TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2010-05-18, n. 201011956

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2010-05-18, n. 201011956
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201011956
Data del deposito : 18 maggio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04803/2009 REG.RIC.

N. 11956/2010 REG.SEN.

N. 04803/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 4803 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A I R, rappresentata e difesa dagli Avvocati L M e P C presso il cui studio in Roma, Via F. Confalonieri, n. 5 è elettivamente domiciliata;

contro

l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” in persona del legale rappresentante p.t., la I Commissione Esami di Stato per la Professione di Psicologo – II Sessione 2008, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca in persona del Ministro legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma Via dei Portoghesi, n. 12 domiciliano,

nei confronti di

Sabina Citera, controinteressata n.c.g.;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento di non ammissione alla prova orale del concorso di abilitazione all’esercizio della professione di psicologo relativo alla II sessione 2008 e dell’elenco degli ammessi alla prova orale, pubblicato sul sito internet dell’Università in data 6 aprile 2009, nella parte in cui non include il nominativo della ricorrente;

di tutti i verbali di correzione degli elaborati della ricorrente e degli altri verbali delle sedute della I Commissione di esame, ad oggi non conosciuti;

occorrendo dell’O.M. 11 febbraio 2008 di indizione delle sessioni degli esami di stato di abilitazione all’esercizio delle professioni per l’anno 2008, nonché del D.M. 9 settembre 1957 con particolare riferimento all’art. 12 ove ritenuto applicabile all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di psicologo, nonché di ogni altro atto e provvedimento, presupposto o conseguente, comunque connesso, anche se non conosciuto, ivi compresa la nota prot. 27554 del 14 maggio 2009 di diniego e differimento sine die dell’accesso agli atti del procedimento richiesto dalla ricorrente dalla ricorrente in data 7, 9 e 20 aprile 2009;

nonché per l’annullamento

proposto con motivi aggiunti del 29 settembre 2009

del verbale della Commissione Esaminatrice n. 10 del 27 marzo 2009 di correzione degli elaborati della terza prova (prova pratica) conosciuto dalla ricorrente in data 9 giugno 2009;

del verbale della Commissione Esaminatrice n. 7 del 23 febbraio 2009, relativo alla formulazione delle tracce e allo svolgimento della terza prova (prova pratica) conosciuto dalla ricorrente in data 9 giugno 2009, nonché di ogni altro atto e provvedimento presupposto o conseguente, comunque connesso, anche se non conosciuto, con riserva di proporre ulteriori motivi aggiunti e richiesta di risarcimento del danno subito;


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Universita' degli Studi di Roma La Sapienza e di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2009 il dott. P B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso notificato il 5 giugno 2009 alle resistenti amministrazioni e depositato il successivo 12 giugno, espone la ricorrente che espletate le prime due prove scritte della sessione di esami per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione di psicologo, bandita con O.M. 11 febbraio 2008, svolgeva, dunque, anche la terza prova, che invece non veniva superata, con conseguente mancata ammissione agli orali.

Espone, altresì, che, con richiesta del 7 e 9 aprile 2009, chiedeva l’accesso agli elaborati, ma che l’Università rispondeva di non poterla, al momento, esaudire, in quanto la Commissione esaminatrice non aveva ancora reso disponibili gli atti del concorso. Nonostante le successive richieste, la ricorrente non riceveva i detti documenti, sicchè ha proposto il ricorso affidandolo ai seguenti motivi:

- difetto di istruttoria e di motivazione, violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241 con particolare riferimento agli articoli 1,3, 22 e ss. – disparità di trattamento;

- violazione dell’articolo 1 e seguenti della legge n. 241 del 1990;
violazione della regola dell’anonimato, falsa applicazione e illegittimità dell’art. 12, comma 5 del d.m. 9 settembre 1957.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione universitaria si è costituita in giudizio con compiuta relazione ed ha rassegnato opposte conclusioni, chiedendo la propria estromissione dal giudizio.

Alla Camera di Consiglio del 2 luglio 2009 è stata disposta un’ istruttoria.

