente capo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-, in quanto il segreto istruttorio di cui all’art. 329 cod.proc.pen. non trova applicazione nei riguardi di atti e documenti preordinati all’adozione di un provvedimento amministrativo;
che, in conclusione, la pretesa azionata sarebbe fondata, giacché la richiesta di accesso esplicitava chiaramente la sua natura di accesso difensivo, ai sensi dell’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, indicando con precisione a) i presupposti fattuali alla base della richiesta di ostensione, ossia l’adozione del provvedimento di ‘d.a.spo.’, b) l’interesse diretto, concreto e attuale dell’istante alla visione dei documenti, al fine di dimostrare la propria estraneità ai fatti, anche attraverso l’impugnazione del provvedimento inibitorio innanzi alle sedi giudiziarie competenti, c) l’oggetto della domanda, circoscritto alla documentazione sulla cui base sarebbe stata accertata la condotta contestata al ricorrente;
che, pertanto, si chiede l’accertamento dell’illegittimità del silenzio-rigetto della Questura di -OMISSIS- e la condanna dell’Amministrazione all’ostensione della documentazione relativa al provvedimento questorile del 13 maggio 2024;
che si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di -OMISSIS-, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, opponendosi all’accoglimento del ricorso;
che, in particolare, con relazione difensiva depositata il 27 maggio 2024 la Questura di -OMISSIS- ha esposto che “… in data 22.03.2024 questo Ufficio informava l’odierno ricorrente, mediante l’invio di comunicazione a mezzo pec dell’impossibilità di fornire copia degli atti di P.G. per ovvie ragioni legate alla sua iscrizione nel novero degli indagati del procedimento penale -OMISSIS- RGNR, pendente presso la locale Procura della Repubblica …” e ha controdedotto che “… l’esistenza di un processo penale rendeva ostativa l’immediata produzione dei documenti inviati all’A.G. che, nel frattempo, aveva iscritto l’odierno ricorrente nel registro degli indagati per il reato di cui all’art. 588 c.p. …”, che “… L’art. 329 c.p.p. stabilisce, infatti, che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria siano coperti dal segreto fino a quando l’imputato (o l’indagato) non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari …” e che quindi “… appare evidente l’impossibilità di fornire documentazione al ricorrente senza il preventivo assenso dell’Autorità Giudiziaria …”, oltre ad opporre che, in ogni caso, la “… gran parte della documentazione sarebbe stata sottratta all’ostensione dall’art. 3 del D.M. 16 marzo 2022 …”;
che alla camera di consiglio del 4 settembre 2024 la causa è passata in decisione;
Ritenuto che la pretesa nella fattispecie azionata va inquadrata nella figura del c.d. «accesso difensivo» ex art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, contraddistinto dalla sussistenza di un nesso di necessaria strumentalità tra l’ostensione di dati atti o documenti e la cura o la difesa in giudizio degli interessi giuridici del richiedente – in ragione di un interesse legittimante che deve essere immediato, concreto e attuale e deve corrispondere ad una situazione giuridicamente tutelata –, con la conseguenza che le finalità dell’accesso occorre siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza, onde permettere all’Amministrazione detentrice della documentazione il vaglio dell’indicato “nesso di strumentalità necessaria”, mentre non è sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando (v. Cons. Stato, Ad. plen., 25 settembre 2020 n. 19);
che, in particolare, l’indispensabilità della conoscenza del documento determina il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’, nel senso che l’ostensione del documento amministrativo deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante , come il tramite per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti, principali e secondari, integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica ‘finale’ controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio (in questi termini Cons. Stato, Ad. plen., n. 19/2020 cit.);
che, pertanto, risulta indispensabile che emerga il reale nesso di strumentalità esistente tra l’accesso agli atti oggetto della domanda di esibizione e la tutela chiesta al giudice adito o da adire, specificazione che – come rimarcato dalla giurisprudenza (v. Cons. Stato, Sez. VI, 11 aprile 2022 n. 2655) – è in simili casi necessaria, anche se non deve spingersi fino ad offrire elementi per un’indagine da parte dell’amministrazione o del giudice sull’utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale, nel senso che non si chiede all’istante una probatio diabolica in termini di utilità, ma una prospettazione delle ragioni che rendono la documentazione oggetto dell’accesso necessaria a salvaguardia della posizione giuridica da tutelare;
