TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-08-07, n. 201408844
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N. 08844/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02246/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2246 del 2014, proposto da:
A G, rappresentato e difeso dagli Avv. M S, F C, L A, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino sito in Roma, Viale Parioli, 180;
contro
ROMA CAPITALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avv. C S, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;
nei confronti di
S C, D C, D B;
per l'annullamento
- della determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 72 in data 16.01.2014 di approvazione in via definitiva della graduatoria della procedura selettiva pubblica, per titoli ed esami, per il conferimento di n. 87 posti nel profilo professionale di Ingegnere - Categoria D (pos. ec. D1) - Famiglia Tecnica;
- del bando con il quale il Comune di Roma ha indetto la procedura selettiva;
- del regolamento di disciplina in materia di accesso agli impieghi presso il Comune di Roma per il personale non dirigente;
- ogni altro atto a questi presupposto, preparatorio, conseguente e comunque connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2014 la dott.ssa Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone in fatto l’odierno ricorrente di aver partecipato alla procedura selettiva pubblica, per titoli ed esami, indetta dal Comune di Roma con bando pubblicato in data 23 febbraio 2010, per il conferimento di 87 posti nel profilo professionale di Ingegnere - Categoria D (posizione economica D1) - Famiglia Tecnica, in esito alla quale si è classificato al 94° posto della relativa graduatoria, approvata con la gravata determinazione, con un punteggio complessivo di 23,90 punti, come tale risultando idoneo non vincitore.
Avverso tale determinazione, nonchè avverso la disciplina del concorso, deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:
1 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 del D.P.R. n. 487 del 1994. Violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 70 del D.Lgs. n. 165 del 2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del bando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del Regolamento di disciplina in materia di accesso agli impieghi presso il Comune di Roma per il personale non dirigente. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare per difetto di istruttoria, per sviamento di potere, illogicità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, confusione e perplessità dell’azione amministrativa.
Nell’evidenziare parte ricorrente che la contestata graduatoria è stata formata a seguito dell’applicazione del criterio della somma aritmetica dei punteggi conseguiti dai candidati nelle prove scritte con i punteggi della prova orale e per i titoli posseduti, afferma come sia stata violata la regola in base alla quale la graduatoria deve essere formata applicando il criterio della somma tra la media dei punteggi ottenuti nelle prove scritte ed il punteggio ottenuto nella prova orale e quello per i titoli, che avrebbe consentito la sua utile collocazione nella graduatoria al 66° posto, con conseguente alterazione dell’esito della procedura concorsuale.
Richiama, a sostegno dell’impugnativa, l’art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 487 del 1994, il quale, con riferimento ai concorsi per esami, prevede che il punteggio finale sia dato dalla somma della media dei voti conseguiti alle prove scritte con il voto attribuito per la prova orale, con regola asseritamente valevole anche per i concorsi per titoli ed esami, disciplinati dall’art. 8 del medesimo testo normativo, il quale stabilisce che la votazione complessiva è determinata sommando il voto conseguito nella valutazione di titoli al voto complessivo riportato nelle prove d’esame, sostenendo come l’espressione riferita al voto complessivo debba essere intesa come somma della media dei voti delle prove scritte con i voti per la prova orale e per i titoli, altrimenti superandosi il quoziente del voto delle prove scritte, come avviene nella fattispecie in esame, in cui i voti sono espressi in decimi.
Afferma, inoltre, parte ricorrente come le procedure concorsuali indette dagli enti locali debbano comunque conformarsi a meccanismi oggettivi e trasparenti e debbano essere coerenti con i principi previsti dal D.P. R. n. 487 del 1994, in quanto recante la disciplina di carattere generale in materia concorsuale, in virtù dell’obbligo, previsto dall’art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001, del rispetto dei principi generali, tra cui quello di adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti.
Per l’ipotesi in cui il bando di concorso, il quale all’art. 7 dispone che la graduatoria sarà formata sulla base dei punteggi conseguiti nella valutazione dei titoli e delle prove d’esame - con disposizione analoga a quelle dettata dall’art. 19 del Regolamento di disciplina in materia di accesso agli impieghi presso il Comune di Roma per il personale non dirigente - dovesse essere inteso nel senso dell’applicazione del criterio della somma aritmetica dei punteggi ottenuti nelle singole prove scritte con quelli per la prova orale e per i titoli, ne sostiene parte ricorrente l’illegittimità, rappresentando che l’art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001 un limite invalicabile per la potestà regolamentare degli enti locali, i quali devono conformare la propria attività a meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso delle capacità richieste per il profilo professionale da ricoprire.