Con motivi aggiunti depositati il 29 settembre 2009 parte ricorrente, che nelle more ha ottenuto l’accesso alle tre prove scritte ed ad alcuni dei verbali (i numeri 1, 3, 4, 6, 7 e 10) propone avverso i predetti atti le seguenti doglianze:

- violazione degli articoli 3 e 24 Cost.;
difetto di motivazione e di istruttoria, violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241 con particolare riferimento agli articoli 1, 3, 22 e seguenti;
disparità di trattamento;
violazione del principio di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa;
contraddittorietà;

- violazione degli articoli 52 d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328 e art. 4 D.M. 13 gennaio 1992, n. 240;
illogicità;

- in via subordinata: violazione articoli 1 e seguenti legge n. 241 del 1990;
violazione della regola dell’anonimato, falsa applicazione e illegittimità dell’art. 12 comma 5 del D.M. 9 settembre 1957.

Chiede quindi la ricorrezione della terza prova, e l’annullamento di tutti gli atti impugnati, come in epigrafe indicati.

Eseguiti gli incombenti, il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 3 dicembre 2009.

DIRITTO

1. Col ricorso principale l’interessata che ha svolto le prove scritte per l’iscrizione all’albo degli psicologi bandito con O.M. 11 febbraio 2008, non superando la terza, impugna il provvedimento di non ammissione alle prove orali, tutti i verbali ancorchè in quel momento non conosciuti, nonché la stessa Ordinanza Ministeriale ed il decreto ministeriale del 9 settembre 1957, nella parte in cui all’art. 12 prevede la sottoscrizione delle prove scritte.

Avverso tali atti l’interessata lamenta di avere svolto del tutto correttamente la terza prova dell’esame, individuando la soluzione finale corretta e sostiene che la pretesa della Commissione che i candidati sottoscrivessero le prove, in applicazione del risalente D.M. 9 settembre 1957 concernente il “Regolamento sugli esami di Stato di abilitazione all’esercizio delle professioni” non sarebbe applicabile alla fattispecie, in quanto superato dalla successiva regolamentazione di cui al d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328.

Con i successivi motivi aggiunti, proposti a seguito dell’accesso alle prove ed ai verbali d’esame ottenuto in data 9 giugno 2009, l’interessata insiste nel difetto di motivazione delle valutazioni effettuate nei suoi riguardi ed a fronte delle quali ella risulta avere conseguito risultati più che soddisfacenti nelle prime due prove (45/60 e 38/60), mentre ha conseguito un voto del tutto insufficiente nella terza prova (25/60), rappresentando che come rilevato dal TAR, in specie nell’ordinanza istruttoria, è mancata del tutto la predeterminazione dei criteri di correzione. Nel ripercorrere seppure brevemente la cronistoria del principio di insufficienza della votazione numerica ai fini della individuazione del corretto iter logico che presiede alle valutazioni tecniche, la ricorrente sostiene pure che in base a pareri pro veritate che, nelle more del giudizio si è procurata, la soluzione adottata con la terza prova sarebbe del tutto corretta e sintomatologica di una buona capacità di ragionamento e di preparazione teorica, anche a fronte della mancanza di segni di correzione sull’elaborato. Completa la prima doglianza lamentando, altresì, che il tempo di correzione non appare sufficiente a garantire una istruttoria adeguata.

Con la seconda censura oppone che la traccia della prova pratica esulava, almeno in parte, dall’oggetto individuato dall’art. 52, comma 3 del d.P.R. 5 giugno 2001, 328.

Insiste, infine, nella violazione della regola dell’anonimato che la sottoscrizione dei compiti comporta ed al riguardo, con la terza doglianza, propone in via subordinata l’annullamento anche della disposizione (art. 12 del D.M. 9 settembre 1957) che la prevede.

2. L’eccezione con la quale l’Amministrazione universitaria ha chiesto di essere estromessa dal giudizio, in quanto meramente incaricata dal Ministero dell’istruzione e dell’università all’espletamento delle prove d’esame per il conseguimento dell’iscrizione all’Albo degli psicologi va respinta.

Del tutto correttamente, infatti, il ricorso è stato notificato sia alla Amministrazione universitaria sia al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dal momento che la procedura in questione li vede coinvolti ciascuno per una parte di essa, laddove al Ministero spetta la costituzione della Commissione ed all’Università spetta, invece, tutta la parte successiva a tale decreto.

3. Il ricorso va accolto con riferimento alla prima doglianza proposta con i motivi aggiunti, atteso che l’ostensione della documentazione relativa al concorso, per come richiesta dal TAR, non ha posto in evidenza alcun verbale dal quale risulti la elaborazione di criteri preliminari di correzione degli elaborati scritti.

