TAR Salerno, sez. II, sentenza 2021-12-09, n. 202102639
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Pubblicato il 09/12/2021
N. 02639/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00109/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 109 del 2019, proposto da:
F L, rappresentato e difeso dall’Avv. M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, alla via SS. Martiri Salernitani, 31;
contro
Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv. A B e A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, alla via Roma – Palazzo di Città;
per l’annullamento
A) del provvedimento, prot. n. 208198 del 21.11.2018, con il quale il Dirigente del Settore Trasformazioni Edilizie – S.U.E. ha disposto “il divieto ad horas di prosecuzione dell’attività edilizia” ed ha ingiunto “la rimozione degli effetti dannosi conseguenti ai lavori eventualmente già eseguiti”;
B) ove e per quanto occorra, della proposta del Tecnico Responsabile del 20.11.2018;
C) di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2021, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
Il ricorrente, proprietario di un immobile, con annesse aree pertinenziali, sito alla via Monticelli di Fuorni, n. 18 del Comune di Salerno, premesso che:
in data 30.10.2018, avendo interesse alla “realizzazione di una modesta piscina prefabbricata avente dimensioni in pianta di ml 10,00 x ml 5,00 e proporzionale al manufatto esistente”, aveva depositato apposita s. c. i. a. (prot. n. 193397);
con il provvedimento impugnato, il Comune di Salerno: - aveva disposto “il divieto ad horas di prosecuzione dell’attività edilizia”;- aveva ingiunto “la rimozione degli effetti dannosi conseguenti ai lavori eventualmente già eseguiti”;
articolava, avverso tale provvedimento, le seguenti censure in diritto:
A) SULL’ILLEGITTIMITÀ DEL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO PER VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO:
- I) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E SS. L. 241/1990 IN REL. ART. 19 L. 241/1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D’ISTRUTTORIA – DEL PRESUPPOSTO – ERRONEITÀ – SVIAMENTO – ARBITRARIETÀ):
Il regime della s. c. i. a. trova il suo presupposto nell’art. 19 della l. 241/1990;l’art. 19, comma 3, della l. 241/1990, modificato dall’art. 3, comma 2, lett. b) del D. Lgs. 126 del 2016, prevede: “Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere, prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime”;in virtù dei successivi periodi dello stesso comma 3: - “in difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata” (terzo periodo);- “l’atto motivato interrompe il termine di cui al primo periodo” – ovvero il termine di 30 giorni in materia edilizia – “che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle suddette misure” (quinto periodo);- “in assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine” – 30 giorni – “cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata” (sesto periodo);il legislatore ha così disciplinato l’iter che la P. A. deve osservare, al fine di garantire la corretta definizione del procedimento e la partecipazione del privato;ma tale norma, nella specie, sarebbe stata “del tutto disattesa”: a) in data 30.10.2018, è stata depositata la s. c. i. a.;b) in data 22.11.2018, “senza verificare se ricorressero le ipotesi per la conformazione dell’attività posta in essere e, comunque, senza assegnare alcun termine per il deposito d’osservazioni, la P. A. ha disposto il divieto “ad horas” di prosecuzione dell’attività, di cui alla s. c. i. a.”, bypassando il procedimento disciplinato dall’art. 19, comma 3, l. 241/1990;e “la violazione del giusto procedimento è tanto più evidente ove si consideri che la partecipazione del privato avrebbe comportato una favorevole valutazione della s. c. i. a.” medesima;