Chiede, quindi, parte ricorrente l’annullamento dei gravati provvedimenti, con riconoscimento della posizione allo stesso spettante in graduatoria in applicazione del criterio della media dei punteggi delle prove scritte.
Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione Comunale sostenendo, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza del ricorso, con richiesta di corrispondente pronuncia.
Con ordinanza n. 3147/2014 è stato ordinato al ricorrente di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti utilmente collocatisi in graduatoria.
A tale incombente il ricorrente ha dato esecuzione mediante pubblicazione per pubblici proclami sulla Gazzetta Ufficiale n. 45 del 15 aprile 2014, depositando prova di tale adempimento al fascicolo di causa.
Alla pubblica udienza del 9 luglio 2014 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
1 - Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso la deliberazione – meglio descritta in epigrafe - recante l’approvazione in via definitiva della graduatoria della procedura selettiva pubblica, per titoli ed esami, per il conferimento di n. 87 posti nel profilo professionale di Ingegnere - Categoria D (posizione economica D1) - Famiglia Tecnica, in esito alla quale il ricorrente si è collocato al 94° posto, con un punteggio complessivo di punti 23,90, conseguito sulla base dell’applicazione, per la formazione della graduatoria, della somma dei punteggi conseguiti nelle singole prove scritte con quelli ottenuti per la prova orale e per i titoli.
Contesta, in particolare, parte ricorrente, il criterio utilizzato per la formazione della graduatoria, sostenendo l’illegittimità dell’utilizzo del criterio della somma aritmetica dei punteggi delle prove scritte in luogo del criterio della media delle votazioni delle prove scritte, da sommare ai voti della prova orale e dei titoli, rappresentando come sulla base dell’applicazione di tale ultimo criterio lo stesso si sarebbe collocato al 66° posto con 16,50 punti.
A sostegno della proposta azione invoca parte ricorrente l’applicabilità, anche ai concorsi per titoli ed esami, del criterio dettato dall’art. 7, comma 3 del D.P.R. n. 487 del 1994, previsto espressamente per i concorsi per soli esami, denunciando altresì l’illegittimità dell’art. 7 del bando di concorso e dell’art. 19 del Regolamento di disciplina in materia di accesso agli impieghi presso il Comune di Roma per il personale non dirigente, laddove gli stessi dovessero essere intesi come riferiti al criterio della somma aritmetica dei punteggi ottenuti nelle singole prove scritte con quelli per la prova orale e per i titoli.
2 -Così brevemente dato atto del contenuto del ricorso in esame, deve essere innanzitutto rilevata la sua ammissibilità, avendo parte ricorrente dimostrato come in base all’utilizzo del diverso criterio della media dei voti conseguiti nelle prove scritte lo stesso si sarebbe utilmente collocato in graduatoria, così superando la prova di resistenza che rende concreto l’interesse all’azione.
3 – Quanto al merito della proposta azione impugnatoria, ne ritiene il Collegio la fondatezza.
Prevede l’art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 487 del 1994 - contenente il Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi - che nei concorsi per soli esami “Il punteggio finale è dato dalla somma della media dei voti conseguiti nelle prove scritte o pratiche o teorico-pratiche e della votazione conseguita nel colloquio”, mentre all’art. 8, dedicato alla diversa tipologia di concorsi per titoli ed esami, prevede, al comma 4, che “La votazione complessiva è determinata sommando il voto conseguito nella valutazione dei titoli al voto complessivo riportato nelle prove d'esame”.