Il verbale n. 1 in data 27 novembre 2008, prodotto dall’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” che li detiene, appunto in quanto incaricata della gestione degli esami, reca il riferimento puro e semplice al “Regolamento sugli esami di Stato di abilitazione all’esercizio delle libere professioni”, il quale però non prevede alcunché in ordine all’obbligo di elaborazione di criteri preliminari nella correzione dei compiti, sicchè non appare utile a supportare la motivazione dei voti attribuiti, essendo il riferimento a detto Regolamento palesemente effettuato in ordine alle modalità di preparazione del testo delle prove da sottoporre ai candidati, che esso disciplina, laddove, invece, nulla specifica in ordine alle operazioni preliminari alle valutazioni.

La motivazione delle prove scritte dell’esame di abilitazione è oggetto di ampia disamina da parte della giurisprudenza, soprattutto per ciò che concerne quello di iscrizione all’albo degli avvocati, nel quale tuttavia le Commissioni presso ogni distretto di Corte di Appello, negli ultimi anni, elaborano i criteri di valutazione, nell’imminenza delle prove scritte, e che vengono poi fatti propri dalle singole Sottocommissioni, di tal che laddove sui verbali appare il voto numerico riferito alle prove dei singoli candidati esso oramai è da intendersi espressione delle valutazioni preliminarmente adottate da quegli organi.

In tali casi, anche dopo l’entrata in vigore della legge 241/90, l’onere di motivazione dei giudizi relativi alle prove scritte ed orali è sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico, ben potendosi quest’ultimo configurare come formula sintetica, ma eloquente, di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla Commissione in via preliminare, laddove, proprio per questa ragione, il voto numerico (indicatore) attribuito dalla Commissione d’esami esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della Commissione medesima, contenendo in sé la sua motivazione, in relazione ai relativi criteri (descrittori), senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti.

Non occorrerà forse rammentare che anche la questione di legittimità costituzionale sollevata in ordine all’art. 3 della L. n. 241 del 1990 per violazione dei parametri di cui agli articoli 3, 24, 97 e 113 della Costituzione qualora sia interpretato nel senso di escludere l’obbligo di motivazione per i giudizi espressi in sede di valutazione degli esami di abilitazione professionale, non può oramai validamente opporsi, atteso che la Corte si è pronunciata con ordinanza n. 419 del 14 novembre 2005 dichiarando inammissibile la detta questione per come proposta dal TAR Puglia - Lecce e dal TAR Emilia Romagna – Bologna, in quanto si traduceva in un improprio tentativo di ottenere l’avallo della Corte a favore di una determinata interpretazione della norma, attività, questa, rimessa al giudice di merito.

Nel caso in esame tuttavia non ricorrono i parametri per condividere la costante giurisprudenza sull’argomento, atteso che come sopra accennato, dai verbali non emergono criteri di correzione di alcun genere, sicchè il giudizio attribuito alla terza prova (25/60imi) e che si discosta ampiamente dai giudizi delle altre due prove (45/60imi e 38/60imi) se in altre circostanze, nelle quali le Commissioni avessero elaborato cioè criteri prodromici di riferimento per le valutazioni, non avrebbe avuto alcuna rilevanza, per la ragione testè esposta acquista un notevole risalto, di tal che non può non annullarsi il giudizio della terza prova scritta con conseguente riesame della stessa ad opera di una Commissione per gli esami di Stato di psicologo in altra composizione all’uopo costituita.

E’ bene chiarire che quand’anche si volesse ritenere che non sussista un obbligo di motivazione del voto numerico in quanto la norma di cui al detto Regolamento di cui al D.M. 9 settembre 1957 ed al più recente d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328 nulla dice in ordine alla elaborazione dei criteri di correzione delle prove scritte degli esami di abilitazione, dopo l’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, le Commissioni possono essere considerate esonerate da tale onere, soltanto laddove abbiano appunto elaborato criteri di correzione, che rendano intellegibile l’iter logico-giuridico della valutazione.

La diversa opzione ermeneutica, pure propugnata dall’Amministrazione universitaria, condurrebbe a ritenere l’esistenza di un gruppo di atti – le valutazioni espressione di discrezionalità tecnica – del tutto sottratti ad ogni obbligo di motivazione, laddove il legislatore e la giurisprudenza sull’argomento vanno nella direzione opposta, anche nella considerazione della discrasia che, pur nelle rispettive specificità, si viene a creare rispetto ad altri esami di iscrizione all’albo, quelli di avvocato, nei quali infine le Commissioni elaborano detti criteri, come visto sopra.