- II) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E SS. L. 241/1990 IN REL. ART. 19 L. 241/1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D’ISTRUTTORIA – DEL PRESUPPOSTO – ERRONEITÀ – SVIAMENTO – ARBITRARIETÀ):
L’avversato provvedimento muoveva da una presunta carenza documentale;ma, ai sensi dell’art. 19, comma 3, secondo periodo della l. 241/1990, “qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti ... l’amministrazione competente ... invita il privato a provvedere ... con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime”;tale regime normativo era stato “ignorato nella specie, avendo la P. A., sulla base di una presunta carenza documentale, provveduto all’immediata adozione di un atto definitivo di diniego, senza assegnare un termine al privato per depositare la relativa documentazione e/o comunque a fornire i dovuti chiarimenti” (omissis);
- III) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E SS. L. 241/1990 IN REL. ART. 19 L. 241/1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D’ISTRUTTORIA – DEL PRESUPPOSTO – ERRONEITÀ – SVIAMENTO – ARBITRARIETÀ):
Il provvedimento impugnato era illegittimo, per violazione dell’art. 10 bis della l. 241/1990, avendo la P. A. provveduto all’immediata adozione del provvedimento finale, senza alcuna comunicazione preventiva dei presunti motivi ostativi, inibendo così, all’interessato, la partecipazione al procedimento (omissis);
- IV) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E SS. L. 241/1990 IN REL. ART. 19 L. 241/1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D’ISTRUTTORIA – DEL PRESUPPOSTO – ERRONEITÀ – SVIAMENTO – ARBITRARIETÀ):
La P. A. ha diffidato la s. c. i. a., anche in considerazione di un distinto procedimento amministrativo, culminato nel provvedimento dirigenziale n. 99 del 19.01.2018, con il quale “sono stati comunicati i motivi ostativi alla realizzazione di una vasca di accumulo acque meteoriche”;la P. A., cioè, ha ritenuto che “tra i motivi di diniego contenuti nella citata comunicazione – fermo restando che è riferito al progetto di una vasca di raccolta di acqua piovana – si rilevano le seguenti argomentazioni che a maggior ragione possono farsi valere per l’opera oggetto dell’attuale s. c. i. a.: (…);la circostanza “dà conto della manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sotto due distinti ed autonomi profili: 1) la P. A. ha posto alla base dell’avversato provvedimento i motivi ostativi di un diverso ed autonomo procedimento;2) anche a voler ritenere che ricorra l’ipotesi di motivazione per relationem, risultava violato l’art. 3 l. 241/1990 (“(...) se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’Amministrazione, richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama”);
B) SULL’ILLEGITTIMITÀ, COMUNQUE, NEL MERITO:
- V) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E SS. L. 241/1990 IN REL. ART. 19 L. 241/1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D’ISTRUTTORIA – DEL PRESUPPOSTO – ERRONEITÀ – SVIAMENTO – ARBITRARIETÀ):
L’avversato provvedimento muoveva sostanzialmente da due rilievi: a) la non conformità del programmato intervento con la normativa urbanistica vigente;b) la riconducibilità della piscina tra le opere di nuova costruzione, soggette a p. d. c.;
A) SULLA PRESUNTA NON CONFORMITÀ DEL PROGRAMMATO INTERVENTO CON LA NORMATIVA URBANISTICA VIGENTE:
La P.A. ha diffidato la s. c. i. a., in quanto l’intervento sarebbe in contrasto con le previsioni di cui agli artt. 107 delle N.T.A. e 81 del R.U.E.C.: il richiamo a dette disposizioni “è inconferente, in quanto:
con riferimento all’art. 107 delle N.T.A., la norma si limita a prevedere che “sono classificate E2 le aree che, sulla base degli studi di settore, appaiono di particolare interesse ai fini dell’esercizio delle attività dirette o connesse con l’agricoltura”;la detta previsione non esclude, quindi, la possibilità di realizzare una piscina in zona agricola;