La diversa formulazione dei citati articoli, l’uno riferito ai concorsi per soli esami e l’altro ai concorsi per titoli ed esami, e la mancata riproduzione, nell’art. 8, del criterio della media dei voti conseguiti alle prove scritte, legittima l’astratta configurabilità di due distinte opzioni interpretative, che si fronteggiano nella presente controversia, l’una – sostenuta da parte ricorrente – volta ad affermare come anche nei concorsi per titoli ed esami debba farsi applicazione del criterio della somma della media dei punteggi conseguiti nelle prove scritte con quelli ottenuti nella prova orale e per i titoli, e l’altra – patrocinata dalla resistente Amministrazione – che, facendo leva sulla diversità delle fattispecie concorsuali disciplinate dai citati articoli e sulla diversa ratio della selezione, esclude la possibilità di applicazione analogica del criterio delle media dei voti ai concorsi per titoli ed esami.
La questione è già stata affrontata in giurisprudenza e risolta – secondo il prevalente orientamento - nel senso che anche che nei concorsi per titoli ed esami il punteggio complessivo è costituito dalla somma del punteggio conseguito per la valutazione dei titoli, dalla media del punteggio realizzato nelle prove scritte e dal punteggio attribuito alla prova orale (Cons. Stato Sez. V – 7 ottobre 2013 n. 4922;n. 2412/2002 ;n. 8081/2004 ;n. 1443/2009 ;n. 397/2010;TAR Lazio, Roma, 1 luglio 2013 n. 6488;23 giugno 2014 n. 6611;TAR Puglia, Bari n. 445/2007) in quanto, pur non prevedendo espressamente il comma 4 dell'art. 8 del D.P.R. n. 487 del 1994 il criterio della media dei voti riportati nelle prove scritte - esplicitamente richiamata solo dall'articolo 7, comma 3, per i concorsi per soli esami – tale norma deve essere sottoposta ad una lettura coordinata con il precedente articolo, imponendo ragioni sistematiche di coordinamento normativo che il criterio della media dei voti per le prove scritte si applichi anche ai concorsi per titoli ed esami.
Ciò in quanto il legislatore, nel dettare la disposizione di cui all’art.8, comma 4 per i concorsi per titoli ed esami – che fa genericamente riferimento al voto complessivo, senza specificare le modalità per giungere al relativo calcolo - non poteva certo ignorare quanto già disposto nella disposizione immediatamente precedente per i concorsi per esami, con la conseguenza che non essendo stata espressamente richiamata nell'articolo 8, comma 4, la modalità di calcolo del voto complessivo riportato nelle prove d'esame, da sommare al punteggio dei titoli, deve ritenersi che implicitamente si sia fatto riferimento alla modalità di calcolo analiticamente ed espressamente prevista nella precedente disposizione.
Inoltre, una eventuale differenziazione del criterio di valutazione delle prove scritte in ragione della tipologia di concorso – per soli esami o per titoli ed esami - sarebbe irrazionale, atteso che l'unica differenza tra il concorso per titoli ed esami e quello per soli esami è data dall’aggiunta del punteggio per i titoli, rimanendo entrambe strutturate su prove scritte ed orali.
Dovendo ulteriormente rilevarsi, al riguardo, che le prove scritte, sia nei concorsi per titoli ed esami che in quelli per soli esami, pur essendo formalmente articolate in più elaborati e su più materie, costituiscono una prova unitaria al pari di quella orale, con la conseguenza che appare razionale che debbano essere valutate sulla base del loro valore mediato in entrambi i concorsi.
La diversa formulazione tra l’art. 7, comma 3, e l’art. 8, comma 4, non consente quindi di ritenere che per i concorsi per titoli ed esami possa prescindersi dalla media dei voti delle prove scritte, in luogo della loro somma aritmetica, dal momento che viene in rilievo una diversità solo apparente delle due norme, non potendo quella dettata per i concorsi per titoli ed esami prescindere dalla precedente, non recando la prima alcuna espressa indicazione in ordine alle modalità di calcolo del valore delle prove scritte – potendo esse in astratto riferirsi sia alla media dei voti che alla loro somma ai fini della determinazione del punteggio complessivo da attribuire alle prove scritte – cosicchè si impone una lettura coordinata delle due disposizioni, delle quali la seconda non può ignorare quanto previsto dalla disposizione immediatamente precedente, dovendo quindi per ragioni sistematiche trovare applicazione anche nel concorso per titoli ed esami il criterio della media dei voti delle prove scritte, letteralmente dettato per i concorsi per esami.
