TAR Firenze, sez. II, sentenza 2020-05-04, n. 202000529

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2020-05-04, n. 202000529
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202000529
Data del deposito : 4 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/05/2020

N. 00529/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01364/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1364 del 2019, proposto da
H S, rappresentato e difeso dall'avvocato E P V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lorenzo il Magnifico, 42;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., e U.T.G. - Prefettura di Arezzo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l'annullamento

del rifiuto dell'istanza di cittadinanza italiana, riferimento AR0006610458, emesso dalla Prefettura di Arezzo in data 23 Agosto 2019 e contestualmente reso noto al ricorrente tramite comunicazione telematica sul portale SICITT nonchè per l'annullamento di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso a quello impugnato se lesivo degli interessi dell'odierno ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’ U.T.G. - Prefettura di Arezzo;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 84, comma 5, decreto-legge n. 18 del 2020;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2020 il dott. Riccardo Giani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Il signor H S, cittadino del Bangladesh, espone nel ricorso introduttivo del giudizio di essere possessore di permesso di soggiorno di lungo periodo di durata illimitata, di essere sposato con due figli che frequentano le scuole italiane, di risiedere in Italia da oltre dieci anni e di aver svolto varie attività lavorative. Il ricorrente riferisce di aver presentato in data 24.04.2019 istanza di concessione della cittadinanza italiana per residenza ai sensi dell’art. 9 legge n. 91 del 1992 presso la Prefettura di Arezzo e che in data 23.8.2019 la Prefettura medesima, senza alcun previo contatto con l'istante, gli comunicava in via telematica, attraverso apposito messaggio sul portale SICITT, il rifiuto dell’istanza con la seguente motivazione: “ dichiarazione di un reddito inferiore ai parametri stabiliti dall’art. 3 del D.L. 25.11.1989, n. 382 convertito con modificazioni dalla legge 25.01.1990, n.8 ”, con la precisazione che “ a seguito di tale rifiuto è possibile presentare una nuova domanda on line, una volta superato l'elemento ostativo sopraevidenziato ”.

2 - Avverso il citato rifiuto il ricorrente propone il presente gravame, articolando nei confronti del provvedimento impugnato i seguenti motivi di contestazione:

- “ Provvedimento annullabile ai sensi dell'art. 21-Octies comma 1 Legge 241/1990 per violazione e falsa applicazione di legge sostanziale: art. 9, comma 1, lettera f), legge n. 91/1992, e per incompetenza funzionale della Prefettura di Arezzo ”: le Prefetture possono dichiarare l’inammissibilità delle istanze di cittadinanza in caso di assenza dei presupposti essenziali stabiliti per legge, mentre gli Uffici Centrali del Ministero sono unici competenti alla valutazione discrezionale nel merito delle richieste e alla definizione del procedimento con un provvedimento di concessione o rifiuto della cittadinanza italiana;
solo la residenza decennale e la conoscenza della lingua italiana sono requisiti essenziali, mentre la disponibilità di un reddito sufficiente o l’assenza di

condanne penali e/o procedimenti penali pendenti in Italia rientrano nell'ambito della valutazione discrezionale demandata al Ministero;
risulta quindi illegittima la Circolare del Ministero dell’Interno del 22 Marzo 2019, esplicativa delle nuove procedure a seguito del c.d. D.L. Sicurezza, la quale invita le Prefetture a rifiutare in via automatica le istanze “irricevibili”, indicando, quali elementi a tal fine, anche i redditi;

- “ Violazione di legge per mancata applicazione di norme procedurali: articolo 10 bis L. 241/1990 e articolo 2 DPR 362/1994 ”: riscontrate delle anomalie la Prefettura avrebbe dovuto comunicare al richiedente il preavviso di rigetto e dargli modo di presentare le proprie osservazioni di risposta.

3 - Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Arezzo si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.

4 - Con ordinanza n. 671 del 2019 la Sezione provvedeva alla fissazione dell’udienza di merito, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a.

5 - Ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, la causa, fissata per la pubblica udienza del 21 aprile 2020, è passata in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati.

6 – Il ricorso è infondato.

6.1 - Nell’ordinanza cautelare la Sezione aveva espresso, ad una sommaria delibazione, un positivo apprezzamento al ricorso, poiché, per il 2018, il limite reddituale fissato dall’Amministrazione risultava superato. Tuttavia, un più approfondito esame, porta il Collegio a ritenere che non vi siano presupposti per l’accoglimento del gravame, sulla base delle seguenti considerazioni.

6.2 - In primo luogo, non vi è alcuna censura di parte ricorrente sul merito del requisito necessario per accedere alla concessione della cittadinanza;
cioè parte ricorrente non contesta la disciplina sostanziale, derivante in particolare da circolari del Ministero dell’Interno, secondo cui per poter ottenere la concessione è necessario possedere un reddito, per tre anni, superiore a quello che determina l’esenzione dalla spesa sanitaria;
a fronte dell’applicazione nella specie di quella disciplina, parte ricorrente non ne sostiene la illegittimità, precludendo quindi ogni sindacato sulla stessa.

6.3 - Con il primo mezzo parte ricorrente propone una censura di competenza, sul rilievo che, quella disciplina non contestata, avrebbe dovuto applicarla il Ministero e non la Prefettura, tesi che parte ricorrente fonda sulla considerazione che la Prefettura dovrebbe limitarsi a dichiarare inammissibile un’istanza cui manchino requisiti fissati dalla legge (profilo vincolato) e non una carente di requisiti fissati dall’Amministrazione (profilo discrezionale).

La censura è infondata.

È vero che la disciplina dei limiti reddituali per accedere alla cittadinanza da parte di chi abbia il requisito della residenza decennale è frutto della valutazione discrezionale, che ha portato l’Amministrazione degli Interni, da un lato, a ritenere necessario che l’aspirante alla cittadinanza abbia un certo livello di risorse e, dall’altro lato, ad individuare quel livello reddituale necessario, con riferimento al reddito per l’esenzione alla spesa sanitaria. Ma la valutazione discrezionale che compete all’Amministrazione è già stata esercitata con le circolari che hanno stabilito ciò, che costituiscono conseguentemente un vincolo cui l’Amministrazione stessa dovrà attenersi nei singoli casi concreti. In altri termini il potere discrezionale è già stato esercitato con la fissazione di quei livelli reddituali in termini generali, così che l’attività che ne residua non può che essere, in concreto, vincolata dalle scelte compiute a monte. Ciò vuol dire che, fino a quando il modo di calcolo del reddito minimo non venga modificato a livello centrale, esso è fissato nell’ammontare stabilito dalle circolari e se nel caso di specie quel livello non è raggiunto la domanda è inammissibile. La surriferita carenza di requisito reddituale ben può essere rilevata a livello di Prefettura, non avendo nessuna utilità reclamare una pronuncia degli uffici centrali del Ministero, che non potrebbero far altro che applicare quelle stesse circolari richiamate in periferia, che vincolano tutto l’apparato ministeriale.

6.4 – E’ del pari infondata la seconda censura, a mezzo della quale parte ricorrente fa valere profili di mancata partecipazione procedimentale. Infatti l’ammontare dei redditi del ricorrente e della sua consorte sono stati indicati, per il triennio rilevante, dallo stesso ricorrente, così che nessuna utilità avrebbe potuto avere un’ulteriore interlocuzione tra Amministrazione e privato su questo punto di fatto. Né in sede giudiziaria vengono indicati ulteriori e diversi elementi che il ricorrente avrebbe potuto rappresentare, ove il contraddittorio procedimentale ci fosse stato.

7 – Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto, sussistendo tuttavia giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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