con riferimento all’art. 81 del R. U. E. C.: con detta previsione s’intendono <nuove costruzioni>: “tutti gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non compresi tra quelli relativi al patrimonio edilizio esistente ... le attrezzature sportive e piscine in lotti liberi”;tale previsione regolamentare non poteva “trovare applicazione nella specie, ove si consideri che trattasi: di intervento pertinenziale, a servizio dell’immobile principale, che non comporta tra l’altro incremento di volume (rispetto al limite del 20%, previsto per le pertinenze);previsto all’interno di un lotto già edificato e, quindi, non libero;donde l’inconferenza delle disposizioni, richiamate dalla P. A. e, l’erroneità dei rilievi opposti;sotto altro profilo, era “pacifica l’assentibilità delle piscine pertinenziali alle abitazioni in tutte le zone omogenee, ivi compresa la zona E”;
B) SULLA PRESUNTA RICONDUCIBILITÀ DELLA PISCINA TRA LE OPERE DI NUOVA COSTRUZIONE:
Esclusa la riconducibilità delle opere in oggetto a quelle di nuova costruzione, di cui all’art. 81 del RUEC, “l’intervento in oggetto: - non comporta alcun aumento volumetrico;- è riconducibile agli interventi di edilizia libera, cui all’art. 6 – comma 1, lett. e-ter) o – al più – a quelli di cui all’art. 6 bis del d. P. R. 380/2001, come introdotto dal D. Lgs. 222/2016, ovvero soggette a mera C.I.L.A.;l’intervento in oggetto, cioè, non era soggetto “ad alcun titolo abilitativo o – al più – ad una mera comunicazione di inizio lavori”;la ricostruzione trovava conferma: - nell’art. 6 comma e-ter) del d. P. R. 380/2001, il quale include tra gli interventi di edilizia libera “le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati”;- nella tabella, allegata al D. Lgs. 222/2016, la quale, al punto n. 34 della Sezione II, rubricata “ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi”, prevede che sono realizzabili mediante CILA le “pertinenze minori che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, non qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume inferiore al 20% del volume dell’edificio principale”;tali presupposti ricorrevano nella specie, posto che “il programmato intervento, come s’evince dalla relazione tecnica allegata alla s. c. i. a., non supera il 20% della volumetria dell’immobile principale, e rientra quindi tra le opere d’edilizia libera, per cui non è richiesto alcun titolo abilitativo”;del resto la giurisprudenza ritiene compatibile l’edificazione di piscine in zona agricola;sicché la realizzazione di una piscina di modeste dimensioni, come nella specie: “rientra tra le pertinenze e, quindi, tra le opere di edilizia libera;- può essere realizzata anche in zona agricola”;
- VI) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E SS. L. 241/1990 IN REL. ART. 19 L. 241/1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D’ISTRUTTORIA – DEL PRESUPPOSTO – ERRONEITÀ – SVIAMENTO – ARBITRARIETÀ):
La P. A. aveva diffidato la s. c. i. a., anche sulla base dei rilievi, opposti con i motivi ostativi, di cui al provvedimento dirigenziale n. 99 del 19.07.2018 (- “l’abitazione dell’istante ... non era dotata di un giardino pertinenziale di estensione pari a quella che presenta oggi;... il frazionamento di una porzione di esso o di un’unità abitativa, non ne muta la natura urbanistica, che ne caso in esame è di Zona agricola produttiva”);ma “il provvedimento dirigenziale n. 99/2018 fa riferimento ad un procedimento del tutto diverso, rispetto a quello di cui alla s. c. i. a.”;nella specie non vi è stato alcun frazionamento, atteso che “il ricorrente ha semplicemente destinato parte dell’area di proprietà, ricadente in zona E2, a giardino, nel pieno rispetto della destinazione urbanistica”;l’area interessata dalla piscina era di pertinenza del fabbricato e l’immobile era stato assentito all’esito dell’applicazione del Piano Casa;in tal modo, dunque, “risultando ulteriormente valorizzata la natura dell’immobile, la relativa pertinenza e, quindi, la sua assentibilità”.