Alla medesima conclusione si giunge anche tenendo conto che il criterio della media dei voti delle prove scritte persegue la finalità di valutare nel loro insieme preparazione e capacità professionale dei singoli candidati senza premiare in maniera eccessiva un aspetto della preparazione richiesta rispetto ad un altro, così evitando di attribuire alla valutazione delle prove scritte una incidenza diversa da quelle orali per le quali è prevista l'attribuzione in ogni caso di un punteggio unitario, pur vertendo anche esse su molteplici materie.
Pertanto la medesima ratio che ispira la valutazione delle prove scritte, da intendersi unitariamente sia nei concorsi per soli esami che nei concorsi per titoli ed esami, suggerisce di far ricorso al medesimo criterio di valutazione di tali prove per entrambe le tipologie di concorso, dovendo il contenuto dell’art. 8, comma 4 – che genericamente fa riferimento al voto complessivo delle prove scritte - essere specificato attraverso la previsione del precedente articolo.
Non può inoltre condividersi la prospettazione di parte resistente che ricollega alla diversa modalità di calcolo del voto complessivo delle prove scritte, basato sulla media aritmetica delle singole votazioni invece che sulla media delle stesse, una precisa opzione volta a valorizzare il peso dei titoli posseduti.
Difatti, non può ritenersi che in caso di mancata applicazione, nei concorsi per titoli ed esami, della somma aritmetica di tutti i voti riportati nelle singole prove con il punteggio conseguito con la valutazione di titoli, vi sarebbe una prevalenza dei titoli rispetto alle prove, dal momento che in tale tipologia di concorsi l'incidenza dei titoli sul punteggio complessivo finale è stata graduata direttamente dal legislatore, il quale all'art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 487 del 1994 ha previsto espressamente che per i titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a 10/30 o equivalente.
Il problema di graduare l'incidenza dei titoli e del relativo punteggio sulla votazione complessiva finale è stato, quindi, risolto a monte direttamente dal legislatore che ha normativamente prefissato il limite invalicabile dell’incidenza dei titoli sulla valutazione complessiva.
Sulla base delle precedenti considerazioni deve dunque procedersi ad una lettura non atomistica delle due disposizioni, trovando l’inciso, di cui all’art. 8, comma 4, relativo al voto complessivo delle prove di esame, una sua compiuta corrispondenza nell’art. 7, comma 3, del medesimo decreto n. 487 del 1994, nel quale il voto delle prove scritte, pratiche o teorico-pratiche è esplicitamente definito come “la somma della media dei voti conseguiti” ed è distinto come tale dal punteggio finale a sua volta definito come la somma di tale punteggio con la votazione conseguita nel colloquio, così assurgendo il criterio della media dei voti delle prove scritte alla stregua di un criterio generale ed unico, da applicare a tutti i concorsi pubblici per l'accesso al pubblico impiego, siano essi concorsi per esami che concorsi per titoli ed esami.
All’applicazione di tale principio con riferimento alla procedura concorsuale sulla quale si innesta la presente controversia non ostano le previsioni recate dall’art. 7 del bando – il quale prevede che la graduatoria di merito sarà formata “sulla base dei singoli punteggi conseguiti nella valutazione dei titoli di servizio, cultura e vari e nelle prove d’esame” - e dall’art. 19 del Regolamento di disciplina in materia di accesso agli impieghi presso il Comune di Roma per il personale non dirigente, di cui il primo costituisce mera ripetizione, trattandosi di disposizioni che non recano alcuna chiara ed inequivoca indicazione circa la necessità di fare ricorso alla somma aritmetica dei voti delle prove scritte, in luogo della loro media, con la conseguenza che alle stesse deve essere attribuita la portata che risulta compatibile con i principi dell’ordinamento, come sopra illustrati, dettati dalla normativa generale in materia di accesso ai pubblici impieghi, la quale delinea il criterio generale della media dei voti delle prove scritte sia con riferimento ai concorsi per esami che ai concorsi per titoli ed esami, prestandosi il riferimento, di cui alla disciplina concorsuale, alla somma dei punteggi conseguiti nelle varie prove d’esame, ad una interpretazione secondum legem e, quindi, come riferimento alla somma della media dei voti delle prove scritte al voto della prova orale.