4. Tutte le altre censure o gli aspetti di censura esposti ai punti precedenti ed anche riferiti al ricorso principale non hanno ragion d’essere:

- quanto alla mancanza di segni di correzione, occorre osservare che il giudizio della Commissione esaminatrice ha ad oggetto il valore complessivo dell’elaborato e quindi la mancanza di annotazioni, sottolineature o altri segni grafici a margine non può costituire sintomo di omessa valutazione, anche perché nessuna norma impone alla Commissione di apporre tali annotazioni o segni di correzione sugli elaborati. Come è stato più volte affermato dalla giurisprudenza, la valutazione (punteggio numerico) è priva di valenza schiettamente provvedimentale, per cui non è necessario che sul foglio che contiene l’elaborato siano visibili tracce grafiche o glosse di correzione e commento;

- Parte ricorrente produce anche due pareri pro veritate vergati da due esperti psicologi allo scopo dimostrare la correttezza delle tesi e delle argomentazioni proposte nella terza prova.

Ma al riguardo occorre osservare che pure tale aspetto della censura va comunque respinto, perché, attraverso la produzione nel giudizio di una consulenza di parte, non si può sostituire alla valutazione della Commissione quello di un organo privo di rilevanza all’interno del procedimento. Il giudizio tecnico-discrezionale della Commissione esaminatrice, inoltre, riguarda vari profili, che implicano all’evidenza un sindacato pregnante consentito in sede di legittimità soltanto da una lampante implausibilità dell’operato valutativo della sottocommissione, che la sezione, come pure la ricorrente, non è in grado di valutare per la semplice ragione che sono mancati i criteri preliminari di valutazione delle prove, con la conseguenza che a monte il giudizio è annullabile, a prescindere dai pareri che sui compiti possono essere stati predisposti.

- La circostanza posta in rilievo con la seconda doglianza e che cioè la prova esulasse dal dettato dell’art. 52, comma 3 del d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328, che testualmente reca per la prova pratica “c) una prova scritta applicativa, concernente la discussione di un caso relativo ad un progetto di intervento su individui ovvero in strutture complesse;” è formulata in maniera generica, dal momento che non chiarisce in quale parte la traccia offerta al candidato “Illustri il candidato/a, con riferimento ad una teoria a sua scelta sul tema ella personalità, a) i lineamenti generali della teoria scelta;
b) i più significativi autori di riferimento;
c) i principali costruttori e variabili presi in considerazione dalla teoria;
d) un contesto (clinico evolutivo sociale organizzativo di ricerca) al quale la teoria scelta può essere applicata, o un fenomeno che la teoria scelta è in grado di spiegare.” non risponda al contenuto individuato dal Regolamento di cui al d.P.R. n. 328/2001, limitandosi la ricorrente alla mera enunciazione della censura ed alla contestazione sulla base del parere pro veritate di uno dei due esperti, citati, sopra, che non appare ammissibile per le ragioni pure esposte. Deve al riguardo essere rammentato che la scelta della traccia dell’elaborato rientra nella discrezionalità tecnica della Commissione e laddove questa non dimostri una palese contraddittorietà o illogicità nelle scelte, come non è appunto dimostrato, tale scelta non è sindacabile in sede di legittimità.

- Da ultimo l’interessata propone anche, in via subordinata, la illegittimità dell’art. 12 del D.M. 9 settembre 1957 il quale stabilisce che i candidati debbano sottoscrivere gli elaborati.

Al riguardo è da rilevare che la norma, analoga anche per altri esami di stato, non appare violare il principio di anonimato atteso che le norme che lo prevedono sono poste a presidio della concorrenza e della scelta dei migliori che aspirino ad un numero limitato di posti, come avviene nei concorsi, laddove nel caso in specie si tratta di ottenere un’ammissione ad un albo, status per il quale è necessaria la qualificazione secondo i punteggi massimi dalle stesse regole previsti.

5. Per le superiori considerazioni il ricorso principale va respinto, i motivi aggiunti vanno accolti nei limiti di cui sopra e per l’effetto va annullata la valutazione della prova nella quale la ricorrente ha conseguito il punteggio di 25/60imi negli esami per l’iscrizione all’Albo degli psicologi indetta con O.M. 11 febbraio 2008 e va ordinato al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca una nuova valutazione congruamente motivata della stessa prova ad opera di una Commissione in composizione completamente rinnovata e per il resto vanno respinti, come indicato ai punti precedenti.

6. La delicatezza delle questioni trattate induce a ritenere che sussistano giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti.

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