Si costituiva in giudizio il Comune di Salerno, con memoria in cui controdeduceva al gravame, rilevando, tra l’altro, che: “La realizzazione della piscina in esame rientra tra le opere di nuova costruzione, non realizzabili mediante semplice s. c. i. a.”;“Il fatto che, nella specie, le opere siano state eseguite in zona Agricola E2, per di più sottoposta a vincolo idrogeologico comporta che esse non siano conformi agli strumenti urbanistici”;“Nel caso di specie, il manufatto è in contrasto con gli strumenti urbanistici: nello specifico con gli artt. 117 e 119 delle NTA del PUC e con l’art. 81 del RUEC”.
Seguiva, nell’imminenza della discussione, il deposito, per il ricorrente, di una memoria conclusiva, in cui, oltre a riepilogare gli argomenti, a fondamento del proprio gravame, osservava: “La P. A., nell’ambito della memoria difensiva, richiama più volte la sussistenza di un vincolo idrogeologico sull’area in oggetto;ma detto vincolo: - anzitutto, non rileva ai fini dell’opera in oggetto;- sotto altro profilo, trattasi di un rilievo mai opposto dall’ente in sede procedimentale, sicché “(…) si sostanzia in un’inammissibile integrazione postuma della motivazione”;ed il deposito, quindi, di una memoria di replica, in cui, a tale riguardo, il ricorrente ulteriormente precisava: “lo svincolo idrogeologico è stato anche conseguito (cfr. documento sub 11, allegato al ricorso)”.
Alla pubblica udienza dell’1.12.2021, il ricorso era trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso va accolto.
In disparte le altre censure, il Collegio intende assegnare valore dirimente, a tal fine, alla quinta doglianza dell’atto introduttivo del giudizio, come dettagliatamente esposta in narrativa, ove si postula, in sintesi, che “il programmato intervento, come s’evince dalla relazione tecnica allegata alla s. c. i. a., non supera il 20% della volumetria dell’immobile principale, e rientra, quindi, tra le opere d’edilizia libera, per cui non è richiesto alcun titolo abilitativo”, ex art. 6 – comma 1, lett. e-ter) T. U. Ed., o – al più – nel novero degli interventi, ex art. 6 bis d. P. R. 380/2001, come introdotto dal D. Lgs. 222/2016, soggetti a mera C.I.L.A.;tanto, conformemente all’indirizzo espresso dalla Sezione, tra le altre, nella sentenza, del 4/08/2021, n.1872, nella cui parte motiva si legge: “(…) In linea di principio, per "nuova costruzione" si intende qualsiasi intervento che consista in una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, attuata attraverso opere di rimodellamento della morfologia del terreno, ovvero costruzioni lato sensu intese, che, indipendentemente dai materiali utilizzati e dal grado di amovibilità, presentino un simultaneo carattere di stabilità fisica e di permanenza temporale, dovendosi con ciò intendere qualunque manufatto che sia fisicamente ancorato al suolo;il tratto distintivo e qualificante viene, dunque, assunto nell'irreversibilità spazio-temporale dell'intervento; la configurabilità di una pertinenza urbanistico-edilizia richiede, invece, non solo la sussistenza di un rapporto funzionale costituto dal nesso strumentale dell'opera accessoria a quella principale, ma anche un elemento strutturale ovvero una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce;l'esiguità deve essere un elemento ineliminabile, atteso che l'opera non deve creare un carico urbanistico (TAR Napoli, Sez. II, 04.02.2020, n. 535;Cons. Stato, Sez. II, 22 luglio 2019, n. 5130;TAR Roma, Sez. II, 11 luglio 2019, n. 9223;Cons. Stato, Sez.V, 51280 10/11/2017);con riferimento al profilo controverso della piscina, il Collegio intende aderire agli orientamenti già espressi da questa sezione, con sentenza del 10.02.2021, n. 365, che così statuisce: " l'installazione di una piscina che non abbia dimensioni rilevanti, realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa, deve considerarsi alla stregua di una pertinenza esclusiva dell'immobile esistente, essendo destinata a servizio dello stesso e secondo cui tali considerazioni non possono che estendersi alle opere di sistemazione ed a quelle concernenti i locali di servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2019, n. 6644 e Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1951)”.