In tale ottica non vi è dunque luogo per procedere all’annullamento delle disposizioni del bando e del Regolamento, potendo le stesse, nell’ottica del principio di conservazione degli atti, essere interpretate in senso conforme ai principi sopra delineati, in base ai quali l'opzione conforme alle norme è quella secondo cui, anche nel caso di concorsi per titoli ed esami, va applicato il criterio della media dei voti delle prove scritte.
Soluzione questa che trova corrispondenza, avuto riguardo al contenuto del ricorso, nel petitum sostanziale, essendo l’azione impugnatoria proposta avverso le disposizioni del bando e del regolamento articolata solo per l’ipotesi in cui le stesse siano da interpretare in modo diverso rispetto a quello prospettato da parte ricorrente circa la necessità di fare applicazione del criterio della media dei voti delle prove scritte.
4 - Non può, inoltre, essere invocata, al fine di giungere a diverse conclusioni, l’autonomia regolamentare degli enti locali, dovendo i rapporti tra la potestà regolamentare degli stessi e la normativa statale essere analizzati alla luce dell’ordinamento del pubblico impiego, come modificato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, il quale ha abrogato l’art. 36 del D.Lgs. n. 29 del 1993.
Infatti, prima di tale abrogazione, l’art. 89 del D.Lgs. n. 267 del 2000, che demanda alla competenza regolamentare degli enti locali l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi, consentiva agli stessi, nell’esercizio della potestà regolamentare, di definire le procedure per le assunzioni con riferimento ai principi della legge statale - rectius all’art. 36 del D.Lgs. n. 29 del 1993 - e ad applicare il D.P.R. n. 487 del 1994 in via sussidiaria alle procedure di reclutamento, in mancanza, cioè di disciplina regolamentare sull’ordinamento degli uffici e dei servizi o per la parte non disciplinata dalla stessa, trovando tale disposizione la sua coerenza logica sotto il vigore del D.Lgs. n. 29 del 1993, il cui art. 36 regolava il solo reclutamento (assunzioni agli impieghi) del personale nelle amministrazioni pubbliche – con la conseguenza che, con il regolamento, gli enti locali potevano adattare alle proprie esigenze organizzative le modalità di accesso all’impiego nell’ambito delle tipologie previste dall’art. 36 per l’accesso al lavoro presso le pubbliche amministrazioni (concorso pubblico, selezione, avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, chiamata numerica degli iscritti), ferma restando la loro piena potestà regolamentare nelle materie non disciplinate dalla legge statale, fra cui la procedura di reclutamento, applicabile perciò in via sussidiaria, in mancanza di esercizio della potestà regolamentare.
Con l’abrogazione dell’art. 36 D.Lgs. n. 29 del 1993 ad opera del testo unico sul pubblico impiego di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, l’art. 35 ha stabilito sia i principi propri dell’accesso all’impiego secondo le tipologie previste nel precedente art. 36 D.Lgs. n. 29 del 1993, sia quelli applicabili alle procedure proprie del reclutamento.
Se nel nuovo testo dell’art. 35 D.Lgs. n. 165 del 2001, anche siffatti procedimenti sono stati riservati al regolamento degli Enti locali, unitamente alle dotazioni organiche, alle modalità di assunzione agli impieghi ed ai requisiti di accesso, stante l’univocità dell’inciso relativo alle “procedure concorsuali”, non è tuttavia più ripetuta la riserva esclusiva al regolamento degli Enti delle procedure concorsuali con applicazione in via sussidiaria del D.P.R. n. 487 del 1994, contenendo l’ultimo comma dell’art. 35, la clausola generale del “rispetto dei principi fissati dai commi precedenti”.
Fra i principi stabiliti dal terzo comma della disposizione in esame, che ricalcano quelli previsti dall’art. 1, comma secondo del D.P.R. n. 487 del 1994, figura anche quello relativo all’adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire.
