TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2016-10-14, n. 201610308

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2016-10-14, n. 201610308
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201610308
Data del deposito : 14 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/10/2016

N. 10308/2016 REG.PROV.COLL.

N. 07301/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7301 del 2012, proposto da:
M A, rappresentato e difeso dagli avvocati F D J, J P D J, G B, con domicilio eletto presso F D J in Roma, piazza del Fante, 10;

contro

CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Pisanelli, 2;
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati L M, L M, con domicilio eletto presso L M in Roma, via Panama 58;

nei confronti di

Associazione Italiana Arbitri;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n.

5.1559 della Federazione Italiana Giuoco Calcio del 18.7.2012, recante rigetto della richiesta di reintegro nei ruoli arbitrali di serie A e B con le conseguenze previste dall'art. 3, comma 57 della l. n. 350 del 2003;

e per il conseguente risarcimento danni (art. 119 c.p.a.).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano e della Federazione Italiana Giuoco Calcio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2016 la dott.ssa F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe M A ha impugnato il provvedimento del 18.7.2012 con il quale la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha respinto la sua richiesta di reintegro nei ruoli arbitrali di serie A e B, con le conseguenze previste dall'art. 3, comma 57 della l. n. 350 del 2003.

Il ricorrente, Assistente Arbitro di Serie A e B (cd. guardalinee), dal giugno 2001, ed Assistente Arbitrale internazionale dal gennaio 2006, ha esposto di essere stato destinatario in data 19 aprile 2007 di un provvedimento di sospensione cautelare dell'Associazione Italiana Arbitri, che gli aveva inibito lo svolgimento di qualsiasi attività associativa e tecnica;
il provvedimento si fondava sul suo coinvolgimento quale indagato nella inchiesta c.d. "Calciopoli", nell’ambito della quale gli erano stati contestati i reati di cui all'art. 416 c.p. (associazione a delinquere) e all’art. 1 commi 1 e 3 della L. n. 401/1989 (frode in competizione sportiva).

Al termine del periodo di sospensione il ricorrente non era stato reintegrato nei ruoli arbitrali nonostante le varie istanze presentate nel corso del tempo.

Con la sentenza n. 14692/2011, passata in giudicato, il Tribunale di Napoli ha assolto l'istante dall'accusa di associazione a delinquere "per non aver commesso il fatto", e dall'accusa di frode sportiva "perché il fatto non sussiste";
in considerazione di ciò il ricorrente ha proposto ricorso per revocazione della sentenza del giudice sportivo che gli aveva comminato la squalifica, ricorso che la Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. ha dichiarato inammissibile.

Il ricorrente ha quindi inviato, in data 9 maggio 2012, istanza di reintegro nei ruoli arbitrali di Serie A e B, ma l’istanza è stata respinta con il provvedimento del 18 luglio 2012 qui impugnato della Federazione Italiana Giuoco Calcio, sul presupposto secondo cui "... la squalifica a suo tempo inflitta all'interessato dagli organi di giustizia endoassociativa è stata confermata dal Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport...la sanzione de qua ha, pertanto assunto carattere di definitività in ambito sportivo, restando intangibile anche dopo la pubblicazione della sentenza emessa dal Tribunale Penale di Napoli (che si è, peraltro, pronunciata soltanto sugli aspetti di rilevanza penale della vicenda, senza toccare ovviamente quelli di natura disciplinare)... ...L'istanza in argomento non può trovare quindi ingresso, a ciò opponendosi — in aggiunta alle ragioni ostative sopra evidenziate — anche la palese inapplicabilità alla fattispecie delle norme invocate a sostegno della diffida, non essendo sicuramente riconducibile alla nozione di pubblico impiego il rapporto intercorrente tra l'AIA ed i suoi associati".

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1. Violazione dell'art. 3 comma 57 della L. 24/12/2003 n. 350 ed eccesso di potere, in quanto secondo la norma citata il pubblico dipendente che sia stato sospeso dal servizio a seguito di un procedimento penale conclusosi con sentenza definitiva di proscioglimento ha il diritto di ottenere il prolungamento o il ripristino del rapporto di impiego, anche oltre i limiti di età previsti dalla legge, comprese eventuali proroghe, per un periodo pari a quello della durata complessiva della sospensione ingiustamente subita;

2. Violazione del combinato disposto dell'art. 1 della L. n. 97/2001 che ha novellato l'art. 653 c.p.p. e dell'art. 4 comma II ed eccesso di potere, non avendo l’Amministrazione tenuto conto del fatto che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso.

In tal modo erano stati violati il principio di legalità, il principio di imparzialità, il principio di buona amministrazione o buon andamento, il principio di ragionevolezza, il principio di proporzionalità, e il diritto di difesa enunciato dall'art. 24 della Costituzione.

Allo stesso modo erano stati pregiudicati i diritti tutelati dagli artt. 4, 35 e 36 della Costituzione, a seguito della ingiustificata e reiterata sospensione dal servizio e della estromissione dai ranghi arbitrali professionistici.

4. Violazione dell'art. 3 della L. 241/1990 per difetto di motivazione ed eccesso di potere, in quanto il diniego oggetto di gravame non evidenziava le ragioni fattuali e giuridiche ostative all'accoglimento dell'istanza.

Al riguardo il ricorrente ha evidenziato, con riferimento alla ritenuta inapplicabilità alla fattispecie del disposto dell'art. 3 comma 57 della L. 350/2003, che la FIGC è un'articolazione del CONI, che, a sua volta, è un ente di diritto pubblico, posto sotto la vigilanza ed il controllo del Ministero per i beni e le attività culturali ex art. 1 del D. Lgs 23/7/1999 n. 242;
infatti le Federazioni sportive partecipano alla funzione pubblica del Comitato olimpico nazionale e costituiscono sua integrazione strutturale in un settore della vita nazionale, quello sportivo, connotato dall'interesse superiore e preminente della promozione e dello sviluppo socio-morale della popolazione.

Si sono costituiti il CONI e la FIGC eccependo il difetto assoluto di giurisdizione sulla controversia, la violazione del vincolo della pregiudiziale sportiva e chiedendo, nel merito, il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 10 ottobre 2012 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare, rilevando che, essendo stata disposta l’espulsione del ricorrente dai ruoli arbitrali per ragioni di “avvicendamento tecnico”, in relazione all’azione di annullamento proposta sussisteva il difetto assoluto di giurisdizione, secondo quanto stabilito dal d.l. 19 agosto 2003 n. 220, convertito dalla l. 17 ottobre 2003 n. 280, che ha sottratto al controllo giurisdizionale degli atti a contenuto tecnico sportivo, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo, mentre l’esame della domanda risarcitoria andava rinviato alla fase di merito.

A seguito della sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, n. 993 del 16 ottobre 2012, che ha assolto l’Ambrosino da ogni addebito mossogli in relazione ai danni all’immagine che con il suo comportamento avrebbe provocato alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, il ricorrente ha riproposto l’istanza cautelare, deducendo che tale pronuncia aveva affermato la natura pubblica della F.I.G.C. e che, quindi, doveva ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia.

Con ordinanza del 26 febbraio 2014 la Sezione ha nuovamente respinto l’istanza cautelare riproposta dal ricorrente, rilevando che tale sentenza non comportava il superamento della motivazione posta alla base della precedente ordinanza, fondata non sulla natura privatistica della F.I.G.C. ma sul carattere prettamente tecnico delle questioni poste a base dell’impugnato provvedimento n.

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