Cfr. anche Cassazione penale, Sez. III, 14/07/2016, n. 52835: “ Una piscina posta al servizio esclusivo di una residenza privata legittimamente edificata non è di per sé estranea al concetto di “pertinenza urbanistica” . Tale nozione ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera — che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato — preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo (non superiore, in ogni caso, al 20% di quello dell'edificio principale) tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede . E la relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma “di servizio”, allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso;sicché non potrebbe ricondursi alla nozione in esame la realizzazione di una piscina privata che, per le sue caratteristiche oggettive, fosse suscettibile di utilizzazione (anche economica) autonoma. Il manufatto pertinenziale, inoltre: a) deve accedere ad un edificio preesistente edificato legittimamente;b) deve necessariamente presentare la caratteristica della ridotta dimensione anche in assoluto, a prescindere dal rapporto con l'edificio principale;c) non deve essere in contrasto con gli strumenti urbanistici ”.
Trattandosi, nella specie, di pertinenza urbanistica è, pertanto, superato il primo motivo, posto a base dell’atto gravato, vale a dire che: “1. Quantunque in zona E2 fosse consentito la realizzazione di piscine e locali tecnici ad esse funzionali, l'art. 3, co.1 lett. e) del d. P. R. 380/2001 stabilisce che essi sono interventi di nuova costruzione in quanto di trasformazione edilizia e urbanistica dei territorio” (quanto, poi, all’obiezione, successivamente formulata, secondo cui “non è possibile concordare con quanto riferisce il tecnico e cioè che la piscina non determina un intervento di nuova costruzione in quanto il volume è inferiore ai 20% del volume dell’edificio principale, di cui non è dato conoscere la cubatura, in quanto urbanisticamente, è noto che il parametro urbanistico delle piscine è, al più, la superficie, essendo ininfluente la sua profondità e quindi il suo volume”, rileva il Collegio che è un dato di comune esperienza che la piscina sia dotata di un suo volume, per quanto si tratti di volume interrato – cfr. T. A. R. Puglia – Lecce, Sez. I, 27/03/2014, n. 860: “(…) per volumi dovendosi intendere ogni volume circoscritto, non necessariamente coperto, che abbia una concreta e rilevante incidenza sul paesaggio, con inclusione quindi anche delle opere interrate se visibili e tali da avere un significativo impatto sull'ambiente circostante, come le piscine e relative opere di completamento”).
Per quanto concerne, invece, l’ivi dedotto contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, lo stesso deriverebbe, per l’autore del provvedimento, da: “2. L’art. 81 dei RUEC vigente stabilisce che gli interventi di nuova costruzione sono tutti gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non compresi tra quelli relativi al patrimonio edilizio esistente. Sono, comunque, da considerarsi tali, tra l’altro, le attrezzature sportive e le piscine in lotti liberi”: tuttavia, è agevole replicare che, nella specie, non si tratta di piscina, realizzata in un lotto libero, bensì di un manufatto, d’ormai accertata natura pertinenziale, donde l’inconferenza dell’argomento.
Altro contrasto dell’intervento de quo con la strumentazione urbanistica, vigente nel Comune di Salerno, sarebbe, poi, dato, sempre secondo quanto risulta dal testo del provvedimento in esame, dalla circostanza che: “Il lotto in questione ricade nella zona E2, agricola produttiva, come individuata dalle tavole del P. U. C. e, ai sensi delle norme tecniche d’attuazione, specificatamente 1’art. 107: tali zone, sulla base degli studi di settore, appaiono di particolare interesse ai fini dell’esercizio delle attività dirette o connesse con l’agricoltura;pertanto, in tali aree sono consentiti <interventi per la realizzazione di pertinenze funzionali alla conduzione dell’attività agricola>”.