che, quanto poi al rapporto tra “accesso difensivo” e atti sottoposti a “segreto”, la giurisprudenza (v., ex multis , TAR Lazio, Roma, Sez. III, 20 dicembre 2023 n. 19350) ha avuto modo di rilevare come l’art. 24 della legge n. 241 del 1990, nell’indicare le ipotesi di «esclusione dal diritto di accesso», individui al comma 1, lett. a) , anche i “… casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge ...”, sì da farvi rientrare i documenti dell’Amministrazione che costituiscono atti di polizia giudiziaria, in quanto soggetti alla disciplina di cui all’art. 329 cod.proc.pen. e per questo interessati altresì dal divieto di pubblicazione ex art. 114 cod.proc.pen.;
che, in particolare, si è osservato come l’esistenza di un’indagine penale non implichi, di per sé, la non ostensibilità degli atti o provvedimenti che in qualsiasi modo possono risultare connessi con i fatti oggetto di indagine, in quanto solo i documenti per i quali è stato disposto il sequestro e quelli coperti da segreto risultano sottratti al diritto di accesso, e allora, se unicamente gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dall’obbligo di segreto ai sensi dell’art. 329 cod.proc.pen., gli atti posti in essere dalla pubblica Amministrazione nell’ambito della propria attività istituzionale sono atti amministrativi – anche se riguardanti lo svolgimento di attività di vigilanza, controllo e di accertamento di illeciti –, e rimangono tali pur dopo l’inoltro di una denunzia all’Autorità giudiziaria, con il risultato che sono accessibili i documenti formati dall’Amministrazione nello svolgimento delle proprie attività istituzionali e sono invece coperti da segreto, quindi inaccessibili, gli atti dalla stessa compiuti nelle funzioni di polizia giudiziaria attribuite dall’ordinamento (v., tra le altre, TAR Lazio, Roma, Sez. II, 26 giugno 2023 n. 10723);
che, in definitiva, il diniego di esibizione di atti afferenti ad un procedimento penale può riguardare, tra gli altri, gli atti coperti da segreto istruttorio perché formatisi in occasione di attività di indagine compiute dalla polizia giudiziaria, atti per i quali, in assenza di autorizzazione del pubblico ministero, è esclusa in radice l’ostensibilità (v. TAR Lazio, Roma, Sez. II, 2 novembre 2021 n. 11164;Cons. Stato, Sez. V, 12 maggio 2015 n. 2357);
che, poi, circa lo specifico caso in cui l’istanza di accesso riguardi il materiale video e fotografico richiamato in un provvedimento di «divieto di accesso alle manifestazioni sportive» ex art. 6, comma 1, lett. c), della legge n. 401 del 1989 – a seguito di “rissa” tra opposte tifoserie e perciò episodio fatto oggetto di informativa di reato all’Autorità giudiziaria –, la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che vengono in rilievo atti di indagine confezionati da organi di polizia nell’immediatezza della segnalazione di una notizia di reato e, dunque, trasversalmente afferenti alle funzioni tipiche della Polizia di Stato di prevenzione e tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (alla quale si riconnette il provvedimento di ‘d.a.spo.’) e di repressione di una condotta di reato (donde la trasmissione di una mirata informativa all’Autorità giudiziaria), con il risultato che i suddetti atti, redatti nell’esercizio delle prerogative istituzionali proprie della Polizia giudiziaria e conseguentemente confluiti in una formale informativa di reato trasmessa alla competente Procura della Repubblica, integrano atti di indagine compiuti dalla Polizia giudiziaria, pertanto soggetti a segreto istruttorio ai sensi dell’art. 329 cod.proc.pen. e di per sé sottratti all’accesso, ai sensi dell’art. 24 comma 1, della legge n. 241 del 1990 (v. Cons. Stato, Sez. III, 15 ottobre 2019 n. 7041);
che nella circostanza, allora, va condiviso l’assunto dell’Amministrazione secondo cui “… l’esistenza di un processo penale rendeva ostativa l’immediata produzione dei documenti inviati all’A.G. che, nel frattempo, aveva iscritto l’odierno ricorrente nel registro degli indagati per il reato di cui all’art. 588 c.p. …” (v. relazione difensiva depositata il 27 maggio 2024), trattandosi di fattispecie esattamente riconducibile al precedente giurisprudenziale da ultimo richiamato (v. Cons. Stato, Sez. III, n. 7041/2019 cit.), a fronte di documentazione allegata alla «comunicazione di notizia di reato a norma dell’art. 347 c.p.p.» sottoscritta dal Dirigente della D.I.G.O.S. e quindi acquisita nel procedimento penale all’esito di atti di indagine compiuti dalla Polizia giudiziaria;
Considerato, in definitiva, che il ricorso va respinto;
che, in ragione della peculiarità del caso, si ravvisa la sussistenza di giustificati motivi per la compensazione delle spese di lite