I rapporti tra le due disposizioni – l’art. 89 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e l’art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001 – vanno risolti sulla base del criterio temporale e del criterio logico-sistematico, dovendo ritenersi la prevalenza dell’art. 35 sulla disposizione dettata dall’art. 89 del D.Lgs. n. 267 del 2000, tenuto conto altresì della riferibilità del D.Lgs. n. 165 del 2001 all’intero pubblico impiego, per l’effetto risultando superata - chiaramente ancorché implicitamente - la riserva di regolamento contenuta nell’art. 89, comma 4, del D.Lgs. n. 267 del 2000, sulla disciplina dei procedimenti concorsuali, la quale deve essere ricondotta ai principi di oggettività e trasparenza propri del D.P.R. n. 487 del 1994, il quale trova applicazione, in quanto recante norme di principio, anche ai concorsi indetti dagli enti locali, con compressione della latitudine espansiva della relativa potestà regolamentare.
Non è peraltro possibile giungere a diversa conclusione alla luce della clausola di salvezza, contenuta nell’art. 70, ultimo comma, del D.Lgs. n. 165 del 2001, di quanto previsto dai rispettivi ordinamenti con riferimento alla disciplina applicabile al reclutamento, non potendo ritenersi la riferibilità di tale clausola anche agli ordinamenti locali, e tenuto conto che anche nell’art. 70 il potere di regolare autonomamente la materia è comunque assoggettato alla coerenza con i principi previsti dal D.P.R. n. 487 del 1994.
Sulla base delle illustrate considerazioni non può quindi affermarsi la cedevolezza della normativa statale a fronte della potestà regolamentare nella materia dell’organizzazione dei propri uffici e servizi e del reclutamento del personale attribuita agli enti locali, rappresentando il rinvio, di cui al comma 7 dell’art. 35 D.Lgs. n. 165 del 2001 - specifico per le procedure concorsuali negli enti locali - alla disciplina generale contenuta nel comma terzo dello stesso art. 35, il limite della potestà regolamentare.
Con la conseguenza che gli Enti locali, nell’esercizio della loro autonomia, sono tenuti comunque a conformarsi ai meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire, propri di qualsivoglia procedura concorsuale, statale o locale.
Nel novero di tali meccanismi va ascritto anche il criterio della media dei voti riportati nelle prove scritte o pratiche, e ciò in considerazione del carattere di disciplina generale del pubblici concorsi proprio del D.P.R. n. 487 del 1994, e della necessità di ancorare il calcolo del punteggio conseguito dai candidati a parametri uniformi e validi per qualsivoglia concorso e nell’intero territorio nazionale, non potendo la potestà regolamentare essere piegata all’introduzione di criteri disomogenei da comune a comune e suscettibili di produrre risultati diversi a seconda delle modalità seguite.
Se quindi il regolamento dell’Ente locale ben si presta a conformare le modalità di assunzione e i requisiti dei concorrenti al diverso assetto dei singoli comuni, così non è per il procedimento concorsuale di formazione delle graduatorie, la cui rigidità, nell’ambito delle diverse tipologie previste dalla legge, è sinonimo di efficienza ed imparzialità, delle quali sono espressione i meccanismi oggettivi e trasparenti, con equo bilanciamento del peso delle prove e dei titoli, che devono presiedere la valutazione delle capacità dei singoli partecipanti secondo l’art. 35 D.Lgs. n. 165 del 2001 e che proprio per questo sottraggono le modalità di calcolo del punteggio all’autonomia regolamentare degli enti.
Se, in astratto, la modalità di computo del punteggio complessivo attraverso, alternativamente, la sommatoria o la media dei voti, è del tutto discrezionale e rimessa alla libera determinazione del legislatore che può privilegiare le prove scritte rispetto a quelle orali e ai titoli o diversamente bilanciarli, tale scelta è stata trasfusa nell’opzione per il criterio della media dei voti contenuta nell’art. 7 del D.P.R. n. 487 del 1994, che costituisce il meccanismo di formazione della graduatoria proprio dei concorsi di accesso all’impiego presso le pubbliche amministrazioni.
5 - In conclusione, alla luce delle superiori considerazioni, deve essere annullata la gravata determinazione di approvazione della graduatoria del concorso de qua, stante la rilevata illegittimità dell’applicazione, per la formazione della stessa, del criterio della somma dei voti riportati nelle prove scritte in luogo di quello della media di tali voti, con conseguente obbligo per la resistente Amministrazione di procedere alla riformulazione della graduatoria sulla base del criterio della media dei voti delle prove scritte.
6 - La peculiarità della questione controversa consente di disporre la compensazione, tra le parti, delle spese di giudizio.