L’argomento non convince.
Esso risulterebbe, deve presumersi, dal combinato disposto degli artt. 107 e 109 delle N.T.A. del P.U.C. vigente del Comune di Salerno, che rispettivamente recitano:
Art. 107. E2 — Zone agricole produttive . 107.01. “Sono classificate E2 le aree che, sulla base degli studi di settore, appaiono di particolare interesse ai fini dell’esercizio delle attività dirette o connesse con l’agricoltura”.
Art. 109. Zone E2 ed E3 Finalità del PUC . 109.01. “Per le aree che, sulla base degli studi di settore, appaiono di particolare interesse ai fini dell’esercizio delle attività dirette o connesse con l’agricoltura (…), il PUC ha come obiettivi quelli da un lato di conservare le caratteristiche del paesaggio rurale, pur consentendo l’insediamento di attività complementari e compatibili con quella primaria agricola (…)”.
Ne deriverebbe, in pratica, che la piscina in questione sarebbe, per il Comune, in contrasto con le N. T. A. del P. U. C., perché sarebbe, a quanto pare, una “pertinenza”, tuttavia non funzionale all’esercizio dell’attività agricola, ovvero, più precisamente si tratterebbe di “attività non complementare ed incompatibile con quella primaria agricola”.
Ma – in disparte il significativo riconoscimento del manufatto in esame quale “pertinenza” – il testo dell’art. 107 delle N. T. A. non pone, a ben vedere, nessun divieto, circa la realizzazione di piscine in zona E2, limitandosi a definire la zona in oggetto, “come di particolare interesse ai fini dell’esercizio delle attività dirette o connesse con l’agricoltura”.
Tampoco l’assunto contrasto con gli strumenti urbanistici del Comune può farsi derivare, ad avviso del Collegio, dall’art. 109 delle N. T. A. (per quanto detta norma non sia esplicitamente richiamata, nell’atto impugnato), perché l’asserita incompatibilità della piscina con “l’attività primaria agricola” è recisamente smentita dai recenti esiti dell’interpretazione giurisprudenziale in materia, secondo i quali:
T. A. R. Puglia – Lecce, Sez. II, 14/01/2019, n. 40: “Deve ritenersi una pertinenza urbanistica anche la piscina prefabbricata annessa a un fabbricato a uso residenziale situato in una zona agricola, costituendo un manufatto adeguato all'uso effettivo e quotidiano del proprietario dell'immobile”;
T. A. R. Liguria, Sez. I, 21/07/2014, n. 1142: “Una piscina prefabbricata, di dimensioni normali, annessa ad un fabbricato ad uso residenziale sito in zona agricola, ha natura obiettiva di pertinenza e costituisce un manufatto adeguato all'uso effettivo e quotidiano del proprietario dell'immobile principale. In proposito, nella pianificazione urbanistica il vincolo a verde agricolo assolve essenzialmente la funzione di preservare una determinata area da un'eccessiva espansione edilizia che ne comprometta i valori ambientali, ma non preclude la realizzazione di specifici manufatti aventi una destinazione non agricola, ove gli stessi non rechino turbativa all'assetto territoriale, risultando ininfluente che l'opera realizzata (nella specie, una piscina scoperta) non sia destinata al servizio di una residenza rurale in senso stretto”;
Consiglio di Stato, Sez. V, 16/04/2014, n. 1951: “Ai sensi dell'art. 7 comma 2 lett. a) d. l. 23 gennaio 1982 n. 9, convertito nella l. 25 marzo 1982 n. 94, la piscina prefabbricata, di dimensioni normali, annessa ad un fabbricato ad uso residenziale sito in zona agricola, ha natura obiettiva di pertinenza e costituisce un manufatto adeguato all'uso effettivo e quotidiano del proprietario dell'immobile principale”.
Del resto, l’ulteriore argomento, ostativo all’assentibilità dell’intervento, e quindi funzionale all’inibitoria impugnata, secondo il quale: “4. Recentemente, con provvedimento dirigenziale n.99 del 19.07.2018, sono stati comunicati i motivi ostativi alla realizzazione di una vasca di accumulo acque meteoriche delle dimensioni di m. 2,00 x m. 5,00 e profondità m. 1.50, che il medesimo istante aveva chiesto di realizzare nello stesso lotto di terreno in zona E2 alla via Monticelli, n_18, in fg 43, p.lla 719, sub 2, proprio dove viene richiesta l’installazione della piscina”, per cui dovrebbero valere “i motivi di diniego contenuti nella citata comunicazione, pur “riferiti al progetto di una vasca di raccolta di acque piovane”, non può che concordarsi, evidentemente, con la difesa del ricorrente, allorquando, nel contesto della quarta censura, ha posto in risalto l’illegittimità del provvedimento impugnato, “sotto due distinti ed autonomi profili: 1) la P. A. ha posto alla base dell’avversato provvedimento i motivi ostativi di un diverso ed autonomo procedimento;2) anche a voler ritenere che ricorra l’ipotesi di motivazione per relationem, risulta violato l’art. 3 l. 241/1990 (“(...) se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’Amministrazione, richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama”)”.
Al di là di tali profili formali, che comunque portano a concludere per l’illegittimità del motivo opposto dall’ente, in ogni caso, quanto a tali ulteriori ragioni richiamate (impropriamente) per relationem (“l’abitazione dell’istante ... non era dotata di un giardino pertinenziale di estensione pari a quella che presenta oggi;... il frazionamento di una porzione di esso o di un’unità abitativa, non ne muta la natura urbanistica, che ne caso in esame è di zona agricola produttiva”), parte ricorrente ha evidenziato, nella sesta censura del proprio gravame, che: “Il provvedimento dirigenziale n. 99/2018 fa riferimento ad un procedimento del tutto diverso, rispetto a quello di cui alla s. c. i. a.”;“nella specie non vi è stato alcun frazionamento, atteso che il ricorrente ha semplicemente destinato parte dell’area di proprietà, ricadente in zona E2, a giardino, nel pieno rispetto della destinazione urbanistica”;“l’area interessata dalla piscina era di pertinenza del fabbricato e l’immobile era stato assentito all’esito dell’applicazione del Piano Casa”;risulta dunque “ulteriormente valorizzata la natura dell’immobile, la relativa pertinenza e, quindi, la sua assentibilità”.
Quanto, infine, alla evidenziata – nell’atto gravato – “carenza grafico documentale riferita a: - sezioni grafiche del locale tecnico come indicato nella planimetria proposta;- progetto della rete fognaria e dei recapiti finali (acque di sfioro/svuotamento);- autorizzazione nei riguardi del vincolo idrogeologico;- autorizzazione sismica per l'installazione di prefabbricati in cemento armato tipo isobiok”, s’osserva, da un lato, che valgono le contrarie osservazioni, espresse nell’ambito della seconda censura di parte ricorrente, vale a dire che “la P. A., sulla base di una presunta carenza documentale, ha provveduto all’immediata adozione di un atto definitivo di diniego, senza assegnare un termine al privato per depositare la relativa documentazione e/o comunque a fornire i dovuti chiarimenti”;e, dall’altro, quanto all’affermata carenza di svincolo idrogeologico, che la stessa parte ricorrente ha evidenziato, senza contestazione alcuna di controparte sul punto, che : “Lo svincolo idrogeologico è stato anche conseguito (cfr. documento sub 11, allegato al ricorso)”.
Conformemente alla prefate osservazioni, assorbenti d’ogni ulteriore e diverso profilo di doglianza, il ricorso dev’essere, quindi, accolto, ed il provvedimento impugnato, consequenzialmente annullato.
Le spese seguono la soccombenza del Comune di Salerno, e sono liquidate, come in dispositivo.